Considerazioni sulla presenza ebraica nella Fabriano medievale

Auguste Charpentier – L’usuraio ebreo

Considerazioni sulla presenza ebraica nella Fabriano medievale di Giovanni B. Ciappelloni

Un aspetto poco investigato e poco noto della Fabriano tardo medievale risulta essere quello della presenza ebraica sul territorio comunale negli anni che furono testimoni dell’improvviso affermarsi dell’artigianato cittadino promosso dal Clan parentale dei de Clavellis. Le comunità ebraiche. ovunque risiedessero, si dedicavano al commercio del denaro risultando tollerate, anche se venivano discriminate e tassate severamente in quanto il concilio lateranense del 1179 stabilendo che, chi prestava denaro ad interesse non poteva avere sepoltura cristiana, precludeva l’attività feneratizia ai cristiani. Papa Innocenzo III nel 1215 inoltre obbligò gli uomini ebrei a portare un disco di tessuto giallo sulla sinistra del petto come contrassegno identificativo mentre le donne dovevano indossare un velo giallo. Si diffusero pertanto tante piccole comunità ebraiche sul territorio italiano e quasi tutti i centri artigianali e commerciali ne ospitavano una.
Il Comune di Fabriano sorto per volontà dei de Clavellis, che lo definirono in un atto pubblico del 1165 “nostro castro”, risultava essere allora una località montana dell’Appenino centrale periferica all’interno della Marca Anconetana. Il suo territorio era privo di vie di comunicazioni efficienti e carrozzabili tanto che, ancora nel 1398, lo si apprende da documenti commerciali del periodo, i locali fabbricanti di carta inviavano i propri prodotti verso il mare adriatico a dorso di mulo o di asino. Pur con questo notevole handicap i normanni de Clavellis riuscirono in pochi anni a creare un fiorente centro artigiano valorizzando alcune potenzialità già presenti localmente tipo la lavorazione dei metalli ed introducendone di nuove come quella della carta. Questa capacità imprenditoriale costituì la prima causa della formazione in loco ed in poco tempo di una popolazione artigiana e mercantile che diverrà sempre più facoltosa e numerosa negli anni a seguire.
Da una indagine territoriale voluta dal Legato pontificio Egidio Albornoz, “Descriptio Marchiae Anconitane ecc..”, del 1365 dove si elenca il numero delle unità fiscali chiamate “fumantes”, ovverosia delle famiglie, si ha una idea del numero di individui presenti nelle varie realtà abitative della Marca. In anni nei quali Venezia o Firenze si aggiravano intorno ai 100.000 abitanti Ancona e Fermo ne contavano rispettivamente 24.000 e 40.000 mentre Camerino aveva circa 32.000 residenti. Fabriano tassata per 3600 “fumantes” doveva sommare circa 15.000 individui, se si considera una media di 4 individui a focolare. Nonostante la ridotta dimensione demografica tuttavia la cittadina era considerata in una altra relazione, datata 1371, del successore dell’Albornoz, il cardinale Anglico de Grimoard, la più bella tra tutte le realtà abitative dello Stato della Chiesa, eccetto Ancona e Viterbo, mettendo in tal modo in rilievo la notevole disponibilità economica dei suoi abitanti. Nonostante queste premesse il Comune di Fabriano, inteso soprattutto come comunità artigiana e poi commerciale, sorto dal nulla e quindi indubbiamente carente di adeguate disponibilità economiche che era costretto ad approvvigionarsi altrove di materie prime, con imprenditori che dovevano affrontare con i propri mezzi le dovute spese organizzative, non riuscì inizialmente ad attirare tra le mura quell’attività feneratizia ebraica che avrebbe avuto grande interesse a supportare le molte attività cittadine che stavano sorgendo.
Da documentazione giudaica di riferimento la prima menzione accertata di attività creditizia ebraica, risalirebbe al 1427 quando risulta esercitata da un tale Abramo di Elia che si era trasferito da Rimini in Fabriano e qui aveva aperto un banco feneratizio. Tuttavia da alcune pergamene del Fondo Brefotrofio dell’Archivio storico comunale il primo ebreo operativo in Fabriano risulta essere stato tale Salomone di Mosè che appare nelle carte il 1303 per aver acquistato dal “Consiglio Giudeo di Urbe” diversi crediti verso cittadini fabrianesi evidentemente generatisi fuori delle mura comunali. Dai documenti del Fondo Brefotrofio risulta anche che tra i boni homines fabrianesi la famiglia Farratoni insieme a diversi altri personaggi si impegnavano già dal 1257 in una intensa attività di prestiti. Sembra evidente che nei primi anni del Comune gli ebrei non ebbero spazio operativo per una diffusa concorrenza interna operata soprattutto dal gruppo clavellesco. Investigando la presenza ebraica nelle altre realtà abitative con le quali Fabriano aveva rapporti, principalmente nella Marca Anconetana ma anche altrove, emerge un’altra situazione. Rimane senza spiegazioni come mai questa presenza, che in tutte le Communitas a vocazione imprenditoriale/mercantile risultava subito operativa, non si sia affacciata a Fabriano prima di queste date. Tuttavia documenti presenti nell’Archivio storico comunale, riguardanti Guido Napolitano de Clavellis, appaiono in grado di suggerire delle risposte. Aurelio Zonghi fu il primo che si accorse di una attivita clavellesca di finanziamento alle attività imprenditoriali/commerciali tra le mura, infatti nella prefazione degli: “Statuta Artis Lanae terrae Fabriani” parlando di Guido Napolitano ebbe a scrivere: …”profondeva tesori nelle società contratte “ad laborandum et negotiandum in arte lane” e negli acquisti di molini con gualchiere che restaurava e migliorava a beneficio de suoi soci e di altri….i secondi sottoponendo al pagamento di piccole tasse”… Guido oltre al sostegno finanziario ai commerci cittadini viene anche documentato in attività di prestito su pegno alla quale si rivolgevano individui locali. Nelle pergamene dell’Archivio comunale appare la notizia, non l’unica, di un prestito di “4000 denari usuali nella terra di Fabriano” a tale Giovanni di Andreuccio. Ed anche la Chiesa Romana nella persona del Cardinale Egidio Albornoz ricorreva a Guido de Clavellis per un prestito di “1.500 ducati d’oro”, una somma importante. Pertanto non vi possono essere dubbi sul fatto che i de Clavellis gestissero tra le mura comunali una affermata attività di prestito che nonostante la scarsa documentazione pervenuta si può supporre essere rivolta non solo all’imprenditoria artigiana ma a tutta la popolazione del territorio.

