Il Mercato delle Gaite e la Gaita Santa Maria di Alfredo Properzi
Forse cancelleremo il Medioevo…ma non quello di Bevagna. (Massimo Montanari 2003)
Una volta l’anno Bevagna si sveglia e lo fa con una manifestazione il cui successo crescente ha posto fine al suo torpore secolare: è il Mercato delle Gaite. Quando si è deciso di realizzare un progetto culturale di ampio respiro, che contribuisse alla riscoperta del nostro passato, ci si è ispirati, non già alla lontana epoca romana, di cui ancor oggi Bevagna mostra bellissime testimonianze, bensì all’età medievale, in quanto la sua struttura architettonica, i suoi vicoli stretti e bui, le sue cori e la stessa piazza con i suoi mirabili esempi di arte romanica e gotica, costituivano sicuramente lo sfondo ideale in cui far rivivere una pagina di storia cittadina. Trent’anni fa l’idea sembrava un po’ moscia e un azzardo: fare a Bevagna un mercato medievale quando tutto intorno L’Umbria celebrava tornei virali, quintane bellicose, giostre furenti, forzate corse dei Ceri. Nessuno all’epoca avrebbe scommesso un soldo bucato su una festa senza cavalli né sbandieratori, senza tamburini né strepitio di armature. Paradossalmente, invece, ha trionfato proprio il fatto che c’è una giusta eccitazione e concitazione delle gare, che non ci sia nulla da vedere e al tempo stesso si possa vedere tutto. Lo spunto del Mercato è stato trovato sulle pagine dei Libri Statutorum Antique Terre Mevanee, i vecchi Statuti, che elencavano, organizzavano e, dividevano la città in quattro gaite o guardie o porte e ne descrivevano la vita politica ed economica. Per esempio: il podestà, una volta giunto a Bevagna per esercitare il suo mandato, doveva recarsi nella chiesa di S. Vincenzo e offrire un palio di seta del valore stimato di dieci libbre di denaro, doveva giurare nella piazza del comune di governare in buona fede e senza inganno per tutto il tempo del suo mandato, doveva portare con sé due notai e un giudice e infine doveva eleggere due notai per le cause civili e un notaio ai danni dati; chi voleva vedere il vino doveva avere il pititto, la mezzetta e la foglietta e le misure sigillate con il sigillo del comune; le panettiere dovevano avere un disco sul quale deporre il canestro con il pane e una tovaglia bianca e anche una bacchetta e nessuno deve toccare il pane con la mano, ma con la bacchetta; le pizzicarole o coloro che vendevano erba o fritta dovevano avere un disco sul quale appoggiare il canestro con le erbe e la frutta e non dovevano avere la rocca alla cintura né filare con essa, né tenere un bambino in braccio; i macellai non dovevano, nei mesi di maggio, giugno, luglio e agosto vendere scrofe, pecore, becchi, castrati pena quattro libbre per ogni infrazione; nei mulini del comune doveva esserci un coppolo di metallo regolato in modo tale che la raseria del comune tenesse trenta coppoli e, inoltre, dovevano esserci due mezzenghi e un quartengo; la canapa si poteva vendere solo da Porta Giuntula fino alla porta S. Vincenzo, il compenso delle tessitrici dei panni canapati era di tre soldi per sei nodi e otto soldi per quindici nodi.
Trent’anni fa le Gaite si misero d’accordo e, anziché fare i turni di guardia si divisero gli incarichi: ognuna avrebbe ricostruito due antichi mestieri, secondo tecniche, materiali e strumenti dell’epoca, gli artigiani avrebbero venduto sui banchi e per strada i loro manufatti, un palio avrebbe premiato la Gaita più brava, in quanto attese terne di giudici avrebbero assegnato i punti del palio su quattro gare in giorni diversi: tiro con l’arco, gastronomia, mestieri e mercato.
E da trent’anni la Gaita Santa Maria trasforma Bevagna in un museo vivente, itinerario archeologico ed economico, qualificandosi per un lavoro di seria ricerca storica.
Un po’ di storia
Nell’opera “Studio su Bevagna” del conte Giulio Spetia si legge: per ragioni amministrative e di vigilanza il comune viene suddiviso in quattro gaite o guaite; le divide, in senso longitudinale, la via Flaminia e in senso trasversale, le due strade che dalla piazza principale raggiungono Porta Guelfa e Porta Molini. Oltre la piazza in direzione sud, a sinistra della via Flaminia, si trova la Gaita Santa Maria.
Gli antichi mestieri
Tra i mestieri della Bevagna medievale, quello più caratteristico è legato alla lavorazione della canapa, per la fabbricazione di tele e cordami. Nel rispetto di questa antica tradizione, la Gaita si è impegnata a far rivivere i diversi momenti della lavorazione della canapa e della lana, ripercorrendone con fedeltà i diversi passaggi, secondo le antiche tecniche della battitura, della filatura fino alla tessitura su antichi telai (Ars guarnellariorum). Alla lavorazione dei cascami pesanti la Gaita ha affiancato l’allevamento del baco da seta, riproponendo tutte le varie fasi di lavorazione, dalla trattura, torcitura, tessitura fino alla tintura del prezioso filo (Ars sete). Nella lavorazione della seta particolare menzione merita il torcitoio circolare da seta. Esso rappresenta la prima macchina operativa complessa che l’uomo abbia mai costruito. La prima immagine giuntaci della macchina si trova ne “Trattato dell’arte della seta in Firenze” del 1486 (copia di un manoscritto del secolo precedente, ora alla Biblioteca Laurenziana di Firenze). Una descrizione degli elementi costitutivi la si trova in Archivio di Stato – Lucca, Archivio notarile, n.117, notaio Bartolomeo Buonmese, 1335.
