Il rapporto fra i Canossa e le Congregazioni benedettine

Miniatura del codice originale della Vita Mathildis di Donizone di Canossa (sec. XII). Biblioteca Vaticana, Roma. Cod. Vat. lat. 4922 (1115).

Il rapprto fra i Canossa e le Congregazioni benedettine di Fabio Serafini

La figura di Matilde di Canossa è così famosa che appare superfluo soffermarsi anche brevemente sulla sua biografia e si rimanda quindi l’interessato a quelle pubblicazioni che si sono già occupati della sua vita.[1]
Affinché si possa meglio comprendere il contesto dei documenti su cui ci si soffermerà a breve, vale tuttavia la pena ricordare che Matilde nacque forse a Mantova durante il marzo 1046, divenne contessa di Mantova nel 1052, contessa di Toscana e duchessa di Spoleto nel 1076 e viceregina d’Italia nel 1110, mantenendo tali titoli fino alla morte, avvenuta a Bondeno di Roncore il 24 luglio 1115.
Come si vedrà a breve, Matilde non fu tuttavia l’unica dei Canossa ad avere intrattenuto rapporti con le Congregazioni benedettine.
Allo stato attuale è conosciuto un solo documento che attesta il rapporto fra la famiglia qui di interesse ed i monaci avellaniti: esso fu redatto il 7 luglio 1072 a Colle Vignali – località del comitato di Perugia – con cui ella e sua madre Beatrice di Toscana, contesse e duchesse di Spoleto, su istanza di Damiano priore dell’eremo di santa Croce di Fonte Avellana e dell’avvocato di quest’ultimo Giovanni de Lito, proibirono di arrecare danni ai beni di proprietà dell’eremo[2].
Gli immobili avellaniti che non avrebbero dovuto subire danni furono le chiese di san Luca di Gubbio, san Cristoforo in Luccoli, san Giovanni Battista in Villamagna, sant’Angelo di Montesecco, san Martino di Barchi e san Fortunato di Frontone con le relative pertinenze fatta eccezione per l’ultima, la terza parte della chiesa di san Donnino in Vallentana con la proprietà annessa, la canonica di santa Croce di Jesi e le rispettive pertinenze, parte del castello di Ripalta con la proprietà annessa e, infine, i terreni di Montemaggiore.
A questi beni si aggiunsero quelli in affitto dall’eremo: la chiesa di sant’Andrea di Loreto con il castello detto Poggio e le relative pertinenze, metà della chiesa di santa Maria in Gualdo, la terza parte della pieve di santa Maria di Montemaggiore, i terreni nella pieve di san Liverio e la chiesa di sant’Agata di Fano.
La Congregazione avellanita possedette quindi ogni singola proprietà appena menzionata già prima della redazione dell’atto e si può supporre che i monaci ebbero dei fastidi se i Canossa dovettero intervenire a difesa dell’eremo di Fonte Avellana.
Alla stessa stesura del documento risultano come testimoni i giudici Alderico, Uberto, Gerardo, Guido, Segnorito e Giovanni, Pagano de Corsena, i vescovi di Perugia e di Assisi, il conte Sifredo, Ildebrando figlio di Guido, Ildebrando figlio di Sifredo, i visconti Giovanni ed Ugo – quest’ultimo di Pisa -, Ragineri de Vuido e Teodosio figlio di Guglielmo, oltre a diverse altre persone di cui non furono menzionati il nome nell’atto.
Si può ipotizzare, con una certa sicurezza, che la richiesta a Matilde da parte del priore avellanita non sia stata casuale: oltre a possedere vasti domini in centro Italia sui quali si furono stabiliti gli avellaniti, sia la canossana che sua madre godevano in quel periodo sicuramente di una grande importanza e quindi di una notevole influenza e ciò è dimostrato indirettamente dall’enorme numero di testimoni presenti alla redazione dell’atto, appartenenti sia al mondo clericale che laico.
Diverso invece il rapporto intrattenuto da Matilde di Canossa con la Congregazione camaldolese, così come risulta dagli Annali Camaldolesi.

