Albrecht Dürer

Albrecht Dürer, 1484 – “Autoritratto a tredici anni”

Albrecht Dürer. L’efficacia del bello nella realtà di Marina Bilotta Membretti

“Che cosa sia la bellezza io non lo so… Non ne esiste una che non sia suscettibile di ulteriore
perfezionamento…”(1)
Devo la scoperta di Albrecht Dürer (2) ad un regalo imprevisto e graditissimo, ricevuto da mia figlia: la visita alla Mostra “Dürer ed il Rinascimento fra Germania ed Italia” (3) a Palazzo Reale a Milano. Anzitutto Dürer non fu un genio isolato, ma un uomo colto e ben inserito nella società tedesca da cui tuttavia seppe prendere le distanze con quella raffinata competenza che lo mantenne interlocutore affidabile dei potenti mecenati che a lui si rivolgevano, e senza attirare la diffidenza di cui si circondò invece il contemporaneo Leonardo Da’ Vinci.
Figlio dell’orefice Albrecht, detto ‘il Vecchio’ (4), fin da bambino Dürer fu ottimo disegnatore e con spiccato talento per il ritratto: ben presto cominciò a collaborare con eruditi e stampatori nel nascente e già promettente ambiente editoriale di Norimberga, fino a che risolse di passare definitivamente alla più difficile e prestigiosa arte dell’incisione, a cui volle affidare persino la piega del volto di Cristo deriso nella “Passione” (1497-1510), e le ombre perverse dell’invidia degli uomini in “Cristo dodicenne fra i dottori” (1506).
Ma fu la questione religiosa di quegli anni, fra la emergente ‘Riforma protestante’ – avviata pare da un prestito della famiglia Fugger all’Arciduca del Tirolo nel 1487, garantito da una ipoteca sulla miniera d’argento dell’Arciduca – e la successiva ‘Controriforma’, che avviò nell’uomo Dürer una questione imprenscindibile, quella di un pensiero individuale unico e non divisibile fra razionalismo e misticismo, unicità che solo improvvidamente può essere rimossa, facendo impallidire l’umano in un meccanicismo rigido ottuso servile che, scivolando scivolando, culminerà nella follia nazista di alcuni decenni fa.
E’ una critica durissima quella di Dürer, sebbene còlta e difficilmente contrastabile grazie alla sua accattivante raffinatezza, verso gli artisti tedeschi che gli furono contemporanei, primo fra tutti il brillante politico Lucas Cranach, pittore della Riforma ed amico di Martin Lutero col quale inizialmente Dürer anche collaborò. Basti osservare le diverse interpretazioni del San Girolamo, modello per gli umanisti al crocevia fra protestanti e cattolici.
L’arte di Dürer arrivò ad affrontare quella del nostro Leonardo Da Vinci, per il quale la vecchiaia di San Girolamo fu di penitenza stretta e di isolamento, mentre Dürer descriveva un anziano santo e sorridente, lietamente consapevole.
Nella sua fedeltà ai canoni classici, rivisitati grazie alla riscoperta di artisti come il pittore Apelle, citato da Plinio il Vecchio perchè capace di riprodurre visivamente suono e profumo, Dürer gode delle individualità straordinarie prodotte da Giorgione, Tiziano, Lotto e dallo stesso Leonardo Da Vinci costruendo a sua volta sui risultati ottenuti dagli eccellenti Colleghi italiani. E prepara il ‘Rinascimento’ stesso, con quella sua proverbiale curiosità verso un reale che ritiene affidabile anche nella vecchiaia, e nella fatica sempre elaborabile della vita.
Approdando infine alla sua opera più enigmatica, “Melencholia” del 1511 in cui protagonista è l’artista stesso, elaboratore della realtà, senza altre gratificazioni che non siano il lavoro stesso e l’opera in atto. A tema, Dürer mette arditamente il ‘furore’ dell’artista che può indagare sì il disordine del mondo arrivando persino ad istituire un ordine5 grazie agli strumenti della logica di cui dispone, ma che si trova poi da solo nel precedere i contemporanei concludendo un’opera che risulti invitante, perchè il mondo stesso la desideri e vi si disponga, pur se ancora progetto e non realtà già sperimentabile.
