Da Enrico I d’Inghilterra ad Enrico III

di Ornella Mariani.

Enrico I d’Inghilterra, terzo figlio di Matilda di Fiandra e di Guglielmo il Conquistatore, nacque a Selby, nello Yorkshire, fra il 1068 ed il 1069. Destinato alla carriera ecclesiastica e, pertanto, fin da bambino soprannominato Beauclerk -chierico-, nel 1087 fu liquidato con cinquemila sterline d’argento dal padre, che aveva designato alla successione Guglielmo il Rosso ed investito del Ducato di Normandia Roberto il Corto.

Scontento, da quel momento, Enrico prese a contrapporre i fratelli che, in difesa dei loro interessi e pur di escluderlo da ogni ulteriore rivendicazione, concordarono di cedere, nel caso di morte senza eredi dell’uno, la bonaria titolarità all’altro di tutti i possedimenti familiari.

L’intesa fu vanificata dagli eventi: il 2 agosto del 1100, mentre Roberto era in Outremèr, Guglielmo restò ucciso da una freccia, nel corso di una battuta di caccia.

Enrico non perse tempo: assunto il controllo del Consiglio Reale a Winchester ed acclamato dai principali Baroni del Regno, tre giorni più tardi si fece incoronare nell’abbazia di Westminster.

Descritto da Guglielmo di Malmesbury … di statura… più grande dei piccoli, ma sorpassato dai molto alti… capelli… neri e tirati indietro sulla fronte… occhi moderatamente brillanti… petto vigoroso… corpo carnoso…, per consolidare la vacillante posizione presso l’Aristocrazia e conseguendone l’appellativo di Leone della Giustizia, egli non tardò ad emanare lo Statuto delle Libertà: una sorta di premessa alla Magna Charta, consistente di rilevanti riforme sociali; di modifiche all’ordinamento amministrativo e legislativo vigente; del ripristino delle leggi di Edoardo il Confessore; dell’utilizzo definitivo della lingua inglese.

L’11 novembre dello stesso anno, poi, per rendersi gradito alle riottose genti anglosassoni, impalmò Edith, figlia del Re di Scozia Malcom III e, onde rimuovere l’ostilità montante fra Normanni, le fece mutare il nome in Matilda.

Nel 1101, reduce dalla crociata e determinato a recuperare la corona usurpatagli, a sorpresa Roberto invase l’Inghilterra; tuttavia la faida familiare si risolse presto col Trattato di Alton, col quale egli s’impegnava a riconoscere il germano come Re d’Inghilterra accettando di trasferirsi in Normandia, in cambio di un appannaggio annuo di duemila marchi. Epperò, nel 1105, per sottrarsi all’oneroso esborso e per prevenire altre ribellioni, Enrico traversò la Manica e nell’anno successivo lo sconfisse a Tinchebray; lo trasse prigioniero; lo deportò nella Torre di Londra, nel castello di Devizes ed infine a Cardiff e lo espropriò del titolo di Duca di Normandia.

Dopo anni di relativa stabilità, nel 1119, assunto il controllo di tutti i domìni familiari, onde affrancarsi da ulteriori e latenti impennate normanne ed in conformità con le tradizioni dell’ epoca, il Sovrano favorì le nozze del primogenito Guglielmo con Isabella, figlia dell’irriducibile rivale Folco V d’Anjou.

Tutt’altro che amato e protagonista di episodi di brutale violenza, il collerico e sanguigno Enrico aveva però fondato la pace sul terrore: non solo aveva personalmente spinto giù dalla Torre di Rouen, con l’accusa di tradimento contro ogni disperata protesta di innocenza, tale Conan Pilatus ma, a fronte dello scambio della prole come ostaggio avvenuto fra Eustache de Pacy, marito di sua figlia Giuliana, e Ralph Harnec, quando il primo aveva accecato l’erede del secondo, aveva autorizzato la rappresaglia pur nella consapevolezza che essa si sarebbe abbattuta sulle sue nipoti dirette. Harnec aveva mutilato orrendamente le due fanciulle e, quando determinata a vendicare le vittime Giuliana attrasse il padre a Breteuil con l’intento di ucciderlo a colpi di balestra, senza alcuna remora né rimorsi egli autorizzò l’arresto di figlia e genero. Era già padre, allora, di molti figli illegittimi quasi tutti dotati del cognome Fitzroy ed estranei alla possibilità di successione: Robert, nato da una donna della famiglia Gai; Reginald e Sybilla, sposa del Re Alessandro I di Scozia, da Sybil Corbet; Enrico, dalla Principessa Nest; di ignota maternità, Maud coniugata a Conan III Duca di Bretagna, Matilda impalmata dal Conte Rotrou II di Perche, Costanza maritata a Roscelyn de Beaumont e Aline presa in moglie da Matteo I di Montmorency; Isabella, da Isabella di Beaumont; Gilbert, Matilda, abbadessa di Montvilliers, Richard, Fulk, Giuliana e Mabel, consorte di Guillaume III Goet, da tale Ansfride; Adeliza e un altro Robert, da Eda Fitzforne.

