Jaroslav, detto “il Saggio”

Rus' di Kiev intorno al 1000 d.C.
Rus’ di Kiev intorno al 1000 d.C.

di Aldo C. Marturano.

Per l’anno 1019 le CTP (abbreviazione generica usata per le Cronache Russe, fonti primarie di storia antico-russa) scrivono: “Jaroslav s’insediò a Kiev e mentre era in una riunione coi suoi armati si asterse il sudore come segno della grande fatica spesa per una vittoria finalmente raggiunta.” Ed in verità quegli ultimi erano stati degli anni densissimi di avvenimenti per lui nelle Terre Russe, ma ora finalmente era al vertice del potere.
Riassumiamo allora gli eventi più noti.

Suo padre, Vladimiro di Kiev, una trentina di anni prima aveva introdotto il Cristianesimo e causato un tale sconvolgimento nella compagine multietnica dell’immensa pianura europea nord-orientale che, se non si correva subito ai ripari ricucendo e ricompattando, non si sarebbe potuto contare su un dominio sicuro. Il nostro Jaroslav aveva però le idee chiare! In Svezia aveva visto come si fa a prendersi il potere: Bastava tagliare i viveri all’avversario! Con un tal progetto in mente nel 1015 si rifiutò di mandare a Kiev il tributo passato da Novgorod, dove intanto risiedeva come rappresentante di suo padre, che ammontava a ben 2000 grivne d’argento. Una somma enorme pari – più o meno – a 400 kg di argento!

Vladimiro naturalmente si infuriò all’incauta mossa del figlio: Novgorod era suo dominio personale nel quale Jaroslav doveva soltanto imparare a comportarsi da sovrano! Era così quasi in strada verso nord per la spedizione punitiva contro il figlio ribelle quando improvvisamente venne a mancare.

Predslava, sorella di Jaroslav, immediatamente mandò un corriere lungo il Dnepr con la ferale notizia sollecitando il fratello a correre al sud affinché prendesse il posto di suo padre.

Se ci chiedessimo perché Predslava agisse così, ci sono delle circostanze che ci permettono di ricostruire l’accaduto un po’ meglio. Eccole: A Kiev si trovava detenuto il fratellastro maggiore Svjatopolk il quale, con la morte di Vladimiro, ritornava libero automaticamente e quindi pronto ad occupare di diritto il trono contando persino sull’appoggio del suocero Boleslao, sovrano polacco! Sembra che si trovasse in prigione, insieme al vescovo che aveva portato con sé sua moglie, perché accusato di voler togliere di mezzo Vladimiro e voler “svendere” Kiev ai polacchi. Insomma il progetto ritornava in auge e Predslava addirittura era stata promessa in sposa a Boleslao, a quel tempo già vedovo!

E come mai costei non avvisò Mistislav, il fratello che precedeva Jaroslav per età e che si trovava a Tmutorokan sul Mar d’Azov? Attaccamento verso Jaroslav? Maggiore vicinanza di Novgorod?

Purtroppo dai documenti non sono rilevabili dei motivi chiari che spieghino la scelta più precisamente, ma è facile immaginare che, per quanto riguarda Tmutorokan, la città e il suo territorio fossero importanti per le relazioni con Costantinopoli e nell’intermediazione commerciale internazionale ancora condotta con i buoni uffici dei cazari locali. Su questo terreno Mstislav stava lavorando bene. Anzi! Aveva arruolato in diverse occasioni i cavallerizzi cazari fra gli uomini armati personali nelle sue spedizioni contro i nomadi e, badate bene, aveva persino sposato la figlia del suo avversario delle steppe, Rededia, dopo averlo vinto in duello. Richiamarlo perciò significava mettere in forse dei vitali equilibri in una zona ancora poco conosciuta, ma molto importante per Kiev.

Al contrario Novgorod poteva essere lasciata a sé per un po’, visto lo status giuridico di “dominio personale” rispetto a Tmutorokan che era invece un udel a sé!

