I Re Santi

di Ornella Mariani.

Premessa

La inquisitio era una procedura dell’antico Diritto romano fondata sulla formulazione di un’ accusa da parte dell’Autorità giudiziaria, pur in assenza di testimonianze attendibili.

Nelle questioni di fede, nel 1184 con la Ad abolendam di Lucio III si avvalse dell’uso della tortura fino alla comminazione del rogo in danno di presunti eretici, fissando norme a garanzia della segretezza procedurale e dell’anonimato dei testimoni.

Gregorio IX ne ratificò le competenze e, nel 1252, con la Bolla Ad extirpanda Innocenzo IV confermò la necessità di individuare gli attentatori alla stabilità sociale e la verità attraverso le sevizie.

Fu quanto utile perché la bigotta arroganza di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona contrabbandasse per atti di fede le spietate repressione operate dai Tribunali dell’Inquisizione posti a servizio della Monarchia attraverso i Familiares: delatori che, privi di salario fisso, erano incoraggiati all’arresto degli indiziati su prove spesso destituite di fondamento. In cambio erano esentati dai contributi fiscali ed avevano il diritto a girare armati e ad attuare incursioni nelle regioni meridional che, a lungo governate dai Musulmani, ospitavano nelle Juderías folte Comunità ebraiche. Nei confronti di esse e degli Islamici, per conseguire l’unità nazionale etnica, i Re cattolici usarono la religione come strumento di controllo economico, politico e sociale.

Non fu un caso che il padre di Ferdinando, assai indebitato con Banchieri ebrei, estinguesse la sua esposizione con le condanne comminate ai creditori; né fu un caso che, per condizionare il Papato, perplesso circa l’influenza esercitata dalla Corona sui sacri Tribunali, lo stesso Sovrano impugnasse la protezione della Chiesa come argomento di persuasione: la conquista turca della Grecia; l’indebolimento di Venezia, divenuta fragile baluardo europeo antiottomano per la guerra combattuta tra il 1463 e 1479; l’attacco di Otranto nel 1480 rendevano incombente la minaccia su Roma. La Spagna l’avrebbe fronteggiata, ma esigeva la convalida delle attività inquisitoriali arricchendosi dei beni confiscati alle vittime arabe ed ebree.

Con la Bolla Exigit sinceras devotionis affectus, del 1° novembre del 1478, pertanto, Sisto IV attribuì ai Sovrani spagnoli la potestà di nominare Requirenti nelle Diocesi dei loro territori: il braccio di ferro fra la concezione ecclesiale e quella temporale si concluse nell’ottobre 1483 con la nomina dello spietato Tomás de Torquemada a Inquisitore Generale dei Regni di Castiglia e di Aragona.

Di fatto, la Chiesa aveva perduto la sua autorità sul Sant’Uffizio spagnolo.

Di fatto il potere di nomina del Torquemada confermò alla Corona la gestione di tutto l’edificio costruito a sostegno della fondatezza dei dogmi, pur lasciando al Papa il ruolo di depositario della legittimità dell’Istituzione.

Di fatto, in quello che pur fu definito il Siglo de Oro della Spagna, Tomás de Torquemada si consegnò alla Storia così come descritto dallo storico Juan Antonio Llorente: …una persona dai tratti raccapriccianti responsabile della morte sul rogo di 10.280 persone, e della punizione con infamia e confisca dei beni di altre 27.321….

Autodafé; torture indicibili; penitenze umilianti quali l’obbligo d’indossare il sambenito; pene terrificanti; lavori forzati e roghi infiammarono la regione accendendo una luce di malvagia perversione, in particolare su quella Sovrana per la quale molti invocano l’onore degli altari.

Tomàs de Torquemada

Nato a Valladolid nel 1420 e spentosi ad Ávila il 16 settembre del 1498, era stato Priore del convento domenicano della santa Cruz di Segovia e confessore dei Re Cattolici. Nell’ottobre del 1483 da costoro era stato nominato Inquisitore Generale di Castiglia, Aragona, Catalogna, Léon e Valencia, in base all’autonomia nella scelta dei giudici conferitagli da Sisto IV.