Frutto dell’unione legittima con Edith/Matilda, deceduta nel 1118, erano invece stati Maud, ceduta già all’età di sette anni all’Imperatore di Germania Enrico V, e Guglielmo l’Atheling poi scomparso il 25 novembre del 1120, con i fratellastri Richard, Fulk e Matilda Fitzroy e con la cugina Lucia Mahaut de Blois, nel naufragio della Nave Bianca colata a picco al largo di Barfleur.

Il 29 gennaio del 1121, vedovo da un triennio, Enrico sposò in seconde nozze Adeliza, figlia del Duca della Bassa Lotharingia Goffredo I. Quando, nel 1128, si rese conto che il legame non sarebbe stato allietato da prole maschia, a suggello di un nuovo sodalizio normanno/angioino impose alle Baronie ed in particolare al nipote Stefano di Blois, figlio di sua sorella Adela, un giuramento di fedeltà all’Empresse Maud, dal 1125 vedova senza figli di Enrico V e riconiugata al quindicenne Goffredo V il Plantageneto, erede della Contea d’Anjou.

Detto anche Goffredo il Bello e fondatore della dinastia che dal 1154 al 1485 dotò l’Inghilterra di quattordici Sovrani, egli aveva introdotto nel suo stemma il ramo di ginestra, ovvero, in francese antico il Planta-genêt donde l’appellativo di Plantageneto.

Dal suo matrimonio con Maud nacque Enrico II, primo Re di quella casata protagonista del secolare contrasto anglo/francese concluso con la Guerra dei Cent’anni. La stirpe tracciò linee fondamentali dello sviluppo politico e sociale inglese ed orientò l’iniziale sistema politico-amministrativo di estrazione normanna verso una burocrazia ampia e capace di saldare le istituzioni periferiche ad un forte governo centrale, in una struttura/cardine del sistema amministrativo moderno.

Intanto, la designazione di Maud fu sfavorevolmente salutata, non tanto perché non si voleva una donna al trono, quanto perché ella era la moglie di un inviso e pericoloso Anjou. Così, quando Enrico I si recò in Normandia per conoscervi il nipote Enrico II, la sua improvvisa morte suscitò dubbi e sospetti: il 1° dicembre del 1135, a st. Denis-le-Fermont, avvelenato da una lampreda avariata, fu frettolosamente sepolto nell’abbazia di Reading.

Aveva regnato per circa sette lustri, connotando il suo governo di ambiguità politica ma anche di miglioramento complessivo della macchina istituzionale e sociale, in particolare favorendo l’integrazione delle genti anglo/normanne; aveva emanato la Charte of Liberties, ispirata ai princìpi di Guglielmo il Conquistatore; aveva riorganizzato la Curia Regis ed accresciuto il Tesoro; aveva ottimizzato il sistema giudiziario e condotto una strategia di conciliazione anche in ambito religioso, richiamando dall’esilio il Primate d’Inghilterra Anselmo d’Aosta; aveva regolato il problema delle investiture ecclesiastiche col compromesso di Beck del 1107, garantendosi la sottomissione del Clero; aveva perseguito una politica abile e dura nei confronti delle Baronie, stroncandone le opposizioni ma assicurandosene la fedeltà con il rispetto dei loro diritti e con la istituzione di nuove case baronali.

Ciò malgrado, alla sua morte la Nobiltà si oppose energicamente all’insediamento di Maud ed il 22 dicembre del 1135 incoronò a Westminster Stefano di Blois.

Nato nel 1096 e cresciuto alla Corte dello zio materno, egli nel 1125 aveva sposato Matilda, figlia del Conte Eustache de Boulogne e di Maria di Scozia. L’unione era stata arricchita da quattro figli, nati parallelamente ai disordini accesi fra il 1139 ed il 1148 dai partigiani della cugina Maud capeggiati dal fratellastro Roberto di Glouchester e dal Sovrano David di Scozia il quale era intenzionato a porre un’ipoteca sulla Northumbria, malgrado nel 1138 avesse subìto la pesante rotta della Battaglia dello Stendardo e fosse stato costretto da un’armata di Baroni al soldo del Primate di York Thurstan e del Signore di Helmsley Walther Espec a sottoscrivere il Trattato di Durham

Lungi dal recedere dalle sue pretese, ancorché incinta del terzo figlio, Maud scosse la Nazione con una violenta guerriglia e, dopo un vano ricorso a Papa Innocenzo II, nell’ottobre del 1139, mentre l’inviso marito si dava alla conquista della Normandia ove gli fu assegnato il soprannome di the Fair Count, arrembò le coste meridionali inglesi riunendosi ai suoi sostenitori.

L’anarchia dilagò e il Conte Ranulf di Chester, infuriato per non avere ottenuto in cambio della sconfitta inflitta agli Scozzesi i territori del Nord/Ovest, occupò il castello di Lincoln e catturò Re Stefano deportandolo a Bristol il 2 febbraio del 1141. Solo quando egli, in prigionìa, accettò l’esilio e riconobbe i diritti della cugina, ella fu finalmente salutata Lady of the English.

