Il castello attraverso la storia
Il castello di Gradara è ubicato nelle Marche, al confine con la Romagna, a 13 km da Pesaro e 25 da Rimini.
La costruzione della prima torre, divenuta in seguito il mastio, fu ad opera dei fratelli Pietro e Ridolfo Grifo, nel XII secolo. Diverse famiglie si alternarono in questa prima fase, finché non si imposero gli storici padroni, i Malatesta, grazie a Giovanni detto il Centenario, capostipite della famiglia riminese, e all’avallo papale.
Fu con lui che iniziò la costruzione della rocca, così come ci appare oggi, con pianta quadrangolare, tre torri poligonali ed il mastio.
Ad inizio del XIV secolo, poco dopo la vicenda di Paolo e Francesca di cui parlerò approfonditamente più avanti, vennero erette le due cinte murarie, una che abbraccia il castello ed il suo giardino, l’altra il paese di Gradara. Le mura hanno torri quadrate e presentano cammini di ronda per la vigilanza, tuttora percorribili per ammirare il castello dall’alto con l’aggiunta di un solo euro al già modico prezzo d’ingresso.
Nella seconda metà del XV secolo, però, Sigismondo Malatesta si era reso inviso al papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, noto anche come umanista. Questi appoggiò le pretese della famiglia milanese degli Sforza sulla rocca, accusando il Malatesta di aver ucciso sia la prima sia la seconda moglie e scomunicandolo.

Sotto il controllo degli Sforza – ed in particolare di Giovanni, marito di Lucrezia Borgia – il castello prende forma rinascimentale e principesca, con lo scopo di creare la degna dimora per la nota figlia di papa Alessandro VI. Il matrimonio dell’allora tredicenne Lucrezia con Giovanni Sforza durò solo quattro anni, il tempo utile al papa per capire meglio (ma cambiò più volte idea) come muovere la sua fanciulla-pedina nello scacchiere delle alleanze italiane ed europee. Giovanni fu dichiarato impotente ed il matrimonio annullato.
Lucrezia tornò ancora una volta a Gradara, ospite del fratello (e forse amante, ben prima dei Lannister di Game of Thrones) Cesare Borgia, ispiratore del “Principe” di Machiavelli e duca di Romagna, grazie al solito nepotismo paterno.
Morto un papa se ne fa un altro, ma le cose non sono così semplici e indolori quando il papa è anche papà. Cesare viene cacciato da Gradara ed il castello ritornò tra le braccia di Giovanni Sforza. Questi muore giovane e senza eredi, per cui il nuovo pontefice – Giulio II, al secolo Giuliano Della Rovere, storico nemico dei Borgia, ma solo ad essi secondo quanto a nepotismo – assegnò Gradara a suo nipote. La nuova famiglia – di origine ligure, ma già padrona di Urbino – rimase un secolo e mezzo nella rocca.

Dopo questo periodo, il maniero venne amministrato direttamente dal papato, che però lo concedette in enfiteusi a diverse famiglie. Nell’800 il castello era in stato di abbandono e così rimase per circa un secolo, finché, acquistato da un privato, non tornò a far rivivere la sua storia.
Paolo e Francesca
La straziante storia d’amore di Paolo e Francesca è tra le più conosciute del nostro Paese, se non altro perché si studia nell’età in cui si è più sensibili a questi temi. Anche il cantautore romano Antonello Venditti, nella sua canzone “Compagno di scuola” e in un quadro non generoso della scuola italiana, ammette “Ma Paolo e Francesca, quelli io me li ricordo bene”.
Ma cominciamo dall’inizio.
Francesca da Polenta era figlia di Guido Minore Signore di Ravenna, il quale decise di darla in sposa a Giovanni, detto Gianciotto, Malatesta, chiamato anche “lo zoppo”. Un marito sciancato non è proprio il sogno di ogni principessa, così le famiglie mandano il fratello di lui, Paolo detto “il bello”, perché dicesse il fatidico sì in vece dello zoppo, il tutto all’oscuro dell’ingenua Francesca, convinta di aver sposato il Malatesta buono.
Naturalmente questa versione suona un po’ forzata, romanzata. Ciò che è certo, è che Francesca tradì il marito con l’avvenente cognato e che Gianciotto reagì nel più feroce dei modi, passandoli entrambi a fil di spada proprio tra le mura del castello di Gradara.
Fu Dante a rendere immemore la loro storia, inserendoli nel girone dei lussuriosi dell’Inferno e dedicando loro dei versi tra i più belli della storia della letteratura.
Amor ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e’l modo ancor m’offende.
Amor ch’a nullo amato amor perdona,
mi prese del costui piacer si forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse a noi ad una morte.
Caina attende chi a vita spense
(Inferno V, 100-107)
La triplice anafora ed il ritmo incalzante da soli basterebbero a mostrare il trasporto emotivo, la passione, l’amara consapevolezza dei personaggi.
Dante si fa catturare dalla loro storia, sa che anche lui ha tali debolezze e, nella sua catabasi, si fa portatore di quelle di noi tutti.
Tra le mura del castello e del borgo
All’interno del castello non è consentito scattare foto, per cui mi preme darvi almeno una breve descrizione. Vi sono diverse sale, che accontentano tutti i gusti. Per gli appassionati del Medioevo più oscuro ci sono la sala della tortura con la prigione ed il corpo di guardia. Per gli appassionati di intrighi e dei giochi di potere, l’affrescata sala del consiglio. Il salone di Sigismondo ed Isotta ci riportano indietro ai fastosi pasti delle cerimonie, dopo i quali ci si poteva recare nel salotto di Lucrezia Borgia. L’altra sala che porta il suo nome è più piccola ed è affrescata (ma non è certo) da Giovanni Santi, padre e primo maestro di Raffaello. Chiudono il cerchio la sala di giustizia, le stanze da letto e la cappella dove papa Paolo III Farnese, passato alla storia per aver convocato il concilio di Trento, disse messa e dove si può ammirare la terracotta invetriata di Andrea della Robbia raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi.

Il paese è caratteristico e perfettamente conservato. Spesso si organizzano rievocazioni storiche, per cui non è difficile vedere figuranti con vestiti rinascimentali che catapultano i turisti nell’affascinante passato di Gradara. I locali sono tanti ed i prezzi sono contenuti per essere una località turistica, il monumento più visitato delle Marche.
I tanti negozi vendono souvenir che vanno dal modellino del castello alla riproduzione di spade. Poiché temevo che difficilmente sarei riuscito ad inguainare queste ultime all’interno del mio bagaglio a mano, ho optato, mio malgrado, solo per la prima tipologia di oggettistica.
Il mio romanticismo mi ha portato ad organizzare la visita al castello di Gradara con la mia fidanzata. Certo, non è un esempio di amore finito bene, ma io non ho fratelli, tanto meno zoppi…

Sassarese quasi trentenne, sono appassionato di tutto ciò che verte intorno all’età di mezzo ed ho un’ossessione compulsiva per i castelli da quando, a sette anni, ricevetti in dono da mio padre il mio primo maniero: un perfetto modellino della Lego.Ho in parte reso accademica la mia passione diventando insegnante di Storia, oltre che di Italiano e Geografia, per la scuola secondaria di primo e secondo grado.
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