Così transita la gloria di un oratorio di campagna

Il Pozzo nell’Arengo del Broletto di Novara

Così transita la gloria di un oratorio di campagna di Lorenzo Crola

Salone dell’Arengo, complesso monumentale del Broletto di Novara. Un ambiente austero dove – tra alte pareti, imponenti travi e affreschi – ci si può ancora sentire nel cuore della città medievale. Una schiera di personaggi lussuosamente abbigliati si presenta in ginocchio al cospetto della Madonna col Bambino (ritroviamo quest’ultimo voltandoci, in un’altra scena che ci presenta Gesù ormai adulto, circondato dai dodici). Il più vicino a Maria è un fanciullo in fasce, seguono altri sette tra fratelli e sorelle, oltre ai genitori. Ciascuno è affiancato da un Santo protettore che giustifica il privilegio di questo divino incontro. Senza dubbio una famiglia illustre, come confermano anche i vestiti alla moda. Nulla di strano se la troviamo raffigurata in un luogo così rappresentativo per la comunità cittadina. A ben vedere però, il supporto delle scene è un affresco staccato. Ma staccato da cosa? Da dove vengono allora queste opere?Dobbiamo fare un salto di circa 20 km a nord del capoluogo, a Barengo, grazioso borgo dolcemente adagiato sulle colline novaresi. E poi ancora un salto a nord rispetto al centro del paese, tra campi, boschi e stradine di campagna. Percorriamo una di queste ultime. Ci lasciamo alle spalle una “location” per matrimoni, poi una cascina ed ecco comparire tra piante ormai quasi spoglie qualcosa di desolante e affascinante al tempo stesso. Un presbiterio davanti al quale la navata è per metà sprofondata, coperto da piante e rampicanti che pendono da ciò che rimane della volta. I muri rimasti in piedi, ormai privi di intonaco e affreschi, sono formati da pietre solide e ben ordinate, tipiche delle chiese romaniche. Ciò che si è salvato del ciclo pittorico di questo edificio è finito proprio a Novara, ben custodito nel salone dell’Arengo. Non amo gli affreschi staccati dal contesto per cui sono stati creati, mi fanno venire in mente gli animali allo zoo, sradicati dal loro habitat. A volte la scelta di compiere questa operazione è un incomprensibile arbitrio, altre volte però rappresenta la salvezza.

A Barengo sono rimaste le rovine di un luogo di culto che ha iniziato a conoscere la propria fortuna ai tempi del romanico, quando qui pulsava la vita di una comunità poi trasferitasi altrove. Un luogo allora dotato di ben altra visibilità, se pensiamo che quella numerosa (e potente) famiglia aveva deciso di farsi immortalare proprio sulle sue pareti. Nei secoli la struttura continua comunque a rappresentare qualcosa per il culto locale. A un certo punto si decide di rimodellarla con l’aggiunta, tra l’altro, di graziose finte finestre, che ancora sfidano sgretolamento e incrostazioni. Le finestre vere hanno invece perso la loro essenza perchè un dentro e un fuori sono ormai impossibili da definire.
Alla fine sono sopraggiunti l’abbandono, la fatiscenza, il crollo. E dopo ancora, le attenzioni di chi non accetta che tutto venga totalmente avvolto dalla vegetazione. Una carriola, una scopetta, materiali recuperati dal cedimento e riordinati in un angolo fanno pensare che qualcuno ha ancora a cuore il decoro del sito.

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