Il groviglio di quella complessa successione sembrava risolto ma, poco prima dell’incoronazione a Westminster, collerica quanto il padre, Maud respinse malamente una delegazione del Comune di Londra esigente la conferma dei privilegi della città, così scatenando una rivolta che la costrinse alla fuga. Contestualmente, il suo fedele Roberto di Gloucester fu preso prigioniero dal Primate di Winchester Enrico di Blois che ne subordinò il rilascio alla liberazione del germano. Pur di salvare la vita al fratellastro, Maud accettò lo scambio ed il deposto Stefano fu liberato e reincoronato nel giorno di Natale dello stesso anno.

Il Paese era tuttavia ancora preda di aspre turbolenze: perduto il controllo della Normandia, nel 1142 il Sovrano aveva annientato i nemici in Inghilterra; circondato Oxford per arginare le legittime insubordinazioni della irriducibile rivale e, nell’autunno del 1143, stroncato anche la ribellione dei Conti dell’Essex e di Chester; ma nel 1144, profittando del persistente clima di precarietà politica, Goffredo d’Anjou occupò Rouen e rivendicò il trono inglese per il primogenito.

Stefano era ormai stanco di belligerare e così, fra alterne vicende, quando verso il 1147 Maud rinunciò ufficialmente all’eredità in favore del figlio, la guerra civile si avviò alla conclusione: Enrico II, già potentissimo vassallo della Corona francese, sbarcò in Inghilterra nel 1153 e, con la pace di Wellingford, fu riconosciuto successore di Stefano, ultimo Sovrano normanno d’Inghilterra, spentosi a Dover il 25 ottobre del 1154.

«…Il re ha avuto finora i capelli di color rosso, salvo che con l’arrivare a tarda età i capelli grigi si alternano con quel colore. La sua altezza è media, cosìcchè non appaia grande ai piccoli nè piccolo ai grandi… gambe storte, grande torace, ed i compagni d’arme lo ritengono un uomo forte, agile e ardito… non si siede mai, a meno che non mangi o monti un cavallo… In un solo giorno, se necessario, può fare l’equivalente di quattro-cinque giorni di marcia scombinando così i piani dei suoi nemici, schernisce frequentemente i piani con i suoi arrivi a sorpresa… Nelle sue mani c’è sempre l’arco, la spada, la lancia e le frecce, a meno che non sia a dormire o abbia in mano un libro…»

Così Pietro di Blois ritrasse il Re che spianò la via alla dinastia plantageneta.

Enrico II era nato il 5 marzo del 1133 a Le Mans. Una volta insediatosi, con i suoi possedimenti estesi dal Solway Firth al Mediterraneo e dalle Somme ai Pirenei, pur essendogli vassallo, era di fatto più potente del Re di Francia.

Detto Fitzempress, o Mantello corto o Leone della Giustizia come suo nonno Enrico I, nel 1152 su suggerimento della madre, egli aveva impalmato Aliénor d’Aquitania. Dall’unione nacquero otto figli: Guglielmo, morto treenne nel 1156; Enrico il Giovane, nato verso il 1157 e deceduto nel 1183, dopo aver sposato Margherita di Francia, figlia di Luigi VII; Matilde, coniugata ad Enrico il Leone, Duca di Sassonia; Riccardo, detto Cuor di Leone, Re d’Inghilterra dal 1189 al 1199, marito di Berengaria di Navarra e protagonista della Terza Crociata; Goffredo di Bretagna, mancato nel1186; Leonora, maritata ad Alfonso VIII di Castiglia; Giovanna, moglie di Guglielmo II di Sicilia; Giovanni detto Senza Terre.

Figlia di Guglielmo X d’Aquitania; nata a Bordeaux nel 1122; erede unica dei beni paterni; Regina di Francia e d’Inghilterra; bellissima, intelligente, colta, intrigante e passionale, Aliénor era cresciuta in un ambiente con forti motivazioni intellettuali e, morti la madre, il fratello e il padre, era divenuta la più ricca e corteggiata fanciulla di Francia.

Proprio per la sua cospicua eredità, nel 1137 Luigi VII l’aveva sposata. Dalle loro nozze, rese infelici dalle intemperanze di lei e dal bigottismo di lui, nel 1145 era nata Maria. Tuttavia la maternità non ne aveva condizionato l’impegno politico nel governo del Ducato; né il protettivo interesse nei confronti della poesia dei trovatori fancesi ed inglesi; né l’aspirazione a partecipare alla seconda crociata. Proprio in Outremèr, ove pure fu accusata di adulterio con Raimondo di Tolosa, ella s’infiammò d’amore per il Plantageneto futuro Re d’Inghilterra, già Conte d’Anjou e di Normandia. Pertanto, sulla via del ritorno in Francia, col marito si fermò a Roma per chiedere al Papa lo scioglimento del vincolo matrimoniale accordatole il 18 marzo del 1152 dal Concilio di Beaugency per presunta consanguineità coniugale. Tre settimane più tardi, Aliénor sposò Enrico II, di undici anni più giovane, portandogli una dote tale da consentirgli il controllo di gran parte della Francia.

Ma l’unione fu rovinata da risentimenti e gelosie causati dalla intensa relazione del Re con Rosamund Clifford e l’unità familiare si frantumò definitivamente nel 1173 quando, assegnati a Riccardo i possedimenti di Poitou, Guascogna ed Aquitania, ella gli aizzò contro tutti i figli.

