I Bizantini nell’areale lariano (569-587)

I Bizantini nell’areale lariano (569-587) di Furio Isolani

Le riflessioni esposte in questa indagine prendono l’avvio da elementi individuati in un ambito geografico circoscritto, l’areale del lago di Como, ma arrivano a fissare alcuni punti conclusivi, in parte nuovi, di carattere generale, tali cioè da illuminare qualche aspetto delle oscure vicende attraverso le quali si svolse l’espansione dei Longobardi nell’Italia settentrionale nell’ultimo scorcio del VI secolo.
Senza pretendere di tracciare in questa sede tale storia, abbiamo ritenuto utile fare il punto delle nostre conoscenze su alcuni interrogativi preliminari per il suo studio: in quale momento ed in quali circostanze storiche si giunse alla formazione del distretto militare lariano attestato sul finire del VI secolo da Paolo Diacono ? Quali furono i suoi limiti territoriali e, sopratutto, come si sono evoluti nel tempo ?
Nella primavera del 569 il re longobardo Alboino penetrò in Italia dalle Alpi orientali e, correndo senza, apparentemente (1), incontrare resistenza lungo la via Postumia, giunse fino a Verona (2), dove istituì la prima capitale dei Longobardi (3). Da qui l’espansione longobarda si dispiegò su tre direttrici: a nord fino a Trento (ove fu fondato un ducato), verso ponente raggiungendo nel settembre del 569 Milano (4) ed, infine, verso sud, oltrepassando il Po (5) e – correndo la via Emilia – arrivando a cingere d’assedio Pavia (6), dove i Longobardi incontrarono un’accanita resistenza da parte imperiale (7). Dopo la fine tragica del breve regno di Clefi (572-574), i Bizantini, nel 576, passarono al contrattacco : sin dall’anno precedente avevano concordato con i Franchi d’Austrasia un comune piano d’attacco che consisteva in una spedizione franca, che sarebbe dovuta giungere in Val padana attraverso il Trentino, sfruttando, quindi, le enclaves imperiali alpine (8), unita ad una campagna militare che, partendo da Ravenna, avrebbe dovuto risalire il corso del Po (9) fino ad attaccare congiuntamente Pavia. L’intera campagna si concluse con un totale insuccesso della coalizione franco-bizantina e con la morte del comandante in capo bizantino, il curoplate Baduario.

I domini longobardi alla morte di Alboino (572)

