Il cugino povero di Wiligelmo di Francesco Venturini
Dentro il Duomo di Modena, pagina solennissima ed esemplare dell’arte romanica, il pellegrino sprovveduto si arrestò per breve sconcerto. Sotto il pontile del presbiterio, ai lati della triplice apertura della cripta, quattro telamoni, due a un lato e due all’altro, quasi fuggono la vista dei fedeli, forse vergognosi della propria inutilità strutturale. Nulla crollerebbe, in loro assenza. L’ignoto artefice, o più d’uno, relegato a irrilevante compito, mostrò tuttavia tecnica perizia e acuminata arguzia. A sinistra, il primo telamone sembra nascondere la testa dentro fauci leonine. Il secondo, pure compresso nella scomoda postura, esegue dignitosamente il lavoro. A destra però il lapicida frustrato sciorina le possibilità dell’arte sua: prima una figura femminile dalla raffinata acconciatura e dalle notevoli capacità circensi regge un capitello con le ginocchia. Infine, un uomo nudo dedica alla fatica senza fine il meglio di sé. Mostrando realisticamente in volto un qualche sofferto stupore, che la miglior parte mostrar non sa. E ci volevano, diciamolo, tecnica e un po’ di genio.
Nato nel 1950. Per molti lunghi anni docente di materie letterarie in un liceo. Ora dedito a interessi vari e per la maggior parte innocenti, come l’esplorazione di chiese romaniche, delle quali parlo ai miei coetanei nelle Unitre.
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