de Clavellis de Fabriano dal 1153 al 1378

Stemma de Clavellis

de Clavellis de Fabriano dal 1153 al 1378 di Giovanni B. Ciappelloni

Il primo apparire di alcuni de Clavellis sul territorio dell’ancora inesistente Fabriano, che all’epoca del passaggio delle truppe germaniche del Barbarossa si identificava in due piccoli castra di nessuna importanza posti uno di fronte all’altro, viene così descritto da Domenico Scevolini, frate domenicano e primo storico di Fabriano, nel suo “dell’ Istorie di Fabriano” del 1559.
…”al tempo che Federico I, Barbarossa XI Imperatore Germanico, venne in Italia, fu seguito da alcuni del suo lignaggio, i quali appresso Fabriano presero il loro albergo……molti dei capitani i quali da Germania l’avevano seguitato in Italia se ne rimasero quali in una parte, e quali in altra. Ora fra questi era venuto un valoroso e nobilissimo Capitano, di sangue all’Imperatore Federico strettamente congiunto, chiamato per nome Ruggero de’ Chiavelli al quale egli aveva dato governo di cinquecento cavalli….Ruggero fu mandato con altri capitani a scorrere, e soggiogare all’Impero l’Umbria , e la Marca , e arrivando a Fabriano con pochissima difficoltà lo prese….e perché il buon Ruggiero ormai era dalle fatiche della milizia stanco….si elesse come patria Fabriano, ove fu accettato graziosamente “…
Sui medesimi anni lo storico Achille Sansi scriveva in “I Duchi di Spoleto”:
….”Nel 1152 avevano i tedeschi eletto a loro re Federico Hohenstaufen, detto Barbarossa, duca di Svevia….egli era erede della casa Ghibellina e per la   madre congiunto alla   Guelfa; pacificandosi così allora per lui l’Alemagna. A cementare maggiormente questa concordia Federico sul finire del 1152 diede a Guelfo di Baviera, suo zio materno, l’investitura del principato di Sardegna, del Marchesato di Toscana e del Ducato di Spoleto e i beni allodiali della Contessa Matilde; e libero oramai d’ogni cura in Germania, tutto si volse al pensiero di combattere la potenza dei Normanni e di ristorare l’Autorità imperiale in Italia”…
Le prime cronache cittadine indicano Ruggero come un comandante di cavalleria dell’esercito imperiale stanco di guerreggiare che si ferma a Fabriano e si insedia nella Rocca di Capretta e non parlano del Rodolfo “Clavelli” già signore della Rocca di Orsara, nella vicina valle di Salmaregia, in realtà il vero fondatore della casata dei futuri “de Clavellis de Fabriano”. I dubbi sorgono sul quando i primi de Clavellis siano veramente arrivati sul territorio. Alcuni storici locali come: Francesco Graziosi o Venanzo Benigni sono concordi nell’indicare nel 1153 la data della prima comparsa di Ruggero sul territorio fabrianese. Data che non coincide con la discesa in Italia del Barbarossa, che è del 1155, ma che viene naturale accostare alla nomina di Guelfo VI, incaricato da Federico I Hohenstaufen dell’amministrazione del territorio spoletino già separato amministrativamente dalla Marca Anconitana, e collegarla all’arrivo di Rodolfo, un militare normanno al seguito dell’impero e sotto le direttive del Welfen, nella rocca dell’Orsara. Dopo questi anni il primo documento, datato marzo 1165, che parla dei de Clavellis è il foglio n. 61 del Libro Rosso di Fabriano, una raccolta di documenti comunali che si fa risalire al 1288.
“In nomine domini nostri Iesu Christi. Anni sunt mille CLXV, regnante Frederico Imperatore, mense marçii, indictione XII …. Ideo ego Albricus et Raynado comes, filii de Rodolfo comite…Et omnes nostri homines de curte Acticcii et de curte Sancte + semper sint castellani de nostro castro Fabriani..”