Con le Istructiones, redatte periodicamente dal 1484 al 1498, egli riorganizzò i Tribunali in attività già dal 1478 e, nella cornice delle violente e vane reazioni popolari di Barcellona e Saragozza, istruì processi terribili a carico degli Ebrei convertiti: i Marranos, sospettati di adesione formale e non sostanza alla confessione romana. I Conversos, noti anche come Cristãos Novos, erano circa centomila ed erano stati già perseguitati da Enrico III di Castiglia e Léon, regista dell’inizio della loro catastrofe umana e sociale.

Torquemada esercitò i poteri inquisitoriali in forma tanto spietata ed estranea ad ogni garanzia canonica da indurre la Curia romana ad intervenire; ma la sua potenza era ormai inarrestabile: la stima dei suoi quindici anni di attività a servizio della fede ammonta a centoquattordicimila sentenze per imputazioni di eresia e a migliaia di roghi per i sopravvissuti alle torture: non fu certamente un caso che egli, pur membro di un Ordine mendicante, disponesse di enorme consistenza economica.

Nel 1492 il Papa lo persuase a ritirarsi nel convento di Ávila ma anche dall’interno di quelle massicce mura, egli seguitò ad esercitare il suo ruolo, accanendosi con pervicace animosità anche nei confronti dei Moriscos: i Musulmani convertiti.

L’Inquisitore Generale era capo del Consejo Supremo de la Santa Inquisición costituita da sette membri con giurisdizione su ventidue Tribunali: quattordici in Spagna; tre in Portogallo; tre nell’America spagnola; due in Italia.

I tre lustri dell’attività di Tomàs de Torquemada si saldarono all’attività politica di Isabella I di Trastamara ed alla sua pretesa di purificazione della fede, fondata sull’aberrante concetto di limpieza de sangre.

Ferdinando d’Aragona

Ferdinando di Trastamara nacque il 10 marzo del 1452 e si spense il 23 gennaio del 1516.

Fu Sovrano spagnolo; Re di Sicilia dal 1568 al 1516; Sovrano consorte di Castiglia dal 1474 al 1504 e ancora Signore d’Aragona, Valencia, Sardegna, Maiorca e Corsica; Conte di Barcellona e delle Contee catalane dal 1479 al 1516; Re di Napoli dal 1504 al 1516 e dell’Alta Navarra dal 1512 al 1516; Reggente di Castiglia dal 1507 al 1516.

Discendente del casato di Trastamara, fu unico figlio maschio del Duca Giovanni di Peñafiel Re di Navarra e futuro Re d’Aragona e della seconda moglie Juana Enriquez.

Nello stesso anno della sua nascita, suo padre trionfava ad Aibar contro il primogenito ribelle Carlo di Viana, cui aveva usurpato il trono obbligandolo all’esilio presso Alfonso V di Napoli. Alla morte di costui, nel 1458, ne divenne successore mentre il figlio, col quale s’era intanto riconciliato, avviava trattative per sposare Isabella di Trastamara, sorellastra del Re di Castiglia Enrico l’Impotente.

Non ci furono nozze: il Sovrano aveva già deciso di destinare quella sposa al figlio settenne Ferdinando. Nel 1460, pertanto, fece arrestare Carlo e lo tenne in galera finché il 25 febbraio del 1461 le Cortes catalane ne ottennero la liberazione e la designazione al trono di Navarra e di Aragona e la Luogotenenza sulla Catalogna sancite nel Trattato di Villafranca del 21 giugno.

Carlo, tuttavia, si spense improvvisamente il 23 settembre successivo, forse avvelenato dalla matrigna Juana Enriquez che quegli stessi titoli ottenne per Ferdinando: madre e figlio erano in Catalogna le Cortes li espulsero dalla regione. Si rifugiarono così nel castello di Girona e vi restarono fino all’inizio del 1462, quando i Realisti catalani si armarono e, col Trattato di Bayonne, Re Giovanni chiese il sostegno armato di Luigi XI di Francia in cambio delle Contee del Rossiglione e della Cerdanya.

