I codici della Libraria di San Giacomo della Marca

I codici della Libraria di San Giacomo della Marca di Riccardo Renzi

Il presente lavoro intende indagare le vicende legate alla sparizione dei codici della Biblioteca di San Giacomo della Marca.
Le vicende legate alla leggendaria libraria di San Giacomo della Marca sono state in passato indagate da padre Dionisio Lasic’, da Giacinto Pagnani e in parte in relazione ai codici danteschi anche da Febo Allevi, ma alcune questioni basilari ancora non sono state sciolte. Per ricostruire la collezione libraria del Santo, bisogna partire dalle tabulae redatte da San Giacomo stesso e che conterrebbero tutti i suoi libri. Un errore commesso nella storiografia passata è quello di pensare che le tabulae fossero tre[1]. Esse in realtà sono soltanto due. San Giacomo, di origini albanesi[2], ma nato a Monteprandone[3], ivi volle far costruire un convento, che arricchì con sue opere manoscritte, libri da lui studiati e codici di vario genere, tra i quali quelli danteschi. I lavori per la costruzione del convento terminarono nel 1450. San Giacomo concesse l’uso dei volumi, sotto alcune cautele, a tutti i confratelli delle Marche. Parlare della biblioteca del Santo, vuol dire parlare anche della sua istruzione e formazione che lo hanno portato ad accumulare quella quantità di volumi. La lunga carriera degli studi, la difficoltà degli esami, la durezza della materia giuridica, non lo avevano allontanato dai libri, anzi gli era rimasta un’ammirazione per quei grossi tomi. Appena la situazione economica glielo permise iniziò ad acquistare libri e a donarli al convento da lui fondato in Monteprandone. Giacomo amava profondamente i libri, un esempio di tale amore è costituito dalla vicenda legata all’acquisto della Summa Hostiensis redatta da Enrico di Susa nel 1271. Egli, dopo aver ricevuto in dono 13 ducati d’oro dal duca di Urbino, Federico, cercò di acquistare tale opera nel sud della Marca, non riuscendoci, incaricò un confratello di Urbino. Il frate incaricato però acquistata l’opera, decise di tenerla per sé. Così San Giacomo si rivolse al cardinale Domenico Capranica, suo caro amico, che lo indirizzo verso papa Nicolò V[4], il quale impose al fraticello di ridare l’opera a Giacomo[5]. Il Santo era molto geloso dei suoi volumi, perciò si fece fare una bolla da papa Pio II, nella quale vengono stabilite delle regole di conservazione e di uso per quei volumi[6]. Ci sono rimaste memorie sino al 1600 che i rappresentanti provinciali dell’Ordine annualmente visitassero il convento di Monteprandone, redigendo un accurato resoconto sullo stato di conservazione dei libri del Santo[7]. Ma con la stampa e l’allontanarsi della morte del Santo, venne meno la venerazione per la sua libraria. Un primo trafugamento di volumi avvenne agli inizi del XVIII secolo. Questo avvenne poiché proprio in questo periodo era usanza ingrandire e abbellire i conventi secondo lo stile barocco, così i frati di Monteprandone, si convinsero, fatta eccezione per i pochi volumi scritti o appuntati dal Santo, a venderli per restaurare e ingrandire il convento. Nel convento a portare avanti l’idea fu padre Michelangelo Tanursi. Egli giunto nel convento e guadagnata la stima dei confratelli, portò avanti il suo piano. Il piano