Eremo di Camaldoli

I redattori dell’opera appena menzionata, nel narrare gli accadimenti del 1003, ricordarono una ingiuria perpetrata a Bologna dal marchese Bonifacio di Canossa e per quest’ultimo venne specificato essere figlio di Tebaldo di Canossa e, soprattutto, padre di Matilde, definita nel primo caso magnae comitissae, quindi grancontessa.[3]
Il rapporto di parentela fra Tebaldo e Matilde fu ricordato ancora nella parte del primo volume degli Annali Camaldolesi dedicata all’anno 1012.[4]
Fra le due vicende legate a Tebaldo si attesta la notizia sul divorzio fra Matilde – di nuovo menzionata come magnae comitissae – e Welfone duce Sueviae[5], il quale va identificato con Guelfo V, duca di Baviera, ricordato nella parte dedicata al 1008: questi si sposarono durante il 1089 e si suppone fossero consanguinei,[6] ma Guelfo V abbandonò Matilde o si separarono di comune accordo nel successivo 1095[7].
I redattori degli Annali Camaldolesi ricordarono come Donizone fu autore di una biografia su Matilde di Canossa nello spazio dedicato all’anno 1034, dove fu riportato un elogio al vescovo Teobaldo – su cui non vennero aggiunte notizie per identificarlo con precisione – inserito nel primo volume della medesima biografia.[8]
Per il successivo 1046 venne invece ricordata una vicenda della vita del marchese Bonifacio legata all’abbazia di Pomposa e venne ricordato come tale nobile fosse il padre di Matilde e marito di Beatrice,[9] già riscontrata nel documento avellanita.
Va ricordato, attraverso una seppur breve digressione, che la celeberrima abbazia di Pomposa è stata una proprietà benedettina: per motivi di spazio, si rimanda l’interessato alle pubblicazioni che riguardano tale edificio di culto[10].
Per il 1064 venne invece ricordato come Damiani – sicuramente san Pier Damiani – si rese autore di una lettera indirizzata a Papa Alessandro II in cui si scagliò contro chi si macchiò di simonia e dove menzionò Beatrice ed un simile scritto fu per così dire il seguito di un colloquio che lo stesso Pier Damiani intrattenne, durante l’anno precedente, con il duca Goffredo.[11]
Gli autori degli Annali Camaldolesi, dopo aver riportato una parte della lettera, hanno voluto specificare che Pier Damiani estimò Beatrice, identificandola con la madre di Matilde di Canossa, per la quale venne altresì specificato essere la moglie del duca Goffredo, detto il gobbo.
Il matrimonio fra Matilde e Goffredo duca di Lorena risale tuttavia al 1069 e, giacché la lettera risale al 1064, il Goffredo del colloquio va identificato con il padre di Goffredo il gobbo, detto il Barbuto, a sua volta terzo marito di Beatrice madre della stessa Matilde, il quale decise con la moglie di consolidare i rapporti fra le relative famiglie attraverso il fidanzamento ed il successivo matrimonio fra Goffredo il gobbo e Matilde.[12]
Nella disamina del 1070, invece, venne ricordato un privilegio della contessa Beatrice a favore del monastero di san Salvatore de Fonte-bona, che da quel momento fu rinominato in de Barardinga & Berardingorum[13], ed una carta redatta dal duca e marchese Goffredo a seguito di una donazione di terre locate in vocabulo Bovanum, nel territorio Castello Petrosu, appartenente al ducato di Spoleto, effettuata da tale Giovanni e sua sorella Berta, al monastero camaldolese di san Vittore de Clusis & Murico[14].

