
Anselmo d’Aosta di Anselmo Pagani
Che in Inghilterra risiedano, per motivi di studio o lavoro, diverse centinaia di migliaia di nostri connazionali è risaputo. Un po’ meno lo è il fatto che la strada per l’Inghilterra fosse già battuta molti secoli fa da italiani quali i mercanti di lana e stoffe, ma anche uomini di Chiesa.
Sant’Anselmo per esempio, di cui il 21 aprile ricorre la festività, il passo del Moncenisio l’attraversò nel 1059 partendo da Aosta, dov’era nato una ventina d’anni prima. Orfano di madre e insofferente alle imposizioni di un padre dispotico col quale i rapporti si erano guastati, Anselmo preferì cambiare aria, chiedendo ospitalità presso l’abbazia normanna di Bec, il cui priore era il pavese Lanfranco.
Divenutone in poco tempo il discepolo più brillante, il nostro dopo tre anni si fece monaco e quando Lanfranco si recò in Inghilterra al seguito del famoso Guglielmo “il Conquistatore”, che lo teneva nella massima stima tanto da nominarlo Primate della Chiesa d’Inghilterra, Anselmo lo sostituì come nuovo abate di Bec.
In questa veste si dedicò alla formazione dei novizi, coi quali amava discutere di filosofia e teologia cercando sempre d’instaurare con loro un colloquio improntato alla massima benevolenza. Il suo grande carisma personale bastava infatti a mantenere l’ordine fra i monaci, mentre altri abati non ci riuscivano nemmeno con la frusta.
Anselmo finì così per attrarre a Bec numerosissimi giovani, tanto che la sua fama oltrepassò la Manica e quando nel 1092 il suo vecchio maestro Lanfranco morì, il nuovo re d’Inghilterra Guglielmo II “il Rufo” gli propose di prenderne il posto come Arcivescovo di Canterbury, carica che il nostro accettò dopo lunghi tentennamenti.
Tuttavia i rapporti del nuovo Primate d’Inghilterra, uomo geloso della propria indipendenza, col re Guglielmo II e poi col suo successore Enrico I, sarebbero stati sempre burrascosi, nel pieno della “lotta per le investiture” che anche sul Continente europeo vedeva contrapposto, in modo a volte violento, il potere temporale alle prerogative papali.
Perciò Anselmo sarebbe stato costretto a recarsi a Roma, dal Papa, per cercare aiuto e protezione oltreché per difendersi dalle accuse velenose che gli venivano mosse dal sovrano inglese, esasperato dalla sua intransigenza.
Oltre all’aura di santo, Anselmo si guadagnò anche il titolo di “Dottore della Chiesa” con gli scritti che animarono il dibattito filosofico e teologico dell’XI e XII secolo.
Nel tentativo di conciliare il difficile rapporto fra fede e ragione, appellandosi alla dottrina agostiniana, Egli propose il motto “credo ut intelligam” (“credo per capire”) in base al quale si sforzò di dimostrare che alla fede si può arrivare attraverso modalità rigorosamente logiche, senza nemmeno il ricorso alle Sacre Scritture.
Prima, nel suo “Monologion”, si dilungò sulle complicate argomentazioni “a posteriori” in base alle quali, per il principio della gradualità della perfezione, si può risalire al Bene assoluto che è il Dio trascendente, forti delle diverse perfezioni rientranti nella graduazione gerarchica del mondo.
Nel successivo “Proslogion” Anselmo si concentrò su un unico argomento “a priori”, cioè su una “prova ontologica” dell’esistenza di Dio. Partendo infatti dal concetto che Dio è “qualcosa di cui non si può immaginare nulla di più grande”, egli ne dedusse che sarebbe contraddittorio negarne l’esistenza.

Questa argomentazione invero avrebbe sollevato varie obiezioni nei secoli, provocando già qualche perplessità in Tommaso d’Aquino, sino all’intervento di Kant che ne avrebbe scalzato le fondamenta, pur fra adesioni di “peso” quali quelle di Cartesio e Leibniz.
Se ancora sul letto di morte, che lo colse il 21 aprile del 1109, Anselmo si tormentava sull’origine dell’anima, si capisce però quanto le questioni da lui sollevate, lungi dall’essere acclarate, formino ancora l’oggetto di approfonditi studi e dibattiti.
Accompagna questo scritto la “Statua di Anselmo d’Aosta”, secolo XII, Cattedrale di Canterbury.
(P.s.: testo scritto da Anselmo Pagani che, nel giorno di Sant’Anselmo d’Aosta, manda i suoi auguri più sinceri ai non tantissimi che portano il suo stesso nome).