Arrestata; a lungo detenuta a Salisbury; esiliata a Poitiers; per circa quindici anni esclusa dal circuito sociale e familiare, solo alla morte del marito ella tornò libera e tenne la reggenza del Regno per Riccardo impegnato in Terra Santa dal 1189 al 1194 e ne difese gli interessi dalle mire di Giovanni la cui successione appoggiò, nel 1199, a fronte della morte del prediletto, prima di ritirarsi nell’abbazia di Fontevrault ove si spense ottantaduenne, nel 1204.

Per quanto disordinato nella vita privata, Enrico II fu un lungimirante politico: se sotto Stefano di Blois le Baronie avevano a lungo imperversato e condizionato la potenza della Corona, egli ebbe cura, fin dal suo insediamento, di ordinare la demolizione di castelli e fortezze costruite arbitrariamente; di imporre lo scutaggio: un tributo corrisposto in deroga al servizio militare; di istituire l’autonomia dei Giudici nell’assumere decisioni legali su questioni civili nel nome della Corona, producendo il primo manuale legale scritto. Così, a partire dall’Assise di Clarendon del 1166, il processo giudiziario divenne una norma e, se al tempo della conquista normanna le controversie erano risolte con l’ordalia, ora s’instaurava un sistema di garanzie ulteriormente consolidate nel 1176 dall’Assise di Northampton ove la riforma rappresentò il principale contributo del Sovrano alla Storia sociale inglese, per il forte ridimensionamento del potere ecclesiale conseguente alla evoluzione della macchina giudiziaria.

La voce di protesta della Chiesa non tardò a farsi sentire e capofila se ne propose Thomas Beckett, Primate di Canterbury: il primo aperto conflitto stette nel diritto di una Corte secolare a processare un ecclesiastico responsabile di un reato e ad esso si saldò il rigoroso impegno di Enrico II nel subordinare il Clero ad un giuramento di osservanza dei costumi del reame.

L’Arcivescovo reagì energicamente e, dopo aver con sprezzo disatteso una convocazione a Corte, fu incriminato prima per vilipendio e poi per illeciti finanziari. Costretto a lasciare l’Inghilterra, nel 1164 riparò in Fiandra e sollecitò l’appoggio di Alessandro III, già provato dai dissensi esplosi tra il Collegio episcopale francese ed il Re Luigi VII. Sulla questione inglese, tuttavia, il Pontefice adottò un atteggiamento di cauta neutralità.

Così, Beckett restò esule ed Enrico fu preso da altri progetti: fin dall’inizio del mandato aveva perseguito il piano di conquista dell’Irlanda, accortamente simulando di compiacere il Papa. La Chiesa locale praticava costumi distanti dall’ortodossia romana; l’isola era dominata da Sovrani regionali in costante fermento; i monaci Cistercensi contavano nell’intervento della Corona inglese. Pertanto, nel settembre del 1170, una potente armata anglo-normanna invase il territorio irlandese ed occupò Dublino. Solo nell’ottobre dell’anno successivo, gli insorti si risolsero al giuramento di fedeltà ad Enrico, di fatto spianando la via alla colonizzazione della regione.

In quello stesso periodo, dopo un’apparente riconciliazione col Sovrano, l’irriducibile Beckett tornò in Inghilterra e, preda d’un rancore tutt’altro che sedato, contestò duramente l’avvenuta incoronazione ed associazione al trono del Principe Enrico il Giovane: la cerimonia, a suo avviso, sarebbe stata valida solo se officiata dall’Arcivescovo di Canterbury e non, com’era stato, dal Primate di York. Di conseguenza, nel novembre successivo, lanciò la scomunica su quanti lo avevano espropriato del diritto d’investitura reale, a partire dal Re.

Enrico II, che trascorreva il Natale in Normandia, se ne infuriò e in un moto di collera manifestò una così ferma intenzione di liberarsi del Primate da indurre quattro compiacenti Cavalieri a prendere alla lettera il suo sfogo: traversata la Manica, a fronte della resistenza opposta all’arresto, costoro assassinarono Beckett nella cattedrale.

Era il 29 dicembre del 1170.

La vicenda: un intollerabile sacrilegio, indignò la Curia Romana e suscitò enorme scalpore in tutte le Corti europee:

Il mio sangue, sparso dai sicari di Enrico II
nella cattedrale di Canterbury,
ancora arrossa la dinastia d’Inghilterra
ed evoca il nome della libertà.

Mi sono battuto contro l’intrusione dei sovrani temporali
nelle questioni di religione e di coscienza,
e sono morto.

In molti mi hanno pianto,
in molti hanno cantato le mie gesta lungo i secoli.
Anche a Bologna, ove all’interno delle mura
custodite d’alte porte nato era lo Studium,
gli scholari intonarono un inno funebre
dedicato alla mia memoria.

Clerici vagantes, si chiamavano allora gli studenti:
e la libertà essi amavano,
quasi come la sete di sapere.
A Bologna, ove già fui stato, diventai famoso:
e la mia immagine conservarono nel cuore.

Beckett fu canonizzato ed il suo reliquiario fu oggetto di devozione, finché Enrico VIII nel 1538 lo fece distruggere.

