Il mondo visto attraverso gli occhi degli uomini medievali

Andare giù oltre le Colonne d’Ercole: il mondo visto attraverso gli occhi degli uomini medievali.
Al di là del proprio naso: gli europei si spingono oltre i confini del mondo di Valentina Falanga

I viaggi d’esplorazione, la scoperta dell’America ebbero i propri inizi alla fine del Medioevo, anzi, fu proprio nell’età medievale che si crearono i presupposti per la nascita di questa straordinaria fase storica, quella della scoperte geografiche. Diverse congiunzioni economiche, politiche e sociali determinarono le necessità delle nascenti potenze europee tra il XV e XVI secolo a prendere la via del mare. Gli europei erano alla ricerca della famosa rotta delle Spezie per raggiungere le isole Molucche in Indonesia. Questa è la stagione in cui personaggi come i grandi esploratori e studiosi: Enrico il Navigatore, Cristoforo Colombo, Bartolomeo Diaz, Vasco De Gama o Ferdinando Magellano ebbero un ruolo chiave[1].
Il XII e il XIII secolo sono i momenti in cui l’Europa iniziò a gettare le prima basi sui cui costruire, nei tre secoli successivi, la sua espansione. A quel tempo l’unico orizzonte geografico che l’Europa aveva era costituito dall’Oriente, delineato in modo vago, confuso e popolato da creature fantastiche[2]. L’Oriente era il luogo per eccellenza dell’altrove dove furono ambientati romanzi ed epopee che solitamente narravano la storia di un cristiano che perseguitato dal suo signore o dai suoi pari andava a cercare rifugio proprio in Oriente. Questa tradizione è un segnale che nell’Occidente medievale si era risvegliato un interesse per questo universo aldilà delle frontiere geografiche e della fede[3]. Ad esempio Pietro il Venerabile, abate di Cluny, fece tradurre il Corano il cui scopo era quello di confermare lo statuto dell’alterità tra l’Occidente e l’Oriente[4]. Nel corso del XIII secolo, la cristianità latina si era liberata da ciò che Jacques Le Goff definì come una “geografia della nostalgia”[5]. Ad essa si sostituì, nel giro di qualche generazione, una “geografia del desiderio”: aggressiva e conquistatrice, avida di dominare lo spazio. L’Europa occidentale del XII secolo vide monaci, mercanti e cavalieri intessere un rapporto diverso con lo spazio. L’Occidente si lanciò, senza averlo programmato e senza averne piena coscienza, nella vasta impresa di apertura verso il mondo sconosciuto.
Il XIII secolo fu l’epoca in cui la passione per l’altrove pervase l’Occidente e i popoli che affacciano sul Mediterraneo iniziano a guardare oltre il proprio naso. L’esplorazione del bacino del Mediterraneo e poi dell’Atlantico vedi un’Europa lacerata dalla Riforma e dalle guerre intestine dando così mezzo secolo di vantaggio ai portoghesi e agli spagnoli per le iniziative e i successi delle scoperte[6]. Dante nel XXVI canto dell’Inferno collocò quanti come Ulisse, per la loro temerarietà, osarono oltrepassare le Colonne d’Ercole[7]. Siamo in questo momento nella cosiddetta rivoluzione commerciale con lo sviluppo dell’attività economica nelle città italiane attraverso le società finanziarie capaci di muovere ingenti capitali, le banche ed i crediti, i sistemi di assicurazioni e i tassi d’interessi; tutti questi furono dei fenomeni che portarono all’ampliamento dei mercati e dell’entità delle transizioni commerciali. Un tale processo non si avviò ad una precisa data ma fu un fenomeno della lunga durata: l’espansione europea non soltanto fu raramente pianificata, ma fu per lo più improvvisata in quanto l’oceano stesso pose le sue condizioni[8]. Furono ripresi e riletti alcuni testi come quello di Pierre d’Ailly la cui lettura rese l’idea che la terra fosse sferica e che un unico oceano circondasse l’Europa, l’Asia e l’Africa. Vi era anche l’impellente necessità di rendersi autonomi dal commercio con i Turchi che avevano il monopolio sul traffico delle spezie e come se non bastasse proprio quest’ultimi si espandevano pericolosamente nel Mediterraneo. I portoghesi furono i primi a spiegare le vele sull’oceano e tale vocazione marittima è possibile ravvisarla non solo prestissimo ma anche nelle decorazioni marmoree del castello di Tomar, dove sono raffigurate scene di viaggio. La città di Tomar nel XV secolo era uno dei più importanti punti di partenza verso le rotte oceaniche[9].
