Berta figlia di Lotario II e Waldrada

Lotario I (795 – 2 marzo, 855), Sacro Romano Imperatore, era il figlio maggiore dell'imperatore Ludovico il Pio e di sua moglie Irmengarda (o Ermengarda), figlia di Ingramm (o Ingerman), Duca di Hesbaye. E' il padre di Lotario II e il nonno di Berta.
Lotario I (795 – 2 marzo, 855), Sacro Romano Imperatore, era il figlio maggiore dell’imperatore Ludovico il Pio e di sua moglie Irmengarda (o Ermengarda), figlia di Ingramm (o Ingerman), Duca di Hesbaye. E’ il padre di Lotario II e il nonno di Berta.

di Vincenzo Moneta.

Berta, nata fra l’860 e l’865, era la figlia di Lotario II re di Lotaringia (825-869) e di una nobile di nome Waldrada (Friedelfrau o “sposa di gioventù” [1].

Lotario II aveva poi sposato Teutberga, donna desiderabile per le sue alleanze politiche, ma da cui non aveva avuto figli. Dopo due anni aveva deciso di sciogliere l’unione e sposare: Waldrada, con la quale in precedenza aveva convissuto e dalla quale aveva avuto tre figli: Ugo, Ghisela e Berta e che quindi voleva legittimare.

Prima di tutto cercò di liberarsi di Teutberga accusandola di aver commesso incesto col proprio fratello. Questa riuscì a dimostrare la propria innocenza con un’ordalia.

Ma nonostante questa “prova” Lotario II la fece imprigionare riuscendo così a fargli dichiarare di voler entrare in convento. Ma i vescovi non si mostrarono disposti a sciogliere le nozze e si limitarono ad accogliere la sospensione dei rapporti della coppia.
Alla fine la regina, probabilmente minacciata di torture, confessò davanti ad una assemblea di magnati e di vescovi della Lotaringia e ammise non solo l’incesto, ma un incesto con rapporto ’inter femora’ che aveva avuto come conseguenza un concepimento e un aborto.

La donna fu condannata ad una pubblica punizione ma, la richiesta di ripudio del re fu rimandata a quando si fosse pronunciato un maggior numero di esperti di diritto canonico.

Il vescovo Incmaro di Reims era uno di questi esperti che rispose alla domanda con un lungo trattato’ De Divortio Lotharii et Tetbargae’ , in cui sostenne che l’incesto era l’unica colpa per la quale poteva essere concesso lo scioglimento dell’unione matrimoniale.

Nel frattempo Tetberga chiese l’appoggio del papa Nicolò I [2], che mandò due suoi legati a esaminare il caso.

Ma Lotario riuscì a corrompere i legati ed a farsi concedere l’annullamento del matrimonio per incesto e poté sposare e coronare regina Waldrada.

Papa Nicolò non accettò il fatto compiuto e convocò un sinodo in Laterano durante il quale annullò il secondo matrimonio e impose a Lotario di riprendere la moglie Teutberga.

Lotario II, nel frattempo, aveva riunito un concilio a Metz coinvolgendo i due legati pontifici tra i quali il vescovo di Porto, Rodoaldo.

Le decisioni del concilio, favorevoli al re, furono inviate a Roma tramite gli arcivescovi di Colonia e Treviri.

Il papa Niccolò, già al corrente dello sviluppo degli avvenimenti si rifiutò di riceverli per tre settimane.

Li convocò durante un sinodo da lui riunito in Vaticano e dichiarò nulle le decisioni di Metz, giudicando Waldrada una semplice concubina, sulla quale lanciava la scomunica, e Teuteberga l’unica moglie legittima.

Anche i due arcivescovi Guntero e Teutgardo furono scomunicati e deposti, perché – secondo il papa – non avevano difeso la santità di un sacramento.

Gli arcivescovi chiesero l’intervento dell’imperatore Ludovico II, zio del re Lotario II, accusando apertamente Niccolò I di abuso di potere.

L’imperatore e la moglie Engelberga, con i due arcivescovi scomunicati, partirono per Roma scortati da un esercito.

Niccolò I si accinse a riceverli preparando una “scena” da funerale.

Era il febbraio 864 e dispose che Roma entrasse in lutto e la città accolse il suo imperatore con precessioni e digiuni.

Il papa rifiutò di incontrarlo raccogliendosi in preghiera nella sua residenza del Laterano e qualificando l’imperatore Ludovico II come “scellerato ed infesto”.

Le processioni si intrecciavano per le vie di Roma e una fu anche assalita da alcuni baroni dell’imperatore esasperati dai rifiuti del papa di ricevere il loro sovrano; molti preti finirono malconci, croci e stendardi furono distrutti.

Si sparse anche la voce che il papa, sentendosi insicuro in Laterano, aveva risalito il Tevere su una barca e si era rifugiato in San Pietro, digiunando per due giorni interi.