Indifferenti alla marcia dell’esercito franco/aragonese, le Cortes catalane si diressero su Girona e dichiati per decreto Giovanni e Juana nemici della Catalogna, cercarono un contraltare individuandolo prima in Enrico IV di Castiglia; poi nel Connestabile Pietro del Portogallo ed infine nel Conte di Provenza Renato d’Anjou, così protraendo la querelle fino al 1472.

Nel 1468, però, Ferdinando era stato già designato dal padre Re di Sicilia e il 19 ottobre del 1469 aveva sposato la cugina Isabella, Infanta di Castiglia.

L’unione non era stata condivisa da Enrico IV: revocata la designazione a erede espressa in favore della sorellastra, nominò la propria figlia Giovanna la Beltraneja e la investì della successione con la Cerimonia de la Val de Lozoya. Tuttavia, alla sua morte, nel 1474, Isabella fu proclamata Regina di Castiglia e Ferdinando Re consorte. Non perse tempo Alfonso V del Portogallo, marito della Pretendente: acclamato Sovrano di Castiglia e León dai partigiani di Giovanna, egli invase la regione nell’estate del 1475. Lo scontro decisivo si combatté a Toro ove, il 1° marzo del 1476 Ferdinando lo mise in rotta.

La guerra cessò solo il 4 settembre del 1479 con la Pace di Alcáçovas: i Re santi ratificarono l’accordo a Toledo, nel marzo successivo.

Il 20 gennaio dello stesso 1479, morto il padre, Ferdinando aveva ereditato l’Aragona, unita de facto alla Castiglia: ne era Sovrano unico e, per effetto delle Capitulaciones matrimoniali, Isabella deteneva il controllo dell’amministrazione; entrambi, invece, gestivano la giustizia e firmavano le ordinanze reali, tenendo congiunte le effigi sulle monete e le armi delle casate sui sigilli reali.

Nel 1480, con la moglie introdusse l’Inquisizione in Castiglia e nel 1484 la estese all’Aragona.

A partire dal 1481 si dette alla conquista del Regno dei Nasridi di Granada, concludendola il 2 gennaio del 1492. Il 31 marzo del 1492, infine, in attuazione del principio della conformità religiosa, estese l’espulsione degli Ebrei ostili alla conversione obbligata anche agli abitanti del Regno di Granada, cui pure era stato garantito il diritto alla libertà religiosa all’atto della capitolazione. Dallo stesso anno concentrò le sue risorse prima sulla Francia, cui col Trattato di Barcellona del 1493 avrebbe sottratto le Contee di Rossiglione e Cerdanya già cedute nel 1463; poi sull’Italia per condizionare il tentativo francese di annessione del Regno di Napoli.

Affidò le operazioni militari del 1494 a Gonzalo Fernàndez de Còrdoba che, nel 1495, subì la sconfitta di Seminara ma riuscì l’anno dopo a ricacciare i Francesi in Calabria. Nel 1500, fu incaricato di definire il trattato segreto con la Francia per la spartizione del Regno di Napoli; ma nel 1503 fu ancora guerra: acquartieratosi a Barletta, il Gran Capitano sconfisse i Francesi a Cerignola e poi sul Garigliano, ove completò la conquista partenopea. Nel 1504, pertanto, Ferdinando assunse anche il titolo di Re di Napoli e nel 1508, con l’Imperatore Massimiliano I, col Duca di Ferrara Alfonso d’Este e con Luigi XII di Francia, per contrastare la Repubblica di Venezia aderì alla Lega di Cambrai formalmente istituita il 10 dicembre e posta sotto la guida di Giulio II.

Era già mancata Isabella che, prima di morire, aveva designato erede la terzogenita Giovanna: la reggenza fu a costei sottratta e contesa dal coniuge e dal padre che si accordarono poi per un governo separato: in Castiglia l’uno, in Aragona l’altro malgrado le due realtà, unificate anche de jure, avessero dato vita a quell’unico Regno di Spagna ora comprensivo anche del Regno di Napoli e di Sicilia.