Il commercio delle spezie avveniva attraverso il Golfo Persico, le merci giungevano nei porti siriani e da lì poi arrivavano in Europa ma, quando i Turchi tra il XIV e il XV secolo iniziarono l’occupazione dell’Africa nord-occidentale i vecchi itinerari furono interrotti e così per non rinunciare ai redditizi traffici, si pensò di raggiungere l’India attraverso l’Egitto e il Mar Rosso. L’Egitto però, venne inglobato nel dominio turco e quindi si pensò di circumnavigare l’Africa per sbarcare sulle coste indiane. A quell’epoca gli Europei ritenevano che il continente africano fosse molto più piccolo: la Guinea, secondo i loro calcoli, doveva essere il punto più meridionale e una volta approdati su quelle coste bastava piegare ad est per arrivare alle Indie[10]. Sul versante opposto, nel clima della Reconquista le navi spagnole si mossero nel tratto di mare compreso tra lo stretto di Gibilterra, le coste inglesi e fiamminghe lungo il loro navigare incontrarono le isole Fortunate e più ad ovest le Canarie e le Azzorre. Queste isole furono punti importanti per raggiungere successivamente le Indie orientali e occidentali. Per inaugurare la navigazione ad Occidente non bastarono solo le innovazioni tecniche e scientifiche ma anche un notevole salto culturale che permise di superare gli antichi timori. Tanto è vero che la conquista delle isole fu il banco di prova dell’Europa, nel senso che esse furono poi convertite a vere e proprie appendici del sistema produttivo europeo[11]. Le Azzorre e le Canarie offrirono alla borghesia europea, che voleva arricchirsi con i commerci, un ottimo affare. Le popolazione autoctone vennero spazzate via e ciò permise di coltivare merci pregiate come la canna da zucchero che diede ottimi risultati sull’isola di Madera, nelle Azzorre, nelle Canarie fino a raggiungere le isole di Capo Verde. Con le conquiste delle isole occidentali si iniziò a forgiare il concetto di identità europea: l’europeo che solcò l’oceano verso le Americhe aveva già in petto questa esperienza, accrescendo la percezione a dismisura che egli già aveva di sé. L’Europa era superiore proprio perché era Europa, e dunque il suo ruolo legittimo fu quello di conquistare e dominare[12].
L’espansione europea nel mondo fu un avvenimento moderno ma è al Medioevo che si rifanno delle tradizioni che si ripercuotono non solo nel secolo delle scoperte. Si pensi all’idea di un presunto regno di un certo Prete Gianni, il quale nelle prime battute del XV secolo fu motore eccezionale di molte spedizioni sia verso l’Oriente sia verso l’Occidente, infatti i principi e gli avventurieri cristiani iniziarono un’affannosa ricerca del suo regno, ritenuto essere ora in Africa, ora in Oriente e poi in America[13].Tutte queste suggestioni furono riprese, ampliate e portate agli estremi delle loro conseguenze dagli uomini della penisola iberica. Come ha osservato C. Lèvi-Strauss: «Gli spagnoli, non sono andati ad acquisire nuove conoscenza quanto a verificare le antiche leggende: le profezie dell’Antico Testamento, i miti greco-latini come l’esistenza di Atlantide e delle Amazzoni; a quest’eredità giudeo latina si aggiungevano le leggende medievali, come l’impero del Prete Gianni, l’apporto indiano: l’El Dorado e la Fontana dell’eterna Giovinezza»[14].
Dal mare nostrum all’Oceano.