Goffredo il Barbuto

Come è stato già fatto notare dai redattori degli Annali Camaldolesi, Goffredo il Barbuto morì il 21 o 24 dicembre 1069[15], quindi in un momento precedente la Charta appena ricordata e non è conseguentemente comprensibile il motivo per cui il notaio che redasse tale documento menzionò il duca sebbene quest’ultimo fosse deceduto.
In un altro stralcio del secondo atto preso in esame si parla di un editto di papa Alessandro – sicuramente il secondo con tale nome, in carica dal 1061 al 1073[16] – riguardante un possesso camaldolese non meglio specificato e redatto separatamente dal comportamento della marchesa Beatrice.
Sempre secondo gli autori degli Annali Camaldolesi non è comprensibile a quale evento ed a quale data si riferisse il notaio: da una parte, l’unica concessione di Goffredo e Beatrice a favore dei camaldolesi in quel momento conosciuta risulta essere stata quella del 1064 e non ve ne può essere un’altra datata 1070 a causa della precedente morte di Goffredo, lasciando alla sola moglie il potere sui loro domini, fino a che Matilde e Goffredo il Gobbo non assunsero la carica di duca di Toscana senza la reggenza di Beatrice.
Nel proseguo gli stessi autori riportarono alcune notizie almeno non direttamente inerenti Matilde ed i Canossa più in generale, per poi ricordare la presenza di Enrico, durante il 1077, in terris Rhegiensis comitatus, territorio di pertinenza della contessa Matilde, ormai al potere con suo marito Goffredo il Gobbo, a seguito della morte della madre Beatrice.
Si tratta sicuramente di un riferimento alla cosiddetta umiliazione di Enrico IV, futuro imperatore e già re di Germania e duca di Baviera[17], il quale, a seguito della scomunica comminatagli da Gregorio VII – pontefice dal 1073 al 1085[18] -, nel gennaio 1077 ottenne, nel territorio canossiano e con la mediazione di Matilde, la pace con lo stesso papa dopo alcuni giorni di privazioni[19].
Come si è già accennato, Matilde morì durante il 1115 e fu l’ultima dei Canossa a regnare sulla Toscana, essendo senza eredi, pur adottando Guido Guidi, il quale poté succederle come duca toscano e rimase signore di quel territorio fino al 1124, anno della sua morte.[20]
Alla morte del Guidi seguirono alcuni duchi di nomina imperiale, l’ultimo dei quali fu Filippo di Svevia, il cui potere sulla Toscana durò dal 1195 a 1197[21]: dagli Annali Camaldolesi si apprende che questi fu figlio dell’imperatore Federico il Barbarossa e fratello dell’imperatore Enrico VI e durante il 1195 redasse un Diploma a favore del monastero di Fonte Avellana; Filippo, inoltre, dovette il titolo nobiliare al fratello Enrico e venne ricordato come quel territorio fu precedentemente amministrato da Matilde, definita dagli autori degli Annali Camaldolesi una buona contessa[22].
Questi ultimi, nella successiva parte dedicata al 1237, si soffermarono su una donazione a favore del monastero di Marola, locato nel reggiano e precedentemente fondato da Matilde[23]: la fondazione del monastero è già stato oggetto di precedenti studi, a cui si rimanda l’interessato[24].
Nell’ottavo volume degli Annali Camaldolesi fu dato spazio alla morte dell’abate camaldolese Silvano Razzi, avvenuta il 14 ottobre 1611 e di questi venne redatta una seppur breve biografia in cui furono inseriti i titoli di vari testi a lui attribuiti come autore, fra cui spicca il Vita overo azioni della contessa Matelda, pubblicato a Firenze nel 1587 ed almeno apparentemente dedicato a don Giovanni de Medici.[25]
Allo stato attuale non è stato possibile rintracciare tale opera, tuttavia risulta menzionata in un testo ormai datato che ha aggiunto come esso sia stato stampato da Bartolomeo Sermartelli ed in una pubblicazione di un monaco camaldolese già autore degli Annali Camaldolesi.[26]
Per concludere, almeno tre generazioni della famiglia Canossa, della quale l’esponente più famosa è certamente Matilde, ebbero rapporti quantomeno con le Congregazioni benedettine degli Avellaniti e dei Camaldolesi, sebbene allo stato attuale non si siano rintracciati i relativi documenti per questi ultimi.
Da tali relazioni si può innanzitutto comprendere come i domini dei Canossa comprendessero, direttamente o meno, perlomeno parte delle attuali regioni Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche e che, per un certo periodo, Matilde abbia regnato su quei territori insieme alla madre Beatrice e poi con il secondo marito.
A tutt’oggi, si ha solo traccia dell’intervento delle due esponenti dei Canossa appena menzionate a difesa dei monaci avellaniti, i quali ebbero sicuramente problemi con terze persone – per utilizzare un modo di dire contemporaneo – non menzionate nel documento rintracciato, per cui non è comprensibile a chi si siano riferite le due aristocratiche.