Come appare ben visibile dal contenuto di questo documento, dove si parla di apertamente di “nostro castro”, e dalla cronologia dei documenti di ingresso tra le mura delle varie realtà locali il Comune di Fabriano nacque in questi anni per una chiara convenienza del Clan normanno egemone sul territorio ad avere riunita in un solo luogo tutta la piccola nobiltà rurale con i propri uomini. E nel documento citato i de Clavellis faranno verbalizzare il “de nostro castro Fabriani” al giudice Baroncello che evidentemente certifica un dato di fatto e trova appropriato inserire questa frase nel documento. Risulta ben visibile come questi normanni abbiano una grande autorità sul Comune e che ne condizionino le vicende. Sono al momento un gruppo di militari che si prefigge di mantenere una supremazia politica e militare sulla zona. Ed è sicuramente sostenibile che abbiano intravisto nell’attuazione di una organizzazione sociale di tipo comunale, che comportava l’ affluenza in un solo luogo di gran parte della popolazione disseminata sul territorio, la possibilità di ottenere concreti vantaggi economici e che di conseguenza abbiano in pratica obbligato, forti della loro reputazione militare, la piccola nobiltà locale ad aderire al proprio progetto politico. Nei primi documenti fabrianesi si possono trovare molte conferme in tal senso inoltre la storia comunale fino al 1378, quando verrà imposta alla popolazione la Signoria Clavellesca, parla continuamente di un evidente esercizio di una autorità quasi di tipo signorile all’interno delle recenti mura che non trova molti riscontri in altre communitas del periodo.
Anche se talvolta altrove le motivazioni sul sorgere di un Comune risultarono diverse in una sicura molteplicità su Fabriano è senza dubbio possibile avanzare questa congettura che tra l’altro venne soppesata anche dallo storico Gino Luzzatto in un suo saggio: ” …la concentrazione di tutti i poteri in mano di poche famiglie apparisce talvolta in modo così evidente, che il Comune sembra quasi immedesimarsi nella loro consorteria…” e che trova conforto in quanto Ferdinando Gabotto (1) scrisse sulla genesi del Comune ed anche in documenti più tardi dove i de Clavellis vengono dichiarati esplicitamente come gli indiscussi “Signori” di Fabriano (2).
In ogni caso non appena l’autorità di questo Clan non potrà più essere messa in discussione dai “comes” longobardi locali costoro trasformeranno Fabriano in uno dei più importanti centri commerciali della Marca Anconetana. La maggiore attività commerciale del territorio risultò essere stata senza alcun dubbio quella della carta, richiestissima ovunque. Al proposito pur in assenza di documentazione locale è possibile avanzare una ipotesi fondata su dati storici certi. La lavorazione della carta in Fabriano presenta le caratteristiche proprie di quella araba che veniva prodotta in Sicilia in anni molto antecedenti a quelli documentati nel fabrianese. Sul come e sul quando queste conoscenze siano arrivate a Fabriano Domenico Scevolini narra di un boemo transitato prima del Mille a Fabriano, che ancora non esisteva, il quale insegna la fabbricazione della carta ai residenti. Altri parlano di pirati arabi catturati da Ancona e internati nell’entroterra della Marca che danno inizio a tale attività in Fabriano. Ipotesi fantasiose che non trovano alcun riscontro negli avvenimenti del periodo. Al contrario la storia di questa attività produttiva indica prima la Sicilia e poi il Ducato di Amalfi, che ebbe stretti legami con il Clan dei Drengot, all’interno del quale sicuramente avevano un ruolo i de Clavellis, come i luoghi dove approderanno quelle particolari tecniche arabe, poi ritrovate anche a