149 anni. Gli occhi che guardarono la Sindone di Ada Grossi
Centoquarantanove anni è un romanzo ambientato negli anni cosiddetti “bui” nella storia sindonica, ovverosia tra la sua scomparsa da Costantinopoli all’indomani della Quarta Crociata del 1204 e la prima ostensione nota in Europa, avvenuta a Lirey verso il 1353.
Un’avventura corale che si muove tra Oriente crociato e Occidente cristiano, incentrata sulla storia di una famiglia le cui vicende, nella finzione, si intrecciano a quelle della Sindone: i protagonisti, più che la Sindone stessa, sono infatti le persone che nella finzione sono coinvolte nel suo fortunoso recupero, nel successivo occultamento e infine nel suo ritrovamento, fino alla prima ostensione francese. Gli eroi di Centoquarantanove anni sono come anelli di una catena che più volte è sul punto di spezzarsi ma sempre resiste, da Costantinopoli a Milano, dalla Siria a Venezia e alla Francia, fino a mettere definitivamente al sicuro la reliquia più preziosa della storia.
La trama è dunque il frutto delle connessioni di fantasia che l’autrice, medievista da oltre vent’anni, stabilisce tra una moltitudine di elementi reali (date di eventi storici, elementi della biografia di personaggi realmente esistiti e ambientazioni legate ai luoghi toccati dal romanzo).
Tre sono i fils rouges lungo i quali si snoda la vicenda: il viaggio della Sindone, evidentemente immaginario nei dettagli; la delicata e intensa storia d’amore di un veneziano e di una bizantina, che si ritrovano coinvolti in un’avventura più grande e alta di loro; l’enigma celato in una misteriosa pergamena della basilica di Sant’Ambrogio a Milano, con il quale si cimenta un monaco benedettino di grande cultura e acutezza “investigativa” che dedica la sua esistenza alla ricerca della Sindone.
L’enigma da risolvere è legato alla immaginaria missione di un cavaliere templare a cui è affidato il gravoso compito di portare in salvo la Sindone e a un carmen figuratum di raro fascino, che ben si presta a celare, nella finzione, anche un messaggio segreto: poiché tale componimento risale agli stessi anni in cui si perdono le tracce della Sindone a Costantinopoli, la coincidenza cronologica trova un suo senso nell’invenzione del romanzo.
Si tratta infatti della particolarissima elaborazione milanese di un carmen figuratum in lode alla Santa Croce, peraltro ben noto e riconducibile a Venanzio Fortunato (530-607): all’interno di una figura appunto di croce si possono leggere lungo centinaia di percorsi differenti i quattro versi in lode alla Croce di Cristo di un distico composto dal poeta e grammatico Calbulo (V-VI sec.). La speciale versione del carmen cha ha ispirato alcuni passaggi chiave del romanzo Centoquarantanove anni va attribuita a un preposito della basilica di Sant’Ambrogio, morto entro il 1205, e fu vergata su una pergamena custodita in Archivio di Stato di Milano, riscoperta dall’autrice una quindicina di anni or sono.
Il preposito e magister Petro Longus introdusse in questo suo personale adattamento del carmen pseudo-venanziano alcune precise modifiche: innanzitutto, onde far sì che il calcolo del numero dei percorsi di lettura si potesse esprimere mediante una formula matematica significativa (in relazine alla serie dei primi n numeri naturali dispari); in secondo luogo, affinché i bracci della croce contenessero la rappresentazione schematica della pianta della basilica di Sant’Ambrogio (nel caso del braccio inferiore, sia della basilica che del cosiddetto portico di Ansperto). Il resto è fantasia.

Un’avventura medievale di ampio respiro, tra viaggi per terra e per mare lungo le rotte mercantili di un Mediterraneo infestato dai pirati saraceni, avventure attraverso la Siria, missioni eroiche condotte dall’Oriente crociato a Milano e alla Francia: due eroi in fuga da Costantinopoli in fiamme, un templare milanese investito di una missione grande e difficile, un nobile eunuco reggente di Aleppo, una principessa islamica di straordinaria bellezza e immenso potere nonché protettrice del misticismo sufi, un geniale preposito milanese e un monaco benedettino un po’ investigatore, il solo in grado di cimentarsi con il misterioso messaggio celato nella pergamena di S. Ambrogio.
Tutti loro, ciascuno a proprio modo, contribuiscono a portare per un tratto il carico di un compito immenso: il viaggio della Sindone da Costantinopoli a Lirey.
Per approfondire:
A. Grossi, Un carmen figuratum di fine XII secolo, lo schema planimetrico della basilica di Sant’Ambrogio in Milano e i primi n numeri dispari, in «Aevum. Rassegna di scienze storiche linguistiche e filologiche», n. 2, a. LXXVII (2003), pp. 299-321 [scrineum.unipv.it/biblioteca/Grossi-crux/Grossi-crux.pdf].
Ada Grossi è nata a Milano nel 1971.
Laureata in Architettura, dottore di ricerca in Diplomatica, ricercatrice di storia medievale, paleografia e storia della Sindone, è autrice di alcune monografie, tra cui un saggio di storia urbana milanese (Santa Tecla nel tardo medioevo), di alcune edizioni di fonti documentarie medievali milanesi e lodigiane e di numerosi articoli scientifici d’ambito paleografico e di storia lombarda, oltre che relativi alle vicende della Sindone all’epoca di San Carlo Borromeo.
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