Nel 1506 anche Filippo d’Asburgo si spense e dopo un breve ufficio ad interim del Cardinale Francisco Jiménez de Cisneros, Ferdinando persuase le Cortes della follìa della figlia: ottenne di sostituirla e, in quello stesso anno, contrasse nuove nozze con Germana de Foix, figlia di Maria d’Orléans e nipote di Luigi XII di Francia.

Fra il 1507 e il 1511 poi condusse una guerra nel NordAfrica, conquistando Peñòn de Vélez de la Gomera, Orano, Béjaϊa, Algeri; imponendo la sovranità spagnola ai Re di Tunisi e Tlemcen e prendendo infine Tripoli, finché la sua avanzata fu fermata dalla sconfitta subìta a Djerba. Parallelamente si era accordato con Enrico VIII d’Inghilterra, nella prospettiva di un fronte comune contro la Francia assieme al Papa ed alla Repubblica di Venezia: la Lega santa sancita dal Trattato di Westminster.

Nel 1512 apprese che Caterina di Navarra ed il marito Giovanni d’Albret a Blois avevano stretto con Luigi XII un’alleanza segreta fondata sul veto di transito delle truppe castigliane sul loro suolo: senza indugio, Ferdinando mosse guerra alla Navarra; entrò in Pamplona il 25 luglio e mise in ginocchio tutta la fascia a Sud dei Pirenei.

Il suo trionfo, preceduto dalla scomunica irrogata dal Papa alla coppia, fu enfatizzato il 18 gennaio del 1513 da un ulteriore provvedimento col quale Giulio II assegnava quei territori a chiunque li avesse conquistati: ovvero a Ferdinando II. A disputa cessata, egli rese a Caterina la titolarità della regione, ma pretese le nozze tra il Principe di Viana ed erede al trono Enrico II e una Principessa di sangue spagnolo!

La Sovrana rifiutò; fece arrestare l’Ambasciatore di Ferdinando e lo consegnò ai Francesi. La regione fu allora divisa: la Bassa Navarra, restò in possesso di lei ed in orbita francese; l’Alta Navarra fu annessa alla Corona di Aragona. Entrambe mantennero l’autonomia.

Ferdinando si spense nel 1516: gli successe il nipote Carlo di Gand.

Isabella I

Detta la Cattolica; nata a Madrigal de las Altas Torres il 22 aprile del 1451 e spentasi a Medina del Campo il 26 novembre del 1504, fu Sovrana spagnola; Regina consorte di Sicilia; Regina di Castiglia; Regina consorte d’Aragona, Valencia, Sardegna, Maiorca; Regina titolare di Corsica e Contessa di Barcellona e delle Contee catalane.

Discendente della casata dei Trastamara, era figlia del Re di Castiglia e Lèon Giovanni II e di Isabella del Portogallo; sorella di Alfonso e sorellastra del futuro Re Enrico IV l’Impotente.

Nel 1454, la morte del padre trascinò la madre nella spirale di una depressione che la costrinse a quarantadue anni di isolamento nel castello di Arevalo, prima che la sua esistenza si concludesse: Isabella contava tre anni ed Alfonso un anno.

Al trono ascese Enrico IV che, investito il germano del Principato delle Asturie così rendendolo primo nella linea di successione, sposò Giovanna: figlia di Eleonora d’Aragona e del Re Edoardo del Portogallo.

Dalle nozze, solo nel 1462, nacque Giovanna: revocando la precedente attribuzione, il Sovrano la designò Principessa delle Asturie col soprannome di Beltraneja; ma la nomina fu contestata dalla gran parte dell’Aristocrazia di Corte che, accreditando la paternità della bambina al nobile Beltràn de la Cueva, sosteneva i diritti di Alfonso XII.

Costui morì misteriosamente il 5 luglio del 1468.

