Il diritto marittimo bizantino : Νόμος ‘Ροδίων Ναυτικός (Nòmos Rhodìon Nautikòs) di Alfonso Mignone
I Romani, nonostante avessero consolidato la loro supremazia mercantile e militare sul mare non si erano dotati di proprie norme in materia marittima e presso gli operatori del settore trovava ancora applicazione la Lex Rhodia, diffusa nel bacino del Mediterraneo sotto forma di usi e consuetudini che, con l’Imperatore Augusto vennero munite di forza di legge attraverso specifiche disposizioni in materia di navigazione e commercio marittimo, dapprima da parte del pretore, tramite gli editti, e, di seguito, con leggi raccolte nel Codice teodosiano (438 d.C.), nel Codice giustinianeo (534 d.C.) e successivamente nei τὰ Βασιλικά, (Basilici IX sec. d.C.).
Questi ultimi incorporarono anche il cosiddetto Νόμος ‘Ροδίων Ναυτικός, una raccolta privata di consuetudini di origine incerta[1], compilata probabilmente sotto Leone III l’Isaurico prima e Basilio il Macedone poi, confluita sia nel Libro XIV del Digesto, sia nel Libro LIII dei Basilici che si è rivelata una pietra angolare su cui si sono basate, nel Medioevo, innumerevoli consuetudini[2] diffuse in tutti i porti e su tutte le navi dell’Occidente, non solamente nel Mediterraneo, ma anche al di là dello stretto di Gibilterra.
I rapporti commerciali concernenti la navigazione nel Mediterraneo sono sorretti inizialmente da una moltitudine di istituti, come la pecunia trajecticia con foenus nauticum, il depositum, il receptum nautarum, la locatio-conductio rei e operum, la Lex Rhodia de iactu [3]etc.
Il Libro 53 dei Basilici è la fonte principale del diritto marittimo bizantino ma è preceduta dalla certosina opera di codificazione dell’imperatore Giustiniano che volle raccogliere già tutto quanto concerneva la legislazione marittima greco – romana.
Il Nòmos viene diviso dagli studiosi, in particolare il Marvulli[4] , in tre parti: 1) un prologo 2) una prima serie di diciannove capitoli che sono un rifacimento dell’antica lex rhodia de jactu 3) altri quarantasette capitoli dedicate a svariati istituti, tra i quali la partecipazione dell’equipaggio dei profitti marittimi e le norme vigenti sulla nave e la ripartizione delle responsabilità in caso di furto o danni al carico o la nave, il salvataggio.
I primi sette titoli trattano delle seguenti materie : 1) de exercitoribus et magistris et nautis et cauponibus et de actionibus contra eos et pro eis 2) de nave vindicanda 3) de naufragio et rapina et jactu et contributione 4) de nave legata vel et locata vel promissa 5) de creditis navalibus 6) de piscatoribus et piscatione ac de iure maris 7) de emptione et venditione vini.
La struttura del testo del Nòmos Rhodìon Nauticòs è stata suddivisa da una Prefazione, o parte A, e dalle parti B e C. La Parte A si riferisce a chi promulgato la legge, perché l’ha fatto, chi ha autorizzato la legge prima che entrasse in vigore e che fosse ratificata. Si tratta di dichiarazioni di diversi imperatori romani che praticamente ne attribuirono forza di legge.
La Parte B si compone di 19 capitoli che sono caratterizzati da brevità ed esposizione sommaria degli istituti ivi trattati, specialmente i primi 13. I capitoli da 1 a 7 si riferiscono al libro paga dell’equipaggio. Seguendo rigidamente l’impostazione della gerarchia dei marinai a bordo, era stabilito che la quota di ognuno era ricavata dai profitti derivanti dalla spedizione marittima. Al capitano spettava il salario più alto, consistente in due quote, mentre al mozzo era attribuita una mezza quota. I capitoli da 8 a 13 disciplinano la regolamentazione dei servizi interni per passeggeri, mentre i capitoli 14 e 15 si estendono anche al capitano e la marinai. Più particolarmente, veniva determinato lo spazio assegnato ad ogni passeggero, il numero massimo di schiavi che un mercante doveva portare con sé e le porzioni d’acqua per ogni persona, gli atti proibiti a bordo in uno ad alcune misure di precauzione che dovevano essere attuate. Molto interessante è la parte che si riferisce allo spazio che i passeggeri potevano occupare a bordo e, ad esempio, veniva sancito che per un uomo fosse di 1,92 m di lunghezza e 64 cm di larghezza, mentre per una donna 64 cm di lunghezza e per un bambino, tra da 1 a 7 anni, uno spazio di 32 cm di lunghezza .
I capitoli da 16 a 19 descrivono il modo in cui il valore della nave era stimato e si occupano anche di questioni riguardanti i prestiti di spedizione. In particolare, nel capitolo 16 si parla che una nave attrezzata era del valore di circa cinquanta monete d’oro per ogni mille quintali di stazza e, dunque, il risarcimento in caso di naufragio, avaria od altra tipologia di danni occorsi alla nave dovesse essere calcolato sulla base di questo. Se la nave risultava vecchia veniva considerato come valore di trenta monete d’oro per ogni mille quintali. La partecipazione proporzionale al risarcimento era determinata calcolando un importo pari a 1/3 dedotto del valore della nave, indipendentemente dal fatto che la medesima fosse vecchia o nuova.