Solitudine genera ‘melencolia’, suggerisce Dürer che segnala acutamente i rischi di un Ideale moderno di autonomia sessuale, presente già negli autori della ‘Riforma’.
La simpatia di Dürer per la mostruosità perfetta di un “Granchio marino” (1495) che si lascia ammirare senza resistenze è quella di un uomo curioso ed affezionato alla realtà, non contaminato da pregiudizi ma anzi attento studioso dei canoni classici e mensurabili.
E’ ancora la stessa simpatia che si ritrova ne “La famiglia del satiro” (1505), un fauno tanto selvatico quanto tenero marito nonchè padre premuroso in una famiglia ben differente da quella in cui la rigidità educativa forgia debolezze pericolose ed inibizioni pronte ad esplodere.
Ed è infine una simpatia applicativa quella che mette a fuoco il giudizio diffidente di Dürer verso una emergente sottomissione sociale in Europa – favorita dalla Cultura della contemporanea ‘Riforma’ di Martin Lutero, al quale tuttavia egli si avvicinerà negli ultimi anni della sua vita – pronta a generare mostri reali, pallidi e lucidi esecutori di quanto non condividono nè amano, odianti l’individualità mite anche di un bambino, quando ponga interrogativi a cui l’adulto ha rinunciato.
Ma fu la questione religiosa di quegli anni, fra la emergente ‘Riforma protestante’ – avviata pare da un prestito della famiglia Fugger all’Arciduca del Tirolo nel 1487, garantito da una ipoteca sulla miniera d’argento dell’Arciduca – e la successiva ‘Controriforma’, che avviò nell’uomo Dürer una questione imprenscindibile, quella di un pensiero individuale unico e non divisibile fra razionalismo e misticismo, unicità che solo improvvidamente può essere rimossa, facendo impallidire l’umano in un meccanicismo rigido ottuso servile che, scivolando scivolando, culminerà nella follia nazista di alcuni decenni fa.
E’ una critica durissima quella di Dürer, sebbene còlta e difficilmente contrastabile grazie alla sua accattivante raffinatezza, verso gli artisti tedeschi che gli furono contemporanei, primo fra tutti il brillante politico Lucas Cranach, pittore della Riforma ed amico di Martin Lutero col quale inizialmente Dürer anche collaborò. Basti osservare le diverse interpretazioni del San Girolamo, modello per gli umanisti al crocevia fra protestanti e cattolici.
L’arte di Dürer arrivò ad affrontare quella del nostro Leonardo Da Vinci, per il quale la vecchiaia di San Girolamo fu di penitenza stretta e di isolamento, mentre Dürer descriveva un anziano santo e sorridente, lietamente consapevole.
Nella sua fedeltà ai canoni classici, rivisitati grazie alla riscoperta di artisti come il pittore Apelle, citato da Plinio il Vecchio perchè capace di riprodurre visivamente suono e profumo, Dürer gode delle individualità straordinarie prodotte da Giorgione, Tiziano, Lotto e dallo stesso Leonardo Da Vinci costruendo a sua volta sui risultati ottenuti dagli eccellenti Colleghi italiani. E prepara il ‘Rinascimento’ stesso, con quella sua proverbiale curiosità verso un reale che ritiene affidabile anche nella vecchiaia, e nella fatica sempre elaborabile della vita.
Approdando infine alla sua opera più enigmatica, “Melencholia” del 1511 in cui protagonista è l’artista stesso, elaboratore della realtà, senza altre gratificazioni che non siano il lavoro stesso e l’opera in atto. A tema, Dürer mette arditamente il ‘furore’ dell’artista che può indagare sì il disordine del mondo arrivando persino ad istituire un ordine5 grazie agli strumenti della logica di cui dispone, ma che si trova poi da solo nel precedere i contemporanei concludendo un’opera che risulti invitante, perchè il mondo stesso la desideri e vi si disponga, pur se ancora progetto e non realtà già sperimentabile.