La situazione insostenibile fu sbloccata dalla mediazione dell’imperatrice Engelberga che riuscì a far incontrare il papa e l’imperatore ma ottenendo solo una riappacifazione tra loro due, per il resto nulla cambiò.

Gi arcivescovi restarono scomunicati. Lotario II dovette riprendersi Teuteberga, nonostante la stessa regina supplicasse il papa di ritornare sulla decisione e acconsentire al desiderio di Lotario, dal momento che quel matrimonio non le procurava che calunnie.

In caso di non applicazione di quanto deciso dal papa, su Lotario incombeva la minaccia di una scomunica. Per quanto riguardava la scomunicata Waldrada, questa doveva presentarsi a Roma per essere giudicata.

L’imperatore Ludovico II accettò le condizioni del papa e lasciò la città di Roma.

La vertenza era conclusa, perlomeno a livello ufficiale, e comunque tutta la storia di questo matrimonio resta significativa nel senso che per la prima volta il papato giudicò un re che si trovò inaspettatamente minacciato di scomunica, destino che gli fu risparmiato per la morte del papa, visto che egli subito riprese la sua relazione con Waldrada.

Il successore di Niccolò I, il papa Adriano II, si dimostrò meno intransigente verso Lotario II e Waldrada.

Waldrada fu liberata dalla scomunica, a condizione di astenersi da qualsiasi rapporto con Lotario II.

Il papa accettò la proposta dell’imperatore Ludovico II di un incontro a tre fra lui, il nipote Lotario II e il papa stesso. L’incontro si svolse a Montecassino nel luglio 868.

Lotario II giurò che non avrebbe continuato la sua relazione con Waldrada, rispettando l’unione con la moglie Teuteberga, nonostante la stessa sovrana avesse fatto presente al papa che molto più opportuno sarebbe stato sciogliere quel matrimonio e liberale lei dalla vita infelice a cui era costretta.

A Montecassino il papa stesso impartì la comunione a Lotario e si mostrò fiducioso, pur rimandando una decisione definitiva sulle questioni coniugali ad un sinodo che si sarebbe dovuto svolgere a Roma, Ma un mese dopo questo incontro, Lotario II moriva a Piacenza improvvisamente e le due donne della sua vita finivano ambedue in convento.

La risonanza di questa questione ebbe eco e portò avanti la controversia tra il clero e i nobili che si sentivano ostacolati dalle regole religiose nella loro funzione decisionale verso le spose.

Note:
[1] Le popolazioni germaniche che invasero l’impero adottavano diversi tipi di unione – la Muntehe, la Friedelehe, il concubinato e il ratto. Il matrimonio legale, o Muntehe, era l’unico a produrre effetti giuridici quali la legittimità della prole e quindi la designazione degli eredi ma, a differenza del matrimonio romano, era tutt’altro che fondato sul consenso dei contraenti. La decisione spettava unicamente alle famiglie, in particolare al padre che concedeva solennemente la figlia al marito designato. Il promesso sposo avrebbe ricevuto dal padre il Mundium della futura sposa contro la somma di denaro pattuita.
Il Mundium era il potere, simboleggiato dalla mano, che il capofamiglia esercitava sugòi inermi – donne, bambini e schiavi – che vivevano sotto la sua protezione. Il prezzo nuziale – pretium nuptiale franco, wittimon burgundo e meta longobarda – veniva pagato pubblicamente dal marito in occasione della traditio, cioè il trasferimento della ragazza dalla dimora paterna alla nuova casa. Con quel gesto si sigillava l’accordo raggiunto, la creazione del legame e il trasferimento del Mundium.
Essi non “compravano” una moglie come fosse una capo di bestiame o una schiava, compravano il potere sulla donna, il diritto di esercitare la loro protezione su di lei, senza per questo annullare le sue capacità giuridiche.
Presso le popolazioni germaniche si poteva sposare una sola donna con il Mundium.
Ma esisteva anche un’ altra forma di unione, la Friedelehe, a lungo riconosciuta come del tutto legittima nell’aristocrazia franca o longobarda. Sposa di second’ordine, ma pur sempre onorevole, la Friedelfrau era una giovane di rango libero, spesso proveniente da un’ottima famiglia, che veniva scelta e designata ufficialmente. Tuttavia, per lei lo “sposo” non pagava il “prezzo nuziale” (né più tardi, avrebbe costituito il dotalicium che lo costituì) proprio perché, a differenza di quanto accadeva nel matrimonio legale, non vi era alcun trasferimento di Mundium. La celebrazione di questo tipo di matrimonio, sicuramente più consensuale, si svolgeva quindi in una sola sequenza incentrata sull’unione carnale: la Friedelfrau – o sposa di pace – veniva condotta pubblicamente in casa del marito, introdotta nel talamo nuziale e, l’indomani mattina, anche lei riceveva la Morgengabe, quel “dono” che faceva di lei una vera sposa, una uxor, distinguendola nettamente da una semplice concubina. I figli che nascevano da questo tipo di unione non godevano tuttavia dei pieni diritti, in particolare successori, riservati esclusivamente alla moglie legittima. Chabot Isabelle,”Lui, lei, le altre”, sta in Medioevo, pagg.103-108, n. 12 (47) 2000, De Agostini Rizzoli periodici, Milano.
[2] Il papa Niccolo I incarnò il concetto di papa come capo al quale re, imperatori, vescovi e preti dovevano obbedire. Il mondo intero doveva ricevere le direttive esclusivamente dal papato; il sovrano poteva essere il beneficiario di un potere politico ma doveva rispondere al papa, come il vescovo o il prete nel campo religioso.
“Tutto l’ordine sociale e religioso del mondo dipendeva dal papato di Roma: così Niccolò I concepiva il ruolo dell’istituzione, ed in tale spirito egli governò”, come osserva Walter Ullmann.
Approfittando in concreto della debolezza dei discendenti carolingi il papa affermò concretamente la sua funzione di capo politico e religioso e l’imperatore dovette accontentarsi di far da spettatore alla vittoria del papa.
Egli fu senz’altro il creatore del papato medievale; a lui faranno capo papi come Gregorio VII o Innocenzo III.
In questo periodo si mantenne inscindibile il concetto dell’unità inscindibile di Stato e Chiesa, ovvero di uno stato clericale.
Un’applicazione concreta di questo concetto si aveva nella condanna del “divorzio” per usare un termine moderno, ma che allora più che altro si definiva “ripudio” da parte del marito nel confronto della sposa, anche se non erano infrequenti casi di abbandono del “tetto coniugale” da parte delle donne.
Già Benedetto III aveva avuto infatti occasione di condannare Ingeltrude, per aver abbandonato il conte Bosone.
Nicolò I ebbe modo di far trionfare il concetto del sacro vincolo del matrimonio nei confronti di Lotario II, nipote dell’imperatore Ludovico II.