Per di più tutto ciò mette in rilievo già da ora le manovre e gli intrighi che Jaroslav sapeva creare per raggiungere i suoi scopi reconditi. Il personaggio è figlio di Roghneda di Polozk (lettura russa del nome scandinavo Ragnhild, a sua volta figlia del variago Rogvolod-Ragnvald, anch’esso nome scandinavo) e di Vladimiro e nella genealogia tradizionale era il terzogenito, preceduto da Izjaslav (già morto avvelenato, si disse, per ordine di suo padre nel 1001) e da Mstislav. Era nato con una gamba offesa (talvolta è chiamato Lo Zoppo ossia Hromèz) e il difetto fisico fu riscontrato sui resti umani riesumati dal sarcofago a lui attribuito nella chiesa di Santa Sofia di Kiev confermando l’identità della salma fino allora dubbia. Non solo! Quel che più e importante per noi è che dalle ricerche autoptiche più accurate di M. Gherasimov e di altri antropologi fatte negli anni ‘30 del secolo scorso risultò che, sebbene nelle CTP si dica che morisse all’età di 70 anni, il suo cadavere era quello di un uomo di ca. 60 e perciò, a calcoli fatti, indiscutibilmente più giovane di Mstislav! E, siccome conosciamo la sua storia fino alla fine, ci dobbiamo chiedere come mai riuscisse a restare al potere per oltre 40 anni. Chi lo sostenne? E perché mai? A spese di quali compromessi? Alla fin fine il nostro s’era indebitamente arrogato il diritto di sedere sul trono kieviano e lo aveva fatto proclamare a gran voce (con il tacito assenso di Novgorod) per screditare i fratelli maggiori persino nelle CTP commissionate da lui ai “suoi” monaci!

Per ora lo vediamo correre a Kiev, lasciando al suo posto il cugino Costantino, figlio del suo fidato zio Dobrynja (che aveva anche aiutato, ma senza successo, Vladimiro in un progetto simile di usurpazione), quale suo personale rappresentante (namestnik). Di qui, non appena gli era nato Elia, aveva affidato subito a Costantino il figlioletto affinché fosse educato per prendere all’età giusta il posto paterno a Kiev. Il ragazzino sfortunatamente era morto precocemente e Jaroslav a causa di liti personali aveva fatto imprigionare il cugino (morto nel 1022) mentre aveva mandato in tutta fretta a Novgorod il secondogenito Vladimiro.

Secondo la cosiddetta Prima Cronaca Novgorodese, Jaroslav concesse alla città del nord dei privilegi e delle condizioni alle quali i kieviani d’ora in poi si sarebbero attenuti nei rapporti coi novgorodesi. Nella Cronaca però non è detto con chiarezza quali furono le concessioni date. Essa recita per il 1016 soltanto così: “… Jaroslav si recò a Kiev, si sedette sul trono di suo padre Vladimiro e assegnò agli anziani (della sua compagnia armata) 10 grivne (valore in peso d’argento di ca. 150 g) ciascuno, ai contadini (che avevano partecipato alla sua lotta per il potere) 1 grivna ciascuno e ai novgorodesi (armati forniti dai bojari) 10 grivne ciascuno e rimandò tutti a casa dando ai primi un Codice (Pravda) e ai secondi uno Statuto (Ustav) dicendo: Agite secondo queste mie direttive scritte e seguitele con attenzione! E questa è la Pravda Russkaja!”

In realtà la Pravda e l’Ustav sono prodotti molto più tardi rispetto alla data qui ascritta e le CTP non sono affidabili in questo frangente. Piuttosto appare chiaro che c’è un qualche piano che Jaroslav, malgrado le apparenze, sta realizzando in linea con la politica della città del nord, secondo accordi previi che riusciamo ancora a leggere fra le righe nelle CTP.

Malgrado ciò Novgorod, benché continuasse a rivendicare i particolari privilegi passati da Jaroslav, non riuscì mai a mostrare un documento che li attestasse. Siccome abbiamo visto Jaroslav mandare il primogenito e non un knjaz-fratello di età inferiore come accadeva per qualsiasi altro territorio dipendente, dobbiamo chiederci se ciò avvenisse proprio per evitare che nel nord si consolidasse una rivale dinastia locale. Questa sì è una concessione importante e particolare!

D’altro canto, quando Mosca conquistò la città e la incorporò nel suo dominio nel XV sec. la svuotò di tutte le sue istituzioni “repubblicane” e non può essere escluso che fra le altre carte in seguito distrutte dal tempo e dagli incendi chissà che non scivolasse nelle fiamme il famigerato e fastidioso Ustav. Insomma il mistero rimane se non riusciamo a trovare un’interdipendenza fra le due città, fra Jaroslav e i bojari, magari basata sul ricatto.

Innanzitutto è evidente dai documenti che il Principe Anziano (Velikii Knjaz) di Kiev non era un sovrano assoluto, come voleva il modello cristiano alla moda promosso da Vladimiro, ma soltanto il più autorevole della famiglia rjurikide e… soltanto per il fatto di risiedere nella capitale! Inoltre ogni suo agire alla fine risultava limitato dal consenso dei maggiorenti kieviani! E’ vero che Kiev, dopo la trasformazione edilizia voluta da Vladimiro, aveva acquisito in quegli anni la fama di vera metropoli ricca e colta frequentata da stranieri di alto rango e cultura e vantava gli edifici più sfarzosi delle Terre Russe, ma ciò non bastava per farla riconoscere da tutti la sede del potere centrale.