Diverso e più voluminoso di notizie giunte ai giorni nostri, invece, il rapporto intrattenuto dai Canossa con i camaldolesi, iniziato da Tebaldo, nonno paterno di Matilde, e terminato con quest’ultima, poiché l’unica erede di Matilde – anch’essa di nome Beatrice – morì pochi giorni dopo la nascita, con la conseguenza della dispersione dei domini canossiani a seguito del decesso della medesima Matilde.
Durante i regni di Tebaldo, Bonifacio, Beatrice e Matilde, i camaldolesi furono privilegiati dai Canossa in più occasioni e poterono aumentare i propri possedimenti quantomeno durante il periodo in cui Matilde dominò i territori già menzionati dopo la morte della madre.
Ulteriori ricerche potrebbero tuttavia permettere di rintracciare altri documenti attraverso i quali poter eventualmente meglio conoscere le relazioni fra i Canossa ed i benedettini.
Note
[1] Donizone, Vita di Matilde di Canossa, Milano 2008; L. Castelfranchi Vegas, Matilde di Canossa, il papato, l’impero, Cinisello Balsamo 2008; P. Golinelli, Breve storia di Matilde di Canossa, Milano 2015; id., Matilde di Canossa, Milano 2020; E. Ferri, La Grancontessa, Milano 2016; G. Moretti, Alla corte di Matilde di Canossa, Milano 2011; A. Overmann, La Contessa Matilde di Canossa, Lucera 1980.
[2] C. Pierucci – A. Polverari (a cura di), Carte di Fonte Avellana, volume 1 (975-1139), Roma 1972, pp. 88-90, documento 34.
[3] G. B. Mittarelli – A. Costadoni, Annales camaldulenses ordinis sancti Benedicti, volume 1, Venezia 1755, p. 124; I. Gobry, L’Europa di Cluny, Roma 1999, p. 265.
[4] G. B. Mittarelli – A. Costadoni, volume 1, cit., p. 343.
[5] G. B. Mittarelli – A. Costadoni, volume 1, cit., p. 295.
[6] L. L. Ghirardini, Storia critica di Matilde di Canossa, Modena 1989, p. 149; id., La bellezza di Matilde di Canossa, Reggio Emilia 1986, p. 96; G. Bertuzzi, Studi matildici, Modena 1964, p. 278; A. Spicciani, Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo, Roma 2003, p. 51.
[7] L. L. Ghirardini, La…, cit., p. 96; P. Golinelli, Matilde di Canossa, cit.; id., Matilde di Canossa nelle culture europee del secondo millennio, Bologna 1999, p. 90.
[8] G. B. Mittarelli – A. Costadoni, Annales camaldulenses ordinis sancti Benedicti, volume 2, Venezia 1756, pp. 44-45, 99.
[9] G. B. Mittarelli – A. Costadoni, volume 2, cit., p. 99.
[10] AA.VV., L’abbazia di Pomposa, un cammino di studi all’ombra del campanile (1063-2013), Atti della Giornata di studi pomposiani, Abbazia di Pomposa, Sala delle stilate, 19 ottobre 2013, Ferrara 2017; A. Samaritani – C. Di Francesco, Pomposa, Ferrara 1999; C. Di Francesco, L’abbazia e il Museo di Pomposa, Roma 2000.
[11] G. B. Mittarelli – A. Costadoni, volume 2, cit., pp. 285-286.
[12] L. L. Ghirardini, Storia…, cit., p. 239; P. Golinelli (a cura di), I Poteri dei Canossa, da Reggio Emilia all’Europa, Atti del convegno internazionale di studi, Reggio Emilia – Carpineti 29-31 ottobre 1992, Bologna 1994, p. 337.
[13] G. B. Mittarelli – A. Costadoni, volume 2, cit., p. 337.
[14] G. B. Mittarelli – A. Costadoni, volume 2, cit., pp. 337-338.
[15] AA.VV., Storia e letteratura, Roma 1951, p. 380; P. Golinelli, Matilde…, cit..
[16] G. Castellari, Il diritto ecclesiastico nel suo svolgimento storico e nella sua condizione attuale in Italia, Torino 1888, p. 238; F. Cardini – M. Montesano, Storia medievale, Milano 2006, p. 195; A. Di Maggio, La Puglia nel Medioevo, Bari 2003, p. 43.
[17] R. Wahl, Heinrich IV, Augusta 2000.
[18] AA.VV., Sacerdozio e regno da Gregorio VII a Bonifacio VIII, studi presentati alla Sezione storica del Congressodella Pontificia Università gregoriana, 13.17 ottobre 1953, Roma 1954, p. 101.
[19] G. Oliva, I Savoia, Milano 2019; O. Capitani, L’Italia dell’alto Medioevo, volume 5, parte 2, Roma 1984, p. 31; Istituto per gli studi storici veronesi, Verona e il suo territorio, volume 2, Verona 1964, p. 147; G. Andenna, Storia di Cremona, volume 2, Azzano San Paolo 2003, p. 129.
[20] M. Castelli, Chiostri e conventi a Firenze fuori le mura, Firenze 1991, p. 18; P. Golinelli, Matilde e i Canossa nel cuore del medioevo, Firenze 1991, p. 282; id., Matilde di Canossa, cit..
[21] N. Rauty, Regesta chartorum Pistoriensum, Pistoia 1974, p. 73.
[22] G. B. Mittarelli – A. Costadoni, Annales camaldulenses ordinis sancti Benedicti, volume 4, Venezia 1759, p. 154.
[23] G. B. Mittarelli – A. Costadoni, volume 4, cit., pp. 339-341.
[24] AA.VV., Storia e letteratura, cit.; AA.VV., Quattro Castella nella storia dei Canossa, Atti del Convegno di studi matildici, 28-29 maggio 1977, Roma 1977.
[25] G. B. Mittarelli – A. Costadoni, Annales camaldulenses ordinis sancti Benedicti, volume 8, Venezia 1764, pp. 230-233.
[26] N. F. Haym, Notizia de’ libri rari nella lingua italiana, Londra 1726, p. 97; G. Mittarelli, Ad scriptores rerum italicarum, Venezia 1771, p. 148.

