La chiesa di Santa Maria Assunta in Calvenzano, storia e documenti

La chiesa di Santa Maria Assunta in Calvenzano, storia e documenti di Maria Teresa Limonta

La chiesa di Santa Maria Assunta in Calvenzano, importante monumento protoromanico e uno dei più rilevanti cicli scultorei romanici in Italia, è situata a Vizzolo Predabissi, a poca distanza da Melegnano, lungo la strada statale della Via Emilia.
L’ attuale parrocchia di Santa Maria in Calvenzano é definita ‘basilica’,dal greco antico ‘βασιλική’ ossia ‘reggia del re’ oppure ‘del signore’. In Atene era la dimora dell’arconte, cioè del signore locale, dove veniva amministrata la giustizia; nell’impero Romano era a pianta rettangolare con navata centrale fiancheggiata da due o quattro navate minori, più basse, divise da colonne o pilastri; si apriva sul foro della città, ed era centro di riunioni e di affari, luogo dove si amministrava la giustizia. In ambito cristiano era un antico tempio a più navate, derivato dall’architettura classica, aveva tradizione e appellativo popolare più che per diritto canonico[1].
Non esiste pero’ un atto scritto, emanato da pontefici o dalla sede vaticana, che conferisca alla chiesa di Vizzolo Predabissi il titolo ufficiale di ‘basilica’. Questo termine in Calvenzano riecheggia in gran parte la concezione dello spazio sacro e liturgico; l’organizzazione della chiesa come ‘basilica’ sviluppata in profondità riemerge dopo il lunghissimo travaglio dell’Alto Medioevo (sec.V-X) come stile ‘romanico’, come é appunto quello di Santa Maria in Calvenzano. C’è da dire che, a prescindere dagli atti ufficiali, ‘basilica’, nella parlata popolare dall’Alto Medioevo in poi, era chiesa di comunità piccole, che non siano plebes cioé capoluogo di ‘pagi’, vale a dire  i piccoli villaggi rurali e sussiste, in area lombardo-padana, delle località  prettamente  extraurbane definite ‘baselga’ o ‘basélica’, come Calvenzano.[2]
Le vicende della chiesa di S.Maria in Calvenzano sono esigue, i documenti sono stati regestati anticamente da Alexandre Bruel,[3]e, più recentemente in  un convegno ‘Cluny in Lombardia’[4],  da Gaston Charvin[5] e dall’Archivio Curia Arcivescovile di Milano (ACAM, Melegnano) [6]; le notizie storiche sono state narrate dal ‘Liber Notitiae Sanctorum Mediolani’ di  Goffredo da Bussero[7], poi, a fine XVIII secolo, con gli  studi di G.Giulini [8] e piu’ recentemente di Raffaele Della Casa[9], di Mauro Mirabella Roberti e Maria Luisa Gatti Perer [10], di Carlo Perogalli [11]di Francesco Repishti[12] ed  infine di Olga Piccolo[13]
Il sito del complesso è fondato su una fortificazione romana posta a presidio della Via Pandina, una strada antica, a tratti ancora esistente, che congiunge Melegnano a Pandino, attraversando il fiume Adda. Fu realizzata nella seconda metà del XIV secolo da Bernabò Visconti, in lingua latina ‘Barnabos Vicecomes‘, Signore di numerose grandi città in lombardia ed in Emilia (Bergamo, Brescia, Cremona, Soncino, Lonato, Bologna, Lodi e Parma) e dominatore di Milano insieme ai fratelli Matteo II e Galeazzo II. Il fine di Visconti era velocizzare il collegamento tra due castelli di sua proprietà, quello di Melegnano e quello di Pandino, raggiungere i boschi presso l’Adda ed esercitare la caccia.
Qui scaturì nel IV secolo una piccola ‘cella memoriae’ cappella bizantina o alto medievale con funzione celebrativa, forse dedicata ad un martire; poi, in età carolingia, sorse un luogo di devozione.