consisteva in un’analisi delle condizioni di tali codici, dicendo che questo venisse fatto per ordine del Santo Padre. Ma questa era solo una scusa, i codici vennero spostati e trafugati durante la notte, egli si fece aiutare da un giovane prete di Fermo, Cesare Brancadoro. I frati di Monteprandone e i suoi abitati però iniziarono a lottare per riavere quei codici, infatti l’11 luglio 1784 presso il Pubblico Consiglio di Monteprandone, si decise di richiedere i codici al Ministro Generale dell’Ordine[8]. Nel 1841, tra le proteste dei frati e della popolazione, furono portati a Roma anche gli ultimi codici rimasti, tra i quali quelli autografi del Santo[9]. Promotore di questo secondo furto fu padre Giuseppe d’Alessandria, allo scopo di ottenere sussidi per la costruzione di una nuova cappella presso il convento natale dedicata al Santo. Le lamentele dei frati e dei cittadini furono però così tante che questi codici furono restituiti poco dopo[10]. Una trentina di manoscritti, che si erano mischiati con i libri comuni e che erano rimasti a Monteprandone, attraverso vie sconosciute giunsero presso l’Archivio dei Frati Minori delle Marche, con sede a Falconara Marittima[11]. Secondo Lasic’ l’intera biblioteca del Santo era composta da 181 codici.
Della libraria istituita dal Santo, oggi rimane solo una minima parte. Ma la presenza di un codice del IX-X secolo e di 54 codici del XIV-XV secolo è sufficiente per parlare di un autentico tesoro di inestimabile valore artistico e culturale, tornato al suo splendore dopo il restauro curato fino al 2012 dall’Opificio delle Pietre dure di Firenze[12]. I manoscritti sono conservati in teche predisposte per proteggerli dagli effetti delle variazioni di illuminazione e di temperatura. Sono una parte della cosiddetta Libreria di San Giacomo, raccolta nel ‘400 dal Santo per favorire l’istruzione di confratelli e studiosi. Sermoni, Laudi, opere di storia e di letteratura, manoscritti risalenti al XIV e al XV secolo e in un caso addirittura al IX secolo. Si tratta di 60 volumi ed è possibile visionare anche una lettera di San Giacomo a San Giovanni da Capestrano, datata Roma 14 dicembre 1455. Su alcuni codici si legge ancora la dichiarazione con cui San Giacomo rendeva nota la persona che glieli aveva regalati o venduti, il costo ed il luogo di destinazione, che al tempo era il Convento di Santa Maria delle Grazie di Monteprandone. Dopo essere stati conservati nel convento di Santa Maria delle Grazie, oggi questi codici di proprietà comunale, insieme ad altri libri di importanza storica per Monteprandone e il suo territorio, sono conservati sotto le volte a crociera del piano terra del Palazzo Comunale[13].
Fra 2011 e 2012, si sono registrati segnali di interessamento ai codici di San Giacomo da parte di studiosi del francescanesimo. Tra questi vi è Antal Molnar, direttore dell’Accademia Culturale Ungherese in Italia, che nel novembre 2011 ha visitato Monteprandone e il museo civico[14]. A partire dal marzo del 2012 è iniziata una prima ricognizione dei codici da parte dell’Università degli Studi di Bari. Alcuni docenti si sono recati più volte a Monteprandone, acquisendo per la Biblioteca del Dipartimento il catalogo intero dei codici e gli atti degli ultimi due convegni dedicati al Santo.

