A History of The Art of War in The Middle Ages

Traduzione di Marco Dubini

CAPITOLO I
(dal libro di C. Oman, A History of The Art of War in The Middle Ages – vol. II pag.57/72 – Metheuen & Co Ltd – London – 1978)

EDOARDO I E LE SUE GUERRE NEL GALLES, 1277-1295: SVILUPPO DEL LONG BOW

Rintracciare le vere origini del longbow non è facile; vi sono, comunque, valide testimonianze che dimostrano che il suo uso veniva in origine insegnato nel Galles del sud; sembra che qui ne fossero muniti fin dal regno di Enrico II (1154-1189). Giraldus Cambrensis parla ripetutamente (3) degli uomini del Gwent e del Morganwg come superiori nel tiro con l’arco agli abitanti di tutti gli altri distretti. A proposito della forza del loro tiro fornisce alcune curiose testimonianze. Nel corso dell’assedio di Abergavenny nel 1182, le frecce gallesi penetrarono per la profondità di quattro pollici in una porta di quercia. Vennero lasciate là come una curiosità, e Giraldus stesso le vide sei anni dopo, nel 1188, quando passò dal castello; le punte di ferro ancora si vedevano sporgere dalla parte interna della porta. Un cavaliere di William de Braose fu colpito da una freccia che prima perforò l’estremità della maglia di ferro, quindi le brache di maglia, poi la coscia, il legno della sella per poi penetrare profondamente nel fianco del cavallo. “Che cosa di più può fare un dardo scagliato da una balestra?” chiede Giraldus. Descrive gli archi del Gwent come “fatti né con corno, frassino o tasso, ma con olmo: armi brutte e che apparivano non rifinite, ma straordinariamente dure, lunghe e robuste, utilizzabili sia per il tiro a breve distanza che a lunga distanza.” Fu solo tra i gallesi del sud che il tiro con l’arco aveva raggiunto un alto rendimento. I loro vicini del Gwynedd e del Powys erano essenzialmente lancieri e non mostravano alcuna attitudine per l’arco. Le truppe ausiliarie del Llewellyn, prestate a Simon de Montfort per la campagna di Tresham, certamente non erano arcieri. D’altro canto, erano stati gli arcieri di Strongbow provenienti dal Galles del sud ed i suoi seguaci avventurieri – come abbiamo visto (4) – che resero possibile la conquista normanna dell’Irlanda.
E’ degno di nota che nella prima occasione nella quale il re fece un uso veramente decisivo degli arcieri in una grande battaglia campale (5), ci viene detto che la fanteria era per lo più composta di gallesi. Ma la prima citazione dell’arco come arma usata in gran quantità dagli inglesi, non proviene, abbastanza curiosamente, da alcun distretto prossimo ai confini del Galles del sud, ma dal Sussex, dove nel 1216 più di un migliaio di arcieri comandati da un tale Wilkin si dice abbiano infastidito l’esercito del Delfino Lewis ed i baroni ribelli, mentre questi marciavano attraverso il Weald. Ma la grande pietra miliare della storia del tiro con l’arco è indubitabilmente l’ “Assise delle Armi” del 1252. Dopo aver ordinato che la classe dei piccoli proprietari terrieri più ricchi che possedeva terre per il valore di 100 scellini doveva arruolarsi nell’esercito nazionale portando con sé un elmetto, un gambeson (capo di vestiario imbottito portato sotto l’armatura per assorbire i colpi, n.d.t.), una lancia ed una spada, quel documento prosegue comandando “che tutti coloro che possiedono terra del valore di più di 40 e meno di 100 scellini, devono portare con sé una spada, un arco con frecce ed un pugnale.” Analogamente, i cittadini che posseggono beni mobili del valore di più di nove mark e meno di venti devono schierarsi con arco, frecce e spada. Questa è una clausola particolare alla fine del paragrafo che prevede che anche i poveri con terra del valore di meno di 40 scellini o nove mark di beni mobili debbano portare arco e frecce, se le hanno, invece delle “falces gisarmas et alia arma minuta” che si diceva fossero le armi abitualmente usate da questi.
NOTE:
3) pag. 54, 123, 127 dell’edizione dell’Archivio dei Stato dell’ Itinerarium Cambriae.
4) vedi vol i. pag. 409 e seguenti
5) A Farlkirk, secondo Walter Hemingburgh, che ci fornisce il resoconto di gran lunga migliore della battaglia: “Numerati sunt pedestres qui aderant, et quasi omnes erant Hibernici et Wallenses” (p.159). Ciò è esagerato: vedi il Cap. II di questo libro .

