Federico II di Svevia e la questione della Tolleranza

Federico II di Svevia e la questione della Tolleranza di Soumaya Bourougaaoui

La personalità di Federico II di Svevia è una delle più complesse della storia. Su Federico II, diversi storici e biografi dai suoi contemporanei fino ad oggi avevano parlato della sua tolleranza nei confronti delle minoranze o delle religioni. Federico II è divenuto un protagonista del dibattito storiografico, alcuni storici sono concordi nell’affermare che l’imperatore svevo sia stato un esempio di tolleranza, di integrazione ed interazione culturale.
Lo storico e medievista italiano Franco Cardini scrive:

«Si fa spesso, oggi, come si diceva, il nome di Federico II come di un modello di tolleranza, di convivenza, di apertura mediterranea, di equilibrio internazionale, il riferirsi al quale potrebbe contribuire a risolvere alcuni problemi di oggi. Con tutti i suoi errori e anche i suoi misfatti, Federico II resta un eroe per il nostro tempo: ch’è nuovamente, come nel XIII secolo, un tempo d’incontri e di confronti tra civiltà; un tempo nel quale, non diversamente di allora, culture diverse possono rendersi conto di possedere elementi comuni, di non essere totalmente “altre” fra loro. Il modello federiciano c’invita pertanto a superare l’astratta e banale dicotomia Oriente-Occidente, nata dal riduttivismo eurocentrico della nostra cultura sette-novecentesca ma riletta alla luce d’un tempo – il nostro – che sembra aver perduto le capacità di analisi e di esegesi  socioantropologica della quale invece tale cultura disponeva. Questo è forse il grande compito che attende le nostre generazioni, cui spetta il dovere d’una nuova sintesi che vada al di là del prospettato melting pot multiculturale senza per questo cader nelle secche mortali del «conflitto di civiltà».[1]