Col Trattato di Los Toros de Guisando, allora, Enrico disconobbe Giovanna e designò legittima erede Isabella subordinando il suo insediamento alle nozze con Alfonso V del Portogallo. In quel periodo, tuttavia, alla sua mano aspirava anche il cugino Ferdinando, unico figlio del Duca di Peñafiel Ferdinando Re di Navarra e d’Aragona: ella lo preferì e lo sposò segretamente il 19 ottobre del 1469, fuori dall’assenso della Corona: dall’unione sarebbero nati cinque figli: Isabella, sposa di Alfonso d’Aviz e poi di Manuele I del Portogallo; Giovanni, marito di Margherita d’Asburgo; Giovanna, moglie di Filippo d’Asburgo; Maria, maritata al cognato Emanuele I di Portogallo; Caterina, impalmata da Arturo d’Inghilterra e poi consorte ripudiata del cognato Enrico VIII Tudor.

La reazione di Enrico IV non si fece attendere: diseredata la sorellastra, proclamò di nuovo erede la presunta figlia con la Cerimonia di la Val de Lozoya, accendendo conflitti degenerati in una autentica guerra di successione quando, alla sua morte, in dispregio delle sue volontà, Isabella fu salutata Regina.

Era il 13 dicembre del 1474.

Le rivendicazioni della Beltraneja furono difese dal Sovrano portoghese che, eletto Re Léon e Castiglia dai partigiani della moglie, nell’estate del 1475 invase il Regno. Lo scontro decisivo fu combattuto a Toro, ove l’usurpata teneva Corte: il 1° marzo del 1476 Ferdinando mise in rotta il rivale: la pace sopravvenne solo il 4 settembre del 1479 ad Alcáçovas e fu sottoscritta da Giovanni del Portogallo poiché Alfonso e Giovanna si erano già rispettivamente ritirati nei conventi di Varatojo a Torres vedras e Coimbra.

Il trattato fu ratificato dai Re Cattolici a Toledo, nel marzo del 1480

Dal 1481, Isabella affiancò il coniuge nella guerra d’assedio contro il Regno dei Nasridi di Granada: la città capitolò nel 1492 ed ella vi fece ingresso con il crocifisso in mano, a conclusione della Reconquista che ripianò le contestazioni interne e la accreditò di prestigio agli occhi della Cristianità.

Per consolidare la centralità della Monarchia, aveva già uniformato i rapporti con la Nobiltà e il Clero attraverso le Cortes: piccoli Parlamenti che potevano proporre nuove leggi; elaborare programi e fornire auxilium e consilium la cui approvazione restava comunque esclusivo diritto della Corona. Il coinvolgimento della Nazione nell’attività riformatrice e nel rispetto delle autonomie regionali e dei Fueros favorirono l’introduzione di un Codice pubblicato nel 1484 col titolo di Ordenanzas Reales de Castilla.

Isabella fornì, inoltre, un rilevante contributo anche alla riforma ecclesiale disponendo degli ampi poteri concessi da Alessandro VI e dall’amicizia personale del francescano Francisco Jiménez de Cisneros, Primate di Toledo: organizzò, pertanto, un Corpo episcopale adeguato al servizio universale cui la Chiesa spagnola aspirava e impegnò una legione di santi e un esercito di missionari nell’evangelizzazione delle Canarie, dell’Emirato di Granada, delle Americhe e delle Filippine; promosse, poi, gli studi ecclesiastici; fondò Università, a partire dal centro di studi teologici e biblici Alcalá de Henares e aprì collegi e accademie laiche spianando la via al Rinascimento spagnolo cristiano, alla Riforma cattolica e al Concilio di Trento.

In definitiva, fece della religione lo strumento fondamentale alla sua intensa attività e, contro le resistenze di Sisto IV, riuscì a porre sotto la propria giurisdizione l’Inquisizione dal 1° novembre del 1478: la introdusse in Castiglia nel 1480, mentre il marito la importava in Aragona nel 1484.

Entrambi badarono all’accumulo delle rendite a Toledo, onde evitare che finissero a Roma.