GLI INGLESI IN IRLANDA, 1169-75 (dal vol. 1 pag. 402 del testo di C. Oman)

LA BATTAGLIA SUL DININ, 1169.

Dermot di Leinster, con i suoi alleati, Robert Fitz-Stephen e Maurice de Prendergast, avevano effettuato con successo un’incursione nelle terre del nemico MacDonnchadh, re di Ossory. Avevano con loro trecento cavalieri ed arcieri del Galles ed oltre duemila seguaci di Dermot da Hy-Kinselagh (Contea del Wexford). Al loro ritorno dovevano attraversare una gola tra boschi e acqua, nella valle del Dinin. Gli Irlandesi (Inglesi?) si misero in marcia per primi, sotto il comando di Donnell Kavanagh, figlio di re Dermot; dietro di loro il re stesso e gli alleati anglo-normanni. Quando raggiunsero il passo, trovarono là gli uomini di Ossory in gran numero, sotto il comando del loro re. Gli uomini di Kinselagh temevano quel luogo; per tre volte l’esercito del Leinster era stato inviato là durante il regno di re Dermot. Quando si accorsero di essere attaccati, si scoraggiarono subito e fuggirono nei boschi: Donnel Kavanagh portò indietro con sé da suo padre solo quarantatré seguaci. Gli inglesi erano al limite della valle paludosa, in un luogo nel quale non potevano facilmente resistere ad un attacco e sembrava in ugual modo senza speranza spostarsi in avanti per impadronirsi del passo ben presidiato.
Maurice de Prendergast subito propose di ritirarsi dalla valle e dai boschi fino all’alto terreno aperto dal quale l’esercito era sceso con lo scopo di tentare di attraversare il passo. Se gli uomini di Ossory li avessero seguiti, come era probabile, sarebbe stato possibile ritornare su di questi là dove né gli alberi, né la palude li avrebbe protetti dalla carica dei cavalli normanni. Il suo consiglio venne prontamente messo in pratica; gli anglo-normanni si ritirarono sul fianco della collina in tutta fretta e spaventati. Quando furono vicini al limite della foresta, lasciarono al margine della strada quaranta arcieri sotto il comando di un certo Robert Smiche (Smithe?), con l’ordine di nascondersi in un boschetto finché gli irlandesi non fossero passati oltre, e piombare alle loro spalle quando se ne fosse presentata l’opportunità.
La precipitosa ritirata degli invasori ebbe l’effetto che Prendergast aveva sperato. MacDonnchadh e “tutto l’orgoglio di Ossory” uscirono in fretta dalla loro posizione inespugnabile e li seguirono attraverso la valle e su per la collina. Superarono il tranello senza accorgersi ed avanzarono maestosamente sul terreno aperto. Quando ebbero lasciato il bosco ad una certa distanza indietro, furono sorpresi di vedere i normanni girarsi e disporsi in formazione da battaglia. Prima che il significato del movimento venisse compreso, i cavalieri caricarono in mezzo a loro, con gli arcieri ed i sergenti che li seguivano da vicino. Gli Uomini di Ossory erano sei o sette contro uno, – il loro numero è dato dai 700 ai 2000 uomini (5) – ma non potevano resistere un solo momento all’impatto di uomini a cavallo coperti di maglia. Furono spezzati e dispersi in tutte le direzioni ed il massacro fu grande: non sappiamo se l’agguato degli arcieri piombò sui fuggitivi con grandi risultati, ma i codardi uomini di Hy-Kinselagh uscirono dalla foresta nella quale si erano nascosti ed inseguirono i fuggitivi fino ad una certa distanza.
Portarono indietro 220 teste – non veniva concessa la grazia al nemico che si arrendeva nel corso della guerra irlandese – e le deposero ai piedi di re Dermot. Le sue truppe ausiliarie assistettero con orrore al gesto del brutale re (6) il quale raccolse la testa di uno dei suoi nemici e strappò con i denti il naso del comandante caduto.
La finta ritirata che permise di vincere la battaglia di Dinin era un antico stratagemma normanno; l’esempio più famoso si è visto ad Hastings. Senza il suo impiego, l’esercito di Dermot e Fitz-Stephen sarebbe stato annientato nella valle tra la palude ed il bosco, dove nessuna carica di cavalleria sarebbe stata possibile.
I successivi due scontri dei quali dobbiamo riferire avvennero entrambi nei pressi delle mura di Dublino, che era caduta nelle mani degli inglesi nell’autunno del 1170; il suo capo danese, Haskulf Thorgilson era stato cacciato e costretto a cercare rifugio nelle isole dell’Ovest. Richard de Clare, il famoso “strongbow” (fortearco n.d.t.), era ora alla testa degli invasori ed aveva avanzato diritti sull’intero reame di Leinster, sin dalla morte di suo suocero, re Dermot, nel maggio del 1171. Fu solo due settimane dopo la sua salita al trono che una flotta vichinga gettò l’ancora nella baia di Dublino. Haskulf aveva chiesto aiuto ai coloni scandinavi dell’isola di Man, delle Orcadi e delle Ebridi ed aveva radunato una flotta si sessanta navi a vela per ritornare in possesso dei possedimenti persi. Le sue truppe ausiliarie erano guidate da un avventuriero chiamato John il Pazzo o il Furioso (7), un famoso “Berseker” (guerriero leggendario norvegese che combatteva con cieca ira n.d.t.), che aveva conquistato grandissima fama nelle guerre nel Nord. I Norvegesi approdarono forti di diecimila uomini, o forse più, secondo le stime dei loro nemici, che dovevano essere del tutto sbagliate: le Orcadi e Man non erano in grado di fornire nemmeno la metà di questo numero di guerrieri. Si disposero in colonne sulla spiaggia e marciarono verso la città in colonne compatte, tutti con maglie di ferro e con le loro asce danesi a tracolla. Era un’armata molto diversa dalle orde di irlandesi nudi con i quali gli invasori fino a quel momento avevano lottato con successo.