In questa prima fase della sua presenza in Italia (569-576), il popolo longobardo che, in realtà, era un corpo di spedizione multietnico non molto numeroso (10) come i precedenti occupanti Ostrogoti, si insediò a presidio del territorio solo in località strategiche, lasciando ai Bizantini ampie enclaves, soprattutto nelle zone montuose dell’Italia settentrionale (11). Dobbiamo attendere gli anni seguenti la disfatta di Baduario e, soprattutto, il regno di Autari (584-590), per registrare un consistente ampliamento della loro sfera d’influenza. La ristrettezza del territorio occupato dei Longobardi nei primissimi anni della loro presenza in Italia è particolarmente evidente in Lombardia. In questa regione gli Imperiali erano padroni sia di una parte consistente (12) delle contrade montuose alpine che delle adiacenze del corso del Po, grazie al possesso di ampie zone (13) attorno a Mantova, Viadana, Cremona e Lodi (14).  Se quest’ultima era collegata, mediante il lago Gerundo (15) e l’Adda, a Cremona solo per via fluviale, Mantova, Viadana e Cremona, invece, lo erano anche, come ci ha dimostrato l’archeologia (16) e le fonti scritte (17), via terra.
L’ampio areale lariano, oggetto privilegiato del nostro studio, rimase, quindi, immune da questa prima ondata espansionistica longobarda.
Estensione territoriale del distretto bizantino lariano
Nel lasso di tempo che intercorse fra l’ingresso dei Longobardi in Italia (569) e la sfortunata spedizione di Baduario (576), l’areale lariano non fu interessato dall’espansionismo longobardo e, quindi, i Bizantini ebbero modo di allestire un efficace sistema difensivo, sfruttando una serie di fortificazioni tardo romane presenti nella zona.
La circoscrizione bizantina orobica, che includeva assai probabilmente la Valtellina (18), aveva tre fortificazioni principali: Castel Marte, Monte Baradello (presso Como) e Sasso di S. Stefano.
Iniziamo da Lecco. Quest’ultimo, che era uno dei porti della flottiglia a controllo del Lario, aveva acquartierata la guarnigione imperiale nel Sasso di Santo Stefano. Per il castello vecchio di Lecco il Bognetti aveva avanzato l’ipotesi che la costruzione del caposaldo del Sasso di S.Stefano avesse avuto luogo nei primi anni del VI secolo (19), grazie all’iniziativa privata della Chiesa. E’ alquanto probabile che i Bizantini, per necessità militari, utilizzassero tal fortilizio. Del resto lo Schneider aveva avanzato l’ipotesi – tutt’altro che da scartare – che risalga ai Bizantini la denominazione di “Leucon”, a motivo delle candide muraglie che dovevano caratterizzare il luogo da lontano. Lo studioso tedesco, però, mentre nel caso di Subrium e di Plumbia aveva espressamente parlato di fortificazioni tardo antiche riusate dai Bizantini che avevano poi dato origine a distretti altomedievali, nel caso dell’areale lariano aveva espresso l’ipotesi che solo la fortificazione di Castel Marte avesse dato origine in età bizantina (20) ad un distretto autonomo. Da ciò deduciamo che, per lo Schneider, Lecco, nella breve parentesi bizantina, era subordinato al fortilizio più importante della regione, cioè Castel Marte. In realtà, non sappiamo se Lecco, in età bizantina, fosse subordinato a Castel Marte, anche se sicuramente il suo distretto aveva una fisionomia abbastanza precisa ed era dotato di una certa autonomia. Quest’ultima connotazione del territorio afferente a Lecco viene dedotta dalle indicazioni toponomastiche come “Leuco vico Aurolingio (=Arlenico)”e “Leuco vico Quade (=Aquate)”, contenute in alcuni documenti alto medievali (21). Esse indicano che un tempo l’etimo aveva una ben più vasta diffusione di quel che non sia oggi, e questo ci fa supporre (22) – come aveva già intuito il Bognetti – che il distretto avesse preso nome dal castello in età bizantina. Concludendo, possiamo supporre che sebbene, in età bizantina, l’importante fortilizio di Sasso Santo Stefano ed il suo distretto fossero, probabilmente, strategicamente subordinati al capoluogo del distretto, cioè Castel Marte, essi, però, ottennero l’autonomia, in età longobarda, divenendo sede di iudiciaria (23), poiché Lecco è il centro di un vasto comitato franco (che si estendeva lungo le due rive dell’Adda), erede di una circoscrizione longobarda: l’istituzione della iudiciaria di Lecco potrebbe esser stata la conseguenza delle rivolte del duca di Bergamo Gaidulfo (24) ad Agilulfo, il quale, per ridurre le spinte autonomistiche  bergamasche e la loro forza, aveva istituito il gastaldato regio di Lecco, ritagliandolo dal territorio del ducato ribelle. La circoscrizione di Lecco non solo aveva una fisionomia abbastanza precisa – come abbiamo già affermato – già in età bizantina, tanto che la iudiciaria longobarda ne ricalcò quasi integralmente (25) le