Francia e Fabriano di Giovanni B. Ciappelloni
Scorrendo le vicende storiche locali si nota immediatamente un prolungato, intenso rapporto che il territorio fabrianese ebbe nei secoli con quello francese. Tito Livio narra che agli inizi del IV sec. a.c. le tribù dei Galli senoni occuparono la parte delle Marche compresa fra il fiume Montone ed il fiume Esino. Nella vallata del fabrianese tra i Romani ed popoli dell’Italia centrale, Galli senoni, Sanniti e forse anche Etruschi e Umbri, si svolse nel 295 a.C. gran parte della battaglia del Sentino detta anche delle Nazioni. I Galli senoni lasciarono numerose testimonianze sul territorio e tracce della loro cultura nei costumi della popolazione locale. Si può ricordare la tomba principesca ritrovata nel 1955 sulle alture di Vallovinse tra Moscano e Vallemontagnana munita di un ricco arredo funebre che comprendeva armi, ceramica attica e numerosi oggetti di pregio. La datazione della tomba, 360 a.c, indica che il titolare della stessa era stato uno di quei Senoni responsabili della conquista di Roma, magari essendo di un principe quella dello stesso Brenno. È stato anche constatato che il fodero di spada rinvenuto a Moscano venne lavorato con lo stesso punzone utilizzato per un altro fodero rinvenuto a Epiais-Rhus, località a nord-ovest di Parigi. La zona di Moscano da sempre patria della norcineria locale, madre del “Salame di Fabriano”, evidente eredità dei Senoni celebrati per la lavorazione della carne suina custodisce un altro retaggio di costoro. Si tratta dell’arbustum gallicum, un tipo di coltivazione della vite detto localmente “arboreto”, dove al posto della classica vigna vi sono filari di piante, distanziati tra loro, alle quali vengono maritate le viti e tra i quali si lascia lo spazio necessario per la semina del grano. Durante il XII secolo probabilmente negli anni intorno al 1153 si ebbe la prima comparsa sul territorio della futura Fabriano di altri francesi, i normanni de Clavellis, conosciuti come i “Chiavelli”. Costoro non una famiglia ma un gruppo parentale qui si stabilirono portando benessere ma imponendo anche una dura e pesante tirannìa. Arrivati come militari mercenari trasformarono presto la zona del fabrianese in un centro artigianale di eccellenza introducendo ex novo varie attività produttive tra le quali quella della carta che rese Fabriano un centro imprenditoriale di rilievo europeo. Insieme a questi normanni arrivarono tra le mura comunali diversi loro connazionali che lasciarono numerose tracce del loro passaggio. I de Clavellis ritenuti da certa storiografia di origine locale o longobarda indossavano un cognomen toponomasticum di stampo normanno ed avevano invece le loro radici nella località di Esclavelles in Alta Normandia. Questo gruppo parentale arriva insieme ad altre famiglie che sono chiaramente normanne come i Bugatti o i Fildesmidi e nella Carta di Sforzolo del 1198 tra i testimoni appare un Ballone Calvelli mentre in alcuni documenti del Libro Rosso del Comune di Fabriano si rinviene un tale Morico de Calvello. Nel Catalogus Baronum, elenco di feudatari normanni risalente al XII secolo, un “Berardo de Calvello/de Calvellis” risulta titolare di alcuni feudi molisani. Inoltre vicino Amandola, nel fermano, una montagna prendeva nome dai Calvelli che qui avevano una rocca. Quindi Calvelli e de Calvello non costituiscono un errore di trascrizione per Clavelli o de Clavellis ma con sicurezza indicano altre individualità francesi. Oltre a questi i de Clermont/Chiaromonte, casata francese di primaria grandezza, gestivano sul locale crinale appenninico due fortificazioni dallo stesso nome di “Chiaromonte” una presso San Cassiano di Fabriano e l’altra vicino Cagli. In anni posteriori al martirio dell’arcivescovo Tomaso Becket, che aveva studiato a Bologna e che sembra conoscesse la Marca Anconetana, alcuni componenti di questa famiglia normanna decisero, all’inizio del XIII secolo, con un Giovanni uomo d’armi al soldo pontificio, di stabilirsi a Fabriano dove vissero negli anni a seguire avendo il proprio appellativo volgarizzato in “Becchetti”. Quindi oltre ad arrivare, nella prima ora, insieme ai de Clavellis diverse famiglie normanne si stabilirono successivamente tra le mura del Comune di Fabriano per avervi trovato un ambiente familiare per presenze e per mentalità. Una altra casata del panorama storico marchigiano i da Montefeltro, anche questa dalle sicure origini francesi, risulterà molto vicina ai de Clavellis sia nelle politiche sia negli affari militari tanto che gli annalisti fabrianesi ipotizzarono che fossero parte di una stessa famiglia. Anche i Guzzolini di Osimo ed i de Petramala o Tarlati di Arezzo, che ebbero stretti rapporti con i de Clavellis ed il territorio fabrianese, sia per la loro storia sia per numerosi riferimenti presenti nel Catalogus Baronum possono essere considerati di probabili origini normanne.