Fabio SerafiniFabio Serafini

Originario della regione del Montefeltro, oggi appartenente all’entroterra pesarese, si è poi trasferito a Fano, dove si è diplomato in Analista Contabile, per poi trasferirsi in altre città per motivi di lavoro, vivendo oggi a Ravenna. Fa parte della Libera Associazione di Ricerche Templari Italiani (L.A.R.T.I.), dell’Associazione Ravennate Astrofili Rheyta (A.r.a.r.) e dell’Archeoclub d’Italia – sede di Fano.

È stato relatore durante i seguenti convegni della L.A.R.T.I.:

  • XXX convegno (Cesenatico, 2012), con lo studio Falsi ed inesattezze sull’Ordine del Tempio;
  • XXXI convegno (Bologna, 2013), con gli studi La magione templare de La Rochelle e Falsi ed inesattezze nella ricerca templare;
  • XXXII convegno (Perugia, 2014), con lo studio Le dipendenze templari della magione de La Rochelle;
  • XXXIII convegno (Vicenza, 2015), con lo studio terreni dipendenti dalla magione templare de La Rochelle;
  • XXXIV convegno (Nizza Monferrato, 2016), con lo studio La bolla papale “Dura nimis est” sull’eventuale fusione degli Ordini templare e giovannita;
  • XXXV convegno (Roma, 2017), con lo studio Il ruolo di templari e giovanniti nella lotta all’eresia catara;
  • XXXVI convegno (Ravenna, 2018), con lo studio soggiorno di Rinaldo da Concorezzo in Francia;
  • XXXVII convegno (Fano, 2019), con lo studio I templari e i giovanniti nella Quarta Crociata visti dalle bolle pontificie.
  • XXXVIII convegno (2020) non effettuato per covid-19

