Il Francese di Assisi e i Normanni di Fabriano

Maestro di S. Gregorio, Subiaco, 1228.

Il Francese di Assisi ed i Normanni di Fabriano di Giovanni B. Ciappelloni

La Fabriano medievale sorta all’interno di una vallata dell’Appennino centrale risulta essere stata una “terra“, solo le sedi vescovili venivano chiamate città, dalle molte peculiarità. Il territorio di riferimento testimone di importanti avvenimenti storici già in epoca romana venne scelto da religiosi dal grande carisma, soprattutto dopo l’arrivo dei normanni de Clavellis, come luogo adatto per manifestarsi e soffermarsi. Giovanni di Pietro di Bernardone, più noto come Francesco d’Assisi, fu tra questi e diverse sue vicende riguarderanno questo territorio interessando luoghi ed abitanti del giovane Comune di Fabriano.
Molto si è detto e scritto su di lui in una confusione di date e di notizie ancora presente. Basti pensare a quanto lo storico Eugenio Gamurrini ebbe a scrivere sulla sua famiglia ritenuta, dal religioso aretino e dallo Jacobilli, originaria di Lucca oppure a quanto viene detto in un recente convegno promosso dal Comune di Sarnano dove si propongono delle origini marchigiane per la madre madonna Pica. E non vi è storico assisiate o fabrianese che non si sia occupato del Santo patrono d’Italia anche se un aspetto della sua personalità viene normalmente lasciato in secondo piano e cioè che Giovanni amava indossare le vesti di cavaliere, un abbigliamento che sentiva suo. Costui era figlio ad un facoltoso commerciante di tessuti Pietro di Bernardone e di donna Pica. In Italia centrale, nella lingua del popolo, la ghiandaia uccello dal verso rumoroso ed  allegro viene da sempre chiamata “pica” e questo appellativo della moglie di Pietro, una signora ritenuta di origini francesi, forse provenzali, era con grande probabilità un soprannome dovuto ad un carattere gioviale e ciarliero. Giovanni era noto anche lui per essere allegro e gioviale e per la passione per i versi della “Chanson de geste”, che la madre doveva avergli cantato fin da bambino in lingua francese, e che lui amava ripetere. E l’uso di tale lingua insieme alla consuetudine di cantare nella lingua d’oltralpe le gesta dei cavalieri della Tavola rotonda debbono essere state la causa del soprannome di “Francesco”, ovverosia “il Francese”, in un’ epoca nella quale i diminutivi ed i soprannomi erano frequenti. Tale appellativo, evidentemente accettato e forse sorto in famiglia, ebbe a sostituire il nome di battesimo facendolo dimenticare completamente.
La passione per la vita cavalleresca di Giovanni, un giovane brillante della migliore gioventù assisiate, che oramai per tutti era diventato il “Francese” continuò negli anni a rimanere immutata e si può supporre che accettasse la ripartizione ideale della prima società medievale teorizzata da Adalberone di Laon che parlava di oratores, bellatores e laboratores. Sicuramente cercava di far parte della categoria dei bellatores, cioè di coloro che mettendo la propria spada al servizio della Chiesa, della donna e dell’orfano operavano in difesa dei più deboli. Con ogni probabilità, pur non essendo nobile, dovette ricevere una qualche forma di investitura a cavaliere in quanto sotto queste vesti affrontò le milizie perugine a Collestrada nel 1202. Nei primi secoli dopo il Mille il termine “cavaliere” indicava un guerriero scelto  specializzato nel combattere a cavallo che poteva anche non essere un nobile.
Nel XII secolo indossare le armi di cavaliere attestava il possesso di una capacità economica tale da potersi permettere i notevoli costi dell’equipaggiamento militare e del mantenimento delle cavalcature necessarie alla bisogna. Volendo quantificare tra cavalli, armatura, spada, ecc. la spesa iniziale da sostenere per un miles a cavallo poteva eessere paragonata a quella necessaria per l’acquisto una quarantina di buoi. Costo che la famiglia di Pietro di Bernardone era senza dubbio in grado di affrontare. A Collestrada nell’autunno del 1202 si affrontarono in armi il Comune di Assisi e quello di Perugia. Assisi che si opponeva all’espansione perugina si servì di numerosa milizia mercenaria. Arrivarono armati da località vicine come Trevi, Narni o Gubbio, furono assoldati cavalieri dalla Puglia ed anche dal versante fabrianese dell’Appennino. Tra questi risultarono riconoscibili per i loro nomi i de Clavellis dell’ Orsara. Giovanni che sicuramente doveva aver avuto rapporti con questo gruppo parentale normanno in quanto alcuni de Clavellis risultavano residenti da tempo sul territorio di Assisi, dove esisteva tra l’altro un luogo coltivato ad olivi denominato “la valle dei Chiavelli”, non potè fare a meno di frequentare ed interagire con loro anche sul campo di battaglia e probabilmente, nonostante un fisico meno aitante, doveva ritenersi a pieno titolo collega dei possenti cavalieri francesi. Tuttavia mentre riguardo ai de Clavellis provenienti dal territorio fabrianese non sono giunte notizie in merito ad una loro cattura diversi furono gli assisiati che furono imprigionati dalla vittoriosa Perugia.