Ma l’aspetto storicamente più interessante riguardante queste interazioni francesi con la Fabriano tardo medievale furono le frequentazioni clavellesche con gli Angiò e gli andirivieni di questi sul territorio fabrianese. Qui vennero ospitati la consorte di Carlo I d’Angiò, Beatrice di Provenza ed il re d’Ungheria Ludovico d’Angiò, Luigi I “il Grande”, mentre Roberto I d’Angiò risulta effigiato in affreschi trecenteschi nella chiesa fabrianese di Santa Maria Nova, l’odierna S.Agostino. Rimane traccia nelle cronache anche di aiuti militari angioini ai de Clavellis e di un appoggio armato clavellesco alle politiche di una Giovanna I d’Angiò, tornata in auge, in territorio bolognese. Va inoltre ricordato che dopo la sommossa cittadina del 1435 alcuni de Clavellis trovarono rifugio in Piemonte presso i connazionali Savoia ancora memori dei loro trascorsi militari presso i Visconti. Cosa rimase tra le mura di questa familiarità con il mondo nobiliare d’oltralpe? Visibilmente sembra nulla, probabilmente per la costante ed implacabile damnatio memoriae esercitata nel tempo dalla popolazione, tuttavia tracce si rinvengono qua e la in alcuni toponimi come Castiglioni/Chatillon o Chiaromonte/Clermont oppure tra i cognomi attualmente indossati in Fabriano come Bugatti, Chiavelli, Ciappelloni, Chiavellini ecc. Si possono anche considerare come retaggio di questi tempi alcuni giochi popolari non più in uso tipo la giostra dell’anello dove un cavaliere al galoppo doveva infilzare con una lancia un anello d’argento appeso ad un palo oppure la caccia al toro che aveva inizio il 21 dicembre, giorno di S. Tommaso, e che terminava l’ultimo giovedi di carnevale. La caccia “al toro” venne introdotta con grande probabilità a Fabriano proprio dai de Clavellis che dovettero osservarla durante le loro attività commerciali o militari nel Veneto in quanto era tradizione a Venezia fin dal 1162. Anche la giostra dell’anello appare un retaggio clavellesco in quanto risulta essere stata una chiara abilità da torneo. L’ultima nota storica che unisce la Francia a Fabriano spetta al tremendo saccheggio con morti ed ingenti ruberie, del 1799, da parte delle truppe francesi del generale Monnier avvenuto per punire il popolo fabrianese schieratosi con il Papa e ribelle alla prima Repubblica Romana. Da quanto si può rilevare costante è stata nei secoli una intensa presenza francese sul territorio fabrianese. Alcuni di questi personaggi d’oltralpe, i Senoni, ebbero a portare a Fabriano particolari tecniche alimentari e agricole mentre altri, i de Clavellis, un innegabile benessere economico conseguenza di una imprenditoria geniale ed innovativa che si è perpetuata sino ai nostri tempi. L’ultimo di costoro che mise un tragico sigillo a questo rapporto insolito per un piccolo territorio a prima vista marginale ma che in effetti si era rivelato un degno palcoscenico per tanti eventi della grande storia fu Jean-Charles Monnier, uomo d’armi, che si mostrò spietato verso una comunità piccola ma fiera che aveva osato ancora una volta ribellarsi ad un padrone che si era presentato come spesso in passato agitando al vento delle insegne transalpine.


Giovanni B. Ciappelloni da sempre interessato alla storia di Fabriano, con particolare attenzione al basso medioevo, ha già pubblicato “Chiavelli e de Clavellis”, “Ruggero, Chiavello ed altri Messeri” e “de Clavellis de Fabriano, dal XII al XV secolo”. Non è presente sui social network.