
1218, L’impresa finale di Simon IV de Montfort
La Crociata contro gli Albigesi, l’assedio di Tolosa e la morte di Simone De Fraja
A Vincenza che mi ha accompagnato
sempre nel Midi de France
Fallito il tentativo di entrare in possesso delle terre ereditate per via materna Oltremanica, Simon de Montfort, Simone IV, quinto conte di Leicester, intravide la possibilità di realizzare i propri interessi cavalcando l’onda delle operazioni militari che si stavano apprestando nel Sud della Francia per la “crociata” indetta dal papa nei confronti dei feudatari che fornivano protezione ai catari, ritenuti un pericolo per la chiesa di Roma.
Il duca di Borgogna, i conti di Nevers e Saint-Pol declinarono il proprio impegno per la crociata di talchè Simon di Montfort venne nominato capitano generale dell’esercito contro gli albigesi; egli infatti aveva già dato dimostrazione delle proprie capacità e determinazione allorquando, all’inizio delle operazioni belliche, Beziers era stata messa a sacco, ferro e fuoco senza alcun distinguo. Riferisce, in modo asciutto e compiaciuto, Arnaud Amaury che “la città di Béziers fu presa e, poiché i nostri non guardarono a dignità, né a sesso, né a età, quasi ventimila uomini morirono di spada. Fatta così una grandissima strage di uomini, la città fu saccheggiata e bruciata: in questo modo la colpì il mirabile castigo divino” (Amaury, P.L., col. 139).
Appoggiato da numerosi baroni, che prestavano servizio anche al fine di ottenere i benefici spirituali derivanti dal servizio di crociata, tra il 1209 e 1210, il Montfort conquistò le fondamentali fortificazioni del Midi di Francia. La situazione, infatti consentì ai maggiori signori territoriali, che avevano intuito anche l’utilità economica dell’impresa, di costituire un fronte armato contro la resistenza dei conti di Tolosa, Barcellona, Foix e i conti Trencavel di Carcassonne, qualora non avessero consegnato i propri protetti, non si fossero convertiti o avessero posto fine alla loro autonomia locale.
Nel giro di due anni vennero strette d’assedio numerose fortificazioni poste alle pendici dei Pirenei, tra le anguste valli dell’Orbieu, dell’Orb e della più ampia valle dell’Aude; in sostanza tutta l’area che da Tolosa si estendeva sino al mediterraneo ivi compresa Albi e la regione circostante. Da Beziers l’armata si mosse contro Narbona, nell’estate 1209, e da qui verso Carcassonne, ponendola sotto assedio, nel pieno di agosto dello stesso anno, che si concluse con la resa ed occupazione della fortificazione di Saissac nel settembre seguente.
L’anno successivo, nel 1210, fu Minerve ad essere posta sotto assedio e dopo pochi giorni vi fu la resa del vicino castello di Ventajou. Assicuratosi la presa delle fortificazioni ribelli alla chiesa alla sinistra dell’Aude, il Montfort si impegnò contro le fortificazioni ed i villaggi ai piedi dei Pirenei, nel Razès; nella regione delle Corbieres, lungo l’Orbieu prese Durfort, Termes dopo l’assedio e capitolazione, Coustaussa, nell’autunno 1210, nonché Puivert, nella regione del Kercob, con la capitolazione del Signore Gaillard de Congost.
Nel 1211 il Montfort si spinse nella regione mineraria del Cabardès prendendo anche Cabaret che si consegnò per mano di Pierre Roger de Cabardet. Numerosi altri piccoli centri e villaggi vennero investiti, nel passaggio, dalla crociata e dalla schiera di armati, con tutte le ovvie conseguenze.
Nel 1215 Simon de Montfort riuscì a guadagnarsi ufficialmente dal papa il titolo di conte di Tolosa ma nel settembre del 1217 la stessa Tolosa insorse contro il Montfort; questi rispose con un serrato assedio della città durato per tutta l’estate del 1218 allorquando, nel giugno, vi perse la vita nel tentando di soccorrere il fratello Guy, ferito da un arciere, “in crastinum festi Johannis Baptistae” (Chr. Sancti Sat. anno MCCXVIII).