terminazioni, ma essa era letteralmente punteggiata da apprestamenti difensivi tardo romani – riusati dai Bizantini – che ne determinarono i contorni. Nel settore meridionale del distretto militare di Lecco, la punta avanzata sia verso Bergamo che Milano era costituita del castello di Brianza (26), da cui dipendeva strategicamente il vicino caposaldo di Airuno (27), che sbarrava la strada che da Milano, attraverso il sorvegliato guado di Brivio (28), menava a Lecco. Brivio era la punta meridionale del distretto bizantino di Lecco, nonché il punto di collegamento fluviale, mediante prima l’Adda e poi il Gerundo, con le bizantine Lodi e Cremona. A protezione della sponda destra dell’Adda da incursioni provenienti da Bergamo vi era sia il caposaldo di Monte Barro (29) che quello di Rossino presso Calolziocorte (30), i quali controllavano non solo la strada che conduceva da Bergamo, ma anche il ponte, altamente strategico, sull’Adda ad Olgiate (31). Infine, probabilmente, anche Rovagnate (32) ed Oggiono (33) appartenevano alla circoscrizione del sasso di S.Stefano (fig. 1).
Il distretto bizantino di Lecco confinava a sud con una stretta fascia di terra triangolare, incuneata fra il Serio e l’Adda, chiamata nel medioevo Isola Fulcheria. Questo territorio dovette avere un importanza strategica notevole nella seconda metà del VI secolo, poiché era una fascia di terra stretta fra i territori bizantini afferenti a Lecco e il lago Gerundo, da dove potevano giungere attacchi dalle bizantine Cremona e Lodi. Fino quando l’areale lariano non fu conquistato da Autari (588), i Bizantini erano in grado, in ogni momento, di interrompere i collegamenti fra Milano e Bergamo e, quindi, di spezzare in due i territori padani longobardi. Il controllo e la difesa del territorio dell’Isola Fulcheria e della Brianza meridionale era, quindi, di vitale importanza per i Longobardi, perché da lì passava l’unica via che collegava la Neustria e con l’Austria (34). L’archeologia ci conferma questo quadro, infatti la Brianza meridionale, per quanto riguarda i ritrovamenti longobardi, si spacca in due, con la parte orientale, cioè quella compresa fra Lambro ed Adda che fronteggiava il distretto bizantino di Lecco assai più ricca di quella ad occidente del Lambro. Il carattere militare di questa zona si evidenzia ancor di più nel territorio dell’Isola Fulcheria come rivela il caso della necropoli di Olgiate Molgora (35), collocata nella parte settentrionale di questo distretto con la funzione di fronteggiare l’apprestamento bizantino di Brivio. Il nucleo di Olgiate Molgora doveva avere, come base logistica, il castello longobardo di Trezzo d’Adda (36), collocato all’estremità meridionale dell’Isola Fulcheria. Poco a sud dell’apprestamento di Trezzo d’Adda, sulle sponde settentrionali del lago Gerundio, vi era Fara Gera d’Adda che, invece, aveva la funzione di proteggere il lato meridionale dello stretto corridoio fra Bergamo e Milano da eventuali incursioni bizantine portate dal lago Gerundio.
Proseguendo nella descrizione dei principali centri dell’areale lariano, ad occidente di Lecco, troviamo la “capitale”(37) del distretto orobico: Castel Marte. Collocato in una posizione imprendibile su un erto colle, controllava non solo il passaggio sulla Vallassina che dava accesso al centro del lago, ma anche l’arteria principale dell’intero distretto, cioè quella che collegava Lecco a Como, passando a nord dei laghi Alserio e Pusiano che allora costituivano un unico specchio d’acqua (38). Questo importante fortilizio viene menzionato nella Descriptio Orbis Romani di Giorgio Ciprio, un’opera di carattere geografico – redatta durante il regno di Tiberio II (578-582) – che elenca una serie di località italiane rimaste sotto il controllo dei Bizantini (39). Assai probabilmente il bizantino Castel Marte è l’erede di una precedente fortificazione tardo romana, non a caso la Martesana – cioè il comitato altomedievale che faceva capo a Castel Marte – era la formazione gemella del Seprio, cioè due distretti difensivi nati sul finire dell’Impero romano per proteggere la pianura padana dall’incursioni delle popolazioni germaniche. Il riutilizzo e valorizzazione delle strutture tardo romane è particolarmente evidente in tutto il distretto lariano e, per quanto riguarda la zona afferente a Castel Marte, abbiamo la torre di Monte Broncini presso Albavilla. Questa torre aveva una duplice funzione: essa non solo controllava la strada che collegava Castel Marte e Como, passando per queste contrade pedemontane dato l’impaludamento del Piano d’Erba, ma era il perno di un sistema di segnalazione che metteva in contatto Castel di Brianza sia con la torre di Montorfano che con Castel Baradello, collocato su un colle a dominio della città di Como.

