10 anni fa: la donna e il Calice Sacro

10 anni fa: la donna e il Calice Sacro di Átila Soares da Costa Filho, traduzione di Valeria Vicentini

Maria Maddalena – interpretata dall’attrice Day Mesquita – nella produzione brasiliana JESUS (2019): letture e riletture frequenti nei media sul profilo della santa – Foto: Record TV, 2019

Benché considerata uno dei più grandi santuari mondiali dei capolavori della Storia, è curioso che la Spagna non abbia nessun originale del più grande genio della pittura universale: Leonardo da Vinci. Ed ecco che, nel 2011, Enrique Luria, collezionista di Barcellona, decide di svelare cosa potesse risolvere una condizione così incongrua sul preziosissimo patrimonio artistico spagnolo: sarebbe il proprietario di un olio su rame (15 x 12,5 cm), raffigurante Santa Maria Maddalena distesa, che legge, accanto a una grotta. Secondo Luria, era nota la prossimità del dipinto con l’arte del grande genio del Rinascimento… e, in un certo senso, non aveva torto. Anche un’analisi dei pigmenti effettuata nel laboratorio Arte-Lab di Madrid ha confermato che si tratterebbe di un’opera risalente all’inizio del XVI secolo, il periodo di maggior slancio creativo di Da Vinci.
La “Maddalena leggente” è anche notoriamente una propaganda catara (o albigese), che rafforzerebbe il legame di Leonardo con questa pittura dimenticata. In che senso? Considerato un’ ideologia eretica, il catarismo sosteneva che, in effetti, ci sarebbero stati due dei, invece dell’uno, il Creatore. Per questo motivo, il Bene e il Male coesisterebbero sulla Terra: il primo, creato da Dio (inteso come “Dio-Padre” nel Cristianesimo), e il secondo, da Satana. Nata nel 1100, nell’ex Occitania francese (oggi Linguadoca-Rossiglione), questa “Chiesa autonoma” si basava sui precetti dello gnosticismo del II secolo, e considerava Gesù soltanto un’entità spirituale: quindi, non essendo anche carnale, non avrebbe sofferto la passione né passato attraverso l’esperienza di morte e risurrezione. Sebbene molto influenzato da Platone, Da Vinci era anche un divoratore di conoscenza costante, e basta un minimo di apertura mentale per vedere chiaramente il suo coinvolgimento con le idee catare attraverso la produzione letteraria e artistica che ha lasciato. Infatti, ogni giorno, questo lato esoterico del maestro viene accolto sempre più naturalmente nella comunità accademica. Nel nostro caso, vediamo: il tema di Maria Maddalena nella grotta – una santa molto venerata nell’ambiente gnostico – è un simbolo esoterico della fuga verso il “sé interiore”; e ad esso si aggiunge la presenza di una coppa sigillata, il Graal. Erroneamente interpretato nell’Arte come un “vaso di alabastro”, il calice simboleggia la ricerca del segreto della vita e la comprensione dei misteri della morte. Interessante anche la presenza di un teschio umano davanti al libro tenuto da Maddalena, che suggerisce che sia il tema di ciò che si propone di leggere: l’effimero della vita e il distacco da tutto ciò che è temporaneo – come il mondo materiale, “creato da Lucifero”. Iconografia ereditata dal Medioevo, la presenza del libro indica anche la condizione di donna istruita – una rarità a quei tempi – e portatrice di saggezza ermetica. Ma, allo stesso modo, è un monito alla velocità di dedicarsi alla conoscenza delle cose fondamentali, eterne.
Analizzando gli aspetti tecnici, la pittura, in generale, ha un evidente “che” di dilettantismo, semplicità, senza il dinamismo, la meticolosità e l’atmosfera eterea (ottenuta con lo “sfumato”) che erano i più grandi marchi di fabbrica di Da Vinci. Inoltre, il corpo della santa, alquanto androgino, ricorda la rappresentazione fatta dallo stesso Leonardo in “Leda e il cigno” – un originale perduto, tuttavia, ancora “sopravvissuto” attraverso copie dei suoi allievi. Una donna in forme muscolose e maschili serviva alla sua comprensione di un universo in cui gli opposti si completano a vicenda (in questo caso, la natura maschile e quella femminile). Il problema qui è che il corpo di Maddalena sfugge completamente alle regole di proporzione della geometria sacra con cui l’artista ha immortalato “l’Uomo Vitruviano”, che molto bene ci ha insegnato che la figura umana è la misura di tutte le cose. Nella pittura catalana, il corpo risulta essere abbastanza sproporzionato e stranamente contorto – quasi un preannuncio non intenzionale alle basi cubiste, quattrocento anni dopo.