La contrizione per quell’efferato crimine fu accettata dal Papa solo nel maggio del 1172 quando, nella cattedrale di Avranches, concesse l’assoluzione ad Enrico che finanziò gli Stati Crociati in Palestina la cui difesa era affidata a Templari ed Ospedalieri finché egli stesso fosse giunto in Terra Santa. Tuttavia, non solo rimandò per anni la partenza ma, alla fine, non vi si recò mai malgrado nel 1184, in una visita personale, il Patriarca Eraclio di Gerusalemme gli offrisse lo scettro gerosolimitano.

Verso il 1173, quando aveva appena recuperato la sua dignità internazionale, il Sovrano fu investito da pesanti turbolenze familiari: aizzati dalla moglie, i figli si ribellarono violentemente alla sua autorità pretendendo l’eredità e saldando la loro iniziativa all’animosità di Luigi di Francia.

Il tentativo di Enrico II di strappare il controllo delle sue terre ad Aliénor; la sua scandalosa relazione con Rosamund Clifford; le forti pressioni esercitate in direzione del divorzio fin dal 1169 quando, a seguito della pace di Montmirail, aveva preso in custodia la novenne Alice, figlia di Re Luigi VII di Francia, destinata sposa di Riccardo; la funzione di concubina assegnata alla giovane che mise al mondo anche un figlio, furono alla base della durissima querelle, aggravata dalla presenza di molta prole illegittima a Corte, a conferma di una intollerabile dissolutezza di costumi: Guglielmo di Longespee, III Conte di Salisbury, concepito da Ida di Norfolk; Goffredo Arcivescovo di York, figlio di una certa Ykenai; Morgan, Vescovo di Durham e Matilda, abbadessa di Barking di ignota maternità.

La sua discutibile condotta fu pretestuosamente impugnata da congiunti, nemici e avversari politici smaniosi di arginare più che le sue intemperanze, la sua politica egemonica: egli era il Re d’Inghilterra, ma anche il più potente vassallo della monarchia francese della quale aveva in feudo più della metà del Regno, la cui parte centrale era la Normandia con Caen eletta a sede dello Scacchiere e del Tesoro reale. Delle forze del Ducato, dopo avere imposto il suo protettorato sulla Bretagna, egli si era avvalso per iniziative espansionistiche in zone anche assai distanti e già nel 1159 aveva preteso il servizio feudale dai suoi più potenti Baroni per aggiogare Tolosa.

La questione centrale allo strumentale malessere privato di quel funesto 1173, stava nell’ interesse francese per il normanno Vexin, ceduto all’atto dell’omaggio a Luigi VII in cambio proprio del Ducato di Normandia e recuperato nel 1160, come bene dotale di Margherita di Francia, maritata ad Enrico il Giovane.

La Corona d’oltreManica intendeva riappropriarsi della regione ma nel 1169, quando era stata negoziata una nuova tregua, Enrico aveva prudentemente diviso il patrimonio territoriale fra gli eredi mantenendone saldamente il controllo: aveva ceduto al suo omonimo la Normandia, il Maine e l’Anjou; assegnato l’Aquitania a Riccardo e la Bretagna a Goffredo; escluso da qualsiasi privilegio il figlio Giovanni. Nel 1170, poi, aveva ratificato tali decisioni e, di fatto sollevando le invidie dei Francesi, aveva trasformato l’Inghilterra in un Paese politicamente stabile riaffermando quei legittimi diritti della Corona sui Baroni e sulla Chiesa, compromessi durante l’anarchia degli anni di di Stefano di Blois; instaurando il rispetto della Legge; garantendo il successo delle sue iniziative politiche attraverso l’istituzione di incontri periodici tra Giudici regi e Giurie locali; promuovendo la ripresa dell’economia; contenendo le ambizioni e gli sconfinamenti dei suoi nemici in Normandia, Scozia e Galles, ove aveva indotto alla resa il ribelle Owain Gwinedd e condizionato le velleità di Rhys ap Gryffydd; tenendo testa altrettanto energicamente, pur mentre la sua vita affettiva era squassata dalla rivolta familiare, a Guglielmo il Leone Re di Scozia, catturato ad Alnwick dopo un vano tentativo di impadronirsi della Northumbria.

In quel funesto 1173, dunque, istigati dal desiderio di rivalsa materno e manovrati dai subdoli interessi di Luigi di Francia, Enrico il Giovane ed i cadetti Riccardo e Goffredo pretesero un appannaggio in favore del germano Giovanni. Il prevedibile rifiuto del padre provocò in Normandia una levata di scudi domata solo nel 1174 quando egli, per mandare un segnale di forza all’antagonista francese, accettò di perdonare i figli; li costrinse a prestargli omaggio vassallatico; confermò la ripartizione già effettuata ed arrestò Aliénor. Tuttavia, nel 1183, la morte accidentale del primogenito aprì una nuova stagione di conflitti con Riccardo e con Goffredo, sempre aizzati dalla Corona rivale: la partita si giocava ancora per il Vexin ed il Sovrano francese, che nel 1169 pure aveva riconosciuto ad Enrico l’autorità sui feudi più importanti del Regno in cambio dell’omaggio suo e della prole per la Normandia, il Maine, l’Anjou, la Bretagna e la stessa Aquitania, simulando di sostenere le ragioni di Enrico a fronte dei figli, in conformità della norma esigente l’obbligo del Signore ad aiutare il vassallo attaccato nei suoi territori, ora ne fomentava la ribellione.

