De scriptura nigra: l’Inferno prima di Dante di Paolo Spaggiari
Forse non tutti sanno che prima della Commedia di Dante il tema del viaggio nell’aldilà cristiano era già stato affrontato da diversi autori, sempre nel medioevo e sempre in Italia. Tra le opere più importanti troviamo il “Libro delle tre Scritture” di Bonvesin de la Riva (1274), autore lombardo della seconda metà del XIII secolo. Il testo, scritto in koinè padana (un volgare erudito del nord Italia), parla di un viaggio attraverso Inferno e Paradiso passando per la Passione di Cristo. L’opera è divisa in tre cantiche che prendono appunto il nome di scritture: la “Scriptura Nigra” presenta le dodici pene infernali; la “Scriptura Rubra” al posto del Purgatorio dantesco illustra il supplizio del Salvatore; e la “Scriptura Aurea” mostra i dodici piaceri del Paradiso.
In questo nostro libro da tre guis è scrigiura:
La prima sì è negra e è de grand pagura
La segonda è rossa la terza è bella e pura,
Pur lavoradha a oro ke dis de grand dolzura.
De la scrigiura negra da dir sì ven la sorte:
Dra nassion da l’omo, dra vita e dra morte,
Dre dodex pen dr’ inferno o è grameza forte.
De faza ke no intramo dentro da quelle porte.
La rossa sì determina dra passion divina,
Dra mort de Iesu Criste fiol de la regina.
La lettera doradha sì dis dra cort divina,
Zoè dre dodex glorie de quella terra fina.
(De scriptura nigra, vv. 9-20)
Il libro non si presenta come un percorso di elevazione compiuto risalendo i gironi infernali, non abbiamo un Virgilio ad aprirci la strada; parliamo piuttosto di un itinerario allegorico, in forma didascalica, che mostra le conseguenze del peccato. L’Inferno infatti non è di per sé descritto e raffigurato, il focus resta saldo sulla componente morale, sulle pene inflitte ai peccatori. L’autore spinge l’uomo del suo tempo a temere e respingere i vizi, tentando indirettamente di educarlo alle virtù. La legge del contrappasso invece si rende subito evidente, sebbene nei versi di Bonvesin non sia ancora così ricca e definita come lo sarà nella Commedia. Ogni peccatore riceve una pena ‘contraria’, ossia speculare al peccato commesso:
- 1) arsi nel fuoco (lussuriosi);
- 2) tormentati da insopportabile fetore (impenitenti, portano addosso la puzza del peccato);
- 3) irrigiditi dal ghiaccio (avari);
- 4) dilaniati da vermi, scorpioni e serpenti (ingannatori);
- 5) straziati dai demoni (gozzovigliatori);
- 6) assordati da rumori di pianti e grida (chi ai testi sacri ha preferito letture mondane);
- 7) smembrati dai diavoli (violenti);
- 8) morsi da fame e sete insaziabili (golosi, avari con i poveri);
- 9) costretti ad avere vesti e giacigli fatti di spine e rovi (avari con i poveri);
- 10) affetti da ogni malattia, coperti di piaghe, febbricitanti e paralitici (vanitosi, vanagloriosi);
- 11) affranti per il Paradiso negato e derisi dai poveri nei cieli (schernitori dei poveri);
- 12) sopraffatti dalla disperazione (chi ha vissuto nel peccato e nel vizio, lontano dalla fede).
Bonvesin fu membro dell’ordine degli Umiliati e dedicò la vita all’assistenza degli ultimi, per questo la Scriptura Nigra pone più volte l’accento su coloro che peccano non curandosi dei poveri, descrivendo le terribili pene a cui andranno incontro. Tuttavia, è interessante notare come l’autore elegga a più estremo supplizio la disperazione. Disperazione dovuta alla mancanza di fede, all’allontanamento da Dio. Secondo Bonvesin questa frattura spirituale porta il dannato alla più totale e annichilente angoscia, una pena così grande da superare tutti i tormenti fisici elencati in precedenza.
Oi dolorosa angustia, oi doia sover doia,
Oi angoxosa pena k’in gran dolor sì invoia:
In mi no è za membro ke tut no me stradoia;
Lo ben co l’ho perdudho, ki ‘n pò trovar sì ‘n toia.
(De scriptura nigra, vv. 905-908)
Con questi versi di dolente perdizione si chiude la Scriptura Nigra, cedendo il passo alla Rubra che ricordando la Passione diviene strumento di rettitudine. Bonvesin non esce a riveder le stelle ma lascia il suo trattatello sull’Inferno e s’incammina sull’unico “ponte” che conduce al Paradiso: Cristo, la sola via per salvarsi dalla dannazione e accedere alle gioie della vera vita.

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Paolo Spaggiari è nato a Reggio Emilia nel 1988, laureato in Lingue e culture moderne a Parma. Appassionato di medioevo, pubblica articoli di interesse storico e letterario per Lux Victrix Edizioni.