Cavalli, cavalieri e cavallari. Alcuni dettagli del duomo di San Donnino a Fidenza. Testo e immagini di Francesco Venturini
La defezione dell’Antelami (scusate, il Papa mi vuole, tenete pure le statue) e forse l’esaurimento dei fondi, il che spiegherebbe anche meglio la defezione, lasciò la necessità di mettere sopra il protiro qualcosa come che fosse, che la chiesa non somigliasse al suo decollato titolare. L’effetto è quello di una berretta di lana grezza sulle gioie di una nobildonna antica e pur molto elegante, dall’archinvolto in giù.
Elegante e magniloquente e popolosa, la parte marmorea della dama antica.
Da sinistra a destra, la fitta processione di personaggi d’ogni ordine sorta e mestiere costituisce il riassunto del volgere della scultura intorno al cardine del secolo, dal dodicesimo al tredicesimo, dalla contegnosa rigidità dell’apprendista alla disinvoltura un po’ gaglioffa dell’artigiano smaliziato. Uomini e cavalli, tanti cavalli. A sinistra corrono, tutti compresi della lor missione, almeno i cavalieri: portare doni al bambinello o tagliare la testa al santificando. E sono guerrieri e Regi, irrigiditi nella sacralità seriosa e tecnicamente in fieri, come i due profeti più avanti.
A destra, fuori dalla solennità della facciata, sulla cornice marcapiano della torre meridionale, nella via dove non è difficile immaginare il colorito trambusto del mercato con tutti i frizzi e i plebei lazzi, lì uomini e cavalli procedono rilassati al passo, viaggiano, pensano alla locanda che li aspetta e alla biada sospirata. Uomini e bestie d’ogni ceto incamminati alla comune avventura del pellegrinaggio. C’è bensì qualche leone in agguato, ma non bisogna preoccuparsi troppo. Il mondo è pieno di cose interessanti per i pellegrini. Che sono tratteggiati, loro e gli animali, con la curiosità e la soddisfazione di chi ha voglia di scoprirlo, il mondo terreno. Vediamo ad esempio un cavaliere (10) che, per scoprire, è sceso da cavallo. Non si direbbe un cavalier cortese. Ma di ciò diremo poi.
1) L’incompiuta
2) L’inseguimento e il martirio. Da notare la replica esatta degli inseguitori, congelati nello schema.
3) I Magi. Uguali, loro e i cavalli, tranne la barba assente del terzo (uomo).
4) Il decollo di Elia col tiro a due (minimo sindacale per tanto viaggio). Anche Eliseo è sulla rampa di lancio. Eliseo, discepolo di Elia, è il profeta che la Bibbia dice calvo e molto permaloso, quel “che si vengiò con gli orsi…” (Inf. XXVI, vv.34-36).
5) Dopo i Morality Plays testamentari e agiografici, appare la narrativa contemporanea, nel sembiante di un cavaliere armato che sarebbe il mese di maggio, perché la primavera porta l’amore, ma soprattutto si ricomincia a fare la guerra. Due sventati si aggrappano all’albero della vita, o giocano a Tarzan.
6-7-8) E giungiamo al racconto dell’umanità in viaggio, magari col pretesto del pellegrinaggio, ricchi e poveri, a cavallo e a piedi. La cornice marcapiano sud e i pellegrini.
9) C’è chi ama il proprio cane più di se stesso. E chi guardava la scena sicuramente si divertiva.
10) Padre e figlio, cavallo (asino? bue?) e leone. Meglio a lui che a noi.
11) La scena viene dalla letteratura epico-cavalleresca. Si tratta, dice taluno, di una delle traversie occorse alla mamma di Carlo Magno, la famosa Berta dal gran piede, la quale, fraudolentemente surrogata nel talamo di Pipino e cacciata dalla reggia, otto anni dimorò nella foresta, pervenendo poi comunque al lieto fine. Considerando che il “roumans” di Adenet iniziò a circolare dopo il 1270, e ammesso che a quello si ispiri l’immagine, potremmo datare il ciclo narrativo della cornice alla fine del XIII secolo, il che vorrebbe dire una settantina d’anni dopo le storie edificanti della facciata. Considerando però, d’altra parte, che Adenet (le Roi) si ispirò a qualche altro roumans o chanson già in circolazione, e che la materia cavalleresca si diffondeva oralmente anche più che per iscritto, miglior criterio sarà considerare il realismo quasi giullaresco della scena e di tutta la teoria dei pellegrini e delle loro bestie. Ciò che lo scultore mostra, e il pubblico recepisce, è il dilettevole riposo del guerriero e il piacere del viaggio. Non senza motivo il severo Onorio di Autun, nell’Elucidarium (sec.XII), invitava tutti a restare a casa. Date piuttosto i soldi ai poveri. Nello stesso spirito, il prete committente di Fidenza voleva che si illustrassero i pericoli del viaggio, per il corpo e più per l’anima. Gli scalpellini però (fa un po’ senso chiamarli lapicidi), sono meno monastici. Con i personaggi della torre di Fidenza siamo nei territori ormai borghesi e “laici” del Novellino, e tra poco arriverà il Boccaccio.
L’arciere, probabilmente, ha il compito di tenere lontani i guastafeste.
12) Appendice. I due sulla sinistra, di genere dubbio, si tirano le orecchie in un bosco, indifferenti alla tresca che si svolge a fianco, al leone minaccioso sul fondo, e al mondo intero. Qualcuno vuole azzardare un’ipotesi?
Nato nel 1950. Per molti lunghi anni docente di materie letterarie in un liceo. Ora dedito a interessi vari e per la maggior parte innocenti, come l’esplorazione di chiese romaniche, delle quali parlo ai miei coetanei nelle Unitre.
Scrivi a Francesco Venturini.