Sulla base del “Trattato” e con le conoscenze storiche acquisite nel settore, la Gaita di Santa Maria ha ricostruito il torcitoio circolare a energia umana facendone l’unico esemplare funzionante al mondo. Esso, durante la manifestazione del Mercato delle Gaite, è certamente fra gli strumenti d’epoca presenti, il più prestigioso per il suo valore storico e culturale e inoltre, nell’ambito di una riproduzione il più possibile fedele di mestieri medievali, è sicuramente la macchina riprodotta nel modo più corretto per quanto riguarda le fonti di energia, immune dalla contaminazione con le tecnologie contemporanee, utilizzando solo la forza delle braccia.
L’importanza della ricostruzione, negli anni, è testimoniata dal fatto che nel 2002 il torcitoio è stata esposto per due mesi nel Palais du Rhuin di Strasburgo nell’ambito di una mostra; del torcitoio si è parlato durante convegni a Venezia, Firenze, Milano; foto del torcitoio sono nel catalogo della mostra che si tiene a Firenze “Tessuto e ricchezza a Firenze nel Trecento. Lana, seta, pittura”.
Altro mestiere ricostruito è quello dei magistri lignaminis et lapidum. Tale corporazione esisteva nella Bevagna medievale e la sua importanza era notevole in quanto si prevedeva che i lavoratori venissero pagati con i beni del comune e che la difesa dei loro interessi, in eventuali cause, venisse assunta dallo stesso comune. Il progetto ha previsto la ricostruzione di una sega ad azionamento idraulico. Un taccuino di appunti e di disegni relativi all’arte di ricostruire cattedrali risalente al XIII secolo e scritto da Villard de Honnecourt è il primo esempio di trattato di ingegneria. Uno dei disegni più interessanti è quello di una sega ad azionamento idraulico per ricavare tavole dai tronchi di albero. Trasportati da carretti ed animali, i tonchi e le tavole vengono utilizzate per la realizzazione di un cantiere attorno alla chiesa di S.Maria filiorum comitis.
Una delle antiche e più diffuse associazioni di mestieri in età medievale è l’Ars tabernariorum et albergatorum. La Gaita di Santa Maria ha curato con uguale importanza sia l’aspetto della ricostruzione ambientale (gli spazi e la loro idonea dislocazione, gli arredi e gli strumenti di lavoro) sia le scene del vissuto di una locanda, come una sorta di affresco del tempo che raccontasse le categorie di avventori e i vari modi di frequentarla. Tutto ciò è emerso utilizzando le fonti documentarie (norme statuarie, inventari di alberghi, atti giudiziari) e la letteratura dell’epoca (in particolare la novellistica che hanno permesso di ricostruire e porre l’attenzione sugli aspetti caratteristici dell’arte. Trovando diffusa la presenza di osti di origine nord europea in area tosco-umbra a partire dal XIV-XV secolo e, sebbene in misura limitata rispetto al vino, noto il consumo di birra in queste zone, si è voluto caratterizzare la ricostruzione di questo mestiere anche con la produzione e vendita di cervogia.
Il Mercato
Il mercato della domenica conclusiva della festa è il momento più significativo di tutta la manifestazione. Banchi e bancarelle dappertutto, botteghe artigiane riaperte quasi per incanto; angoli e scorci silenziosi e vuoti tutto l’anno, diventano teatro privilegiato di scene di quotidiana attività. E la gaita vi partecipa nella totalità dei suoi abitanti; donne, giovani, bambini ed anziani indossano le umili vesti di grossa lana e canapa e si riversano per le strade dando vita, a distanza di secoli, ad un vero mercato medievale. Poiché, a differenza delle altre gaite, non possiede “spazi medievali”, la gaita se li è dovuti creare. Il mercato, infatti, è ospitato da un parcheggio cinto da edifici moderni, che tuttavia offre uno spazio aperto dove disporre merci e procedere con l’animazione. Di grandissimo impatto è l’ingresso nella ricostruita piazza del mercato della quale vengono riprodotti molto efficacemente i suoni e l’atmosfera, con sobrie scenette di vita quotidiana, le quali si affiancano alla rappresentazione di attività mercantili e produttive ben rispondenti al clima di una città umbra medievale.
La cucina
La gaita si è impegnata fin dall’inizio a conoscere a fondo le abitudini alimentari del Medioevo, così da presentare, ogni anno, pietanze che fossero espressione non solo del gusto dell’epoca, ma anche della cultura e della civiltà. Il tutto frutto di una ricerca storico – bibliografica e di una sperimentazione pratica. Nella prospettiva del fruitore del ventunesimo secolo, attratto dalle cose riguardanti la tavola – e in chiave di pratica e in chiave di gusto e comprensione della storia e delle curiosità della cucina – la gaita organizza cene a tema, nel corso delle quali vengono fornite ai fruitori informazioni in merito e che fungono da sfondo a manifestazioni quali conversazioni e seminari.
La gara sportiva
Ha fatto nascere un gruppo di sportivi di tiro con l’arco, che oltre a partecipare a varie rievocazioni storiche, gareggiano nei campionati italiani con ottimi risultati.
Infine un grazie va a tutti coloro, e non sono pochi, che, nel periodo della festa, si prodigano con la massima disponibilità e con entusiasmo sincero, testimonianza di una realtà umana di amici, collaboratori, consiglieri, critici, maestri, stimolatori e suggeritori (anche involontari).