Alcune importanti fonti, contemporanee, riferiscono gli eventi che si svilupparono nel lungo assedio di Tolosa iniziato nel 1217 e che segneranno la morte di Simon de Montfort.
E’ dalla lettura congiunta delle fonti a disposizione che è possibile ottenere la descrizione più verosimile su come si svolsero i fatti allorquando il Montfort venne colpito alla testa in modo fatale da una pietra.
L’assedio aveva portato allo stremo le forze dei Tolosani così come quelle dei Francesi guidati dal Montfort, soprattutto dopo le difficoltà dell’inverno durante il quale gli scontri si erano ripetuti anche grazie all’impiego di macchine e mezzi ossidionali. I Tolosani avevano intensisificato le difese cittadine a mezzo di fossati, barricate e palizzate. Il Montfort si era risoluto a far costruire un “gatto”, una macchina ossidionale concettualmente simile alla “vinea romana”, una sorta di carro coperto, fortificato e protetto, per fare avvicinare i propri soldati alle difese degli assediati. Infatti, al riparo dei colpi della difesa, Montfort intendeva avvicinarsi alle mura mobilitando terra e legname per riempiere il fossato e successivamente tentare lo sfondamento delle palizzate (Chr. Monf., p. 41). Infatti, riunitisi a parlamento in cui venne valutata anche l’ipotesi di una resa per patti di Tolosa, il Montfort rimase rigido sulla propria posizione intendendo, al mattino seguente, aprire una breccia nelle difese nemiche al riparo del gatto (Canso, p. 471, XXXIV, 90). Le operazioni del gatto venivano seguite dal tiro dei trabucchi di Tolosa che lo danneggiarono più volte facendo saltare pezzi di copertura e ferramenta, causando morti ed abbandono della macchina da parte dei serventi.
Per contromisura i Tolosani decisero di realizzare un nuovo ostacolo, in terra e pietre, tra il fossato esterno e le mura di cinta. Tutta la popolazione si sacrificò per la sua costruzione sotto il tiro delle frecce e sotto il tiro delle macchine da lancio. Il nuovo ostacolo, “une belle muraille, épaisse, bien batie à la cime hérissée des solides creneaux” (Canso, p. 475, XXXIV, 85), avrebbe dovuto inibire le operazioni del gatto del Montfort. Il gatto venne nuovamente spinto in avanti e i Tolosani risposero con il lancio di pietre tramite trabucchi, fionde che grandinarono sul gatto come sui soldati nuovamente con grande danno, forse esagerato dall’autore della Chanson per esaltare le capacità dei Tolosani. Comunque Montfort incoraggiò i suoi e forse se stesso: “o prenderò Tolosa nel giro di una settimana o perirò all’assalto delle sue mura” (Canso, p. 475, XXXV, 43).
L’obbiettivo dei Tolosani era quello di mettere fuori gioco il gatto che minacciava, seppur danneggiato, l’avanzamento; nel consiglio dei nobili venne fatto notare che i Francesi sebbene fossero bene armati al petto e nelle parti superiori, le loro gambe e piedi risultavano sguarnite di idonea protezione cosicchè Raymond Isarn precisò, secondo la Chanson, di tenere salde le armi in pugno e colpire al garretto. In poco tempo i Tolosani fluirono sul campo lanciandosi in un determinato attacco, al mattino presto, e di fatto cogliendo impreparati i Francesi. Quando ancora alcuno dei Francesi stava dormendo e Montfort, con altri, stava prendendo l’ostia consacrata durante la messa del mattino, i Tolosani fecero una sortita attaccando, da due direzioni, i disarmati per eliminare coloro che erano alla guardia delle macchine ossidionali (Vaulx-Cernay, p. 340 LXXXVI). Nel mentre il combattimento aumentava di intensità e dopo l’eucaristia, il Montfort prende la testa dei propri uomini dirigendo le operazioni belliche in prima linea mentre “un ouragan de mort hurle parmi le corps et fracasse le cranes” in una nube di frecce (Canso, p. 491, XXXV, 106). Un arciere tolosano individuò Guy de Montfort, il fratello di Simon IV, riuscendo a scoccare un dardo che si conficcò per metà nella testa del cavallo mentre, un’altra freccia, colpì proprio il cavaliere al fianco sinistro e la punta barbuta si conficcò nella carne; Guy cadde dinanzi a Simon IV cui chiese, gravemente ferito, di essere fatto Ospitaliere (Canso, p. 491, XXXV, 110).