I capitoli da 17 a 19, che riguardano i prestiti per la spedizione, si riferiscono al rischio che il prestatore assumeva affinchè i prestiti non fossero “atterrati”.
Per l’interesse e il periodo di rimborso dei prestiti e gli interessi in mora veniva stabilita la loro prescrizione nel caso in cui il prestatore esprimesse difficoltà nel pagare il debito per causa di forza maggiore o venisse accertata la capacità del capitano a contrarre prestiti nel caso in cui la proprietà della nave fosse superiore al 75%.
Si riferiscono ai prestiti marittimi anche i capitoli da 16 a 18 della parte C del Nòmos.
Ivi, il riferimento è ancora una volta costituito dal rischio assunto con il prestito marittimo[5], come ad esempio, quando il creditore avesse accettato come garanzia per il suo prestito o la nave, il carico, o il trasporto e la nave era perita a causa di forza maggiore, il mutuatario non era costretto a effettuare il rimborso del suo prestito. Oppure, che era proibito accettare come garanzia qualcosa che era “atterrato”. Era stabilito, altresì, il rimborso di prestiti fosse dovuto solo nel caso in cui la garanzia (nave, carico, trasporto merci) perisse prima della scadenza del prestito. Tuttavia, anche in questo caso l’importo che il creditore doveva ricevere era inferiore a quello che aveva inizialmente concesso come prestito, dal momento che avrebbe dovuto partecipare al danno. Un prestito marittimo veniva concepito come “atterrato” solo in un caso, vale a dire quando il mutuatario partiva per un altro paese dopo aver preso il prestito. Dopo il periodo in cui il mutuo scaduto doveva essere rimborsato, il creditore riceveva parte della proprietà fondiaria del mutuatario come rimborso del prestito di quest’ultimo. Il prestito veniva considerato “sbarcato” solo per la parte concernente il rimborso del capitale, tuttavia, gli interessi venivano fissati come quelli per i prestiti marittimi (nel senso che erano alti) fino a quando il mutuatario rimaneva all’estero.
La Parte C è costituita da 47 capitoli ed ivi è contenuta la sostanza del diritto marittimo e le varie questioni previste dalla legge sono raggruppate in base ai loro titoli dei capitoli.
I capitoli da 1 a 8 si riferiscono a questioni penali e di polizia marittima . Più in particolare sono trattati il furto di ancoraggio da parte dell’equipaggio, delle merci o degli effetti personali dei passeggeri da parte dell’equipaggio, la rapina o atti di pirateria commessi ai danni dei passeggeri, il furto di sartiame della nave (corde, vele, barche, ecc) e, infine, il sistema sanzionatorio previsto a carico delle persone responsabili. Oltre agli indennizzi a titolo risarcitorio sono incluse anche punizioni corporali come la tortura dei marinai responsabili. A seguito di quanto sopra, i capitoli si occupano anche di problemi riguardanti episodi di contestazione e scontri tra i membri dell’equipaggio ed il risarcimento delle vittime.
I capitoli da 9 a 11 trattano della contribuzione per le perdite in occasione di danni occorsi alla nave o al carico. Le questioni più importanti affrontate qui riguardano l’obbligo del capitano a richiedere ai mercanti che hanno stivato la merce a bordo, di determinare insieme il valore della merce caduta in mare e su di ognuno di partecipare alla contribuzione delle avarie, prima della loro determinazione. Inoltre, è opportuno menzionare la parte, esortativa, relativa ai consigli rivolti ai mercanti affinchè evitino di caricare le navi vecchie con merce pesante e preziosa, perché, in caso di avaria, saranno ritenuti responsabili. Per questo motivo i mercanti dovrebbero condurre una stima, prima di provvedere al noleggio di un nave, sullo stato di navigabilità della medesima utilizzata per il trasporto di loro merce.
I capitoli da 12 a 15 si riferiscono al trasporto degli effetti personali dei passeggeri, come l’argento o l’oro o anche schiavi, che affidate in custodia con la supervisione dei responsabili della nave, mentre avviso speciale è dato per il caso di improvvisa partenza della nave dal porto e l’abbandono delle persone a terra soggette alla responsabilità del capitano, o per il caso di uno schiavo lasciato a terra, fatte salve la responsabilità del mercante o dei passeggeri . In ordine alla spedizione da concordare, c’era bisogno di tre testimoni, mentre quando la partita interessata era di grande valore, occorreva la forma scritta.
I capitoli da 16 a 18 riguardano l’emissione di prestiti marittimi di cui si è già detto.