Il primo documento in cui la chiesa è stata menzionata risale presumibilmente al 1090:[14] ‘charta qua Anselmus, mediolanensis archiepiscopus, concedit monasterio cluniacensi ecclesiam de Calvenzano’, dice il documento redatto nella seconda metà del XIX secolo. L’atto diceva così’ ‘Anselmus sanctae mediolanensis ecclesiae archiepiscopus notum fieri volumus quod nos concessimus Sanctae Mariae ecclesiam de Calvenzano in perpetuum adipisci potuerit Sanctae Cluniacensi ecclesiae’. Il testo e’ pervaso da un latino volgare, ma il significato risulta lampante: un arcivescovo milanese chiamato ‘Anselmo’ permette che grazie alla passione organizzativa e religiosa di alcuni laici la chiesa di Santa Maria in Calvenzano possa ‘adipiscere in perpetuum’, aderire senza limiti di tempo, alla chiesa (‘ecclesia’) di Cluny.
Non sappiamo quale sia ‘Anselmus, mediolanensis archiepiscopus’ che approva la donazione. C’è chi propende per Anselmo III ‘de Capitanei de Rho’, salito sulla cattedra ambrosiana dal 1086 al 1093. oppure per Anselmo IV da Bovisio che divenne arcivescovo di Milano dal 1097 al 1101. La studiosa Olga Piccolo punta su Anselmo III. Infatti c’è un secondo atto, giunto a noi sulla nostra chiesa, una Bolla papale del 1095 emessa da Urbano II, che prima di diventare Papa era stato un monaco cistercense: il pontefice promulga un privilegio a favore dell’abate Ugo di Cluny confermando tutti i terreni cluniacensi in Italia, anche la chiesa di S.Maria di Calvenzano, come dipendenza di Cluny, inclusa tra le obbedienze del priorato di S.Marco di Lodi[15]
Ancora, nel primo documento ci sono alcuni personaggi laici legati fra loro da legami di parentela, tutti ‘de Melegnano’ che donano non un terreno per costruire una chiesa, ma una chiesa ai monaci dell’ordine di Cluny.  I tre laici, cioè ‘Arialdo, Lanfranco et Atone de Melegnano’ sono forse amici di alto giudizio della Curia di Anselmo, che ‘tenebant longo tempore ex nostra ecclesiam’ (‘hanno tenuto per tanto tempo dalla nostra chiesa’) l’edificio donato a Cluny: erano ‘commendatarii’ di Calvenzano per conto dell’arciepiscopato milanese. Curioso questo termine, ‘commendatarii’, di origine medievale: erano quelli che godevano di una ‘commenda’, una tipo di contratto, in cui una parte investe il proprio lavoro e l’altra il capitale, per esempio un’abbazia, da far fruttare.[16]
C’è forse un altro motivo che indusse la famiglia ‘de Melegnano’ a donare a Cluny la chiesa, cioè la possibilità che ne ricavò di estendere la sua presenza sui terreni confinanti per avere un grande prestigio.
E’ logico pensare che Arialdo, Lanfranco ed Atone fossero incoraggiati alla donazione anche perché ritenevano di riuscire ad espiare i loro peccati grazie alle preghiere che i Cluniacensi potevano riservare alle anime dei parenti defunti : a questo proposito Cinzio Violante, appassionato cultore della storia medievale, parlava addirittura di una ‘ritualizzazione dell’aggressività’, dicendo che la nobilta’ guerriera feudale, angosciata dal senso di colpa per le arrogante brutalità che esercitava, trovava nella regola cluniacense delle preghiere riparatrici un sollievo di coscienza.[17]
C’è poi il terzo atto, datato aprile 1144, in cui la chiesa era diventata un Priorato. La sinossi dell’atto recita: ‘charta qua Portius, visitator monasterii cluniacensis confert Johanni et Adae, sacerdotibus sancti Andreae in loco Iseo de Brexana, omne jus quod habebat praedictum monasterium in ecclesia sancti Gervasii de Clunaco’. In sintesi, il documento è stato stilato per l’ispezione
fatta dal visitatore di Cluny in Lombardia, Ponzio, insieme ad alcuni priori, tra cui ‘domno Tedaldo, priore monasterii Sancti Jacobi de Ponthita (‘Domino Tedaldo, priore del monastero di San Giacomo di Pontida’) et domno Guiroldo, priore monasterii de Calvenciaco’ [18]
Alla metà del XVI secolo i Cluniacensi lasciano il monastero, i ragguardevoli beni passano al papato: infatti con la Bolla di Gian Pietro Carafa, Papa Paolo IV, datata 8 dicembre 1558 egli concede a Carlo Borromeo, universalmente noto come San Carlo, cardinale, arcivescovo e santo dalla Chiesa cattolica, la commenda del priorato di Calvenzano. Nel 1567 quest’ultimo, in visita pastorale, ordina la ricostruzione del campanile: testimonianza importante perché implica che quello originario doveva essere precedentemente crollato[19]
Tutto tace fino al 1805, quando Napoleone assegna in dote al viceré Eugenio ed alla sposa Amalia di Baviera, che pongono la loro residenza a Milano, i beni di Calvenzano, che aveva espropriato.