Mentre Simon IV soccorreva ed ascoltava le flebili parole del fratello Guy colpito da una freccia, dagli spalti Tolosani i mangani continuavano a scagliare pietre.
Una di queste macchine era collocata presso il Convento di Saint-Sernin; sul cammino di ronda delle mura, protette dalla merlatura, alcune donne manovravano il macchinario. Improvvisamente una pietra scagliata dalla macchina, o probabilmente una scheggia od un detrito errante, colpì mortalmente Simon IV de Montfort.

La Chanson è esplicita: “Viene lanciata una pietra. Cadde esattamente sull’elmo di Simon de Montfort (“la peira lai on era mestiers”, cioè “la pietra colpì ove occorreva”, precisa il testo originale, con sarcasmo). Gli occhi, il cervello, i denti, la fronte e la mascella volarono in pezzi. Il conte cadde a terra morto, sanguinante e nero” (Canso, p. 491, XXXV, 106). Un’esplosione di gioia partì dalle difese di Tolosa mentre i Francesi coprivano il corpo del Montfort con una cappa blu. L’accentuata brutalità della Chanson, per quanto descriva un evento verosimile, è mitigata la racconto di Pierre di de Vaulx-Cernay che trasforma il Montfort, dopo aver ricevuto, benchè morto, ulteriori cinque colpi di frecce, in un martire come Cristo e San Sebastiano: “ecco dunque che una pietra, partita da un loro mangano [dei Tolosani], colpì il soldato di Cristo alla testa, il quale rovesciato dal colpo mortale, toccandosi due volte il petto, raccomandando l’anima alla Vergine ed imitando Sant’Etienne morta lapidata proprio nella propria città” si lasciò andare al Signore” (Vaulx-Cernay, p. 343 LXXXVI).
Un’altra cronaca, proseguendo la narrazione delle operazioni belliche sotto le mura di Tolosa, ricorda che “per San Giovanni allorquando il conte Simon si trovava all’interno della detta macchina ossidionale [il gatto], una pietra lanciata dalla parte avversa cadde sulla sua testa che fracassò e così morì” (Chr. Monf. p. 41). E’ su questa scia che anche la narrazione del Puylauren riporta gli eventi che condussero alla morte il Montfort; infatti “dopo che fu entrato dentro questo gatto una pietra da mangano, lanciata dagli avversari, gli piombò sulla testa e mori sul colpo” (Chr. Puy. XXVIII).
Pertanto che il Montfort sia morto a causa di una pietra lanciata dai Tolosani, non c’è dubbio.
La circostanza divergente è quella del “quando” e cioè se nel mentre soccorreva il fratello Guy de Montfort o quando egli stesso si trovava all’interno del gatto per lo sfondamento delle difese avversarie.
Il fatto poi che la pietra sia stata scagliata da un mangano azionato da donne, non è evento nè inconsueto nè ancor più umiliante. Le donne come i bambini, quelli che in tempo di assedio faranno parte delle “bocche inutili” svolgevano comunque un importante ruolo di supporto ai militi impegnati sul campo contribuendo con l’approvvigionamento di munizioni, dando conforto ai feriti ma anche offrendo una partecipazione attiva, in seconda linea, sugli spalti e sui pezzi d’artiglieria più facilmente manovrabili. Squadre di donne furono organizzate da un tal Aleran nel 1115 durante l’assedio di Le Castillon quando vennero allestiti due mangani manovrati da quattro squadre di “donne con egual coraggio fiondavano le pietre mediante i mangani e danneggiarono le torri”, verosimilmente in legname, che gli assedianti avevano eretto dinanzi alla fortificazione resistente (Nicolle, Medieval siege I, p. 45). Ancora riferisce il Cronista Ibn al-Athir Cronista arabo delle Crociate, di aver visto, durante l’assedio della fortificazione di Bourzay, nelle montagne della Siria del nord, “dalla cima della montagna, una donna che dalla cittadella lanciava proiettili [pietre] con l’impiego di un mangano; era proprio lei che rendeva vano ogni sforzo” dei Musulmani che tentavano la presa della fortificazione (Deschamps, Les Chateaux, III, p. 346).