Fra varie ed inquiete stagioni, gli eventi si aggravarono per il fallimento imprevedibile delle manovre attuate per dirimere la questione: Margherita ed Alice, figlie di Luigi VII, erano state l’una coniugata ad Enrico il Giovane e l’altra promessa a Riccardo. Tuttavia, il primo sodalizio fu vanificato dal decesso dello sposo ed il secondo si concluse con un nulla di fatto poiché la giovanissima Principessa, alla Corte del futuro marito, divenne una sorta di ostaggio nei tatticismi tra le parti. Di talchè, Filippo Augusto concesse al Plantageneto il possesso della contesa regione in cambio di un nuovo atto di omaggio e, alla morte di Goffredo d’Inghilterra, nel 1186, riassunse il controllo del Ducato di Bretagna come Sovrano di Diritto. Pur restando irrisolto il nodo del Vexin, in apparenza la vita politica e sociale dell’Inghilterra riprese stabilità e nel 1188 Enrico II introdusse la Decima del Saladino per finanziare una nuova crociata.

A parere del cronista Giraldus Cambrensis, tuttavia, la vendetta di Dio incombeva: la morte del Sovrano fu, infatti, ritenuta un castigo per quel suo disimpegno che aveva consentito a Saladino di conquistare Gerusalemme.

Assistito nell’agonia dal solo figlio illegittimo Goffredo, Primate di York, egli si spense in solitudine il 6 luglio del 1189 nel castello di Chinon. Pochi mesi avanti, ancora rivendicando il negatogli diritto all’eredità, insieme ad una serie di vassalli Riccardo gli aveva revocato la fedeltà assicurandola a Filippo Augusto. Probabilmente questo ennesimo atto di ribellione, aggravato dal rifiuto oppostogli alla richiesta di cedere l’Aquitania al fratello Giovanni ed infine la notizia che lo stesso Giovanni avesse ordito una cospirazione in suo danno, gli furono fatali.

In definitiva, Enrico condusse una vita privata e pubblica assai inquieta: aveva sostenuto una accanita lotta con la Nobiltà e con il Clero che, approfittando della debolezza di Re Stefano avevano espropriato la Corona di molte prerogative; una lunga contrapposizione con gli Scozzesi cui sottrasse il Northumberland , il Cumberland ed il Westmorland; un acceso conflitto col fratello Goffredo; una pesante faida familiare che, animata dai figli e dalla moglie, peraltro, ispirò Bertrand de Born.

Nato ad Oxford l’8 settembre del 1157, terzo figlio legittimo, Riccardo passò alla storia con l’appellativo di Cuor di Leone assegnatogli da Giraud de Barry. Quando i genitori si separarono, restò con la madre che lo destinò al Ducato di Aquitania nel 1168 e di Poitiers nel 1172, per compensare l’avvenuta designazione del fratello Enrico il Giovane al trono d’Inghilterra. Nel 1173, con i germani Enrico e Goffredo, aveva capeggiato la congiura familiare con l’obiettivo di detronizzare il genitore e, dopo diciotto mesi, era stato l’ultimo a pentirsi e a giurargli una sempre più vacillante fedeltà: nel 1188, infatti, ancora aizzato dal Sovrano francese, attuò un ulteriore gesto di ribellione e solo grazie alla morte del fratello maggiore potette occupare il trono. In quel periodo, i suoi rapporti col Sovrano francese erano stati incrinati dalla freddezza con la quale egli guardava all’impegno nuziale con Alice di Francia. Ma, quando decise di partire crociato, accettò la riconciliazione di facciata negoziata da Federico I il Barbarossa e affidò la reggenza alla madre: lo Stato era talmente solido da poter resistere senza scossoni alla sua lunga assenza.

Imbarcatosi da Marsiglia per la Terra Santa nell’agosto del 1189, Riccardo fece sosta a Messina per porre un’ipoteca sul trono siciliano a seguito della morte di Guglielmo II, sposato a sua sorella Giovanna, già destinata a nuove nozze col fratello del Saladino. Così, occupata la Città del Faro, esercitò dure pressioni nei confronti di Tancredi finché, nell’ottobre del 1190, stipulò un trattato di pace nel quale fu coinvolto anche l’irritatissimo correligionario Filippo Augusto, in esso formalizzandosi il recesso dall’impegno a sposarne la sorella Alice.

Abbandonata la Sicilia, sottrasse Cipro ad Isacco Comneno per assegnarla a Guy de Lusignan e, nella cattedrale di Limassol, sposò Berengaria di Navarra dalla quale non ebbe figli, forse per la sua discussa virilità. Nell’aprile del 1192, informato della cospirazione del fratello Giovanni che aveva espulso dall’Inghilterra il suo vicario Guglielmo Longchamp, scese a patti col Sultano turco Salah-ad-Din, proclive alla istituzione di un Regno Latino indipendente sulla costa, e, dopo essersi distinto per ferocia in tutto l’Oriente, nell’ottobre mosse verso l’Europa. Durante il percorso, per schivare un’imboscata del risentito Re francese, lungi dal fare rotta verso Marsiglia, costeggiò l’Adriatico per proseguire via terra. Tuttavia, sbarcato in Friuli e giunto a Vienna, pur travestito da straccione, fu catturato da Leopoldo d’Austria su richiesta dell’ Imperatore di Germania Enrico VI e rilasciato solo nel febbraio del 1194, previo pagamento dell’ingente riscatto di centocinquantamila marchi d’argento versati dalla madre.

