Ed ecco il Cavaliere Russo

di Aldo C. Marturano.

Da ALLA RICERCA DEI CAVALIERI RUSSI di Aldo C. Marturano.

A questo punto perciò l’unico Cavaliere del Medioevo Russo che ci rimane, se lo si può ancora chiamare così, è il druzhinnik anteriore al 1478 al quale possiamo ascrivere qualcuna delle caratteristiche del cavaliere latino occidentale oppure, come è più logico e più giusto, presentarlo come figura simile, ma originale russa e unica (sperando naturalmente di non idealizzarlo troppo) dato che non ci sono convincenti concordanze.

Druzhina (da cui druzhinnik) è una parola che, sebbene rassomigli ad un termine norreno (la lingua dei Variaghi) di simile significato, è diffusissima nelle lingue slave e si deve far risalire alla radice *drug ossia amico, fidato ed evidentemente è stata attribuita dai cronografi, forse per etimologia popolare, anche alle compagnie armate variaghe non ancora slavizzate per il periodo pagano della storia russa. Chi ha diritto ad averne una? Da vari accenni nelle Cronache Russe abbiamo visto che l’avevano i bojari locali (di origine slava o di altra etnia e prima dell’arrivo dei Variaghi) di solito, ma non sempre. Il knjaz invece ne ha sempre una, altrimenti non può chiamarsi tale e non potrebbe rifarsi con tutti i diritti alla genealogia rjurikide (55). Detto ciò, essa risulta composta di molte classi di età riducibili per semplicità a due: Gli adolescenti e gli adulti. Data questa composizione diversa dei druzhinniki, a ciascun gruppo “omogeneo” toccavano incarichi diversi non solo come conseguenza dell’età, ma anche dell’esperienza e della provenienza (schiatta). La classe più bassa sono i ragazzi di 8-10 anni chiamati in russo deti e cioè coloro che hanno appena raggiunto l’inizio del rok, il periodo assegnato dagli dèi alla vita attiva di ogni essere umano. Questi ragazzi sono dunque iniziati all’arte della guerra e, benché non siamo sicuri se assimilarli ai buccellarii occidentali, imparano anch’essi ad usare tutte le armi tradizionali. Non abbiamo notizie di scuole apposite, bensì sappiamo che il tirocinio militare si svolgeva proprio a caccia dove, più che ammazzare animali, si imparava a nascondersi in attesa dell’attacco, a mettere trappole e agguati, a vivere in tenda, a combattere con la spada, ad accendere i fuochi con l’acciarino e senza incendiare l’intera foresta. Agli otroki inoltre venivano affidati varie incombenze quali ad esempio: messaggeri (gonez), guardiani dei fuochi militari o delle mura (gridi), etc. Un gruppo ristretto di questi (agli ordini di un muzh), a guisa di allenamento e tirocinio, addirittura curavano la difesa generica della persona del knjaz col privilegio di dormire vicino a lui, proprio come una specie di guardia pretoriana! Controllano quel che mangia e quel che beve affinché nulla sia avvelenato e gli organizzano materialmente i banchetti rituali. Ci sono poi coloro che ricevono dal knjaz dei compiti temporanei come quelli di portare delle ambasciate in grande stile: i cosiddetti tijùny (termine di derivazione scandinava che significa servo)! Esiste anche la figura dell’intendente che tiene sottochiave derrate, preziosi e armi: il kljuc’nik!

A parte ciò, soltanto dopo aver superate le prove prescritte, si era scelti e si passava alla classe più alta detta dei muzhì ossia dei “maschi” più “vecchi”. Possiamo aggiungere a questo riguardo che a 20 anni i muzhì erano “più che adulti” e, se non erano uccisi prima e raggiungevano i 40 anni, erano già considerati degli anziani, visto che quella era la durata media della vita nel Medioevo! Anche fra questi membri esisteva tutta una gerarchia di funzioni che purtroppo non è facile classificare data la scarsità e la non specializzazione delle fonti. Non è neppure possibile dire se la gerarchia corrispondesse ad una carriera da percorrere per arrivare al grado più alto e si può soltanto affermare che i druzhinniki (chiamati anche voitely, voiny) più vecchi erano considerati all’apice della carriera! (continua)…

Il saggio nella sua versione integrale è scaricabile in formato PDF (2,4 MB).

Aldo C. Marturano

Nato a Taranto, ha studiato nelle Università di Bari, poi di Pavia, infine di Amburgo, dove ha chiuso i suoi corsi di laurea in chimica industriale. Non ha mai lavorato come chimico e ha invece sfruttato le sue conoscenze linguistiche. Conosce infatti (parla e scrive correntemente) russo, inglese, tedesco, francese, spagnolo, ungherese e ne ha studiate un’altra decina che spera di portare a maggiore perfezione nel prossimo futuro. Si è diplomato in Lingua Russa all’Istituto Pusckin di Mosca dove ha avuto inizio la sua avventura nel Medioevo Russo. Lavorando sui mercati internazionali si era infatti appassionato al Medioevo, ma quando scoprì che non riusciva mai a sapere gran che su quello russo, colse l’occasione della tesi all’Istituto Pusckin e scelse di studiare un personaggio del Medioevo bielorusso, Santa Eufrosina di Polozk: di lì via via è entrato in quel mondo magico e nuovo.

Ha pubblicato il saggio storico in chiave divulgativa Olga La Russa, 2001 (che non è la sorella di Ignazio La Russa, per carità!), e poi per i ragazzi L’ombra dei Tartari, 2002, ovvero la saga di Alessandro Nevskii.

Altre sue opere sul Medioevo russo sono visibili nel portale delle Edizioni Atena.

Collabora attivamente con il portale Mondi Medievali curando la rubrica Medioevo Russo.

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