
È ben noto come gli studi recenti tendano sempre più a porre in significativo risalto l’ineludibile rapporto tra iconografia e storia conferendo all’iconografia una marcata storicità, in quanto documento di spiccato valore metodologico e storiografico.
La ricerca mette a confronto i testi agiografici della Vita di s. Margherita e le testimonianze pittoriche di una ben individuata area cultuale, ubicata in ambito rupestre, ossia la cripta di S. Margherita e San Nicola di Mottola.
In sostanza ho cercato di assumere questi affreschi come autentici documenti storici al fine di effettuare un confronto tra questo tipo di testo/documento (iconografia) e quello dei documenti scritti (agiografia) della Vita dei due santi molto venerati nella tradizione religiosa del Mezzogiorno d’Italia.
I due ambiti disciplinari si presentano diversi, ma affini, sia nell’oggetto che nella metodologia di ricerca una sorta “d’interscambio”, quella cioè tendente a far confluire e dialogare le due diverse fonti: l’agiografica e l’iconografica.
Infatti, all’interno del “monumento” religioso preso in esame, sono dipinte le scene della Passione di s. Margherita e all’interno della stessa cripta l’episodio della Praxis de Tribus Filiabus, l’unico attestato in ambito rupestre, relativo alla Vita di s. Nicola.
Nell’ultima parte di questa tesi si è cercato di allargare lo sguardo indagatore sia verso alcuni elementi comparativi riferiti ad aree geografiche limitrofe, sia, al contempo, verso alcuni punti di contatto cultuali e iconografici mirati all’individuazione dei tramiti culturali connessi con la devozione di s. Margherita o Marina.
Un valido esempio di quanto sopra affermato è dato dal confronto iconografico con i dipinti rupestri di Melfi (Potenza), di Laterza (Taranto) e di Casaranello (Lecce), in queste chiese rupestri ritroviamo la rappresentazione della Passione di s. Margherita; nella cripta di S. Maria dei Miracoli di Andria (Bari).
Va detto che la metodologia comparativa, condotta su differenti tipologie di fonti (agiografica, liturgica, iconografica) ha permesso di cogliere anche alcune dinamiche politico-istituzionali e culturali sottese allo sviluppo del culto di questa santa. Tuttavia, va evidenziato che la sua rappresentazione iconografica risulta essere l’elemento preponderante rispetto alla fortuna cultuale in auge nell’Occidente medievale. Infatti, è possibile rilevare che la rete delle istituzioni monastiche benedettine fu uno dei principali veicoli di diffusione del culto di s. Margherita.
Uno degli ostacoli più frequenti è costituito dalla carenza delle fonti documentarie inerente al “monumento ecclesiastico in rupe” e soprattutto dalla frammentarietà di non pochi dipinti di cui, talvolta, non restano che dei veri e propri lacerti.
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Autrice e co-curatrice della miscellanea storica: “Omnia religione moventur. Culti, carismi ed istituzioni ecclesiastiche: Studi in onore di Cosimo Damiano Fonseca” (Congedo editore, 2006) e autrice di Mezzogiorno medievale e popolamento rupestre pugliese: aree e luoghi di culto, pubblicato con la Società Internazionale per lo Studio dell’Adriatico nell’Età Medievale.