Finalmente in patria, nel marzo successivo fu reincoronato a Winchester. Nominato Primate di Canterbury Hubert Walter; ridimensionate le ambizioni del fratello e deciso a pareggiare i conti col rivale d’oltreManica, marciò contro la Francia in difesa dei suoi territori normanni: Filippo Augusto aveva profittato della sua assenza per esaltare le velleità di Giovanni senza Terre, cui avrebbe offerto sostegno nella conquista della Normandia, in cambio delle fortezze del Vexin. Imprevedibilmente, invece, il ribelle si arrese all’autorità di Riccardo ed il Sovrano francese subì le umilianti sconfitte di Fréteval nel 1195 e di Courcelles nel 1198. Grazie al supporto delle Baronie, Riccardo lo tenne fuori dalla Normandia fino a costringerlo ad una tregua di cinque anni e fino ad inibirgli anche solo l’accesso all’agognato Vexin, difeso dalla costruzione della imponente fortezza di Château-Gaillard.

Ma fu un effimero vantaggio: Riccardo si spense a Châlus nel Limosino, nel corso dell’assedio del castello di un vassallo ribelle.

Era il 6 aprile 1199.

La sua morte fu premessa allo smembramento dei territori anglo-normanno operato dalla Corona franca già sotto Giovanni senza Terre, nato ad Oxford il 24 dicembre del 1167 e figlio ultimogenito di Enrico II e di Aliénor d’Aquitania: contro di lui, Filippo Augusto sostenne le rivendicazioni di Arturo di Bretagna esigente il riconoscimento del diritto di primogenitura al Ducato di Normandia e di Aquitania e al trono inglese quale figlio di Goffredo, collocato primo nell’ordine di successione e forse fatto assassinare dallo zio usurpatore nel 1186.

L’epilogo dell’annoso conflitto si celebrò fuori dalla Normandia, quando Filippo Augusto convocò

Giovanni avanti alla sua Corte e lo condannò in contumacia; gli confiscò i feudi francesi; accettò l’omaggio degli insofferenti alla sua autorità e, con l’adesione dei Baroni fedeli alla memoria di Riccardo, si accinse all’assedio di Château-Gaillard.

Era il settembre 1203: la resistenza cessò nel maggio successivo, dando avvio al declino della dinastia anglo/normanna piegata dalla resa di Rouen e di tutta la Normandia al Sovrano francese. Tuttavia, malgrado il ridimensionamento del potere; le tensioni baronali sempre più diffuse ed il sostanziale indebolimento della monarchia, nel 1207 Giovanni sfidò anche il Papa contrastando la nomina di Stephen Langton a Primate di Canterbury.

Senza indugio, Innocenzo III lo fece oggetto di scomunica ed avviò trattative con la Francia per invadere l’Inghilterra: al ribelle, non restò che umiliarsi e riconoscervi vassallo della Chiesa. Ma la sua irriducibilità riemerse nel 1213, quando tentò di riappropriarsi dei suoi possedimenti d’oltreManica alleandosi col nipote Ottone IV di Brunswick, nella dura contesa riferita alla titolarità del trono del Sacro Romano Impero.

La guerra ingaggiata contro Filippo II Augusto e Federico II lo portò al drammatico tracollo del 1214 a Bouvines, ove la pur aggrovigliata situazione internazionale spazzò dalla scena politica l’antico conflitto franco/inglese con gravi ripercussioni politiche interne all’Inghilterra: a fronte della evidente debolezza istituzionale, le Baronie costrinsero Giovanni al rispetto dei loro privilegi ed il 15 giugno del 1215 gli imposero l’emanazione della Magna Charta libertatum con la quale si sancivano l’inviolabilità delle antiche libertà inglesi e la vigilanza di una sorta di Parlamento: il Commune Concilium Regni.

Tuttavia, Innocenzo III, cui Giovanni aveva prestato omaggio feudale in cambio della investitura su Inghilterra e Irlanda, con una Bolla annullò il documento in nome della sovranità della Chiesa coincidente con quella del Sovrano che aprì un fronte di lotta anche contro i Baroni. La guerriglia divampava in tutto il Paese, quando Giovanni si spense nel castello di Newark, nel Nottinghamshire.

Era il 18 ottobre del 1216.

Con alterna fortuna, egli aveva regnato dal 1199, invano scontrandosi col potere papale cui era stato costretto a sottomettersi ancora nel 1213, dopo aver tentato di sottrarre la monarchia inglese al pagamento di una tassa annuale alla Chiesa.

Le cronache coeve lo raccontano di media statura; afflitto da obesità; dissoluto ed ozioso; oscillante fra una pigra malinconia e picchi di sanguinaria crudeltà; comunque accattivante quanto inaffidabile.