E’ vero che quando si era affermato il Cristianesimo le mode e gli usi copiati da Costantinopoli avevano preso più piede tanto che le kieviane erano ormai famose per il loro modo di vestire, oltre che per la loro bellezza e per la loro libertà sessuale. E comunque tantissime altre abitudini e costumi erano apparse in città. Kiev da vera metropoli faceva immaginare uno stato ricco e potente e perciò, oltre ad attirare la curiosità dei visitatori, attirava anche la cupidigia dei sovrani vicini e lontani.

Purtroppo tutto poggiava su un pilastro molto delicato: I mezzi materiali che il Velikii Knjaz e l’élite che lo sosteneva spendevano per lo sfarzo e l’ostentazione, per quanto ne sappiamo, si ricavavano di sicuro dai traffici commerciali e, se questi non funzionavano, addio Rus’ di Kiev!

Non immaginiamoci però governanti affannati solo ad accumulare ricchezze quanto invece individui preoccupati di procurarsi i mezzi necessari per esercitare il loro potere su tante genti diverse e, nel caso russo, cercando di tenere insieme l’asse Kiev-Novgorod. Ciò a quell’epoca, e forse anche oggi, equivaleva a mantenere un esercito permanente per il controllo fisico delle vie mercantili e delle merci oltre che a tenere i fratelli e i cugini, principi residenti nelle altre città confederate, sotto perenne e attento controllo. Siccome poi l’armata per lo più era composta di Variaghi mercenari che pretendevano fior di quattrini, l’attività maggiore dell’apparato a capo del quale c’era il Velikii Knjaz di Kiev non poteva che essere la guerra continua e il saccheggio senza limiti!

Era una situazione che a lungo andare non dava un buon ritorno in prestigio internazionale, cosa molto importante, finché Valdimiro non vide la soluzione più conveniente nell’abbandonare il Paganesimo per abbracciare il Cristianesimo! Con questa insolita operazione ideologica l’esistenza dell’élite si giustificava come una “missione per condurre gli uomini di buona volontà alla salvezza eterna” e perciò, lasciando mano libera alla Chiesa (che vantava credenziali centenarie sull’argomento), si accantonavano gli scontri in armi, ci si liberava dei Variaghi e la ricchezza generata dai tributi e dai commerci sarebbe fluita verso Kiev senza altri problemi! Per di più si era ammessi a commerciare con gli altri sovrani emergenti dell’Occidente cristiano!

Certo! Si era aggiunta una nuova struttura passiva, la Chiesa, al sistema di potere che trasformava il knjaz in un santo capo-mercante armato…

Rimanevano aperte delle opzioni fondamentali: Come fare al meglio la raccolta e la ripartizione delle merci da vendere? E come favorire i traffici senza sembrare pirati o dei principi oppressori? La sua bisavola Olga di Kiev aveva già organizzato la raccolta, ma non il resto e quindi c’era bisogno di un modello affidabile da riprodurre in scala russa…

Aldo C. Marturano

Nato a Taranto, ha studiato nelle Università di Bari, poi di Pavia, infine di Amburgo, dove ha chiuso i suoi corsi di laurea in chimica industriale. Non ha mai lavorato come chimico e ha invece sfruttato le sue conoscenze linguistiche. Conosce infatti (parla e scrive correntemente) russo, inglese, tedesco, francese, spagnolo, ungherese e ne ha studiate un’altra decina che spera di portare a maggiore perfezione nel prossimo futuro. Si è diplomato in Lingua Russa all’Istituto Pusckin di Mosca dove ha avuto inizio la sua avventura nel Medioevo Russo. Lavorando sui mercati internazionali si era infatti appassionato al Medioevo, ma quando scoprì che non riusciva mai a sapere gran che su quello russo, colse l’occasione della tesi all’Istituto Pusckin e scelse di studiare un personaggio del Medioevo bielorusso, Santa Eufrosina di Polozk: di lì via via è entrato in quel mondo magico e nuovo.

Ha pubblicato il saggio storico in chiave divulgativa Olga La Russa, 2001 (che non è la sorella di Ignazio La Russa, per carità!), e poi per i ragazzi L’ombra dei Tartari, 2002, ovvero la saga di Alessandro Nevskii.

Altre sue opere sul Medioevo russo sono visibili nel portale delle Edizioni Atena.

Collabora attivamente con il portale Mondi Medievali curando la rubrica Medioevo Russo.

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