LA BATTAGLIA DI DUBLINO, maggio 1171

Miles Cogan aveva il comando della città di Dublino in assenza del suo signore, il Conte Richard. Aveva con sé circa trecento uomini a cavallo (8), oltre ad arcieri e sergenti a piedi, probabilmente 1500 uomini in tutto, se la fanteria supportava la cavalleria nella proporzione che era usuale nelle compagnie con le quali gli anglo-normanni invasero l’Irlanda. Miles uscì per primo allo scoperto, con gli arcieri ed i lancieri in prima linea ed i cavalieri in seconda. Ma non fu in grado di irrompere nei ranghi vichinghi e fu costretto a ritirarsi all’interno della porta est di Dublino (Porta di St. Mary o Porta di Dame). Prevedendo che questo sarebbe potuto accadere, aveva precedentemente distaccato suo fratello, Richard Cogan, con trenta cavalieri, facendolo uscire dalla città dalla porta ovest (Porta Ormond), facendogli fare un giro lungo le mura ed attaccare il nemico alle spalle. Gli arcieri di Miles riempivano le mura su ciascun lato della Porta di Dame e tiravano con grande forza; un clamore proveniente dalle retrovie dell’armata vichinga segnalò loro che la diversione aveva avuto inizio. Richard ed i suoi cavalieri avevano fatto una carica disperata contro le ultime file norvegesi. “Quando John de Wode sentì il fragore di questi dietro di lui e le grida, lasciò la città, desiderando soccorrere gli amici che erano stati lasciati indietro; John ed il suo meinie, forte di 10000 uomini o 9000 (non so dire quanti) lasciò la città per soccorrere i suoi compagni nelle retrovie.” (9)
La diversione, benché di poca importanza, portò confusione nell’attacco norvegese e nel movimento confuso verso le retrovie le colonne compatte ruppero le file dei ranghi e l’affanno si impadronì di loro. Miles ed il gruppo degli inglesi, a cavallo ed a piedi, uscirono dalla porta e caricarono. I cavalieri riuscirono a penetrare nel cuore della colonna e provocarono un così grande danno tra i vichinghi che questi iniziarono a ritirarsi in modo disordinato verso le loro navi. John de Wode rifiutò la fuga e combatte con una forza e con coraggio straordinari; colpì un cavaliere con un colpo così spaventoso con l’ascia a due mani che staccò la sua coscia nonostante l’usbergo e le brache di maglia ed uccise nove o dieci inglesi prima di essere abbattuto. Harkulf Thorgilson venne fatto prigioniero (10) ed i vichinghi ben presto fuggirono completamente sconfitti. Alcuni soldati di leva irlandesi di dubbia lealtà sotto il comando di un tale Domnahl Macgillamocholmog (11), stavano osservando la battaglia da lontano, pronti a schierarsi contro la parte che aveva la peggio nello scontro. Quando videro che i norvegesi si disperdevano, attaccarono e diedero uno mano nel massacro dei fuggitivi. Duemila vennero uccisi e cinquecento annegarono sulla riva prima che i sopravvissuti riuscissero a spingere le imbarcazioni in mare e raggiungere il largo (12).