Entrambi perseguitarono Conversos giudei e mori fino al 31 marzo del 1492, quando ella espulse dal Paese i Giudei; decretò il principio della conformità religiosa; cacciò quanti non disposti all’abiura della loro fede e attuò una conversione forzata in danno degli abitanti del Regno di Granada cui pur erano stati garantiti, al momento della capitolazione, i diritti di confessione. Caduta Granada, peraltro, Innocenzo VIII aveva conferito alla coppia di Sovrani il titolo Maestà cattolica ricambiata con l’omaggio ad Alessandro VI del primo oro giunto dalle Americhe.

Circa centomila Ebrei castigliani trovarono riparo in Portogallo ove Giovanni II concesse otto mesi di residenza previa corresponsione di una tassa di otto cruzados pro capite; altri si rifugiarono in Turchia e nel Nord/Africa perdendo spesso la vita durante il viaggio; altri furono perseguitati e passati per il rogo dal braccio armato di Corte Tomàs de Torquemada: i loro beni fuono automaticamente acquisiti dalla Corona; i superstiti subirono vessazioni economiche e a discriminazioni sociali, fino all’inibizione dell’esercizio dei mestieri e fino ad essere additati come Marranos e segregati nelle Juderias.

Alla fine del 1494 Alessandro VI assegnò ai Reali di Spagna il titolo di Re Cattolici per lo zelo manifestato in difesa della fede; per le riforme attuate nella disciplina del Clero e degli ordini religiosi e per la sottomissione completa dei Moriscos. Ma una catena di sventure familiari si abbattè su di loro: la morte dell’unico maschio Giovanni; della giovane Isabella e del nipotino Michele; la presunta pazzia di Giovanna.

In quella fase, Cristoforo Colombo aveva già sottoposto il progetto di circumnavigare la terra per arrivare all’India a Giovanni II del Portogallo: l’avidità di nuove ricchezze indusse la Regina a parzialmente finanziare l’impresa e a sancirla con le Capitulaciones de Santa Fe.

Al ritorno dal primo viaggio, l’Ammiraglio genovese era approdato prima a Madera e poi a Lisbona accendendo nel Re la convinzione della sovranità portoghese sulle terre scoperte. Ferdinando affrontò la questione con un negoziato, dopo aver persuaso Alessandro VI ad emettere la Bolla del 4 maggio del 1493 con la quale si stabiliva che tutte le terre a Ovest e a Sud di una linea tracciata a cento leghe dalle isole del Capo Verde alle Azzorre fossero di proprietà spagnola. Il 26 settembre, il Papa emise un nuovo provvedimento in danno del Portogallo e Giovanni II alla guerra preferì il Trattatto di Tordesillas, firmato il 7 giugno del 1494: il mondo nuovo al di fuori dell’Europa era diviso tra Spagna e Portogallo: l’una lo ratificò il 2 luglio; l’altro, il 5 settembre del 1494.

Il 26 novembre del 1504, Isabella fu stroncata dal cancro a Medina del Campo: aveva già designato alla successione la figlia Giovanna, cui padre e marito contesero il trono.

Inumate nella chiesa di san Francisco della Alhambra il 18 dicembre di quell’anno, le spoglie della donna che non sorrise e che, per aumentare la sua potenza ed isolare l’espansionismo francese, aveva attuato anche una scientifica politica matrimoniale sposando i figli con i rappresentanti delle più prestigiose dinastie europee, furono poi spostate nella Cappella reale di Granada in un sontuoso sepolcro voluto da Carlo di Gand: Re di Spagna e Imperatore del Sacro Romano Impero.

Nello stesso monumento trovarono successivamente posto Ferdinando II di Aragona; le figlie Giovanna col marito Filippo e Isabella del Portogallo, col figlioletto Michele.

La si invoca Santa; ma incombe sulla sua santità l’immagine nera e ripugnante della Spagna cattolica, con le sue guerre di fanatismo religioso e le sue inenarrabili atrocità.