Nel Medioevo la navigazione era assai ridotta in quanto non era previsto che le imbarcazioni si spingessero fino in alto mare ed inoltre tenevano sempre d’occhio la costa: caratteristiche impossibili da mantenere per la futura navigazione oceanica. Le imbarcazioni erano piccole, poco robuste e senz’altro non potevano resistere alla forza dei venti e delle correnti oceaniche. Altra cosa da tenere in considerazione è che gli uomini medievali popolarono la periferia dell’ecumene con entità fiabesche, mitologiche o mostruose[15]. La cartografia subì una sensibile regressione nel Medioevo con carte approssimate e redatte con la tipica struttura a T: Gerusalemme al centro, l’Africa e l’Europa in basso, l’Asia in alto e in alcune carte era rappresentato anche il paradiso terrestre[16]. La navigazione sugli Oceani apportò alcune innovazioni tra le quali il passaggio dal cabotaggio al pileggio. Il cabotaggio prevedeva la navigazione parallela alla costa ed era funzionale per le realtà economiche che affacciavano sul mare, mentre la navigazione per pileggio si spingeva in alto mare affidandosi alla strumentazione tecnica, infatti sullo scorcio del XIII secolo assistiamo ad un rinnovato interesse per la ricerca e l’innovazione della navigazione[17]. Strumenti come la bussola, la rosa dei venti, l’astrolabio, i portolani divennero l’arsenale dei navigatori ed esploratori mentre le imbarcazioni furono le vere e proprie protagoniste delle scoperte geografiche. Ad esempio, i portolani nati nel Duecento, erano dei veri e propri manuali basati sulla navigazione costiera, essi contenevano informazioni sui maggiori porti del Mediterraneo. Tra il XIII e il XV secolo si arricchirono fino a contenere informazioni per la navigazione verso l’Oceano Atlantico e successivamente per le Americhe per cui ben presto e soprattutto in Spagna e Portogallo, furono coperti dal segreto di stato[18].
Nel corso del Quattrocento le navi progettate per la navigazione oceanica, erano robuste e pesanti, ma allo stesso tempo agili e capaci di immagazzinare grandi quantità di merci. Videro così la luce la Caracca[19] con tre alberi, usatissima dai portoghesi nel XVI secolo per i viaggio in India e in Asia orientale. La Caravella[20] nacque nei cantieri portoghesi, usata per la navigazione costiera era un’imbarcazione veloce e leggera, adatta ad ogni tipo di mare e vento. Esse furono usate dal 1440 in poi per esplorare le coste africane[21]. Invece, per i viaggi più lunghi vi era la necessità di navi più grandi e di conseguenza più pesanti: il galeone [22] probabilmente costruito nei cantieri navali di Venezia vide l’oceano nel XVI secolo. Esso era il discendente diretto della galera mediterranea venne equipaggiato con velatura mista rinunciando definitivamente all’uso dei rematori.
Non solo il progresso tecnico ma anche gli eventi storici saranno una congiunzione fondamentale per lo spostamento del baricentro economico e commerciale dal Mediterraneo all’Oceano Atlantico. Nel 1453 Costantinopoli, dopo esser stata per secoli sotto l’egida cristiana, viene presa dai Turchi di Maometto II, questo drammatico avvenimento per la cristianità d’occidente non ebbe conseguenze solo spirituali ma anche temporali. Innanzitutto si verificò l’esodo verso l’Europa degli intellettuali bizantini che diedero inizio all’Umanesimo, successivamente si ebbe la rapida espansione dei Turchi nel Mediterraneo che sbarrarono i commerci di Genova e Venezia con l’Oriente, determinando per gli europei la necessità di cercare nuove rotte per raggiungere i mercati delle spezie come Calicut, Malabar e Goa[23]. I viaggi alla ricerca delle Isole delle Spezie furono sollecitati anche da altri fenomeni come l’aumento dei consumi e la ripresa demografica dopo la crisi generale del Trecento. Il transito delle spezie seguiva itinerari fissi sia marittimi che terrestri. L’Africa, ad esempio fu da sempre percorsa da carovane che attraversavano il deserto del Sahara verso le città portuali: Tunisi e Tripoli, le quali affacciate sul Mediterraneo divennero le basi commerciali predilette delle Repubbliche Marinare attraverso le quali giungevano in Occidente: mirra, aloe, incenso, oro ed altri prodotti esotici. Fu il Portogallo con la dinastia degli Avìz a trovare lo sbocco per aggirare l’ostacolo islamico. Enrico di Portogallo[24], promosse l’espansione verso il sud del Mediterraneo durante il XV secolo. A lui che si deve lo spostamento del baricentro delle attività marittime dall’Italia alla Penisola Iberica[25]. Tutta la sua vita fu vissuta