LA SORPRESA DEL CASTELLO DI KNOCK, luglio 1171.

Solo un mese dopo che i vichinghi furono battuti, un altro esercito si presentò sotto le mura di Dublino. Questa volta era Roderic O’ Connor, l’alto sovrano di tutta l’Irlanda con 30000 uomini arruolati in tutti i clan dell’isola. Si accamparono intorno a Dublino in quattro diversi battaglioni; l’alto sovrano ed i suoi uomini di Connaught al castello di Knock; Macdunlevy ed i clan dell’Ulster a Clontarf, il luogo dell’antica vittoria di Brian Boroihme; O’Brien di Thomond a Kilmainham; e Murtough M’Murrough con gli uomini del Leinster a Dalkey. Il conte Richard era nel frattempo ritornato nella capitale e rilevato il comando da Miles Cogan, ma era disperato per la schiacciante forza dello spiegamento che O’ Connor aveva schierato contro di lui e non osava muoversi dalle mura. Dopo un assedio di sei settimane la carestia iniziò a minacciare la guarnigione. “Una misura di grano era venduta a un marco d’argento ed una misura d’orzo a mezzo marco.” (13) Né vi era alcuna speranza di far entrare provviste per via d’acqua, poiché Guthred, re dell’isola di Man si ritrovava nella baia una flotta vichinga, senza dubbio i resti dell’armamento di John Wode.
Richard cercò, comunque, di raggiungere la pace con re Roderic, offrendogli di tenere Leister come suo vassallo e di giurargli fedeltà. Ma O’ Connor rispose che poteva tenere le tre città di Ostman, Dublino, Waterford ed il Wexford, e non un piede in più. Queste condizioni sembrarono al conte Richard così dure che decise di tentare una sortita, nonostante la probabilità a suo sfavore senza speranza. Nello stesso pomeriggio dei negoziati falliti schierò le forze che potevano essere sottratte dal presidio dei bastioni e marciò in tre piccole colonne contro il campo al castello di Knock (quattro miglia da Dublino). Ciascuna colonna era composta da quaranta cavalieri, sessanta arcieri a cavallo (14), ed un centinaio di sergenti a piedi (15). Miles era in testa, Raymond dietro di lui, ed il conte seguiva. Si affrettarono alla massima velocità dalla porta ovest e raggiunsero il campo degli uomini di Connaught prima che venisse dato l’allarme. Gli irlandesi vennero colti del tutto impreparati; se ne stavano oziosi intorno alle capanne ed alle baracche, il re stava facendo il bagno. Avevano circondato l’accampamento con una palizzata, ma nessuno di loro era di guardia a questa con le armi. Gli invasori irruppero con facilità in tre punti e cavalcarono attraverso i passaggi tra le baracche, colpendo e spaccando ogni gruppo che tentava di convergere contro di loro. In pochi minuti lo scontro era finito, poiché gli irlandesi si dispersero e fuggirono con ignobile alacrità; il re, nudo dal bagno, dirigeva la battaglia. Vennero uccisi in 1500, mentre gli inglesi persero un solo sergente. Venendo a sapere della sconfitta di Roderic, gli irlandesi degli altri tre campi si dispersero e ritornarono a casa; l’assedio venne tolto (luglio 1171).
Così ebbe termine uno scontro che ha una forte somiglianza con un’altra sortita effettuata da una guarnigione inglese uscita da Dublino cinquecento anni dopo. Il Colonnello Michael Jones nel 1649 era assediato come il conte Richard da un’armata ampiamente superiore, disseminata in numerosi accampamenti distanti tra di loro. Come il conte, azzardò una sortita contro uno dei corpi d’armata nemici, ed ebbe successo nel sorprenderlo e nel disperderlo. Quando gli uomini di Ormond vennero messi in rotta a Bagotsrath, le altre divisioni irlandesi si dispersero e si ritirarono senza combattere (16). I ribelli del 1649 erano tanto divisi nelle intenzioni quanto cauti nel darsi sollecito aiuto l’un l’altro, come i soldati di leva del 1171.
Le tre battaglie che abbiano così esposto, ci forniscono i tre principali stratagemmi tattici con i quali i normanni conquistarono le loro vittorie; la finta ritirata, l’attacco al fianco degli uomini a cavallo e la sorpresa improvvisa. Dopo tre anni di combattimenti, gli irlandesi erano così intimoriti che si ritiravano abitualmente nei boschi o nelle paludi quando gli invasori avanzavano e non combatterono mai se non in sorprese notturne o dietro insuperabili palizzate e fossati. Queste tattiche difensive consegnarono l’aperta campagna ai conquistatori, i quali immediatamente lo protessero erigendo castelli in ogni luogo, strutture contro le quali gli irlandesi raramente erano in grado di prevalere; in verità, un castello, una volta completato, non cadde mai se non per tradimento. Dall’altro lato, gli anglo-normanni furono quasi altrettanto incapaci di aver la meglio nei boschi e nelle paludi, dove i loro nemici si rifugiavano. Da qui deriva quell’infelice divisione dell’isola, destinata a durare per quattro secoli ed oltre e nella quale i nativi resistettero con la loro forza, mentre gli invasori dominavano le terre aperte, ciascuno imponendo all’altro una guerra senza fine, però incapaci di raggiungere il predominio. Il paese non poteva fare progressi e nel 17° secolo i nativi erano barbari come nell’11°, mentre gli invasori erano quasi discesi al loro livello, invece di avanzare in civiltà parallelamente agli inglesi ed alle altre nazioni dell’Europa occidentale.
Le guerre del periodo elisabettiano in Irlanda rivelano che il “puro irlandese” è del tutto immutato a partire dai suoi antenati del 12° secolo: la loro tattica primitiva, le loro armi, i loro alberi intrecciati e le staccionate intrecciate, sono assolutamente le stesse di quelle dei tempi di Strongbow. Salvo che alcuni dei loro capi hanno imparato a cavalcare in battaglia (17), non vediamo cambiamenti.