Tra questi risultò esserci anche Giovanni, il Francese, che rimase fino al novembre 1203, quando venne riscattato dalla famiglia, nel carcere di Sopramuro di Perugia dove si ammalò. Ma l’ideale della cavalleria ed il conseguente desiderio di essere utile e combattere per una giusta causa non vennero abbandonati, nonostante tutte le avversità affrontate, ed all’inizio del 1205 si diresse armato di tutto punto verso Lecce per unirsi ai cavalieri di Gualtieri III di Brienne. A Spoleto si ammalò di nuovo e gli agiografi narrano che durante un dormiveglia febbrile sentì una voce che gli chiedeva se cercava il padrone oppure il servo. Francesco rispose che il suo desiderio era di servire il padrone e la voce ribadì: allora perchè vai verso il servo? Francesco capì che poteva servire Dio e combattere per gli ideali cristiani anche senza le armi. Tornò sui suoi passi abbandonando le vesti militari ma non l’ideale cavalleresco. E quando si spogliò dei suoi abiti alla presenza del Vescovo di Assisi e di suo padre questo provocò in città un grande scalpore perchè Francesco rinunciando al benessere familiare si era liberato contemporaneamente anche della veste di cavaliere e conseguentemente di uno status sociale invidiabile che oramai gli apparteneva e che era per chiunque difficilmente raggiungibile. Ma anche senza le armi rimase sempre nel suo animo il cavaliere di Collestrada e lo dimostrerà con la sua storia e con la sua abitudine di usare spesso il cavallo. A Gubbio si  ricorda l’anno 1206 come quello di una sua visita ad un compagno di armi e di prigionia tale Federico degli Spada, famiglia di mercanti di stoffe e di lana, soprannominato “Spadalonga”.
A Fabriano luogo molto frequentato da Francesco di Assisi che qui aveva addirittura il suo confessore, nel 1209 o nel 1210 anni che segnano l’inizio della sua predicazione itinerante per l’area appenninica, viene documentato di passaggio dalle cronache cittadine e vengono ipotizzate, in racconti di divulgazione storica, visite a personaggi fabrianesi imprigionati da Perugia a Collestrada. Tuttavia non vi sono fonti e documenti negli archivi locali che provino tali evenienze. Si ha solo notizia, da delle carte del frate francescano Venimbeni, di una donna Maria che accoglie il religioso in un luogo denominato “Valle povera” e che viene supposta madre di due personaggi che doneranno nel 1234 insieme ad altri, Francesco muore nel 1226, un terreno ai frati minori. Tuttavia la familiarità di Francesco d’Assisi, con il territorio di Fabriano dove aveva come suo confessore il pievano di Civita Ranieri, un monaco camaldolese che poi si farà francescano, dove opererà il miracolo di Camporege e dove utilizzerà senza problemi con i suoi frati l’eremo abbandonato di Valdisasso doveva essere di antica data e va messa senza alcun dubbio in relazione con i francesi de Clavellis, di grande religiosità ed egemoni sul territorio del Comune,  che non avversarono la sua presenza e la sua predicazione. E questo sia per la comune milizia sotto le insegne di Assisi, sia per il commercio dei tessuti dai de Clavellis promosso e favorito in Fabriano e per mezzo del quale Pietro di Bernardone ed il figlio dovevano sicuramente aver con loro interagito anche con visite in loco, come suggerisce la storia personale di Francesco o la frequentazione eugubina di altri commercianti di tessuti. Ed anche il suo rapportarsi con il mondo musulmano che si evidenzia nel suo incontro con il nipote del Saladino Malik al-Kāmil, nel vano tentativo di convincere il Sultano d’Egitto a convertirsi, appare nei vari resoconti dell’epoca come come quello di un cavaliere crociato che adopera la parola al posto della spada:
.…”Se non vorrai credere, la tua anima verrà abbandonata al giudizio di Dio, e ti avvertiamo che se tu dovessi morire in questa legge, che ora tu osservi, sarai perduto”…
Va nel contempo rilevato che nè le fonti nè gli agiografi attribuirono mai all’uomo e poi al Santo parole che possano essere interpretate come una critica alle crociate ed alla cavalleria militante anzi la loro testimonianza indica l’esatto contrario e che il poverello d’Assisi custodì sempre nel suo cuore una scintillante armatura da cavaliere senza macchia e senza paura che non venne percepita come presente in quanto mimetizzata da un frusto saio grigio coperto di rammendi, solo in apparenza modesto. E si potrebbe anche immaginare che Francesco avesse una buona opinione dei de Clavellis de Fabriano, personaggi che deve aver incontrato più volte nella sua vita, e che potevano essere localmente paragonabili per la loro origine, per l’abilità guerresca e per la grande religiosità a quelle figure straordinarie ed a lui familiari di Artù, di Lancillotto oppure di Orlando.

Scultura di Norberto Proietti

Bibliografia
1) Eugenio Gamurrini, “Istoria geneanologica delle famiglie nobili toscane e umbre”, vol.I
2) Arduino-Gentili, “San Francesco d’Assisi era di famiglia picena ?!”
3) Jean Flori , “Cavalieri e cavalleria nel Medioevo”
4) Arnaldo Fortini “Nova vita di San Francesco” – vol. I
5) Arnaldo Fortini: “Nova vita di San Francesco” vol III, I Documenti
Cesare Cenci, “Documentazione di Vita assisiana, 1300-1530”
6) “Il progetto piccolAccoglienza Gubbio”, Diocesi di Gubbio.
7) Romualdo Sassi ” Il chi è fabrianese ?”
8) Chronique d’ Ernoul
9) Giovanni B. Ciappelloni : “de Clavellis de Fabriano dal XII al XV secolo”

Giovanni B. Ciappelloni
Giovanni B. Ciappelloni da sempre interessato alla storia di Fabriano, con particolare attenzione al basso medioevo, ha già pubblicato “Chiavelli e de Clavellis”, “Ruggero, Chiavello ed altri Messeri” e “de Clavellis de Fabriano, dal XII al XV secolo”. Non è presente sui social network.
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