Fabriano, impiegate nella produzione di carta bambagina. Carta che risulterà essere largamente utilizzata sia da Federico II, che tuttavia nel 1220 ne proibirà l’uso negli atti pubblici temendone il precoce degrado, sia dagli Angiò. Con queste premesse e con la presenza locale del gruppo egemone normanno dalle note caratteristiche imprenditoriali, anche l’attività militare veniva utilizzata per fare reddito, non appare azzardato supporre che la lavorazione della carta sia stata introdotta in Fabriano proprio da costoro che avevano contatti e rapporti a tutti i livelli nel Sud dell’Italia ed in Terra di Lavoro. Anche perché Fabriano risulta essere il primo luogo montano dell’entroterra italico, allora senza alcuna importanza, entrato in possesso di questa tecnica cartaria. Per di più la produzione fabrianese della carta venne attestata a partire dalla seconda metà del secolo XIII, da un documento del 1268 della vicina Matelica (3) e quindi dopo anni di documentati rapporti con Federico II, Manfredi, gli Angiò ed il territorio campano da parte dei de Clavellis. Il primo arrivo clavellesco sul territorio avviene sotto l’egida imperiale e colloca obbligatoriamente questo gruppo normanno nel campo ghibellino, e tutto l’agire dei primi de Clavellis conferma questa realtà. Tuttavia alcuni comportamenti e alcune frequentazioni sconfessano platealmente questa sicurezza. Ogni tanto a Fabriano si affacciano i guelfi Angiò che manifestano grande familiarità con il gruppo clavellesco ricevendo in cambio accoglienze deferenti e supporto militare. Appare evidente che i normanni, quando non agiscono in modalità militare mercenaria, appoggiano la fazione che al momento offre loro maggiori vantaggi seguendo il postulato di Bartolo da Sassoferrato che nel suo “Tractatus de Guelphis et Gebellinis” osserva che in base alle proprie convenienze “aliquis in uno loco potest esse guelphus et in alio gebellinus”. Dopo il 1165 quando Alberico e Rainaldo, figli di Rodolfo, si sottometteranno al nascente Comune di Fabriano sia Ruggero che Alberico risultano titolari di terreni nella campagna di Attiggio ai piedi della rocca di Capretta, residenza di Ruggero. Il che lascia supporre che il Clan vantasse una consolidata presenza in loco in quanto alcune delle sue prime individualità risultano da subito in possesso di consistenti beni sul territorio.

Guelfo VI e Guelfo VII

L’altro figlio di Rodolfo, Rainaldo, insisteva soprattutto sul versante opposto della montagna di Capretta tra la rocca d’Appennino, Monte Fano e la rocca dell’Orsara. Queste proprietà, certificate nei documenti, e la loro dislocazione confermano come il primo arrivo clavellesco sul territorio sia stato quello di Rodolfo al soldo di Guelfo VI, ingaggiato al tempo della sua nomina a “dux Spoleti e marchio Tusciae”, e probabilmente ricompensato con il suffeudo della rocca di Orsara (4). Vi è da fare una premessa su questi normanni che offre spiegazioni sui loro ruoli e sul loro arrivo. Federico Barbarossa scende in Italia nel 1155 per essere incoronato da Papa Adriano IV imperatore e anche per combattere lo strapotere normanno degli Altavilla nel meridione. Infatti ha in programma un appuntamento in Ancona con gli emissari di Emanuele Comneno, imperatore bizantino, per concordare una campagna militare comune nel sud d’Italia. Ma sia per lo scarso numero degli uomini delle forze imperiali sia per le malattie che avevano nel frattempo colpito gli stessi decide di soprassedere e tornare in Germania. Questa decisione getta nello sconforto il contingente normanno nemico degli Altavilla, del quale facevano parte anche i de Clavellis di Ruggero, che aveva accompagnato la sua spedizione in Italia.