NOTE:
1) Ho naturalmente usato l’eccellente edizione del 1892 di Mr. Orpen
2) Poema di Gilla Bhrighde M’Conmidhe, citato da Mr. Orpen in Dermot e il Conte, p. 268
3) Topographia Hiberniae di Giraldus Camb, p. 151
4) Vedi in Expugnatio, libro II, cap xxviii: “Qualiter gens Hibernica expugnanda sit.”
5) Nel verso 659 l’autore di Dermot e il Conte li nomina “mil et set scent”, ma nel verso 718 “par aime erent ii millers.” Nessuno dei due dati sembra essere troppo alto, considerando l’usuale esagerazione dei poeti medioevali.
6) Giraldus, Expugnatio, i, 4. L’autore di Dermot ed il Conte, non riporta questo tratto indegno del comportamento del suo eroe
7) Joannes “Insanus” o “Vehamens” o “Le Wode” in Giraldus (p.264). La Canzone di Dermot lo chiama Jean le Dève ( da desver, diventar matto).
8)Canzone di Dermot, verso 2384. Per la topografia seguo Mr. Orpen, L’Irlanda sotto il dominio dei normanni, i. p. 243. Le critiche del Dr. Drummonds a questo, mancano di conoscenza dei luoghi.
9)Canzone di Dermot, versi 2375-80.
10) Venne decapitato dopo la battaglia. Era stato risparmiato per chiederne il riscatto, ma coloro che lo avevano catturato erano così arrabbiati per le sue arroganti risposte, che lo trucidarono (Giraldus, p. 265).
11) La Canzone di Dermot ci dice che Miles Cogan, conoscendo l’incostanza di Domnahl gli aveva ordinato di mantenersi molto lontano e di intervenire contro i perdenti. “Se questi uomini vengono messi in rotta, allora tu ci aiuterai con i tuoi uomini a sconfiggerli. Ma se saremo codardi, allora aiuterai questi uomini a farci a pezzi e ad ucciderci.” A ciò l’irlandese prontamente acconsentì (versi 2300-2310).
12) La Canzone di Dermot dice che 2000 norvegesi riuscirono a fuggire, 2000 vennero uccisi e 500 annegarono. Ciò darebbe il totale di 4500 per l’esercito norvegese, un numero molto più probabile che non i 9000 od i 10000 detti sopra, o l’impossibile numero di 20000 che anche è attribuito all’esercito vichingo.
13) Canzone di Dermot, versi 1825-30.
14) Che gli arcieri fossero a cavallo sembra derivare dalla rettifica di “satellites equestres” al posto di “arcarii” nel posteriore testo di Giraldus, i.xxiv.
15) Secondo Giraldus le prime due colonne erano guidate solo da venti e trenta cavalieri rispettivamente; sostiene inoltre che Raymond si pose in marcia prima e non dopo Miles Cogan.
16) Ormond venne sorpreso nel letto, proprio come Roderock O’Connor venne sorpreso nel bagno dalla pattuglia che aveva effettuato la sortita.
17) E questo non prima del 14° secolo, come mostrato dalla descrizione degli irlandesi data dal gentiluomo prigioniero in Froissart, xxii, p.429.

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