Poco tempo dopo la morte di Simon IV, il figlio Amaury divenuto il nuovo comandante della crociata, lascò l’assedio per recarsi a Carcassonne trasportando il corpo del padre “curatum more gallicum” (Chr. Puy. XXIX). Boncompagnus è il primo che chiarisce l’usanza del “mos galliscus” talvolta definito “mos teutonicus”, una precisa tecnica funeraria di scarnificazione rispondente a necessità igieniche e di sepoltura dei corpi, cadaveri eccellenti per la costosità delle operazioni, deceduti fuori della loro terra.

Scrive Boncompagnus “Teutonici autem eviscerant corpora excellentium virorum, qui moriuntur in provinciis alienis, et reliqua membra tamdiu faciunt in caldariis decoqui, donec tota caro, nervi et cartilagines ab ossibus separantur, et postmodum eadem ossa, in odorifero vino lota et aspersa pigmentis, ad patriam suam deportant” (Bonc., 1.27.2). Pertanto se l’indicazione di G. de Puylaurens è relativa al corpo già preparato, scarnificato per ebollizione, è probabile che Amaury de Montfort si fosse diretto a Carcassonne con le sole ossa di Simon IV mentre le interiora dovevano essere rimaste interrate nel campo di battaglia a pochi passi dalle mura di Tolosa; una sorte differente, comunque, dal cuore che in certi casi subiva una collocazione ancora diversa. Non si ha notizia delle interiora e del cuore.
Le ossa probabilmente dovettero essere inumate in Caracassonne, nell’attuale Aude, presso l’abside situata a destra dell’altare maggiore della cattedrale, la cappella Sainte Croix. Una seconda sepoltura di Simon IV dovette avvenire nel 1224: probabilmente le sole ossa furono trasportate da Carcassonne nell’Yveline – Ile de France (non lontano da Parigi) presso Les Hautes Bruyeres in Saint-Rémy-l’Honoré; l’abbazia infatti dalla sua fondazione nel 1114, ad opera di Amaury III de Montfort et Bertrade de Montfort, sua sorella, era divenuta il luogo sepolcrale della famiglia. Dagli obituari si trova l’annotazione della sepoltura di Simon IV, morto nell’Abigeois, “che riposa sotto la grande tomba a destra dell’altare; il servizio è stato eseguito in VII kal. di giugno 1218” (Ob. H.Bruy., p. 226). Nota stonata è appunto che, secondo l’obituario, il servizio funebre venne profuso dai monaci proprio il giorno della morte.
Tuttavia Pierre de Vaulx-Cernay afferma che il corpo del Montfort venne, si, trasportato a Carcassonne ma “après l’avoir fait emabaumer à la mode de France” (Vaulx-Cernay, p. 344), cioè solo dopo le rituali attività di tanatoprassi e dunque eviscerazione, bollitura e scarnificazione.
Lineare, seppur asciutta, è la versione offerta dalla Cronaca di Montfort che precisa che il corpo di Simon IV (verosimilmente le sole ossa), dopo la preparazione funebre venne trasportato da Amaury a Carcassonne, come si è visto e, soggiunge, e da qui “in seguito fu trasportato in Francia”, verosimilmente nell’Ile de France come sopra accennato (Chr. Monf., p. 41).