Una parte di costoro si dirige verso il sud dove continuerà, soccombendo definitivamente, lo scontro con gli Altavilla altri si rifugeranno in luoghi sicuri. I de Clavellis originari probabilmente di Esclavelles, o villa de Sclavellis, in alta Normandia, avevano sicuramente stretti rapporti con il gruppo Drengot altrimenti il normanno Ruggero non avrebbe avuto un ruolo nell’esercito imperiale. Ludovico Muratori e Ottone di Frisinga spiegano molto bene il periodo e questa situazione. Prima di addentrarsi nelle vicende di questa casata è bene fare una precisazione su costoro. Questi individui sono molto prolifici e tendono a usare costantemente, all’interno del gruppo familiare, gli stessi nomi creando a volte sovrapposizioni di personaggi oppure dando l’impressione di essere di fronte a nuovi individui. La storia familiare dopo il primo documento del 1165 si può ricostruire utilizzando le cronache cittadine. Queste narrano per il 1198 di uomini agli ordini di un Gualtiero probabile nipote di Alberico, sicuramente nelle vesti di mercenari, che insieme a truppe pontificie comandate dal normanno Giovanni Becket (5), che poi si fermerà a Fabriano, affronteranno vittoriosi nelle vicinanze di Matelica gli imperiali di Markwald von Annweiler, Marchese della Marca.
Il 1198 è anche un anno importante per le vicende del Comune di Fabriano infatti nel luglio verrà approvata la Carta di Sforzolo che costituisce un primo momento politico attraverso il quale si cerca di dare ordine alla futura società comunale sicuramente in subbuglio per il gravame del potere esercitato dai de Clavellis sul popolo e sulla nobiltà locale che stava perdendo molti dei suoi privilegi. In un documento assisiate del 1182 Sforzolo definì se stesso: “notarius ac scriba domini ducis Conradi” (6). Questo Conrado era Corrado di Urslingen che risiedeva anche lui in Assisi, che ospitava numerosi de Clavellis (7), personaggio intimo alla Corte imperiale germanica e Duca di Spoleto nel 1198. Si può quindi verosimilmente immaginare che Sforzolo abbia rappresentato negli ambo castra Fabriani il notaio di fiducia dei de Clavellis, fatto giungere per costoro appositamente dall’entourage imperiale rappresentato in quegli anni da Corrado di Urslingen. Appare evidente che la Carta di Sforzolo puntuale nel sottolineare i privilegi dei boni homines non può essere stata la conseguenza di una improbabile forza contrattuale dei plebei nei confronti del gruppo al potere dei de Clavellis, ma risulta piuttosto il riuscito tentativo di questo Clan di aggregare alla nascente comunità cittadina quella recalcitrante piccola nobiltà locale gelosa delle proprie prerogative tranquillizzando nel contempo il popolo minuto.
Nel 1202 si ha notizia di un’altra condotta dei de Clavellis dell’ Orsara (8) ingaggiati da Assisi nella sua lotta con Perugia. Scontri ai quali parteciperà anche il cavaliere Giovanni Battista di Pietro di Bernardo il futuro San Francesco che successivamente sarà in grande familiarità con i monasteri e gli abitanti del Comune di Fabriano. Un secondo Gualtiero, o forse lo stesso appena citato, è colui che porterà nella prima metà del XIII secolo la maggior parte del Clan, tranne i Signori di Orsara, entro le mura del Comune di Fabriano (9). Questo Gualtiero, presente in diversi atti amministrativi nell’archivio storico comunale, risulta essere stato un personaggio molto influente nelle faccende del novello comune, quasi un dominus ante litteram, e viene descritto nelle cronache cittadine anche come uno stimato falconiere di Federico II, notizia che lascia intendere l’esistenza di stretti rapporti con la corte imperiale sveva. Costui muore nel 1258. Il figlio è il primo Alberghetto, colui che promosse la costruzione della seconda cinta muraria e che ricoprì probabilmente la magistratura di podestà a Fermo (10). Sicuramente fu colui che ospitò nel 1265 in Fabriano Beatrice di Provenza, moglie di Carlo I D’Angiò, scortata dal legato apostolico Simone Paltanieri durante il suo trasferimento a Roma (11).