Gli sono stati pubblicati i seguenti studi negli atti della L.A.R.T.I.:

  • Falsi ed inesattezze sull’Ordine del Tempio negli Atti del XXX Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2013;
  • La magione templare de La Rochelle negli Atti del XXXI Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2014;
  • Falsi ed inesattezze nella ricerca templare negli Atti nel XXXI Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2014;
  • Le dipendenze templari della magione de La Rochelle nel XXXII Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2015;
  • Falsi ed inesattezze nella ricerca templare negli Atti del XXXII Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2015;
  • I terreni dipendenti dalla magione templare de La Rochelle negli Atti del XXXIII Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2016;
  • Falsi e inesattezze nella ricerca templare negli Atti del XXXIII Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2016;
  • La bolla papale “Dura nimis est” sull’eventuale fusione degli Ordini templare e giovannita negli Atti del XXXIV Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2017;
  • Falsi e inesattezze nella ricerca templare negli Atti del XXXIV Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2017;
  • Il ruolo di templari e giovanniti nella lotta all’eresia catara negli Atti del XXXV Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2018;
  • Falsi e inesattezze nella ricerca templare negli Atti del XXXV Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2018;
  • Il soggiorno di Rinaldo da Concorezzo in Francia negli Atti del XXXVI Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2019;
  • Falsi e inesattezze nella ricerca templare negli Atti del XXXVI Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2019;
  • I templari e i giovanniti nella Quarta Crociata visti dalle bolle pontificie negli Atti del XXXVII Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2020;
  • Falsi e inesattezze nella ricerca templare negli Atti del XXXVII Convegno di Ricerche Templari, edito nel 2020.

Gli sono stati pubblicati i seguenti studi nelle Ricerche A.R.S.O.M.:

  • I giochi dei Templari in Templari, Cavalieri, Architetture nella Sardegna medioevale – Ricerche A.R.S.O.M. 2013, edito nel 2013.

Ha pubblicato i seguenti studi nella rivista Cronache Medievali:

  • Piandimeleto, il paese dei Conti Oliva nel numero 43 (giugno-settembre 2014).

Per Italia Medievale ha pubblicato i seguenti studi:

  • La Rocca Brancaleone di Ravenna, il 5 dicembre 2014;
  • La Congregazione benedettina dei Silvestrini negli Annali Camaldolesi, il 21 dicembre 2020.

Nella rivista Medioevo Adriatico, della Società Internazionale per lo Studio dell’Adriatico nell’Età Medievale (Sisaem) ha pubblicato i seguenti studi:

  • San Marco, chiesa camaldolese e giovannita di Fano, inserito nel quinto volume, pubblicato nel 2015.

Gli sono stati pubblicati i seguenti studi astronomici sul bimestrale Oculus Enoch dell’Associazione Ravennate Astrofili Rheytta Aps (A.R.A.R.):

  • Rheyta, un astronomo ed ottico boemo a Ravenna, nel numero 77 maggio-giugno 2019;
  • Paolo Maffei e l’infrarosso in astronomia, nel numero 81 gennaio-febbraio 2020;
  • Luigi Volta e la scoperta di cinque asteroidi, nel numero 84 luglio-agosto 2020;
  • Cassini, una dinastia scientifica, nel numero 86 novembre-dicembre 2020.

Sul mensile InStoria ha pubblicato i seguenti studi:

  • Platone Tiburtino Astronomo, matematico e “traduttore” del XII secolo, nel numero 150 del giugno 2020;
  • Gherardo da Cremona – Illustre traduttore di testi astronomici, nel numero 151 del luglio 2020;
  • Guido Bonatti – Illustre astronomo italiano di epoca medievale, nel numero 152 dell’agosto 2020;
  • Omero e l’astronomia – L’universo nell’Iliade e nell’Odissea, nel numero 153 del settembre 2020.

Sulla rivista Canonica del Centro Studi Pientini gli sono stati pubblicati i seguenti studi:

  • Corsignano nei documenti camaldolesi nel numero 10 del 2020.

Contatto e-mail dell’autore: fabio.serafini@hotmail.com

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