Il processo di santificazione

Nel 1958 si aprì nella Diocesi di Valladolid la fase preliminare del processo di canonizzazione di Isabella di Castiglia, malgrado la sua esistenza fosse saldata ad almeno duemila roghi accesi prima del 1490 e ad ottomila comminati assieme a oltre diecimila autodafè dal suo referente Tomàs de Torquemada, cui si ascrivono circa centoquarantamia decessi per stenti e torture.

Il 26 novembre 1971 fu istruita la procedura ordinaria diocesana. Il 18 novembre del 1972 il carteggio relativo alle imprese della santa fu mandato a Roma e, dopo ulteriori quattordici anni di indagini ed accertamenti, fu coronato dalla composizione della Positio historica super vita, virtutibus et fama sanctitatis della serva di Dio, sulla quale sei consultori della Congregazione delle Cause dei Santi, riuniti il 6 novembre 1990, espressero un giudizio positivo.

Gli atti furono trasmessi alla Commissione teologica deputata a pronunciarsi sul merito della causa, ma l’iter subì una battuta d’arresto in occasione del V centenario della scoperta e dell’ evangelizzazione dell’America grazie alla levata di scudi di quanti, a giusto titolo, ritengono dannosa dello spirito ecumenico la beatificazione della Regina ed ostacoli invalicabili alla sua santificazione l’istituzione del Tribunale dell’Inquisizione e la asserita conquista dell’America.

Le pressioni degli ambienti ebraici e musulmani, inoltre, hanno contribuito al parere negativo sulla opportunità della iniziativa che non può scindersi dalle esplosioni di violenza antisemita della Castiglia nel 1485 e nel 1491; dall’espulsione massiccia di Ebrei; dalle migliaia di misfatti compiuti nel nome di Dio e della fede; dalle sistematiche violazioni dei diritti umani degli Indios e dalle persecuzioni in danno dei Moriscos nel quadro di una evangelizzazione mirata al solo consolidamento del centralismo monarchico. In definitiva, la protagonista dell’ultima crociata dell’Occidente divide la Pubblica Opinione: sulla sua pretesa santità incombono, grèvi come macigni, l’intolleranza sanguinaria e l’ipocrisia bigotta rivelatasi anche nella educazione delle infelici figlie.

Bibliografia:
E. Belenguer: Ferdinando e Isabella. I Re cattolici nella politica europea del Ronascimento
J. Pêrez: Isabella e Ferdinando
L. Pierotti Cei: Isabella di Castiglia, Regina guerriera

Ornella Mariani

Ornella Mariani, sannita. Negli anni scorsi: Opinionista e controfondista di prima pagina e curatore di Terza Pagina per testate nazionali; autore di saggi, studi e ricerche sulla Questione Meridionale. Ha pubblicato saggi economici vari e:
Pironti, Per rabbia e per amore
Pironti, E così sia
Bastogi, Viaggio nell’ entroterra della disperazione
Controcorrente Editore, Federico II di Hohenstaufen
Adda Editore, Morte di un eretico (dramma in due atti)
Siciliano Editore, La storia negata

A metà novembre 2006, per le Edizioni Mephite:
“Matilde” -dramma in due atti; a teatro interpretata da Manuela Kustermann e Roberto Alinghieri.
GIUDITTA (edizioni Mephite – 2006)
COSTANZA (edizioni Mephite – 2006)
Aprile 2007, “Profili di perle. Donne nella storia”, Edizioni Mephite.

Collaborazione a siti vari di storia medievale. Ha in corso l’incarico di coordinatore per una Storia di Benevento in due volumi, (720 pagine) commissionata dall’Ente Comune di Benevento e diretta dal Prof. Enrico Cuozzo). Nel 2007 ha concluso un accordo di programma col Paleoantropologo Prof. Francesco Mallegni dell’Università di Pisa per pubblicare, assieme all’antropologo Giacomo Michelini, un gruppo di monografie in termini scientifico/storici. La prima riguarderà Enrico VII.

CATEGORIE
CONDIVIDI SU
Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
WhatsApp
Email
Stampa
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.