La torre di Castel Baradello

La terza fortificazione principale dell’areale orobico era Castel Baradello. Quest’ultimo, posizionato su un colle a dominio della città di Como era, assai probabilmente, la sede del comes e della guarnigione bizantina. La città di Como, invece, era invece il porto principale della flottiglia che controllava il lago (40). Montorfano, posto su un’altura a pochi chilometri a sud-est del centro orobico, costituiva una sorta di antemurale difensivo del settore meridionale del distretto di Como contro la Milano longobarda. Il colle di Montorfano fu abitato sin dall’età del ferro dai Golasecchini, i quali vi eressero una fortificazione. Il sito fu progressivamente abbandonato per la pianura sottostante dopo la conquista romana, ma, sul finire dell’impero romano, allorquando la capitale fu trasferita a Milano, il colle di Montorfano fu riutilizzato per esigenze strategiche e di segnalazione, poiché esso viene incluso in una serie di fortificazioni usate per la trasmissione che dall’alta Valtellina, attraverso Como e Montorfano, giungevano fino a Milano. L’alta valenza strategica di Montorfano venne mantenuta per tutto il medioevo e divenne fondamentale nelle lotte fra il comune di Como e quello di Milano nel XII secolo. Concludendo, anche se manchiamo totalmente di scavi archeologici effettuati sul colle di Montorfano, non andiamo certamente lontani dal vero supponendo che i Bizantini non possono non avere intuito la grandissima importanza strategica della sopra citata altura, specialmente come punto di controllo ed osservazione per nemici provenienti da sud. Il settore sud-occidentale del distretto di Como confinava con il territorio di Seprio, un centro raggiunto dai Longobardi poco dopo la conquista di Milano (41). In questa zona, di vitale importanza per gli Imperiali – poiché da essa transitavano le vie di collegamento all’ enclave bizantina del lago Maggiore (42) -, i Bizantini riutilizzarono, senza dubbio, gli apprestamenti difensivi ereditati dal limes tardo romano. Fra questi vi è il castello di Pontegana, collocato su un colle fra Balerna e Chiasso (43), ai piedi del quale transitava la strada che, partendo da Como, attraverso Chiasso e Balerna, giungeva sulla sponda meridionale del lago di Lugano, transitando molto a nord di Varese, centro anch’esso raggiunto dai Longobardi negli stessi anni di Castelseprio (44). Se l’apprestamento di Montorfano era l’antemurale contro il territorio longobardo di Milano, S.Mamante di Oltrona costituiva la punta avanzata verso quello di Castel Seprio. Asserisco che il colle di S.Mamante di Oltrona fu sede di un fortilizio bizantino, non tanto perché la dedicazione dell’edificio di culto rimanda chiaramente al mondo orientale, ma perché la località, abitata dai Golasecchini, ospitava già allora una struttura fortificata. Non a caso Oltrona significa “grande rocca” (45). L’alta valenza strategica del sito è durata, attraverso la difficile fase della fine dell’impero romano, per tutto il medioevo, tanto che nel 1160 i Milanesi utilizzarono proprio il castello sul colle di S.Mamate per fronteggiare l’esercito di Federico I. Seppur in assenza di escavazioni che comprovino, definitivamente, una fase bizantina del colle di S.Mamante, la presenza di un castelliere preromano, il riutilizzo in epoca tardo romana del sito, nonché la dedicazione dell’edificio di culto, spingono fortemente in questa direzione. Infine, l’apprestamento difensivo di Rodero (46), estremo limite verso il territorio longobardo di Castelseprio del distretto afferente a Como, svolgeva una duplice funzione: non solo esso, al pari di Montorfano verso Milano, doveva segnalare l’eventuale arrivo di contingenti longobardi provenienti dal Sepriese, ma aveva anche il compito di proteggere il fianco meridionale della strada che collegava Como al lago Maggiore.
Un discorso a parte va fatto per l’Isola Comacina, sede dell’ultima disperata resistenza del magister militum Francione. Essa, contrariamente a quanto pensato da vari storici (47), non era il centro propulsore della difesa bizantina di tutto l’areale lariano nonostante fosse fortificata, ma semplicemente costituì l’ultima roccaforte bizantina dell’areale lariano a capitolare. L’Isola Comacina, importante come il vicino porto di Lenno (che sorge di fronte all’Isola Comacina), era fondamentale per il controllo del ramo occidentale del lago di Como, ma nulla più (48).
La conquista longobarda dell’areale lariano
Come abbiamo già scritto nelle pagine precedenti, l’areale lariano non fu interessato dall’espansione longobardo almeno fino al 576. Questo permise ai Bizantini di approntare un efficace sistema difensivo che, sfruttando abbondantemente le fortificazioni tardo antichi esistenti in zona, resistette abbastanza a loro alla pressione longobarda.
La conquista dell’areale orobico dovette avvenire a più riprese.
La prima fase iniziò nel 576 e terminò nel 585. Sebbene sia possibile che, in conseguenza dello sbandamento dello schieramento bizantino conseguito alla disfatta di Baduario (576), alcune posizioni fossero state conquistate dai Longobardi, io ritengo che sia alquanto più probabile che il primo assalto all’areale lariano sia stato portato durante i primi anni del regno di Autari (584-590). A partire dal 584, per ben tre anni, il re Autari scatenò una serie di offensive contro i territori imperiali. Il primo attacco fu portato ai danni di Brescello, il cui assedio e conquista avvennero nei mesi a cavallo fra il 584 ed il 585. Nel 585, o nel 586, il sovrano longobardo   conquistò   anche l’importante caposaldo di Mantova (49) e, non si va lontani dal vero nel supporre che, anche la parte meridionale della Brianza, quella gravitante attorno al distretto del Castello di Brianza, fosse stata occupata da dei contingenti Longobardi provenienti da Milano. Un attacco proveniente da Milano, e quindi effettuato da milizie regie, spiegherebbe il motivo per cui l’area di Castel Brianza-Brivio fosse stata aggregata poi al territorio/diocesi di Milano e non a Bergamo, come invece avvenne per il settore orientale del lago di Como e l’Isola Comacina. Perso il castello di Brianza, e forse Lecco, i Bizantini si ritirarono nel territorio a nord dei laghi Alserio e Pusiano. Fu forse in questa fase che le ingenti ricchezze, ritrovate sull’Isola Comacina al momento della sua conquista longobarda (50), furono colà spostate dai Bizantini, ritenendo il luogo più sicuro rispetto a Castel Marte troppo vicino alla linea dei combattimenti. La seconda fase avvenne nei mesi a cavallo fra il 587 ed il 588. Contro l’areale orobico fu scatenata un offensiva che muoveva da due direzioni: una da Milano che raggiunse e conquistò Como (51), l’altra da Bergamo che investì Lecco e Castel Marte. I Bizantini, di fronte a un tal dispiegamento di forze, si ritirarono nell’ultimo ricetto fortificato del distretto lariano, l’Isola Comacina, e lì resistettero per sei mesi prima di capitolare all’inizio del 588.