Qui venne definitivamente inumato; sempre qui, presso Les Hautes Bruyeres in Saint-Rémy-l’Honoré, il Montfort venne accolto nel sepolcreto di famiglia che, se con l’estinzione del lignaggio e delle relative donazioni famigliari dovette progressivamente perdere importanza, dalla metà del secolo XVI fu investito dalla nuova ondata di fervore per la figura del “martire di Cristo”, Simon IV.
La tomba venne restaurata in più occasioni, al pari a quella degli altri consorti ivi deposti come il fratello Guy, divenendo meta di rinnovato pellegrinaggio al punto che, una volta aperti gli avelli, rinvenuti entro una bara di quercia i corpi ancora con drappi di taffetas rosso (Simon IV a destra e la consorte Alix de Montmorency alla sinistra), i monaci decisero di esporre il cranio del Montfort in un reliquiario d’argento; esso scomparve in seguito alla Rivoluzione così come andarono disperse le ossa, gli epitaffi che si erano susseguiti durante i restauri delle tombe (Rabourdin, Le Prieurè, pp. 30-31). Ma sorge una inevitabile critica; se è vero che il cranio di Simon IV venne devastato dalla pietra così come descritto dalla Chanson, come è possibile che fosse in condizioni tali da poi essere esposto in un reliquiario? Si trattava di un falso, forse del teschio del fratello o di un congiunto colà sepolto? Un tal colpo diretto, come narra la Chanson, avrebbe verosimilmente decapitato il Montfort. E’ più opportuno dar credito, allora, alla alternativa versione della morte avvenuta allorquando il Montfort si trovava dentro la macchina ossidionale e venne colpito, verosimilmente, dai detriti della struttura lignea e dalle schegge della pietra, e dunque dalla pietra stessa, ma in via mediata, che si schiantò sulla copertura?
Abbreviazioni usate nel testo
Amaury, P.L., “Patrologia latina”, a cura di J. P. Migne, Garnier, Paris, 1855, vol. CCXVI, A. Amaury CVII, col. 137-141, “De victoria habita contra haereticos”.
Bonc. Boncompagno da Signa, Boncompagnus, 1.27.2, De Consuetudinibus Sepelientium. Consultabile al link: <http://scrineum.unipv.it/wight/index.htm>
Canso La Chanson de la croisade albigeoise, Livre de poche, Paris, 2014.
Chr. Puy. G. De Puylaurens, Chronique (Chronica Magistri Guillelmi de Podio Laurenti), a cura di J. Duvernoy, Peregrinateur, Tolosa, 1996.
Chr. Monf. Chronique de Simon de Montfort 1202-1312, Traduction originale de F. Guizot Nouvelle Edition par Michel Tailhac, Edition Paleo, 2011.
Chr. Sancti Sat. Chronicon Sancti Saturnini Tolosae, in Histoire Générale de Languedoc, Tolosa, 1875, Tome V, Preuves de l’histoire de Languedoc, cap. 10.
Deschamps, Les Chateaux, III P. Deschamps, Les Chateaux des Croises en Terre Sainte, III, La defense du Comtè de Tripoli et de la Principautè d’Antioche, P. Geuthner, Paris, 1973.
Nicolle, Medieval siege I, D. Nicolle, Medieval siege weapons vol.I, Osprey Pubblication, Oxford, 2002.
Ob. H. Bruy. M. Auguste, Obituaires de la province de Sens, vol. II, Paris, 1902-1923, “Abbaye de Haute-Bruyère”
Rabourdin, Le Prieurè Andrè-Nicolas Rabourdin, Le Prieurè royal de Haute-Bruyere, Soc. Archeologique de Rambouillet, 1948
Vaulx-Cernay Pierre de Vaulx-Cernay, Histoire de l’hèrsie des Albigesois, Brière, 1824.
Inoltre sul web:
http://jeanalain.Montfort.free.fr/78/HauteBruyere.htm
http://jeanalain.Montfort.free.fr/78/Montfort78_5.htm
https://www.tombes-sepultures.com/crbst_2068.html
Simone De Fraja, Avvocato, saggista e studioso delle fortificazioni medioevali; ricercatore indipendente. Per contattare l’autore clicca qui !