all’insegna di approfonditi studi sulla navigazione, sulla geografia e sull’astronomia tanto da porre il suo quartier generale nell’Algarve, la regione più meridionale del Portogallo, dalla quale salpavano spedizioni per l’esplorazione e occupazione delle coste atlantiche e africane[26]. Enrico, detto il Navigatore per la sua vocazione marittima, impersonava per la sua mentalità un miscuglio di motivazioni che si richiamavano sia al modo di pensare di un uomo medievale sia al momento storico in cui egli viveva. Motivazioni in cui spunti nazionalisti, religiosi, commerciali, scientifici e militari convergevano. Enrico riuscì a pianificare l’attività irregolare dei navigatori portoghesi del XIV secolo in un attacco pianificato a quella geografia a sud del Mediterraneo di cui si aveva una conoscenza imperfetta che riduceva il mondo ai confini dell’Europa [27]. Il punto di partenza di questa nuova fase fu segnata dall’occupazione portoghese di Ceuta sulle coste nord africane nel 1415 alla quale seguì la colonizzazione dell’isola di Madera nel 1418[28]. La piccola isola di Madera sostenne il crescente fabbisogno del paese di cereali e di legname per la costruzione di navi oltre ad essere un buon punto di scalo per le stesse che salpavano alla volta dell’Atlantico. Alla metà del XV secolo che l’isola divenne una delle maggiori produttrici di canna da zucchero grazie alla presenza di schiavi africani[29] .L’ascesa portoghese fu irresistibile tanto che nel 1427 venne occupato l’arcipelago delle Azzorre nell’oceano Atlantico ma fu nel 1434 che si verificò un evento eccezionale: le navi portoghesi guidate da Gil Eanes oltrepassarono il Capo Bojador presso la costa nord-occidentale dell’Africa, sfatando la superstizione medievale della presenza di mostri marini in quelle acque. Fu quest’atto, del tutto inconsapevole, che diede inizio alle grandi scoperte geografiche e al colonialismo iberico fuori dall’Europa[30]. Enrico il Navigatore morì nel 1460 e in quell’anno i portoghesi si erano già spinti fino all’equatore tentando di consolidare la propria presenza su quei luoghi. Con la salita al trono di Giovanni II, il Portogallo ebbe un rinnovato impulso per le imprese a largo raggio d’esplorazione: li ritroviamo presso il fiume Congo, alla punta estrema dell’Africa e poi in India. Ebbe successo anche una spedizione di Pedro da Cavilhà che nel suo viaggio mercantile toccò Il Cairo, Aden, Calicut, Malabar. Aprire delle rotte commerciali ed empori lungo le coste della penisola indiana era uno dei piani dei portoghesi e ciò ci è confermato dal fatto che il promontorio dell’estrema punta meridionale dell’Africa che fu doppiato da Bartolomeo Diaz nel 1486, cambiò il suo nome da Capo delle Tempesta a Capo di Buona Speranza. La ricchezza e la fame del piccolo Stato affacciato sull’Atlantico non passò inosservata e ben presto Spagna, Inghilterra, Olanda e Francia si imbarcarono anche loro per tentare la sorte oltreoceano[31]. Non abbiamo dati precisi su quante ricchezze confluirono nei forzieri portoghesi ma una cosa è certa la corona lusitana riprese a coniare il cruzado [32], una moneta di solo oro zecchino. Non solo oro ma anche argento, in quantità tali da permettere nuovamente all’Europa occidentale di batter conio d’argento in maniera massiccia. Il monopolio commerciale esercitato dai portoghesi non si esplicò solo sull’oro ma anche su schiavi, pepe e avorio tanto che i territori della costa africana erano definiti con il nome di Costa d’Avorio, Costa d’Oro, Costa del Pepe, Costa degli Schiavi[33]. L’impresa di raggiungere l’India circumnavigando l’Africa patrocinata prima da Giovanni II di Portogallo e poi dal suo successore Manuele I fu portata a termine da Vasco de Gama, coronando l’impresa nata ottant’anni prima. De Gama sbarcò con la sua flotta a Calicut, la maggior piazza commerciale affacciata sull’oceano Indiano sulla quale confluivano spezie ed ogni altro prodotto dell’entroterra asiatico. I mercanti portoghesi rifornivano le loro navi di ogni tipo di spezie che poi giungevano sul mercato di Lisbona: dalla cannella di Cylon, alla noce moscata dalle isole di Banda, dalla canfora del Borneo, ai chiodi di garofano delle Molucche. In virtù di tali commerci i sovrani del Portogallo erano chiamati, non a caso i “re droghieri”[34]. Tutto ciò contribuì a fare del Portogallo una delle prime nazione ad aver sviluppato un commercio su scala mondiale[35].
Chi era l’altro? Il mostruoso, l’alterità ed il fantastico nella letteratura di viaggio e nella mentalità dell’uomo medievale.