Legenda fig. 1

Castra principali bizantini

Fortilizi minori: 1. Monte Barro ; 2. Castel di Brianza; 3. Montorfano; 4. Castel Baradello; 5. Colle di S.Mamente (Oltrona).

Nuclei minori bizantini: 1. Olginate; 2. Rossino; 3. Airuno; 4. Brivio; 5. Rovagnate; 6. Oggiono; 7. Albavilla; 8. Pontegana

Posizioni longobarde:

1) Olgiate Molgora

2) Trezzo

3) Castelseprio
Note
1) Ho usato l’avverbio “apparentemente”, perché le città venete più vicine alla costa, respinsero un assalto longobardo come attesta Agnello Ravennate. Quest’ultimo, narrando la vita di Pietro seniore, episcopo di Ravenna, che resse il vescovato negli anni della calata dei Longobardi in Italia, ci dice nel paragrafo 94: “Eo anno occupata Venetias a Langobardis est et invasa, absque bello expulsi sunt . Anno quinto Iustinii II Imperatoris pestilentia bovum et interitus ubique fuit. Post vero depraedata a Langobardis Tuscia, obsiderunt Ticinum, quae civitas Papia dicitur,…”. Dalla fonte ravennate veniamo a conoscenza che i Longobardi furono respinti a nord della linea Padova – Oderzo dalle guarnigioni cittadine e che, l’anno seguente (il 570, cioè il quinto anno di regno di Giustino II) iniziarono l’assedio di Pavia.
2) Il percorso seguito da Alboino, dopo il suo ingresso in Italia, è stato oggetto di numerosi studi anche se il contributo più valido rimane sempre – ad avviso dello scrivente – quello di MOR 1977. In ogni modo, che la marcia di Alboino, dopo la fondazione del ducato del Friuli con capitale Cividale, si sia snodata grossomodo lungo la via Postumia – tenendosi alla larga dalle città ben presidiate dai Bizantini (cioè Oderzo e Padova) – ed abbia raggiunto Verona, è un dato accettato da tutti gli studiosi.
3) Sia durante il regno di Alboino (569-572) che quello di Clefi (572-574) la capitale del regno longobardo era Verona, solo durante il regno di Autari (584-590) la capitale fu spostata a Pavia.
4) Da qui il corpo di spedizione si divise in due tronconi : uno minore che raggiunse Castelseprio, uno maggiore che si spinse fino ad occupare il Piemonte a nord del Po (fine 569/inizio 570).
5) La conquista longobarda dell’Emilia viene vista come una progressiva avanzata da Ovest verso Est sviluppatasi lungo l’asse della via Emilia a partire dalle città occidentali più vicine a Pavia e limitata alla sola pianura. Questa visione classica, che ha come capostipite FASOLI 1949-1950, è stata messa validamente in discussione da DALL’AGLIO 1994, il quale, ricorrendo al contributo dell’archeologia, dimostra validamente che Modena e le altre città emiliane ad ovest di essa furono occupate subito dai Longobardi, cioè sin dal tempo di Alboino.
6) La durata dell’assedio di Pavia è stato oggetto di discussione fra gli storici. Di esso, in realtà, sappiamo solo che terminò poco prima della morte di Alboino (anno 572), ma non sappiamo quando esso iniziò con esattezza : Paolo Diacono affermò genericamente che durò oltre tre anni (II, 26). Il fatto importante di tale evento bellico non consiste nel determinare con esattezza la durata reale dell’assedio (circa due anni per il Gasparri e lo scrivente, tre secondo la maggior parte degli storici che seguono quanto afferma Paolo Diacono), ma nel fatto che esso impegnò il nucleo più consistente dell’esercito longobardo, bloccando di fatto, per almeno due anni, l’espansione longobarda nell’Italia padana, infatti, anche le scorrerie in Gallia furono effettuate solo dopo la conquista di Pavia.
7) Il fatto che i Longobardi incontrassero la prima vera resistenza solo a Pavia è spiegabile ritenendo che la frontiera effettiva, per i Bizantini, non fossero le Alpi, bensì il Po e l’Adige, controllati da flottiglie e rinforzati da una serie di capisaldi quali Pavia, Piacenza, Cremona, Ostiglia, Brescello, Mantova e Monselice. Questa ipotesi – ventilata dallo ZANINI 1998 (pp. 209 ss.) – richiama analoghe strategie di difesa attuate dagli Imperiali lungo il Danubio e fornisce una suggestiva spiegazione alla scarsa resistenza incontrata dai Longobardi nella loro marcia : sarebbero stati lasciati scorrere, secondo la nota strategia di difesa in profondità, lungo la principale direttrice stradale est ovest, nell’intento di contrastarli una volta fossero diluiti nel territorio. Nel 569 i Longobardi, respinti dalla regione costiera veneta, si insediarono, senza incontrare vera resistenza ed aiutati da nuclei consistenti di Goti che mal digerivano la dominazione bizantina, nei castelli e nelle città lungo le vie pedemontane: Cividale, Ceneta (oggi Vittorio Veneto), Treviso, Vicenza, Verona (da qui Trento), Sirmione, Brescia, Bergamo ed infine Milano.
8) In ISOLANI 2016 illustro il percorso seguito dai Franchi per giungere in Val di Non, cioè, partendo dal Coira, essi transitarono lungo la Valtellina – allora bizantina – per arrivare, valicato il Tonale, in Val di Non.
9) Asserisco che la spedizione militare di Baduario del 576 si sarebbe snodata lungo il corso del Po per due motivi. Primo, il secondo tentativo in grande stile per eliminare il regno longobardo – quello del 590 – seguì lo stesso disegno, cioè ingresso dei Franchi in val padana mediante la vallata dell’Adige ed avanzata bizantina lungo il Po. Secondo, sappiamo che il duca Drocton, proprio durante quest’offensiva, riconquistò il porto/fortezza di Brescello sul Po.
10) Sebbene non sappiamo con precisione quanti fossero i Longobardi al loro ingresso in Italia, anche perché essi avevano al loro seguito altri popoli, fra i quali spiccava un consistenti nuclei di Sassoni (almeno 20000 secondo Paolo Diacono : Hist. Lang. , III, 5), la loro consistenza numerica dovette attestarsi attorno a 150000-180000 persone, di cui solo 50/60000 erano atti a portare armi.
11) Oltre all’areale del lago di Como, rimasero imperiali Susa e la Val d’ Aosta fino al 575 circa, la Valtellina e la limitrofa Val di Non (almeno fino al 576), nonché, prendendo in considerazione il ritrovamento di monete bizantine di Giustino II (565-578) e la toponomastica, probabilmente anche un settore alpino fra Feltre e la parte orientale della Valsugana.