“Maddalena Leggente”: dipinto situato in Catalogna, potrebbe essere l’unica opera autentica di Leonardo in terra spagnola. (Foto: La Vanguardia – Barcellona, 2011).

Come ci si aspetterebbe, qualche risposta verrebbe a favore dell’autenticità. Secondo i suoi difensori, ciò sarà dovuto ad alcuni segni oscuri nel dipinto sparsi come un gioco di “trova l’indizio”: una “S”, una “L” e una “V” sul teschio; una possibile firma (“Leonardo”), e qualcosa che ricorda lo schizzo di un cittadino alla moda milanese, mescolati nella città sullo sfondo del paesaggio. È interessante notare che i lineamenti dell’immagine del gentiluomo – non sempre facili da individuare – sono state associate a uno schizzo fatto in uno dei taccuini di Da Vinci, esattamente la stessa figura. E la “S”, si ipotizza, sarebbe l’iniziale di “Salai”, soprannome che in arabo significa “diavoletto”, come veniva chiamato Gian Giacomo Caprotti, allievo e amante di Leonardo. Secondo alcuni sostenitori della legittimità della “Maddalena”, il genio lo aveva fatto solo per rendere omaggio a Caprotti – proprio come lo aveva fatto in modo celato nella “Gioconda”. Ma, sarà?..
Per capire come sarebbero finiti lì quei segni se, in effetti, l’opera non fosse uscita dalle mani di Da Vinci, dobbiamo essere consapevoli di un fattore molto comune tra le botteghe di pittura dell’Italia rinascimentale – come in diversi altri momenti della Storia dell’arte. Firmare un dipinto non aveva per l’artista e per il suo committente lo stesso peso che ha oggi in una società di cognizioni molto più cartesiane. Ciò che realmente ha reso l’autenticità è stato più lo stile con cui è stato forgiato che, necessariamente, la piena partecipazione del “maestro” all’esecuzione di quell’opera. Così, per suggellare stilisticamente il progetto dei suoi giovani apprendisti, Leonardo aveva preso l’abitudine di lasciare timidamente la sua impronta sui dipinti che sviluppavano – un piccolo contributo che guidava e incorporava alcune pennellate; o anche di piantare simboli e iniziali (o anche una firma) qua e là in un modo che solo lui avrebbe capito. In tal senso, il fatto che la “Maddalena” potesse rivelare anche le pennellate di un mancino – in questo caso, lo stesso Leonardo – sarebbe cosa del tutto accettata. In poche parole: a quei tempi la firma non diceva nulla e, tra l’altro, nemmeno la “Gioconda” è stata firmata.
Senza grandi clamori, per ora, la “Maddalena” catalana dovrebbe essere condizionata allo status di “Scuola di Leonardo” (o “lombarda”) – un’etichetta che, per ovvie ragioni, ha ancora un certo fascino. È evidente che ci vorranno altri studi, aprendo al mondo un altro capitolo nell’interminabile ed enigmatica carriera dell’uomo-simbolo del Rinascimento.

Átila Soares da Costa Filho è un designer della Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro, laurea specialistica in Filosofia, Storia e Antropologia. È anche l’autore di “La Giovane Monna Lisa”. Per visitare il suo sito clicca qui !

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