Arte longobarda…o no?

Gli stucchi del Tempietto Longobardo di Cividale del Friuli

Arte longobarda…o no? di Luca Palumbo

L’Italia è disseminata di elementi architettonici, quali plutei, amboni, cibori o semplici “lastre” con rilievi che ho sempre considerato “longobardi”. Il problema sorge nel constatare che questi rilievi sono presenti anche in zone dove i Longobardi non sono mai praticamente arrivati. Un caso fra tutti: Roma. Quando sono andato a vedere la Basilica di Santa Maria Maggiore, ho osservato che due dei tre rosoni in facciata, fossero dei “rilievi longobardi” reimpiegati. Ma è sufficiente girare per le principali chiese romane per notare una rilevante quantità di rilievi tutti aventi come riferimento il VII, l’VIII ed il VIII secolo, quindi “Longobardi”…o no?
Ecco, ho cercato di dare una risposta a questa domanda e per farlo sono partito da Ravenna, e, in particolare, dal Sarcofago del Vescovo Teodoro, conservato all’interno di Sant’Apollinare in Classe. Osservando questo sarcofago si nota una decorazione che, da ora in poi, ci sarà familiare, in quanto ricorrerà in molte altre opere. Questo sarcofago è del V secolo. Più precisamente del primo quarto del V secolo, quindi è stato scolpito quasi un secolo e mezzo prima dell’arrivo dei Longobardi. Prima di proseguire, però, bisogna fare una importante osservazione. Dal III al V secolo, a Roma (inteso come territorio dell’Impero), vi è un cambiamento nel modo di fare arte, osservabile, soprattutto, nella scultura. E’ sufficiente osservare l’arco di Costantino, che si trova a pochi metri dal Colosseo per notare questa differenza. L’arco di Costantino è infatti una sorta di mosaico di archi precedenti e si possono trovare rilievi provenienti dagli archi di Traiano, Adriano e Marco Aurelio, poi ci sono i nuovi rilievi legati all’Imperatore Costantino. La differenza tra i rilievi costantiniani e quelli precedenti è evidente anche ad un dilettante come il sottoscritto. I rilievi più antichi presentano una maggiore cura dei dettagli, degli spazi e dell’armonia, mentre quelli costantiniani sono più “ammassati”, le figure sono meno curate e spesso sproporzionate, e, inoltre sono immortalate in posizioni che risultano innaturali.
Ad osservare la scultura presente a Venezia dei tetrarchi, si può, anche in essa, notare una “rozzezza” nella cura dei personaggi che in età augustea, non si trova. Ultimo paragone, per capire, la differenza fra il ritratto ufficiale di Caracalla e quello di Costantino, o di Valente. Nel periodo tardoimperiale, quindi, si osserva una rivisitazione dell’arte, che punta a trasmettere il messaggio rinunciando ai fronzoli. A Milano, presso la chiesa di Sant’Ambrogio, è visibile un sarcofago detto “di Stilicone. Anche in questo caso possiamo notare come le figure siano scolpite molto ravvicinate fra di loro, manca, quasi, lo spazio vitale, i volti ed i dettagli sono piuttosto rozzi, almeno paragonati con l’arte “classica “ romana.
Torniamo nel medioevo, e andiamo ad osservare il tempietto longobardo di Cividale dl Friuli. In questo caso abbiamo degli stucchi, e non dei marmi, ma la tipologia di rappresentazione è la stessa. Il volto di ciascuna delle vergini non è dissimile dal ritratto di Costantino. Volti tondi, occhi grandi, e lineamenti appena accentuati. Anche le mani delle vergini assomigliano in modo impressionante a quelle dei tetrarchi di Venezia. Il Tempietto longobardo è stato realizzato nell’VIII secolo. Ovvero ben quattro secoli dopo le sculture costantiniane. Il già citato sarcofago di Teodoro, a Ravenna, presenta, sul fianco una croce stilizzata, con due colombi ai lati. Sul lato lungo invece osserviamo due e pavoni, uno stralcio di vite e un “chiro”.