12) Nell’area compresa fra il lago Maggiore ed il lago di Como i Longobardi incontrarono le resistenze maggiori ed, in questa fase, essi furono in grado solo di spingersi fino a Castelseprio. Nella zona compresa fra il lago lariano e quello di Garda (cioè quella confinante con i ducati longobardi di Bergamo e Brescia), invece, essi avevano compiuto progressi più consistenti, infatti, già in questo periodo, l’intero lago d’Iseo sarebbe stato incluso nella iudiciaria di Brescia, mentre quello Benaco era stato spartito fra Brescia (porzione occidentale) e Trento (sponda occidentale).
13) Non solo Cremona era collegata via terra a Mantova (città dotata anch’essa di un discreto entroterra: vedi ISOLANI 2015), ma, come dimostra l’archeologia (vedi nota 16), il confine con il ducato longobardo di Brescia era il corso dell’Oglio, mentre quello con Bergamo era collocato a nord di Castelleone.
14) Ad avvalorare l’ipotesi che Lodi abbia resistito per qualche tempo alla pressione longobarda vi sono vari elementi. L’estrema difendibilità del sito dove sorge il centro – è circondato su tre lati dall’acqua – unita alla facilità di comunicazione con la potente fortezza/porto di Cremona ne ampliava le possibilità di resistenza. Inoltre, Lodi altomedievale (l’odierna Lodi Vecchia) è stata identificata da vari studiosi (ad esempio CONTI 1970: 65) con un castrum bizantino della Descriptio Orbis Romani (opera geografica redatta durante il regno di Tiberio II : 574-582) incluso nell’eparchia dell’Emilia. Infine, proprio a Lodi sono state rinvenute delle monete bizantine del sopra menzionato imperatore. Gli elementi sopra menzionati depongono decisamente a favore di una permanenza, entro l’area di influenza bizantina, di Lodi almeno fino al 576.
15) Il Lago Gerundo, come si può vedere nella fig. 1, era una sorta di grande lago/palude formato dalle acque straripanti, a regime instabile, dei fiumi Adda e Serio. La profondità dello specchio d’acqua era variabile, infatti nel settore occidentale (cioè quello delimitato grossomodo dall’Adda e dove era collocata Lodi) essa permetteva la navigabilità di piccole imbarcazioni e, quindi, il collegamento di Lodi con il Po. La costa del lago, secondo alcuni autori, raggiungeva Fara Olivana e proseguiva, passando ad est di Crema, sino a Grumello Cremonese (solo a 15 km a nord-ovest di Cremona), continuando poi ad occupare parte delle valli del Chiese e dell’Oglio sin quasi alla sua immissione nel Po. Il grande lago aveva un’isola, una lunga e stretta lingua di terra, che iniziava, all’incirca, di fronte a Caravaggio per terminare oltre Castelleone. Su questa isoletta era  ubicato il primo nucleo  della future Crema. E’ probabile che i Bizantini si fossero attestati su questa isoletta, dove la popolazione locale si era rifugiata per sfuggire alle incursioni devastatrici longobarde (com’è successo per le isole della laguna veneta). I Bizantini sfruttarono sempre gli specchi d’acqua a fini difensivi, quindi, non si va lontani dal vero nel supporre che essi avevano creato il porto/fortezza di Crema. Del resto, non solo l’abitudini militari dei Bizantini, ma anche la chiesa dedicata a San Pantaleone (santo orientale caro alle milizie imperiali), ubicata sull’isoletta a Pianengo poco a nord di Crema, spingono verso una probabile occupazione bizantina dell’isola del lago Gerundo.
16) DE MARCHI 1995 (pp. 38 – 48) ha ipotizzato la creazione – nella prima fase della presenza longobarda in Italia – di una sorta di sbarramento orizzontale della pianura, il quale, unito al pattugliamento dei fiumi e delle strade, doveva arginare e tagliare il passaggio ad un’eventuale invasione dalla terre ancora bizantine, collocate fra Mantova e Cremona.
17) Paolo Diacono ricorda (IV, 28 ) che solo nel 603 i Longobardi riuscirono a conquistare il castrum quod Vulturina vocatur , identificato con Viadana o, più probabilmente, con una località presso Gussola non molto distante da Casalmaggiore sulla sponda sinistra del Po (ISOLANI 2015 : 25-26).
18) Questa mia supposizione è avvalorata non soltanto dal fatto che essa, nell’alto medioevo, era inclusa nella diocesi di Como, cioè fino al passo dell’Aprica, ma anche perché attraverso essa passò la spedizione franca antilongobarda del 576 (Cfr. ISOLANI 2016), se non addirittura quella del 590.
19) BOGNETTI 1967 : 141.
20) SCHNEIDER 1980 : 94.
21) MAZZI 1888 : 392 segg.
22) L’idea del Mazzi 1888 ( pp. 392 ss.) che il pago preromano avesse fornito il substrato territoriale del distretto altomedievale di Lecco è da scartare.
23) Questa ipotesi è accennata da SIRONI 1964-1965, il quale, però, non spiega il motivo della sua istituzione in epoca longobarda.
24) Hist. Lang. , IV, 3.
25) Come vedremo meglio nelle pagine seguenti, l’attacco all’areale lariano partì da due direzioni : Bergamo e Milano. In seguito alla conquista dell’intera area venne annessa al territorio gravitante su Milano – e quindi direttamente dipendente dalla corona – Como, e, sottraendolo al distretto di Lecco, l’area di Garlate e di Brivio.
26) BROGIOLO-GELICHI 1996 : 31 ss. Grazie all’archeologia sappiamo che Castel di Brianza ebbe origine in età tardo antica ed il sito venne abitato per quasi tutto il medioevo. L’origine, la posizione strategica, nonché la dedicazione della sua chiesa a San Vittore, sono chiari indizi di un suo utilizzo anche da parte dei Bizantini.
27) In questa località, a presidio di una importante arteria stradale, sono stati rinvenuti resti di una torre di vigilanza di origine tardo romana, poi riutilizzata dagli Imperiali.
28) Secondo DE MARCHI 1995 (p. 62) a sorvegliare il guado c’era anche un fortilizio. Brivio apparteneva, nell’alto medioevo, alla diocesi di Milano. Nonostante ciò, io ritengo che in età bizantina appartenesse al distretto castrense di Lecco, poiché era un punto di guado dell’Adda che sbarrava l’accesso alle truppe longobarde provenienti da Bergamo. L’annessione alla diocesi/territorio milanese dello strategico Brivio dovette essere una diretta conseguenza della seconda ribellione del duca di Bergamo, Gaidulfo. Mentre il re longobardo, Agilulfo perdonò il duca di Bergamo per la sua prima ribellione nel 590-591, il sovrano fu inflessibile nel domare la sua seconda ribellione. Agilulfo mise a morte il duca ribelle, gli sottrasse il controllo sul Lario (che divenne un distretto regio) ed annesse al territorio di Milano la zona strategica di Brivio.