Nonostante che si continui a ritenere soggetti alle magistrature comunali i componenti di questa famiglia la realtà dei fatti, che emerge sempre più chiaramente per la sempre maggiore presenza di documenti e notizie relative agli avvenimenti tra le mura, indica che costoro sono i veri ispiratori della vita cittadina e che vengono costantemente attuate le loro direttive. Per di più dalle notizie che giungono da altri archivi risulta altrettanto evidente che questi de Clavellis godono di un grande prestigio anche fuori Fabriano altrimenti non si potrebbero giustificare oltre che la visita della consorte di Carlo I d’Angiò, anche gli incarichi di podestà ricoperti da vari personaggi clavelleschi a Todi, Fermo, Orvieto, Viterbo (12). Nel frattempo alcuni di costoro, dando forza all’assunto di un gruppo proveniente dallo stesso luogo e composto da diverse realtà tutte identificate dallo stesso cognomen toponomasticum, separano le proprie fortune da quelle della linea familiare al comando probabilmente per poter gestire al meglio i propri interessi. Infatti un Ildebrando, forse un nipote di Alberico, diventa il capostipite del ramo connesso degli Stelluti. Poco dopo un fratello di Alberghetto, Toso, si allontana da Fabriano e colloca i suoi interessi nella zona di Albacina sposando la longobarda Dialta, una Attoni. Diventa in questo modo il fondatore dell’altro ramo collaterale, quello dei Chiavellini. Questo Alberghetto muore nel 1304. Suo figlio Tomaso milita a Napoli e altrove al servizio di Roberto D’Angiò, risulta podestà a Orvieto nel 1313, gonfaloniere e difensore della citta di Fabriano e podestà a Todi nel 1326, anno della sua morte. Durante i suoi primi anni al comando della famiglia nella chiesa di Santa Maria Nuova fuori delle Mura, oggi S. Agostino, verranno dipinti degli affreschi che raffigurano anche Roberto d’Angiò e la sua corte. Un deferente segno di appartenenza posto in una chiesa, fatta costruire dal nonno Gualtiero, e realizzato in concomitanza o appena successivo al soggiorno a Perugia di Roberto d’Angiò durante il conclave tenuto per la nomina di papa Clemente V e dove i de Clavellis sicuramente gli resero omaggio.

Bartolo da Sassoferrato -Studiolo di Federico da Montefeltro

Un fratello di costui, Crescenzio venne descritto dalla storia locale come un arrogante abate di S.Vittore alle Chiuse mentre Caxaleta, un altro fratello, viene ricordato per aver avuto nella sua discendenza due vescovi della Diocesi di Camerino: il figlio Gioioso ed il nipote Benedetto. Nella gestione familiare e in quella delle faccende comunali gli successe il figlio Alberghetto, il secondo, che risulterà essere il primo de Clavellis che verrà chiaramente indicato nei documenti come il dominus di Fabriano (13). Nel frattempo già al tempo del padre Tomaso il benessere procurato dai commerci con il conseguente generale arricchimento aveva reso gli artigiani, i commercianti e la classe imprenditrice in genere insofferenti al controllo dei commerci e delle attività comunali che i normanni imponevano alla popolazione e si verificarono i primi tumulti cittadini, i primi tentativi, senza esito, di scrollarsi di dosso l’opprimente giogo clavellesco. In questi anni nonostante la pressante attività politica e militare a favore dell’Impero propria delle maggiori casate egemoni in tutta la Marca il malumore popolare contro le famiglie ghibelline sostenuto concretamente dalla politica pontificia non arretra. Infatti già nel 1322 ad Urbino Federico I da Montefeltro ed il figlio Guido vengono catturati ed uccisi, nel 1339 Smeduccio Smeducci viene cacciato da San Severino Marche ed a Fermo nel 1340 Mercenario da Monteverde viene assassinato. A Fabriano i ghibellini de Clavellis nonostante debbano fronteggiare numerose ribellioni, non sembrano subire danni irreparabili. Alberghetto II instancabile combattente guerreggia in Italia centrale al soldo dei Tarlati di Arezzo, dei primi Visconti, degli Angioini nel Napoletano e di Venezia ottenendo nel 1346 insieme ai fratelli Giovanni e Crescenzio la cittadinanza veneta utile per l’esercizio dei commerci nella laguna.
