Il lato B delle chiese romaniche. Minimissimo excursus di considerazioni extravaganti. Testo e immagini di Francesco Venturini
Le torme irreggimentate dietro una guida pagata a cottimo ammirano la grandiosa facciata della cattedrale, perché le guide non portano le torme a visitare chiese piccole e sperdute, entrano alzando il naso sui pomposi affreschi spesso deplorevoli, ignorano i piccoli testimoni di una cultura non magniloquente a vuoto, come possono essere talvolta capitelli e superstiti sculture seminascoste, trascurano del tutto l’esterno della zona absidale, che bene spesso è stata risparmiata dalle esigenze propagandistiche di una religione prevaricatrice, e dalle conseguenti mode. La parte posteriore è tanto necessaria quanto negletta. E vergine, magari, di quelle iniezioni siliconiche deturpatrici del restante.
Eppure se, come sappiamo, la cultura cristiana è anzitutto figurale, e cerca nella città terrena la prefigurazione della città di Dio, e se, pertanto, la chiesa (edificio) è la traduzione in pietra del corpo mistico del Cristo (in forma circolare, poligonale, a croce greca e latina, sempre di qualche perfezione si tratta), allora la perfezione dell’insieme riverbera su ogni parte, anche la più celata agli occhi.
Di tal genere, se non tali appunto, i pensieri del viator solingo, di seguito esemplificati.
Pieve di San Siro a Cemmo (Brescia). Cominciamo con un caso estremo: la chiesa non ha facciata, perché il lato occidentale è premuto contro la roccia del monte. La monumentalità è quindi affidata alla zona absidale, che torreggia impressionante sulla valle.
San Colombano a Vaprio d’Adda (MI). Certo meno monumentale, l’abside è tuttavia la parte più elaborata del perimetro, e pare si sia salvata dalla cura anabolizzante che ha rialzato la chiesa.
Abbazia di Nonantola (Modena). Torniamo all’imponenza, in questo caso anche militaresca, con le finte caditoie delle absidi laterali. I monaci, nel mentre predicavano il distacco dal mondo, non rifuggivano dall’ostentazione della potenza.
Oratorio di San Giacomo a Ossuccio (Como). In un minuscolo paese, la minuscola chiesa, esternamente spoglia, si permette la raffinatezza absidale degli archi a doppio rincasso. Quel lato doveva essere il più gradito ai paesani intenditori.
Pieve di San Pietro a Gropina (Arezzo). Tanto gradito doveva essere il lato posteriore, con le deliziose colonne annodate, che qualche pievano pensò bene di recintarlo, attirandosi giaculatorie eterodosse dai fotoamatori, allora per altro non prevedibili.
Duomo di Trento. Colonne annodate, binate, rincassi multipli, loggiato e bellurie di ogni sorta destano stupore e ammirazione, ma forse non toccano il cuore del viatore sentimentale, come fossero plasticose modelle svedesi. Non si butta nulla, per carità.
Duomo di Parma. Quanti turisti si prendono la briga di fare il periplo completo? Quanti si perdono le remote figure che decorano l’abside, tra le quali la rarissima meretrice di Babilonia? E quanti si preoccupano di salvarle dalla rovina in corso? Il lato B è indifeso dalle ingiurie del tempo dalle unghie di leone (Shakespeare)?
Santa Maria in Valle Porclaneta a Rosciolo (L’Aquila).
Dove si dimostra che non sempre la facciata è la cosa più bella. Qui trascurata e sciatta e disarmonica, si direbbe, concedendo il beneficio del dubbio (di un terremoto). Eterea ed elegante l’abside, addirittura a triplice ordine di snelle colonnine, col vezzo aggiunto di animali stilofori che i dumi spinosi proibiscono di avvicinare, come il recinto di Gropina, e quindi di identificare con certezza. Si direbbe che il lato B sia più spesso difeso, hélas!
Nato nel 1950. Per molti lunghi anni docente di materie letterarie in un liceo. Ora dedito a interessi vari e per la maggior parte innocenti, come l’esplorazione di chiese romaniche, delle quali parlo ai miei coetanei nelle Unitre.
Scrivi a Francesco Venturini.