29) BROGIOLO-GELICHI 1996 : 22 – 31.
30) Per il castello di Rossino, contrariamente al caso di Monte Barro e Castel di Brianza, mancano escavazioni che comprovano la frequentazione del sito in età bizantina, però, la posizione altamente strategica del caposaldo, cioè a controllo del sottostante Calalziocorte ove transitava un’importante arteria stradale, rendono questa ipotesi altamente probabile.
31) Il ponte di Olginate era importantissimo perché vi transitava la via pedemontana tardo antica che conduceva a Como mediante due tracciati : uno a nord ed uno immediatamente a sud dei laghi di Pusiano e di Alseno: l’alto valore strategico di questo ponte non può esser sicuramente sfuggito ai Bizantini. Inoltre, a riprova della presenza imperiale, questa località aveva una chiesa dedicata ai santi Ippolito e Cassiano, intitolazione particolarmente cara ai Bizantini.
32) La località Rovagnate aveva una chiesa dedicata a S.Giorgio, santo particolarmente caro ai Bizantini.
33) Oggiono, appartenente al territorio pievano di Garlate, aveva anch’esso una chiesa intitolata a S.Giorgio.
34) Il regno longobardo, nella sua parte padana, era diviso in Neustria (ad occidente dell’Adda) ed Austria (ad oriente dell’Adda).
35) DE MARCHI 1995 : 61-62. La studiosa sottolinea il carattere militare della necropoli di Olgiate Molgora.
36) DE MARCHI 1995 : 55.
37) La mia definizione di “capitale” del distretto lariano per Castel Marte è motivata non tanto dal fatto di trovarsi in una posizione centrale, ma, soprattutto, perché questo caposaldo ha dato il nome ad una circoscrizione altomedievale, la Martesana, che confinava ad ovest col Seprio ed a est con il territorio di Bergamo.
38) SIRONI 1964-1965 : 296-297, nota 122.
39) CONTI 1970 : 50-51. L’ identificazione del  “kastron Ilbas” della “Descriptio Orbis Romani” con Castel Marte ci appare valida sia dal punto di vista linguistico data la vicinanza del centro di Erba a Castel Marte, che archeologico, poiché le strutture murarie di questo castello abbondano di materiale di reimpiego che è tipico degli affrettati apprestamenti difensivi bizantini. Inoltre, il fatto che tal caposaldo abbia dato il nome ad un’ampia circoscrizione alto medievale, la Martesana, potrebbe costituire una ulteriore pezza d’appoggio all’identificazione proposta dal Conti.
40) La presenza di una piccola flotta sul lago di Como è attestata sin dalla fine dell’impero romano. Fondati indizi fanno ritenere che un altro porto fosse Lenno.
41) Hist. Lang. , II, 25. In questo brano Paolo Diacono ci dice che Milano venne raggiunta dai Longobardi il 3 settembre 569. Sebbene non sappiamo dalle scarne fonti quando Castelseprio fu conquistata dai Longobardi, tutti gli storici concordano che, mentre essa avvenne nei primissimi anni della presenza longobarda in Italia, la penetrazione nell’ampia zona compresa fra il lago Maggiore ed il lago di Como fu successiva.
42) Che Bellinzona, nonché buona parte del lago Maggiore, siano rimasti in mano bizantina a lungo è un dato accettato da tutti gli storici. Non sappiamo con esattezza quando i Longobardi raggiunsero Bellinzona, sappiamo solo che nel 590 essi occupavano il castello di Bellinzona, allorquando i Franchi calarono in Italia. Personalmente ritengo che l’occupazione longobarda dell’areale del lago di Lugano e del lago Maggiore sia avvenuta durante il regno di Autari (584-590), cioè contemporaneamente alla conquista del distretto orobico.
43) Nel nome di Chiasso si ravvisa chiaramente la sua origine tardo romana: esso era in origine una clausura.
44) Tutti gli storici concordano sulla conquista del vicino Seprio sin dai primissimi anni della presenza bizantina in Italia. Lo scrivente, seguendo il parere di molti storici, ritiene che la conquista di Varese da parte dei Longobardi sia avvenuta negli stessi anni di quella di Castelseprio (cioè entro la morte di Clefi nel 572), poiché non sono i due centri sono vicini e ben collegati, ma fra di essi non vi sono ostacoli naturali tali da esser sfruttati dai Bizantini. La differente natura dei luoghi, nonché la presenza di fortificazioni tardo romane riutilizzate dai Bizantini, resero la penetrazione longobarda nell’area compresa fra il lago di Lugano e quello di Como, contrariamente al Varesotto, difficile.
45) Il nome Oltrona deriva da “OL”(radice indoeuropea che significa “grande” o “oltre”) e “THRUNA” (parola etrusca che significa “rocca”), cioè GRANDE ROCCA.
46) FRIGERIO-SIRONI 1979 : 160, nota 7. Il BELLONI ZACCHINELLI 1971 asserisce che la torre tardo romana di Rodero, come precedentemente aveva supposto il Bognetti, fu poi riusata dai Bizantini.
47) FRIGERIO-SIRONI 1979 : 130, per citarne uno.
48) Al massimo possiamo avanzare cautamente l’ipotesi che l’Isola Comacina, nella breve parentesi bizantina, avesse un proprio distretto esteso fra il medio lago di Como e quello di Lugano : un distretto secondario dipendente dal capoluogo dell’intero areale orobico, Castel Marte, che controllava   direttamente l’area che si incuneava fra i due rami del lago di Como.
49) Questo episodio, non ricordato da Paolo Diacono, ci è noto da altre fonte che menzionano Mantova, insieme a Modena ed Altino, fra le località conquistate dall’esarca Romano nella prima fase dell’offensiva franco-bizantina del 590.
50) Hist.Lang. III, 27.
51) Il fatto che per Como non si registrino gastaldi ha fatto ritenere agli storici che essa dipendesse, al pari di Lomello, direttamente dalla Corona. Concordo perfettamente con questa idea ed aggiungo che proprio i caratteri della conquista del distretto lariano ne determinarono la successiva organizzazione territoriale : mentre l’area di Como dipendeva dalla Corona, il settore centro orientale, inizialmente, entrò a far parte del ducato di Bergamo che, però, date le continue rivolte di Gaidulfo, venne decurtato dei distretti di Castel Marte e Lecco.
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Fulvio Isolani