Vincenzo Moneta

Vincenzo Moneta, attraverso le più svariate forme di comunicazione (fotografia, video-cinema, teatro, pubblicazioni) ha realizzato presso province, comuni, quartieri, circoscrizioni, associazioni, scuole di ogni grado, in centri sociali e di recupero (comunità terapeutiche, carceri) originali proposte culturali tese a rimuovere il dilagante isolamento esistenziale del nostro tempo.

Le sue ricerche e documentazioni foto-cinematografiche frutto di esperienze maturate attraverso il suo accostarsi alle più diverse situazioni umane a contatto di ogni realtà sociale cercando di comprenderne l’intima realtà lo portano a realizzare una sorta di teatro maieutico.

Questo “Teatro dell’Essere” mirando alla partecipazione ed al coinvolgimento degli “attori” in un processo di ricerca della propria “immagine” stimola l’espressività creativa di ognuno anche superando il rigido schematismo della separazione palco-platea, per arrivare ad una conduzione corale dello spettacolo.

La teatralità e il gioco intesi come ricerca ed analisi, come creatività e comunicazione con gli altri, possono allora diventare un mezzo di comunicazione e di socializzazione fra individui di ogni età, cultura e posizione sociale.

I suoi viaggi ai quattro angoli della terra con l’incontro con culture e codici diversi di vita, a contatto di ogni realtà sociale cercando di comprenderne l’intima realtà, sono alcune delle testimonianze della sua attività trasferite in foto, video e pubblicazioni che hanno cercato, stimolato, sostenuto e valorizzato la personalità dell’individuo come patrimonio di informazioni, cultura, tradizione e memoria storica:

– Reportage dall’India,
– Dieci anni di Campi Giochi,
– Un percorso nel carnevale,
– Dalle radici dell’uomo all’adolescente di oggi,
– La Vita Sta dove “l’anziano di oggi che ci racconta l’esser giovane di ieri stabilisce un contatto con la memoria ed un indispensabile contributo di esperienza offrendo ai nostri giovani termini di paragone preziosi e ben definiti, in un terreno di confronto essenziale per la crescita della comunità”.

“Berta di Toscana e il suo tempo”…una discendente di Carlo Magno e i suoi rapporti con l’impero d’Occidente ed il Papato, l’impero Bizantino ed il califfo di Baghdad”

Ha partecipato a festival, manifestazioni culturali, proiezioni, conferenze, dibattiti, mostre e concorsi fotografici e cinematografici nazionali e internazionali, anche di prestigioso livello, riportando numerosi primi premi ed una lunga serie di riconoscimenti della validità dei suoi lavori, sia sul piano dello stile che su quello dei contenuti.

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