A Milano, ma questa volta in San Lorenzo, si può osservare un grosso sarcofago detto di Galla Placidia (anche se non lo è). Anche questo sarcofago, del V secolo, come quello ravennate presenta decorazioni essenziali e, per stile, molto simili a quelle di San Teodoro. Se andiamo ad osservare la lastra con pavone che è conservata presso il monastero di San Salvatore, all’interno dei Musei di Santa Giulia a Brescia, possiamo porci una domanda: che differenza c’è fra questa lastra e il sarcofago di San Teodoro? Che differenza c’è fra i pavoni ravennati ed i pavoni di San Salvatore: nessuna? Beh…all’incirca. La differenza è minima.
Ancora: Pavia. All’interno dei musei civici di Pavia sono conservate due lastre che sono conosciute con il nome di “plutei di Teodote”. Anche qui due pavoni e le differenze con quelli di San Teodoro sono ancora meno. Solo che questi pavoni e quelli di Brescia sono dell’VIII secolo, mentre, come detto, quelli di Ravenna sono del V. I Longobardi hanno portato con loro l’arte dell’oro. In altre parole la loro arte era l’oreficeria, e le croci in lamina d’oro, lavorato a sbalzo, che in tante loro necropoli sono state ritrovate ne sono una dimostrazione. Osserviamo una di queste lamine, presa, per esempio, dal museo di Torino. L’oro è lavorato, a sbalzo, con motivi geometrici che hanno una evidente analogia con gli intrecci bizantini e romani. Questi stessi intrecci, molto simili a quelli delle lamine d’oro diventeranno poi molto frequenti nei plutei, o amboni e nelle lastre longobarde.
A Cividale del Friuli sono presenti lastre con intrecci complessi che davvero ricordano molto le decorazioni delle lamine d’oro. Quindi ecco che una croce, come quella del sarcofago di San Teodoro viene poi riprodotta “a righe”, così come tutti gli intrecci e le decorazioni delle lastre. MA se l’embrione di questo tipo di arte nasce nel V secolo o ancora prima, come lo si fa a definire longobardo? L’altare di Ratchis è “longobardo”. Lo è dal punto di vista cronologico. Ma dal punto di vista prettamente artistico no. L’intreccio che è possibile osservare presso gli scavi del Palatino a Roma è longobardo? Ecco, secondo me, bisognerebbe definire tutta questa quantità di lastre marmoree come “altomedievali”, in quanto le maestranze erano italiche, non longobarde. Il loro modo di scolpire, di raffigurare croci, pavoni e stralci d’uva è figlio dell’arte del V secolo, non dei Longobardi. Ecco quindi perché, anche a Ravenna, si trovano molti elementi che avrei definito “Longobardi”, come anche quelli che ho potuto osservare ad Albenga, in Liguria.
L’arte longobarda è quindi legata all’oreficeria, mentre tutta l’arte legata alla scultura è più prettamente italica, figlia dell’arte plebea romana. Probabilmente, vista la sua schematicità, era anche un’arte più alla portata anche di un popolo “barbaro” che aveva conquistato un territorio così storicamente imponente come quello della penisola italiana.

Luca Palumbo
Sono un quarantaduenne alla perenne ricerca di castelli. Artigiano nel settore delle costruzioni meccaniche, ho la mania dei castelli e li vado a cercare dappertutto. Da qualche tempo ho iniziato ad interessarmi anche ai monasteri e alle chiese di epoca medievale, ma la passione più grande è per le merlature. Altre passioni sono per la meccanica ed i vecchi transatlantici. Transatlantici e castelli hanno in comune il fatto di esser realizzati dall’unione molte di molte persone che, come diceva un mio amico, si spezzavano la schiena per metterli in piedi, quando l’abilità dell’uomo era l’unica cosa che contava.
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