L’anno successivo ebbe a ricevere a Fabriano con ogni onore e con grande sfarzo Lodovico d’Angiò re d’Ungheria che si recava a Napoli per vendicare la morte di suo fratello Andrea. Lodovico ospitato a Fabriano con il suo esercito gratificò la casata normanna con l’investitura a “miles neapolitano” di Guido il primogenito di Alberghetto (14). Onorificenza e primo grado di nobiltà che risultarono molto graditi a costui il quale fece aggiungere sempre un “napolitano” al suo nome nei documenti ufficiali. I de Clavellis accompagnarono l’Angiò nel Regno di Napoli aiutandolo concretamente nella sua azione militare e tornarono a Fabriano carichi di bottino portando con sé anche la peste nera, flagello che fece strage sul territorio comunale.
Questi anni sono quelli di continue sommosse entro Fabriano che costringeranno i normanni a ripetute rappresaglie verso la popolazione per poter salvaguardare la propria supremazia. Ed è un periodo tumultuoso anche all’interno della casata in quanto diversi congiunti si ribellano alla concentrazione di ogni potere nelle mani di Alberghetto e di Guido provocando ribellioni sul territorio comunale, rivolte che verranno duramente stroncate. Nel frattempo s’impadroniscono di Rocca Contrada e di Serra dei Conti, mettono a sacco Jesi e diventano un riferimento per i ghibellini della Marca Anconetana. I de Clavellis vengono anche citati nel 1353 tra i primi sostenitori dei Visconti nel documento finale della pace di Sarzana e Alberghetto viene anche nominato da Ludovico il Bavaro, alla morte di Mercenario da Monteverde, vicario imperiale (15). Vengono a volte marginalizzati in Fabriano e vengono cacciati da Rocca Contrada ma riescono a rientrarvi con feroce brutalità commettendo numerosi misfatti. Nel 1348, fallisce a Fabriano un tentativo di cacciare i de Clavellis e di uccidere Alberghetto da parte dei fuorusciti fabrianesi capitanati da un tale Salimbene, cavaliere di Malta. E negli anni appena precedenti al 1376 rischiarono di essere definitivamente cacciati dalla citta. Tuttavia per una serie di concause favorevoli e per un’indiscussa abilità nel loro agire riuscirono a ribaltare la situazione sfruttando una sorprendente scarsa determinazione da parte dei da Varano, forse per le parentele esistenti (16) e per la fresca nomina di Benedetto de Clavellis a vescovo di Camerino, nel realizzare l’annessione caldeggiata dalla fazione guelfa del territorio fabrianese consentendo nei fatti ai de Clavellis di recuperare il potere e di riappropriarsi della supremazia cittadina.

Fabriano – Voltone del Podesta – Ventura di Francesco 1326

Alberghetto morirà a ridosso del 1378 presso i Conti della Genga nel loro castello. In questo stesso anno i de Clavellis definirono per sempre i rapporti di forza con il Comune assaltando Fabriano e dopo averlo conquistato aiutati nell’impresa dai mercenari di Lutz von Landau, genero di Bernabò Visconti, dai Simonetti di Jesi e dagli Ottoni di Matelica instaurarono la loro Signoria. Situazione di fatto che venne riconosciuta più tardi nel 1393 anche dalla Sede Apostolica che di conseguenza insignì Guido Napolitano del titolo di Vicario Apostolico per la terra di Fabriano.