Al contrario, suo figlio Enrico III di Winchester: di aspetto molto gradevole, malgrado una imperfezione costituita da un occhio semichiuso; attento, colto e sensibile mecenate; dotato di temperamento sostanzialmente semplice.

Di fatto, egli si consegnò alla storia per le Provvisioni di Oxford che, revocate nel 1264, a soli sei anni dalla emanazione, provocarono la rivolta dei Baroni guidata da Simon de Montfort e duramente stroncata da Edoardo I.

Quando ascese al trono, aveva soli nove anni: la minorità fu confortata dalla tutela di Guglielmo il Maresciallo, reggente del Regno fino alla morte.

Assunte le responsabilità del governo, nei suoi primi anni di governo Enrico fu costretto ad accettare il governo di Hubert de Burgh, Presidente della Corte di Giustizia. Sostenuto dai Baroni, costui aveva di fatto assunto il controllo dello Stato e ostentato la propria potenza licenziando tutti i funzionari del Poitou, tra cui il Vescovo di Winchester Pietro de Roches. Nel 1220, prendendo a pretesto la dura sconfitta inflittagli dai Bretoni, Enrico lo fece arrestare e processare e poi richiamò a Corte tutti i suoi favoriti del Poitou affidando a Pietro de Riévaux, che favorì la centralizzazione del potere della Corona, l’incarico di riordino del Tesoro.

Mirando ad impadronirsi della Sicilia, in danno delle ragioni degli Hohenstaufen, il Sovrano chiese poi il sostegno dei Baroni che pretesero in cambio il rispetto delle Provvisioni: una sorta di limitazione delle prerogative regie in favore della Nobiltà, cui era consentito disporre di riforme amministrative e giudiziarie.

In sostanza, a margine di disastrose spedizioni militari in Francia, Enrico aveva fortemente depauperato la Corona esasperando le Baronie sempre più decise ad esercitare il diritto di controllo delle sue azioni attraverso l’istituzione di un Consiglio/Parlamento che lo affiancasse nella guida del Paese. Ma egli, che il 14 gennaio del 1236 a Canterbury sposò Eleonora di Provenza avendone cinque figli: Edoardo I; Margherita, maritata al Re di Scozia Alessandro III; Beatrice, coniugata a Giovanni di Britannia; Edmondo Crouchback; Caterina, non onorò i patti e revocò la concessione restaurando l’assolutismo della monarchia e consegnando la Nazione ad una drammatica guerra civile, in particolare a seguito della ratifica del suo provvedimento da parte di Luigi IX nel 1264 ad Amiens.

La generale levata di scudi che ne derivò portò ad una drammatica svolta: Montfort trasse prigioniero Enrico ed il suo primogenito Edoardo I nello scontro di Lewes, a margine del quale fu istituito un nuovo consiglio che impose ad Enrico il giuramento di rispetto delle vecchie e nuove libertà inglesi; l’impegno ad accettare i Ministri eletti dal Parlamento e l’obbligo a consultare oltre all’Assemblea del Clero e della Nobiltà, anche la Camera dei Comuni.

Nel 1265, però, Edoardo riuscì a fuggire e, raccolto un esercito di fedeli partigiani della Corona, fra cui molti dei Baroni già alleati al Montfort e contro i quali erano insorti cavalieri e contadini liberi, uccise ad Evesham l’aguzzino di suo padre che reinsediò nella legittimità del trono e dette inizio ad un brutale e sanguinoso regolamento di conti.

La guerra civile che ne scaturì si risolse con il Dictum of Kenilworth del 1266, col quale il Parlamento venne definitivamente riconosciuto.

Nel 1272 Enrico III si spense.

Durante il suo governo, il diritto locale era stato sostituito con la Legge Comune a tutto il Paese e i giudizi reali itineranti assunsero enorme importanza. Fu inoltre istituito l’Erario Reale, o Camera dello Scacchiere e nuovo impulso fu dato al commercio, in particolare di cereali e pelli.

Bibliografia:
V.A. Croce: Riccardo Cuor di Leone
C. Grimberg: La storia Universale
R. Manselli: L’Europa medievale
C. Carozzi: Le Monarchie feudali: Francia e Inghilterra

Ornella Mariani

Ornella Mariani, sannita. Negli anni scorsi: Opinionista e controfondista di prima pagina e curatore di Terza Pagina per testate nazionali; autore di saggi, studi e ricerche sulla Questione Meridionale. Ha pubblicato: saggi economici vari e:
Pironti ” Per rabbia e per amore”
Pironti ” E così sia”
Bastogi “Viaggio nell’ entroterra della disperazione”
Controcorrente Editore ” Federico II di Hohenstaufen”
Adda Editore “Morte di un eretico” – dramma in due atti
Siciliano Editore “La storia Negata”
A metà novembre, per Mefite Editore “Matilde” – dramma in due atti
A gennaio, per Mefite Editore “Donne nella storia”
Collaborazione a siti vari di storia medievale.

Ha in corso l’incarico di coordinatore per una Storia di Benevento in due volumi, (720 pagine) commissionata dall’Ente Comune di Benevento e diretta dal Prof. Enrico Cuozzo.

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