Note

[1] G. Pagnani, Alcuni codici della Libraria di S. Giacomo della Marca scoperti recentemente, in Archivum Franciscanum Historicum, 45, 1952, pp. 4-8; F. Allevi, Dante e la Marca (a proposito delle note dantesche di S. Giacomo della Marca, in Picenum Seraphicum, 1968, p. 88.
[2] Le origini albanesi di San Giacomo sono state a più riprese dimostrate da Pagnani. Il cognome di Giacomo sarebbe Gangala, cognome albanese che molti di essi scappati dall’Albania a causa dell’avanzamento dell’impero Ottomano, decisero di mantenere anche in Italia.
[3] Il documento più antico che parla di Monteprandone e del suo castello risale all’Agosto dell’anno 1039, quando un certo Guido massaro e un Longino “viros germanos”, fecero dono del borgo e della chiesa di San Nicola di Bari al Monastero di Santa Maria di Farfa nella Sabina, che lo tenne fino al 1292 quando, spontaneamente, la popolazione per motivi di sicurezza decise di passare sotto la protezione di Ascoli. Il legame con Ascoli si fece ancora più saldo grazie a papa Giovanni XXII che con la bolla del 13 maggio 1323 concesse in feudo perpetuo ad Ascoli “per la fedeltà e i servizi resi e in ritorsione alla ribelle Fermo” il tratto di territorio tra il Tronto e il Ragnola, garantendo quello sbocco a mare strategico per gli ascolani e annettendo alla giurisdizione di Monteprandone quel Montecretaccio sotto il quale si sarebbe dovuto costruire il porto suddetto (Porto d’Ascoli). Il castello di Monteprandone era inidoneo alla qualifica di “città” e come comunità era rimasta sempre nel limbo del contado Ascolano e quindi non poteva far generare “nobiltà civica”. Pur tuttavia la nomina del “podestà” era lasciata alla comunità di Monteprandone in una terna di tre nobili ascolani. Tra il XIV e il XV secolo vennero annessi altri tre colli: Montetinello, Monterone e Monticelli, arrivando così ai cinque colli che vediamo oggi rappresentati nello stemma comunale. Nel 1935 un decreto regio annette, dopo molti tentativi avvenuti negli anni precedenti, la frazione Porto D’Ascoli, staccandola dal comune di Monteprandone, per motivi di convenienza territoriale in quanto San Benedetto è in piena espansione e necessita di spazio, e su richiesta dei cittadini stessi.
[4] R. Sassi, Documenti sul soggiorno a Fabriano di Nicolò V e della sua corte, Ancona, 1955.
[5] Archivio provinciale dei Frati Minori di Falconara Marittima, Fondo Lauretano, Miscellanea di Mss. 1, cc. 11r-11v.
[6] Presso Archivio provinciale dei Frati Minori di Falconara Marittima.
[7] Archivio provinciale dei Frati Minori di Falconara Marittima, Miscellanea di Ms. I, c. 209r.
[8] Archivio Comunale di Monteprandone, Libro dei Consigli 1782-89, c. 90r-90v.
[9] G. Pagnani, Alcuni codici, cit., p. 4.
[10] Convento francescano di Monteprandone, Libro Maestrale, c. 50r.
[11] G. Pagnani, Alcuni codici, cit., pp. 4-8.
[12] Un articolo sul sito del Comune di Monteprandone che dà conto della collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e delle sue opere di restauro sui Codici e i documenti di San Giacomo della Marca.
[13] Sito istituzionale del Comune di Monteprandone, su comune.monteprandone.ap.it. URL consultato il 1º luglio 2013.
[14] C. Cinciripini, I codici di San Giacomo della Marca conquistano l’Ungheria, in Riviera Oggi, 4 novembre 2011.

Riccardo RENZI (1994). Dopo la laurea triennale in Lettere classiche presso l’Università degli studi di Urbino, discutendo una tesi recante titolo “La nobiltà in Francia nei primi due secoli dell’età moderna” (febbraio 2017), ha conseguito la Laurea magistrale in Scienze Storiche presso l’Università di Macerata discutendo una tesi dal titolo “Latin historian’s manuscripts and incunabola preserved at Fermo Public Library Romolo Spezioli” (ottobre 2020). Ha inoltre conseguito una Summer school in metrica e ritmica greca presso la Scuola di metrica dell’Università di Urbino (2016), il percorso psico-pedagogico per l’insegnamento (24 CFU) presso l’Università di Macerata (2019) e i diplomi in LIM e Tablet. Nell’ottobre 2022 consegue il Master di primo livello in “Operatore delle biblioteche”. Ha insegnato materie letterarie presso l’Istituto di Formazione Professionale Artigianelli di Fermo dall’ottobre 2021 al marzo 2023, attualmente, dopo la vittoria del concorso pubblico di categoria D1 presso il IV settore del Comune di Fermo, lavora come Istruttore Direttivo presso la Biblioteca civica Romolo Spezioli di Fermo. È membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Scholia e Il Polo, è inoltre vicedirettore della rivista Scholia (Didattica) e membro del comitato scientifico del Centro Studi Sallustiani. È inoltre socio dell’Aib, della Società Dantesca Fermana, dell’Unipop di Fermo e dell’Associazione teste di Rapa di Rapagnano. Per contattare l’autore clicca qui !

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