Nel suo regno, convivevano in armonia gli ebrei, i cristiani e gli arabi, oggi si dovrebbe guardare a questo grande modello. Secondo me, la sua tolleranza è stata il tramite del principio di laicità. Lui amava confrontarsi con diverse scuole di pensiero instaurando dialoghi con pensatori ebrei e musulmani. Infatti, Federico II rappresenta il precursore dei sovrani moderni, e proprio per questo fu incompreso dai suoi contemporanei, egli fu al tempo stesso un uomo medievale e moderno: il Medioevo si esprimeva in lui nella concezione del mito imperiale; la modernità era presente nella sua apertura alle integrazioni culturali. La Corte sveva divenne così uno straordinario centro culturale e scientifico, con la creazione della scuola siciliana destinata a produrre un rinnovamente letterario in tutta la penisola, anche, nel 1224 fondò l’Università di Napoli, fonte di scienze, seminario di dottrine, crocevia culturale del Regno di Sicilia, ma soprattutto fu la prima istituzione statale e laica. Filosofi e scienziati d’ogni angolo del mondo, entrarono con la cultura araba e la cultura ebraica… e questi furono i protagonisti di scambi culturali, tradussero dal greco, dall’arabo, dall’ebraico in latino. In più, un esempio di convivenza pacifica tra culture, è stata la colonia di Lucera, voluta nel 1220 dallo svevo Federico. La colonia è nata per isolare gruppi riottosi di musulmani stanziati nella Sicilia sudoccidentale e confinati in Puglia per evitare nuove insurrezioni. Prima ci furono resistenze ad adattarsi, dopo, gli arabi di Sicilia divennero fidati servitori all’imperatore. Federico II ha creato per la comunità musulmana di Lucera, una moschea (l’attuale cattedrale), scuole coraniche, e un magistrato musulmano…
L’imperatore non fu tollerante soltanto verso i musulmani, ma anche verso gli ebrei. Già, viene dimostrato dai decreti di Melfi, emanati dall’imperatore nel 1231. E vengono stabilite le norme di protezione delle minoranze religiose. Nel libro I si legge che «i giudei e i saraceni e altri» hanno il diritto di appellarsi all’imperatore contro eventuali abusi dei funzionari statali, perché «non vogliamo che vengano rinchiusi come innocenti solo perché sono ebrei o musulmani».
Intorno a Federico II ruotano personaggi come il filosofo-astrologo scozzese naturalizzato spagnolo Michele Scoto traduttore del De motibus caelorum d’al-Birtrudjî e di molti Commentarii di Averroè al pensiero dello Stagirita, il medico-astronomo giacobita formato alla scuola irachena Teodoro d’Antiochia, addetto alla corrispondenza araba della cancelleria regia e traduttore del trattato sulla falconeria di Moamyn, l’arcivescovo di Palermo Bernardo da Castacca e il notaio matematico Giovanni da Palermo, il matematico Leonardo Fibonacci, autore del Liber Abaci e del perduto Flos, l’astronomo al-Hanîfî e il traduttore ebreo addetto alla cancelleria Giuda ha-Cohen, i provenzali sefarditi Mosè ben Samuel Ibn Tibbon e Jacob Anatoli.[2]
Un’altra interpretazione sulla questione di Tolleranza di Federico II, questa è assolutamente diversa rispetto alle altre interpretazioni precedenti o di oggi. Lo storico brittannico David Abulafia, nel suo libro (Federico II, un imperatore medievale, Giulio Einaudi-Torino, 1993), in esplicita contrapposizione alla storiografia precedente  tratteggia nella biografia una figura molto diversa, meno tollerante e più tradizionalista, meno coraggiosa e combattiva, timorosa di due papi aggressivi e sospettosi. Non fu un siciliano, né un romano, né un tedesco, né un mélange di teutonico e latino, ancor meno un quasi-musulmano: fu un Hohenstaufen e un Altavilla Un «uomo del suo tempo» quindi, meno tollerante con le altre fedi. Meno innovativo, anche in campo culturale, a causa delle fortissime spese che dovette sostenere per finanziare le guerre.
Qui, ogni storico o studioso del Medioevo ha la propria interpretazione sulla Tolleranza di Federico II, (un imperatore tollerante o meno tollerante), lo storico ed il medievista italiano Amedeo Feniello ci dice e condivido il suo punto di vista:
Torniamo allora al mito di Federico: genio dello stato, moderno, tollerante e illuminato; o persecutore di minoranze, medievale, teorico della soluzione finale? Niente di tutto questo e tutto questo insieme, perché la storia non si costruisce su partiti presi, su sogni, su mitografie tout court, ideologiche, indiscutibili e immodificabili; ma su analisi, dove la realtà non è nient’altro che l’intreccio spasmodico tra fonti e punti di vista, composta da infinite varietà di sfumature, tante come sono quelle che compongono, ogni quotidiana esistenza[3].
[1] Franco Cardini Ci vorrebbe un altro Federico II, Fu «feudale» in Germania e «pluralista» in Italia. Le sue regole sono alla base ancora della realtà federale tedesca, da «l’Avvenire» del 24/02/2006, segnalato da Marco Brando.
[2] Marcello Pacifico, Federico II e il Mondo Ebraico-Musulmano, Pegaso Università Telematica, DM 20.04.2006. G1, n°118 del 23.05.2006, p 9.
[3] Amedeo Feniello, Federico II di Svevia stereotipi intorno ad un mito , rivista mundus semestrale, anni IV-VII · numero 7-8, 2011-2014, p 21.

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Soumaya Bourougaaoui, tunisina, docente universitaria di lingua italiana presso l’Istituto di Studi Umanistici di Sbeitla-Università di Kairouan (Tunisia).
È interessata ai temi della multiculturalità e alla questione delle minoranze, affrontando i temi legati al dialogo interculturale e interreligioso.

Ha conseguito il suo dottorato nel 2018 in lingua e letteratura italiana con specializzazione in civiltà italiana presso la Facoltà di Lettere, delle Arti e delle Scienze umane-Università della Manouba, discutendo una tesi dal titolo: “La comunità ebraica nell’Italia Meridionale ai tempi di Federico II di Svevia”. L’obiettivo di questa tesi è quello di illustrare l’evoluzione della comunità ebraica nell’Italia meridionale,  all’epoca di Federico II di Svevia lo Stupor Mundi. A differenza della maggior parte degli altri sovrani coevi Federico II, come accennato, quest’ultimo aveva un sincero interesse per la cultura ebraica perché crebbe nel Mezzogiorno, a Palermo, in un ambiente cosmopolita e multiculturale con una forte tradizione di convivenza pacifica tra cristiani e ebrei.

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