Note:

1) Ferdinando Gabotto: “Le origini signorili del Comune”, pagg. 135/137 Bollettino Storico-Biografico Subalpino, anno VIII n. 3
2) Arch.Stato.Venezia: Grazie reg.11, 98r . Concessione di cittadinanza ai de Clavellis Signori di Fabriano
3) C.Acquacotta: “Memorie di Matelica” doc.n.1 pag.337
4) La consolidata consuetudine dei Welfen di usare l’istituto del suffeudo anche in Italia si rintraccia in un documento del Luglio 1166, Archivio capitolare cattedrale di Reggio Emilia, Fondo Membranaceo, Serie A, tom. II, e riguardante l’infeudamento di Gherardo Rangone nella Villa di Gavassa: ” Ego W. Dei gratia Dux Spoleti, Marchio Tusciae, ac totius substanziae Comitissae Matildis Dominus …Gerardum Rangonem propter plurima servitia & meram fidem in consilio meo semper in omnibus exibitam… ego…vel per alium habeo in Curte Gavasse, aut in eius pertinentiis, pro feudo,…investisse… Ego Rambottus Ducis notarius”… ecc….
5) La famiglia normanna dei Becket ebbe diversi contatti con Fabriano e la Marca Anconetana. In un albero genealogico, presente nell’archivio Benigni-Olivieri di Fabriano, i Becchetti fabrianesi, che sfoggiano le stesse Armi dei Becket inglesi, provengono da un Odoardo Becket feudatario di origine normanna. Un Giovanni Becket di Fabriano, frate agostiniano, teologo, filosofo e considerato dalla chiesa beato, risulterà nel 1385, lector sententiarum ad Oxford. La casula o mantello di Tomaso Becket ricamato in seta e oro venne donata alla Cattedrale fermana dal Vescovo locale Presbitero, 1184/1201, suo amico e collega di studi a Bologna.
6) “Rivista di storia ecclesiastica in Italia”, n.2/2006, pagg. 394/397
7) Arnaldo Fortini: “Nova vita di San Francesco”, vol III, I Documenti , pagg. 190,429,624
8) Arnaldo Fortini: “Nova vita di San Francesco”, vol. III, I Documenti , pag.587e pag.589
9) Libro Rosso di Fabriano, docc. n.94, datato: 22.05.1248, n.239, datato: 29.05.1248, n.240, datato: 04.06.1248
10) Gaetano de Minicis, “Cronache della Città di Fermo” pag. 470 doc. n.416…“Sumptus quarundam propositarum, factarum tempore domini Clavelli, civitatis Firmi potestatis, in concilio generali”..e Raffaele de Minicis, “Serie cronologica dei Podestà ecc…”, pag.23: “Anno 1280 Clavellus”
11) Pompeo Compagnoni: “La reggia Picena ovvero de’ Presidi della Marca”, pag 133
12) Vittorio Franchini “Saggio di ricerche su l’instituto del Podesta nei comuni medievali” pag. 201, nota3
13) Arch.Stato.Venezia: Grazie reg.11, 98r e C.Lunig: “Codex Italiae diplomaticus”, Tomo I pagg. 2295- 2332
14) G.B.Ciappelloni, “de Clavellis de Fabriano dal XII al XV secolo” pagg.174/175
15) Girolamo Baldassini: “Memorie istoriche della antichissima e regia città di Jesi”, pag.103
16) Rodolfo II da Varano ha per consorte Camilla figlia di Finuccio fratello di Guido napolitano e il fratello Venanzo Giovanna sorella dello stesso Guido. Inoltre Rodolfo sarà anche a capo della Lega, fiorentina/viscontea, contro Papa Gregorio XI, quindi in campo ghibellino. Un appoggio ben dissimulato ai de Clavellis è sicuramente nella realtà dei fatti.

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