L’estrema parsimonia con cui il Medioevo usò lo spazio naturale ha condizionato la reazione d’orrore, sgomento e meraviglia del diverso, senza dubbio questi tratti si attenuarono sotto l’incalzante scoperta dei nuovi spazi[36]. Il Medioevo prima del 1492 non aveva conosciuto nulla di simile, infatti il contatto con le popolazioni del Nuovo Mondo generò una sensazione di alterità che venne percepita in maniera profondissima, quasi incolmabile. Uno dei problemi principali aveva a che fare con la religione: la Bibbia non parlava del Nuovo Mondo, dunque, quelle terre erano solo un’illusione[37]? Ciò che vedeva l’uomo del Medioevo era la differenza, non la similitudine. Inoltre egli temeva la somiglianza, aveva paura di assomigliare all’altro per il quale provava repulsione ed orrore temendo di essere egli stesso l’altro. Non è un caso che fu proprio l’epoca medievale a concepire l’idea della mostruosità: i famosi Bestiari medievali altro non erano che cataloghi dove erano annoverate entità mostruose che popolavano la Terra[38]. L’estraneo era la differenza che si materializzava e che caratterizzava l’altro e questa differenza provocava la meraviglia. I viaggiatori del Basso Medioevo insistevano dicendo: «ciò che ho visto non è simile a niente di conosciuto sia in bene che in male»[39]. Fino al XIII secolo la zona dell’estraneo per eccellenza era l’Asia questa regione restò per l’Occidente una regione fittizia, quasi misteriosa il cui nome di India rievocava la sua antichità, della quale si erano perse le tracce, ed era fonte di ogni meraviglia e stranezza[40].
I mostri, sono per definizione, l’altrove e i cavalieri crociati ed i missionari che si spingevano verso l’est sapevano bene cosa doversi attendere. Questi esseri che un’antinatura aveva sconvolto lo spazio corporeo incarnavano il grottesco, il carnevalesco e l’iperbolico che ossessionò l’immaginazione europea fin ben oltre il Medioevo[41]. Alcuni dei viaggi extra-europei di maggior portata sull’immaginario europeo furono i viaggi compiuti dai mercanti veneziani, prima tra tutti quella della famiglia Polo che si spinsero in estremo Oriente, fino alla corte del Gran Khan[42]. Marco Polo tornò dopo venticinque anni di assenza nella sua città natale e poco dopo il suo ritorno venne fatto prigioniero in seguito alla battaglia di Curzola (per le rivalità tra Venezia e Genova). Il giovane Polo nelle prigioni genovesi incontrerò Rustichello da Pisa, al quale dettò il famoso Milione o l’altrimenti detto Il Libro delle Meraviglie. Esso era un resoconto dettagliato del suo viaggio e della sua permanenza alla corte cinese che assunse i contorni più di un viaggio meraviglioso che non di un itinerario commerciale[43]. Questo tipo di letteratura di viaggio nel Medioevo era molto apprezzata ed infatti il Milione ebbe una straordinaria diffusione, tanto che la stessa Repubblica di Venezia fece si che ne pervenisse in dono un prezioso esemplare ad Enrico il Navigatore, principe del Portogallo[44]. Marco Polo descrisse la Via della Seta che collegava il Mediterraneo alla Cina lungo la quale fioriranno città commerciali come Samarcanda, definita la Roma d’Oriente. Qui si vendevano stoffe, sete, pietre preziose come la giada o le immancabili spezie come la cannella, lo zenzero, il pepe e i chiodi di garofano. Il racconto fu poi verificato, in tempi odierni, su altri documenti estratti dagli archivi cinesi dimostrandosi esatto per la descrizione di luoghi, popoli, usi, costumi ed eventi. Ma quanto riportato nel Milione venne considerato dai più come una pura invenzione, poiché ritraeva una società evoluta e sviluppata cosa che gli europei non credevano affatto fosse possibile per dei popoli asiatici, visti ancora come dei barbari[45]. Qualcuno, nonostante tutto, aveva creduto a quei racconti, e quel qualcuno fu proprio Cristoforo Colombo. Non è del tutto improprio sostenere che gli europei affrontano l’oceano sollecitati anche dal Milione perché la sua straordinaria fortuna attesta il costituirsi, nell’Europa del Tardo Medioevo, di un terreno psicologico collettivo favorevole alla grande avventura transoceanica[46].