Degree in Italian Literature, Siena University (Italy);
Ph.D. in Medieval History , Siena University (Italy); Ph. Thesis ‘High middle Age Territorial Organization of Sourthern Tuscany from Justinian I to Otto I (Relator: Director of Italian-German Institute of Rome, Willhelm Kurze)
Diploma of “English for Academic and Research Purposes 1 & 2”(University of York).
About my publications I take the liberty of choosing only more representative ones:
Agilulph’ Military Expedition towards Perugia (594): some considerations, International Medieval Congress of Leeds (University of Leeds, 12-15 July 1999);
Ipotesi sull’origine e sulla natura della circoscrizione territorial altomedievale di “Maritima”, in “Studi Senesi”, CXI (III serie, XLVIII), fasc. I:179–189;
The Origin of Longobard Duchy of Lucca , 35th International Congress on Medieval Studies, Western Michigan University (Kalamazoo, 4-7 May 2000);
L’origine del ducato longobardo di Lucca e la sua espansione nella Valdera volterrana, in “Rassegna Volterrana”, LXXVIII (2000):3–24;
Contributo alla Descriptio Orbis Romani di Giorgio Ciprio : Kastron Eourias entha to agkos loukanon , in “Rassegna Volterrana”, LXXIX (2001):3–10;
The Siege of Rome and the Battle of Taginae during the Gothic-Byzantine War , 36th International Congress of Medieval Studies, Western Michigan University (Kalamazzo, 3-6 May 2001);
Ferento, Orvieto e Toscanella:fortezze byzantine fra VI e VII secolo, in “Studi Senesi”, CXXIII (III serie, LX), Fasc. 2, 2011. 376–379;
La traslazione da Corneto a Tuscania delle spoglie di San Secondiano e la conquista longobarda del territorio di Tarquinia ,“Bollettino della Società Tarquiniense d’Arte e Storia”, XXXIX (2012);
La spedizione militare di Agululfo contro Perugia (594): alcune considerazioni, in “Studi Senesi”, CXXV (III serie, LXII), fasc. I, 2013:166–172;
The Military Operations of the Exarch of Ravenna at the End of VI Century (592-593), International Medieval Congress (University of Leeds, 1-4 July 2013);
L’episcopo di Volterra Gaudenzio e lo scisma dei tre Capitoli , in “Rassegna Volterrana”, XC (2013): 81–95;
Contributo alla “Descriptio Orbis Romani”: Kastron Tiberias , in “Pagine Altotiberine”, XVII (2013): 61–68;
Il limes bizantino nella valle del Mignone, in “Bollettino della Società Storica Tarquiniense d’Arte e Storia”, XL (2013): 114–121;
Castellum Oloriani in età agilulfiana (590-616): un fortilizio bizantino, in “ReggioStoria”, XXXVI, fasc. 2, 2014;
Il “Picenum Suburbicarium” e la nascita dei gastaldati minori del ducato longobardo di Spoleto : Septempeda e Castelpetroso (591601), in “Medioevo Adriatico”, V (2014);
S.Cerbone di Populonia fra Bizantini e Longobardi sul finire del VI secolo, in “Rassegna Volterrana”, XCI (2014): 3–18;
Kastron Samnion ed il ducato longobardo di Benevento fra VI e VII secolo, in “Medioevo Adriatico”, VI (2015): 18–32;
Tracce della presenza bizantina nel Casentino di fine VI secolo: S.Donato d’Evorea, in “Pagine Altotiberine”, XIX, fasc. 55 (gennaio-aprile 2015): 65–72;
Un castello/porto nell’area di comando mantovana: Viadana, il “Castrum quod Vulturina vocatur”(569-603), in “Vitelliana. Bollettino della Società Storica Viadanese”, X (2015): 9–26;
Il bizantino kastron Samnion ed il ducato longobardo di Benevento sul finire del VI secolo, in “Medioevo Adriatico”, VI (2015);
Sabiniano : un papa volterrano ? in “Rassegna Volterrana”, XCVI (2016): 55–61;
Il Reggiano e lo scisma dei Tre Capitoli, in “Reggio Storia”, XXXVIII (2016): 14–18;L’origine della “Provincia Castellorum” e il “Castellum Verona”, in “Pagine Altotiberine”, XX, fasc. 57-58 (settembre-dicembre 2016): 41–48.

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