
La Basilica di Sant’Ambrogio di Marta Frigerio
Tra le più antiche chiese di Milano, la basilica di Sant’Ambrogio incarna la transizione da modello paleocristiano a prototipo di Romanico lombardo.
Le vicende dalla basilica risalgono alla fine del IV secolo, all’epoca dell’episcopato di Sant’Ambrogio (374-397), funzionario civile di primo piano che venne acclamato vescovo in un momento di particolare violenza del contrasto dottrinale. Ambrogio, appoggiato finanziariamente dall’imperatore Teodosio (347-395), diede avvio ad un ingente programma di riqualificazione cittadino, che dotò Milano di numerose nuove chiese: tra esse, la Basilica Apostolorum (poi dei Santi Nazaro e Celso), il Martyrium di San Lorenzo e la Basilica Martyrum, cioè l’attuale Sant’Ambrogio. Quest’ultima fu dunque edificata tra il 379 e il 386, sulla necropoli extramurale di Porta Vercellina, luogo di sepoltura dei cristiani martirizzati dalle persecuzioni romane.
Una rivalutazione notevole si attuò tra IX e XI secolo quando, con la conquista di Milano da parte di Carlo Magno (774), la basilica divenne il luogo eminente della rinascenza carolingia. Fu in questi anni che, data la sepoltura del santo patrono all’interno della basilica, se ne modificò la dedicazione. Sant’Ambrogio è infatti attualmente sepolto, insieme con i santi Gervasio e Protasio, nella cripta della basilica, ipogea all’altare maggiore.
In seguito all’annessione di un imponente monastero benedettino, godente della protezione imperiale (758), il complesso basilicale fu interessato da estesi interventi di rinnovamento, promossi dall’arcivescovo Angiliberto II (824-859). Risalgono a questa fase: l’elevazione del campanile dei monaci sul lato sud, l’erezione di due absidiole nelle navate minori, la sostituzione dell’abside maggiore, la decorazione musiva del catino absidale e la commissione dell’altare d’oro.
Dal 1080 ebbe inizio la ricostruzione romanica della basilica. L’assetto altomedievale venne organicamente raccordato al nuovo corpo longitudinale; i lavori proseguirono poi con l’erezione del campanile dei canonici sul lato nord, con l’innalzamento della nuova facciata e con la costruzione del quadriportico.
L’impianto strutturale del corpo basilicale, estremamente articolato, si fonda sull’elemento della campata a pianta quadrata, coperta da una volta a crociera costolonata e retta agli angoli da quattro pilastri a fascio. Si tratta di un modulo sviluppato nell’intero complesso: sia nella navata centrale, ripartita in quattro vaste campate, sia nelle navate laterali, composte ognuna da otto campate minori.
La planimetria della basilica è così fondata sul rapporto 2:1 tra lunghezza e larghezza, strutturandosi in una sequenza proporzionale razionale e coordinata.
Antistante alla basilica è il quadriportico, composto da un cortile rettangolare e da un porticato perimetrale che riprendono la planimetria dell’interno. Il quadriportico, ispirato a modelli paleocristiani, ospitava non solo le cerimonie religiose, ma anche le manifestazioni civili del neonato comune di Milano.
Basilica e quadriportico sono comunicanti tramite la facciata, elegantemente definita dalla bicromia dei materiali rossi e grigi. La fronte, caratterizzata dal profilo a capanna e rammentante un arco trionfale romano, prevede un loggiato superiore composto da cinque imponenti arcate, che si dispongono in un ordine di altezza degradante dal centro verso i lati. Un secondo loggiato, inferiore, è invece formato da tre archi di uguale altezza, oltre i quali si aprono altrettanti portali.
Il portale maggiore si impone per la sua fitta e rigogliosa decorazione a rilievo, composta da motivi fitomorfi di sapore classico, intrecci nastriformi di ascendenza medievale e ornati araldici e zoomorfi. Tra questi ultimi, gli animali in lotta assumono il significato profondo dello scontro tra il Bene e il Male, risolto simbolicamente dalla Chiesa, luogo di salvezza e redenzione.
Punto di grande forza della basilica di Sant’Ambrogio è la decorazione musiva del catino absidale, risalente al IX secolo ma quasi completamente restaurata in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Il mosaico raffigura il Redentore in trono tra i santi Gervasio e Protasio in abiti militari, affiancati da due scene della vita di sant’Ambrogio scelte appositamente per celebrare l’alleanza tra la Chiesa milanese e quella franca, tra Milano e l’Impero. Nell’episodio di destra, il santo si addormenta mentre è intento a officiare la messa a Milano; in quello di sinistra, Ambrogio viene trasportato dagli angeli a Tours, per celebrare i funerali di san Martino, patrono della chiesa franca.
Altra splendida decorazione musiva è quella della cupola del sacello di San Vittore in Ciel d’oro, di epoca paleocristiana (V secolo). La volta, interamente dorata, raffigura al centro san Vittore, cui è dedicata la cappella. I mosaici delle pareti laterali presentano invece sei santi, tra i quali sant’Ambrogio in abiti civili: si tratta del più antico ritratto conosciuto del vescovo di Milano e, perciò, del più realistico, poiché cronologicamente prossimo alla sua esistenza.
Capolavoro assoluto dell’oreficeria carolingia è l’altare d’oro, realizzato tra l’824 e l’859 e commissionato a Vuolvinio, magister phaber, da Angiliberto II, che vi appare raffigurato in veste di donatore mentre viene incoronato da sant’Ambrogio. L’altare, a forma di cassa, è costituito da lastre metalliche con figurazioni a sbalzo, smalti e pietre incastonate. Originariamente vi era custodito il sarcofago dei santi Ambrogio, Gervasio e Protasio (trasferito poi nell’ipogeo), per cui si trattava di un altare-tomba, come rivela anche l’iscrizione che invita i fedeli a lasciarsi abbagliare non dalla profusione di oro e gemme, bensì dalle sante reliquie ivi custodite.
I lati dell’altare presentano differenze marcate. La fronte anteriore mostra uno stile eclettico, fondato sulla cultura tardoantica ma integrato dalle influenze carolingie e bizantine. Gli sbalzi degli altri lati, invece, evidenziano uno stile più semplificato ed asciutto.
Il significato affidato all’altare attinge a due diversi livelli simbolici. Il primo è legato ai materiali preziosi e alla struttura incentrata sulla croce e sul quadrato, elementi che connotano l’altare come immagine della Gerusalemme Celeste. Il secondo livello è invece connesso al programma iconografico, per cui l’altare ha il compito di illustrare i rapporti tra Cristo e sant’Ambrogio, tra la Chiesa universale e la Chiesa milanese.
Legata al mito e alla tradizione popolare è la colonna del diavolo, nella piazza antistante la basilica. Si tratta di un pilastro di epoca romana che, secondo la leggenda, reca in due fori i segni della lotta tra Ambrogio e il diavolo: quest’ultimo, tentando di incornare il santo, finì invece per conficcare le corna nella colonna. Il mito narra che tali fori emanino odore di zolfo e che, accostandovi l’orecchio, si riesca a sentire il frastuono dell’inferno.

Conseguita la laurea triennale in Scienze dei beni culturali presso l’Università degli Studi di Milano, si trasferisce a Londra, dove perfeziona la conoscenza della cultura artistica britannica, nonché della lingua inglese. Tornata in patria, si iscrive al corso di laurea magistrale in Archeologia e Storia dell’Arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Si interessa di storia dell’arte, editoria e critica d’arte contemporanea; fotografa per passione.
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