La Basilica di San Simpliciano di Marta Frigerio
Situata nell’omonima piazza, in una traversa di Corso Garibaldi a Milano, la Basilica di San Simpliciano è uno dei maggiori luoghi di culto della città meneghina, nonché, presumibilmente, uno tra i più antichi.
Originariamente nota come Basilica Virginum, la chiesa sembrerebbe infatti risalire ad Ambrogio, vescovo di Milano tra 374 e 397, il quale, appoggiato finanziariamente dall’imperatore Teodosio (347-395), diede avvio ad un ingente programma di riqualificazione cittadino, che dotò Milano di numerose nuove chiese.
In realtà, gli scritti e la documentazione ufficiale sono privi di riferimenti diretti all’intervento di Ambrogio; una lunga e costante tradizione, tuttavia, gli attribuisce l’edificazione della basilica, collocata per di più in una posizione strategica, sulla strada che collegava Milano all’alpina provincia romana Rezia. Questo dato sembra avvalorare l’ipotesi ambrosiana, dal momento che le chiese indubbiamente da lui edificate (San Lorenzo, Sant’Ambrogio, Santi Nazaro e Celso) furono erette sui fondamentali tratti viari che conducevano nelle direzioni dell’Impero.
Inoltre, un documento firmato da Benzone d’Alessandria di fine XIII secolo afferma: “basilica quae nunc dicitur d’Alessandria Sancti Simpliciani fundata fuit ab ipso etiam Beato Ambrosio in honorem Beatae Mariae“, testimonianza che supporta ulteriormente l’ipotesi dell’origine ambrosiana della basilica.
L’edificio è comunque databile con certezza tra la fine del IV e l’inizio del V secolo, presentandosi architettonicamente come un tipico monumento paleocristiano. Sorta su un’antica necropoli, la basilica, di proporzioni estremamente vaste, viene edificata con una pianta a croce latina, con abside semicircolare e, sul braccio nord del transetto sinistro, un martyrium anch’esso cruciforme.
Quest’ultimo, dal soffitto ribassato, venne forse realizzato a posteriori, come cella memoriae per la conservazione delle reliquie. La basilica venne infatti portata a termine dal successore di Ambrogio, Simpliciano, che nel martyrium depose i corpi dei martiri dell’Anaunia (l’attuale Val di Non) e il quale fu qui a sua volta sepolto.
Gli ambienti laterali della basilica, che fungono oggi da cappelle, erano originariamente simili ai transetti, con una duplice serie di archi con ampie finestre, le quali permettevano un’ottimale illuminazione del complesso.
Nel corso dei secoli, la basilica fu interessata da molteplici interventi di riqualificazione.
Il primo avvenne verosimilmente in epoca longobarda, con la suddivisione dell’antica aula unica in tre navate, mediante una fitta serie di colonne. Tale collocazione cronologica è sostenuta dalla presenza di grandi tegole che recano i sigilli del re longobardo Agilulfo e del suo successore, il figlio Adaloaldo.
Più complessa è invece la ricostruzione delle vicende edilizie di età romanica. Esse presero avvio attorno al Mille e si intensificarono in seguito al 1176, anno che vide la vittoria dei Comuni lombardi contro l’imperatore Federico Barbarossa (Battaglia di Legnano). Tale successo fu infatti attribuito all’intercessione dei santi Sisinnio, Martirio ed Alessandro, i martiri dell’Anaunia deposti da Simpliciano nella basilica. Da allora, quest’ultima venne anche chiamata “Basilica del Carroccio”, in onore del simbolo bellico dei milanesi. La battaglia è commemorata anche dalle finestre della facciata, con le vetrate disegnate da Aldo Carpi nel 1927.
Gli sforzi di epoca romanica riguardarono la facciata con il portale d’ingresso, il campanile e, infine, la ristrutturazione delle navate, del tiburio e dell’abside, che abbandonarono i caratteri longobardi a favore di un aspetto tipicamente medievale.
Nel corso del XVI secolo, ai monaci cluniacensi subentrarono i benedettini cassinesi, che procedettero a opere di riqualificazione e arricchimento pittorico e ligneo.
Particolarmente degni di nota sono gli interventi ottocenteschi all’interno della basilica, il cui fattore scatenante fu la realizzazione di un nuovo altare neoclassico da parte dell’architetto Giulio Aluisetti, ritenuto eccessivamente massiccio in uno spazio ridotto. Si decise dunque di procedere ad un adattamento romanico della basilica, annullandone le tracce paleocristiane: pareti, volte e colonne furono coperte da uno strato di malta dipinta a strisce bianche e azzurre, simulando i marmi delle chiese romaniche toscane; nuovi capitelli in gesso vennero realizzati per omologare i pilastri, che furono tra l’altro dotati di lesene e arcature.
I rimaneggiamenti furono talmente imponenti che per lungo tempo si ritenne la Basilica di San Simpliciano un prodotto medievale di età romanica. Fu alla luce degli studi dello storico dell’arte Costantino Baroni, negli anni Trenta del Novecento, che il carattere paleocristiano della basilica venne nuovamente portato in evidenza. Nel secondo dopoguerra, l’edificio fu smantellato dai rivestimenti ottocenteschi e fu interessato da opere di restauro conservativo, che permisero di recuperare finalmente l’aspetto originario e genuino della basilica.
Attualmente, l’interno di San Simpliciano si presenta a sala, con volte a crociera e con tre navate separate ciascuna da quattro pilastri circolari in muratura; due navate caratterizzano invece i transetti laterali. Questi ultimi sono decorati da capolavori realizzati a cavallo tra XVI e XVII secolo, tra cui gli affreschi con Santi e Sante di Aurelio Luini (figlio di Bernardino), la Sconfitta del Cammolesi del Padovanino (Alessandro Varotari) e lo Sposalizio della Vergine di Camillo Procaccini. Le cappelle laterali sono variamente caratterizzate da decorazioni barocche, rococò e neoclassiche. Ma è nell’ampio catino absidale che è possibile ammirare l’opera più preziosa della basilica: l’affresco raffigurante l’Incoronazione di Maria, capolavoro del 1507 del Bergognone (Ambrogio da Fossano).
Per maggiori informazioni visita il sito ufficiale della Basilica.
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Conseguita la laurea triennale in Scienze dei beni culturali presso l’Università degli Studi di Milano, si trasferisce a Londra, dove perfeziona la conoscenza della cultura artistica britannica, nonché della lingua inglese. Tornata in patria, si iscrive al corso di laurea magistrale in Archeologia e Storia dell’Arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Si interessa di storia dell’arte, editoria e critica d’arte contemporanea; fotografa per passione.
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