I capitoli da 19 a 25 si riferiscono al noleggio della nave da parte del mercante e, in particolare, il capitolo 12 è abbastanza singolare riferendosi alla commenda tra due armatori e alla distribuzione delle quote tra i due soggetti se la commenda era orale o in forma scritta. Più in particolare, i problemi affrontati in questi capitoli si riferiscono al preliminare del noleggio della nave contro “impegno”, cioè pagamento anticipato e alla forma del contratto di noleggio che deve essere un documento scritto firmato dalle due parti contraenti, alle clausole che prevedono il caso di recesso del contratto per noleggio causato dal capitano o dal noleggiatore, nonché alle forniture della nave (acqua, cibo, funi), il modo di caricamento del carico, il nolo e il tempo necessario per il caricamento a bordo. Le questioni più importanti del sopra i capitoli citati fanno riferimento al fatto che il capitano aveva il diritto di caricare altra merce a bordo, nel caso in cui la capacità di stivaggio della nave non era stata completamente esaurita dal carico del mercante. Inoltre, era disciplinata la scadenza per quanto concerneva la permanenza della nave nel porto (stallie e controstallie). In altre parole la durata in cui la nave poteva restare nel porto fino a quando il mercante non avesse caricato la merce a bordo, e il tipo di trasporto che doveva essere denunciato dal mercante per mantenere la nave ancorata nel porto per un periodo più lungo.
I restanti capitoli della Parte C trattano varie questioni di diritto marittimo generalmente similari, ma che non possono essere riportate nelle categorie dei capitoli adiacenti. I temi trattati riguardano la contribuzione in caso di avaria, la responsabilità del equipaggio per danni alla nave o del carico, la responsabilità del mercante per danni alla nave o alle vele durante il carico o lo scarico della sua merce, le perdite, i danni e le responsabilità per le merci sensibili all’umidità, la collisione della nave con un’altra, il recupero di merci al largo il mare e la quota delle persone che hanno realizzato il recupero.
Il Nomos Rhodion Nauticos, dunque, può definirsi il primo tentativo di codificazione che introduce e determina nozioni sulla pratica quotidiana marittima come li conosciamo oggi.
Il testo raccolse gli usi marittimi che si erano stratificati nel mediterraneo e venne utilizzato come manuale per la pratica negoziale, arbitrale e forense fino al tredicesimo secolo epoca in cui si affaccia prepotentemente la supremazia del Consolato del Mare di Barcellona.
Note:
[1]La sua origine fu molto dibattuta dagli studiosi per quanto concerne il suo rapporto con l’isola di Rodi e la sua identificazione con la sua vecchia legislazione marittima . Ciò non è dovuto solo al titolo della legge ma anche al fatto che Rodi aveva, in effetti, una potenza marittima nonché leggi scritte che in seguito influenzarono sia il mondo greco che quello romano. La maggior parte delle opinioni convennero sul fatto che il diritto marittimo medioevale non derivasse dalla legge di Rodi, ma chiaramente da una collazione bizantina . Cfr. W. ASHBURNER, The Rhodian Sea Law, Oxford, 1909; R. ZENO, Influenze romane e bizantine nella formazione del diritto marittimo medioevale, in Associazione italiana di diritto marittimo, Napoli, 1934; Da ultimo A. XERRI SALOMONE, Consuetudini e tradizione nella formazione del diritto marittimo uniforme, in Trasporti, 108, 2009;
[2] Tra cui occorre menzionare le Tavole Amalfitane e gli Statuti Marittimi di Trani.
[3] La Lex rhodia de iactu (dal latino, alla lettera: “legge di Rodi in merito alle merci gettate dalla nave”) è un antico regolamento sulla navigazione mediterranea.
[4] R.E. MARVULLI, Nòmos Rodiòn Nauticòs, in Archivio Storico Pugliese, 16, 1963.
[5] Il prestito marittimo o foenus nauticum è stato considerato (cfr. I. PONTORIERO, Il prestito marittimo in diritto romano, Zanichelli, Bologna, 2011; G. SALVIOLI, L’assicurazione e il cambio marittimo nella storia del diritto italiano, Bologna 1884; P. ASCOLI, Il contratto di prestito a cambio marittimo, Torino 1890; G. B. BENFANTE, Le formalità del cambio marittimo necessario, in Archivio giuridico, XLIV, 1889, p. 135; A. BALDASSERONI, Delle assicurazioni marittime, voll. 3, Firenze 1876; A. BRUNETTI, Del commercio marittimo e della navigazione, in Commentario al codice di commercio, Milano 1915; F. CICCAGLIONE, Cambio marittimo, in Enciclopedia giuridica italiana; F. ARMELANI, Cambio marittimo, in Digesto Italiano, VI, i, Torino 1888, pp. 237-276) come il precursore dell’assicurazione marittima, sulla base del fatto che gli interessi elevati che gli istituti di credito godevano all’epoca fossero una sorta di garanzia.

Collabora inoltre con riviste specializzate di settore: «Il Diritto Marittimo», «Diritto dei Trasporti», «Rivista del Diritto della Navigazione» nonché con le riviste online «International Law Office» e «Altalex». Di recente autore di un saggio dal titolo “Nuovi Studi sulla Tabula de Amalpha”.
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