
di Michele Colabella.
Tra i tanti rimedi naturali, erano utilizzati come medicamenti per uso esterno due caratteristici prodotti del Mediterraneo, il vino e l’olio. Essi furono immortalati dalla parabola del buon Samaritano (Luca 10,30-35), ma erano conosciuti sin dai tempi più antichi per i loro effetti salutari: lenendo le ferite l’olio ne impediva l’essiccazione, e alla sua azione si aggiungeva quella leggermente battericida del vino. Anche nell’età tardo-antica e nel medioevo si continuò a trattare la tematica, sia nelle allegorie religiose e nei racconti agiografici, sia nella farmacopea. È interessante, a tal proposito, mettere a confronto brani degli scritti di sant’Ambrogio, di sant’Agostino e di san Gregorio Magno, con una prescrizione curativa di Ilderganda di Bingen. Il vescovo di Milano commenta il passo di Luca, dando un’interpretazione simbolica: “La sua parola è un balsamo. Un genere di parole fascia le ferite, un altro le ammorbidisce con l’olio, un altro ancora versa sopra il vino. Egli tien strette le ferite quando comanda alquanto severamente, ammorbidisce quando rimette i peccati, pizzica come fa il vino, quando minaccia il giudizio”1. Sulla stessa linea è il vescovo d’Ippona: “La fasciatura delle ferite è il freno imposto ai peccati, l’olio è la consolazione derivante dalla buona speranza che viene dalla remissione della colpa e porta alla riconciliazione e alla pace; il vino è l’esortazione ad agire con spirito il più possibile fervente”2. Nella lettera sinodica mandata nel febbraio 591 ai quattro patriarchi e all’ex patriarca Anastasio, il pontefice ammaestra: “Per questo, come insegna la Verità, l’uomo semivivo è trasportato, per lo zelo del Samaritano, nella locanda. Si adopera per le sue ferite il vino e l’olio, perché le ferite, con il vino, siano perfettamente disinfettate e, con l’olio, siano lenite. È necessario che colui il quale è preposto a sanare le ferite adoperi il morso del dolore simboleggiato dal vino e il lenimento della bontà rappresentato dall’olio, in quanto con il vino si disinfettano le parti putride e con l’olio si leniscano quelle che debbono essere sanate. Vi sia amore che non renda fiacchi e vi sia vigore che non esasperi”3. Ildegarda, invece, prescrive: “E se qualcuno ha delle ulcere sul corpo o viene percosso a sangue, mescoli del buon vino puro con una terza parte di olio vegetale (baumoleum). Sel’ulcera o la ferita mostra già al secondo o al terzo giorno del marcio o del nero, se l’ulcera o la ferita è grande, si deve riscaldare un po’ il suddetto vino oleato e vi si deve immergere un panno di lino. E con il panno così inumidito si medichi l’ulcera o la ferita, finché la putrefazione diminuisce. Se invece l’ulcera o la ferita sono di lieve entità, allora intingi una penna nel suddetto vino oleato freddo, e non riscaldato, e purgali con quella penna con moderazione, man mano che la putrefazione diminuisce”4.
Molti secoli separano gli scritti edificanti e la ricetta medicamentosa della badessa di Bingen e quindi l’atmosfera che vi si respira è completamente diversa. Mentre i Padri forniscono una interpretazione allegorica, per la salvezza spirituale dell’uomo, Ildegarda, al contrario, dimostra un atteggiamento che oggi si direbbe “laico”, teso a proporre rimedi per la salute del corpo.
1 Sant’Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca, II, 12, Città Nuova, Roma, 1978, p. 149.
2 Sant’Agostino, Questioni sui Vangeli, Città Nuova, Roma, X, 2, p. 359.
Roma, Città Nuova Gregorio Magno, Lettere, I.
3 Ildegarda di Bingen, Libri delle creature. Differenze sottili delle nature diverse, ed. a cura di A. Campanini, Carocci, 2011.
4 Ildegarda di Bingen, Il libro delle opere divine, ed. a cura di M. Cristiani e M. Pereira, Mondadori, 2003; E. Breindl, L’erborista di Dio. Santa Ildegarda mistica medievale, Milano, Edizioni Paoline, 1989. Il 7 ottobre 2012 Benedetto XVI ha proclamato Ildegarda di Bingen dottore della Chiesa. Il Papa aveva già illustrato la sua figura in Donne nel Medioevo. Il genio femminile nella storia di Dio, Milano, Marietti 1820, 2011.
È nato a Bonefro (Campobasso) nel 1941, vive dal 1962 a Milano, dove si è laureato in pedagogia, con indirizzo filosofico, specializzandosi poi in critica e tecnica del teatro, alla Scuola Superiore delle Comunicazioni Sociali. Nella stessa città ha frequentato la scuola di archivistica, paleografia e diplomatica, presso l’Archivio di Stato, e l’Istituto di Cultura del Vino, per conseguire il diploma di wine master. È socio dell’Associazione Culturale Italia Medievale. Dopo aver insegnato negli Istituti magistrali, ha condotto recentemente un corso di vitivinicoltura medievale, all’Università delle Tre Età e della Terza Età. Ha tenuto la relazione I vini “speciali” dall’alto Medioevo al Rinascimento: Girolamo Conforti e il “vino mordace”, nella giornata di studi Francesco Scacchi: lo spumante a Fabriano nel XVII secolo (5 giugno 2004). Ha dedicato otto volumi a Bonefro, spaziando dalla storia alla toponomastica, dagli usi e costumi tradizionali al dizionario della lingua locale. È stato promotore del Museo etnografico. Dopo l’esperienza di alcuni atti unici di avanguardia premiati e rappresentati a Milano e in provincia di Como, dal 1975, nel periodo estivo, nel paese natale scrive e mette in scena all’aperto commedie con tematiche popolari; tra l’altro, ha tradotto in bonefrano Le Nuvole di Aristofane. Ha scritto quattro monografie di controstoria italiana, per conto della casa editrice Morano, e ha eseguito, a cura dell’Istituto Regionale di Studi Storici del Molise ”Vincenzo Cuoco”, una ricerca sulla figura di mons. Giovan Andrea Tria, un vescovo del ‘700, storico, erudito e controversista. Nelle edizioni Iannone ha pubblicato nel 1999 Bonefro, gente foretana, con cui ha vinto il Premio Internazionale “Piedicastello” (Il Molise nel mondo, il mondo nel Molise), nella sezione biografie e storie dell’emigrazione edite. Collabora o ha collaborato, oltre che all’Almanacco del Molise, alle riviste Spettacoli d’oggi, Storia e Medicina Popolare, Utriculus, L’Arcolaio, PerBacco. Notiziario di Etnostoria Garganica e La Perla del Molise. Per contattare l’autore: allebaloc@libero.it.