Quentin Metsys – 1514 – il cambiavalute

Se si prendono in esame le comunità più vicine, a San Severino la prima presenza ebraica si fa risalire già al 1270, a Matelica mercanti ebrei tengono i loro banchi dal 1280, a Cingoli dal 1296. Se invece si considerano i rapporti locali o di fazione, a parte Osimo che ospita ebrei già nel 1215, Urbino si attesta al 1240, Camerino al 1290. Per quanto riguarda i più noti centri commerciali e imprenditoriali dell’Adriatico gli ebrei si affacciano a Venezia nel 945, ad Ancona nel 967 ed a Fano nel 1214. Alti erano i ricavi dell’attività feneratizia ebraica. Agli ebrei anconetani che operavano sul territorio marchigiano era concesso chiedere, per somme a partire da un fiorino in su, l’interesse del 30% annuo, mentre per le somme inferiori ad un fiorino, “sopra pegni mobili”, era concesso chiedere l’interesse del 50% annuo, mentre l’interesse per i prestiti “sopra beni stabili” era fissato al 45% sempre annuo. Altrove il tasso di interesse era di circa il 33% in Urbino per un prestito chirografario mentre a Gubbio il tasso per somme equivalenti o superiori al fiorino risultava fissato al 45%. Con la distruzione dell’Archivio signorile clavellesco, dovuta alla sommossa popolare del 1435, sono andati sicuramente perduti documenti che avrebbero potuto chiarire l’argomento. Tuttavia non appare lontano dal vero supporre che, oltre alla documentata attività imprenditoriale e commerciale, i de Clavellis fossero anche titolari, considerati gli alti ricavi possibili, di una attività di prestiti/finanziamenti tra le mura cittadine ed anche che il loro completo controllo di tutte le attività economiche locali fosse tra le principali motivazioni di quell’odio profondo di una popolazione che si vedeva vessata nella vita sociale e condizionata in tutto da questi arroganti normanni.
Vi è anche da dire che un ulteriore deterrente all’approdo sul territorio fabrianese delle attività feneratizie ebraiche dovette venire anche dalla diffusa presenza francescana. Presenza che poi promosse, per combattere l’usura che stava diffondendosi, su iniziativa del frate minore Marco da Montegallo la nascita nel 1470 del primo Monte di Pietà cittadino presso i locali dell’Ospedale di Santa Maria del Buon Gesù dove veniva praticato un tasso del 3%. annuo.
Bibliografia :
Ariel Toaff: The Jews in Umbria, pag. 408
Arch. St. Comune Fabriano: Fondo Brefotrofio, Busta II – n. 328bis

Giovanni B. Ciappelloni
Giovanni B. Ciappelloni da sempre interessato alla storia di Fabriano, con particolare attenzione al basso medioevo, ha già pubblicato “Chiavelli e de Clavellis”, “Ruggero, Chiavello ed altri Messeri” e “de Clavellis de Fabriano, dal XII al XV secolo”. Non è presente sui social network.
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