Bibliografia
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Surdich F., Verso il nuovo mondo. La dimensione e la coscienza delle scoperte, Firenze, Giunti,
Zumthor P., La misura del mondo. La rappresentazione dello spazio nel Medioevo, Bologna, Il Mulino, 1995.
Note

[1] W. Reinhard, Storia dell’espansione europea, Napoli, Guida, 1987.
[2] D. Balestracci, Terre ignote strana gente: storie di viaggiatori medievali, Roma-Bari, Laterza, 2015.
[3] P. Zumthor, La misura del mondo. La rappresentazione dello spazio nel Medioevo, Bologna, Il Mulino, 1995.
[4] Ivi.
[5] Ivi, cit., p. 233.
[6] Ivi.
[7] D. Alighieri, La Divina Commedia, Milano, BUR, 2007.
[8] W. Reinhard, Storia del colonialismo,Torino, Einaudi, 2002, cit., p. 11-12.
[9] C. Grimberg, Storia universale, Milano, Dall’Oglio, 1968.
[10] Ivi, cit., p. 308.
[11] M. Donattini, Dal Nuovo Mondo all’America. Scoperte geografiche e colonialismo (secoli XV – XVI), Roma, Carocci, 2014.
[12] W. Reinhard, Storia del colonialismo,Torino, Einaudi, 2002.
[13] Ivi, cit., p. 9.
[14] F. Surdich, Verso il nuovo mondo. La dimensione e la coscienza delle scoperte, Firenze, Giunti, 1991, cit., p. 153.
[15] M. Donattini, Dal Nuovo Mondo all’America.
[16] F. Lavagna, E. Lucarno, Geocartografia, Bologna, Zanichelli, 2007.
[17] M. Donattini, Dal Nuovo Mondo all’America, cit., p. 29.
[18] F. Lavagna, E. Lucarno, Geocartografia, Bologna, Zanichelli, 2007.
[19] M. Donattini, Dal Nuovo Mondo all’America, cit., p. 31-32.
[20] M. Donattini, Dal Nuovo Mondo all’America.
[21] G. Marocci, L’invenzione di un impero: politica e cultura nel mondo portoghese, 1450-1600, Roma, Carocci, 2011.
[22] M. Donattini, Dal Nuovo Mondo all’America.
[23] C. Grimberg, Storia universale,cit., p. 432.
[24] M. Dinucci, Geostoria dell’Africa, Bologna, Zanichelli, 2000.
[25] J. H. Saraiva, Storia del Portogallo, Milano, Mondadori, 2004.
[26] C. Gibson, M. Carmagnani, J. Oddone, L’America Latina, Torino, Unione Tipografico – Editrice Torinese, 1986.
[27] Ivi, cit., p. 6.
[28] F. Surdich, Verso il Nuovo Mondo. La dimensione e la coscienza delle scoperte, Firenze, Giunti, 1991.
[29] W. Reinhard, Storia dell’espansione europea.
[30] J. H. Parry, Le grandi scoperte geografiche, Milano, Il Saggiatore, 1963.
[31] C. Gibson, M. Carmagnani, J. Oddone, L’America Latina, cit., p. 7.
[32] W. Reinhard, Storia dell’espansione europea, cit., p. 45.
[33] W. Reinhard, Storia dell’espansione europea.
[34] J. H. Parry, Le grandi scoperte geografiche, Milano, Il Saggiatore, 1963, cit., p. 253.
[35] J. H. Parry, Le grandi scoperte geografiche.
[36] Ivi.
[37] P. Zumthor, La misura del mondo, cit., p. 253.
[38] P. Zumthor, La misura del mondo.
[39] Ivi, cit., p. 255.
[40] Ivi.
[41] Ivi, cit., p. 263.
[42] W. Reinhard, Storia dell’espansione europea.
[43] J. Favir, L’oro e le spezie. L’uomo d’affari dal Medioevo al Rinascimento, Milano, Garzanti, 1990.
[44] W. Reinhard, Storia dell’ espansione europea.
[45] J. Favir, L’oro e le spezie.
[46] M. Donattini, Dal Nuovo Mondo all’ America, cit., p. 22.

Valentina Falanga
È nata a Torre del Greco, provincia di Napoli, il 10 gennaio 1991. Da sempre appassionata di storia, arte e letteratura il 24 novembre 2017 si è laureata con il massimo dei voti in Scienze Storiche, indirizzo medievale-rinascimentale, all’università Federico II di Napoli.
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