Solitudine genera ‘melencolia’, suggerisce Dürer che segnala acutamente i rischi di un Ideale moderno di autonomia sessuale, presente già negli autori della ‘Riforma’.
La simpatia di Dürer per la mostruosità perfetta di un “Granchio marino” (1495) che si lascia ammirare senza resistenze è quella di un uomo curioso ed affezionato alla realtà, non contaminato da pregiudizi ma anzi attento studioso dei canoni classici e mensurabili.
E’ ancora la stessa simpatia che si ritrova ne “La famiglia del satiro” (1505), un fauno tanto selvatico quanto tenero marito nonchè padre premuroso in una famiglia ben differente da quella in cui la rigidità educativa forgia debolezze pericolose ed inibizioni pronte ad esplodere.
Ed è infine una simpatia applicativa quella che mette a fuoco il giudizio diffidente di Dürer verso una emergente sottomissione sociale in Europa – favorita dalla Cultura della contemporanea ‘Riforma’ di Martin Lutero, al quale tuttavia egli si avvicinerà negli ultimi anni della sua vita – pronta a generare mostri reali, pallidi e lucidi esecutori di quanto non condividono nè amano, odianti l’individualità mite anche di un bambino, quando ponga interrogativi a cui l’adulto ha rinunciato.
Note
1″Dürer”, a cura di Costantino Porcu – Rizzoli Editore Milano 2004
2 Albrecht Dürer nacque e morì a Norimberga (1471-1528) ma viaggiò molto e soggiornò a lungo anche in Italia.
3 “Dürer ed il Rinascimento fra Germania ed Italia” a cura di B.Aikema, Milano – “Palazzo Reale” 21 febbraio-24 giugno 2018.
4 “Ritratto di Albrecht Dürer, il Vecchio” – 1490
5 “Ordine, contrordine, disordine. La ragione dopo Freud”, di Maria Delia Contri SIC Edizioni 2016, tratta specificamente la questione del ‘disordine’ che precede e sostiene ogni psicopatologia.

Marina Bilotta Membretti
Aziendalista e imprenditore, laureata in Economia (Università Luigi Bocconi, Milano 1981).
Socio di “Studium Cartello” dal 1995, poi “Studium Cartello – Il lavoro psicoanalitico”.
Difensore della salute secondo il Docum. pubblico Dott. Giacomo B. Contri, ai sensi Legge n°4 – 14 gennaio 2013.
Ha collaborato con la Rivista Madre (Brescia 1995-2006); Avvenire / Noi genitori e figli (Milano 1998-2002); Laboratorio formazione e lettura psicoanalitica – Torino Via Assisi 6, con due Relazioni: “Perchè no ? La difesa” (2013); “Psicopatologia precoce. Che cosa posso sapere”(2014).
Ha partecipato a “Benessere e lavoro”, Conversazione a cura di Raffaella Dallarda-Mondadori Store S.Babila-MI, 15dic 2016 a proposito di lavoro analitico.
Ha partecipato a “Speed Book Date”, a cura di Alessandra Pagani www.unalettrice.org ed ha presentato :
“Memoria negata”, di Marisa Brugna – Ed. Condàghes (13 maggio 2017, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli Milano).
“THINK ! Dodici anni di giornalismo freudiano” di Giacomo B. Contri – SIC Edizioni 2017 (28 ottobre 2017, Cernusco sul Naviglio-MI).
Ha pubblicato: “Ereditare da un bambino. Perche’ no ?” / Gruppo Editoriale L’Espresso SpA 1°edizione 2014 – ISBN 978 88 91081 636, saggio breve sulla competenza individuale nella cura del pensiero.
E-mail: info@tutorsalus.net
Web: www.tutorsalus.net.
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