Nel 1816 il nobile Francesco Predabissi acquista la proprietà di Calvenzano. Nel 1854 una parte della basilica viene sconsacrata e usata come magazzino, rilevando un generale stato di incuria dell’edificio.
Nel 1910 la chiesa è inclusa negli elenchi degli edifici monumentali: quattro anni dopo, la Soprintendenza ai Monumenti della Lombardia sollecita l’ospedale Predabissi ad interessarsene, ma il primo progetto di restauro risale al 1964, anno in cui iniziano i primi lavori.
Così per più di cinquecento anni Vizzolo ha infatti rappresentato una ‘rettorìa’ minore, una dipendenza delle canoniche melegnanesi, officiata da un priore melegnanese: i canonici certo non mancavano a Melegnano quando nel territorio c’erano venti chiese regolarmente aperte al culto.
Difatti lo storico locale Cesare Amelli calcola che nel ‘600 per il ‘reverendissimo capitolo’ melegnanese consta di ‘un preposto, due canonici curati, un canonico teologo, cinque canonici ordinari più altri preti stipendiati senza contratto fisso’, ricondotti a vari fattori: semplificazione ecclesiastica, aumento della popolazione melegnanese, difficoltà nell’assicurare la cura d’anime a Vizzolo[20]
Quel che rimane del patrimonio di Calvenzano passa, nel 1979, in proprietà alla famiglia Benetti, che nel 1993 fa dono della chiesa alla parrocchia di Vizzolo Predabissi. Da poco tempo la chiesa di S. Maria di Calvenzano è divenuta essa stessa parrocchia.
Un restauro architettonico è stato portato avanti dal 1993 al 1999 per opera della Curia di Milano, mentre nel 1994 è iniziata la prima campagna di scavi, proseguita e terminata nel corso del
1995-96 per opera della Soprintendenza Archeologica della Lombardia.
Due sono gli argomenti interessanti inerenti all’abbazia di Santa Maria di Calvenzano.
La prima questione è il famoso archivolto scolpito nell’arco del portale della chiesa, datato alla prima metà del XII secolo, decorato in pietra di Saltrio[21] da uno splendido ciclo scultoreo romanico di scuola comasca, con un ambiente artistico-culturale e con una civiltà che amava esprimersi attraverso rare simbologie, immagini più che concetti, così da essere compresi da un vasto numero di persone.[22]
La seconda questione é la vicenda di un celebre filosofo e senatore romano, Anicio Manlio Torquato Severino Boezio (Anicius Manlius Torquatus Severinus Boethius), vissuto a metà strada tra il V ed VI secolo: infatti la località di Calvenzano presso Vizzolo corrisponderebbe a quell’ ‘agro Calventiano’ dove leggenda vuole che fosse stato ucciso Boezio.
Secondo l’Anonimo Valesiano’ (‘Anonymus Valesii’, un importante frammento storico che l’erudito Henri Valois, noto anche col nome umanistico di Henricus Valesius o, in italiano, Enrico Valesio, pubblicò nel 1636 nell’ edizione di Ammiano Marcellino, uno storico e militare romano di età tardo-imperiale)[23], Boezio fu detenuto in una prigione presso il battistero di una cattedrale. Il filosofo si trovava “in agro calventiano” dove venne ucciso. Il testo recita: ‘Tunc Albinus et Boetius ducti in custodiam ad baptisterium ecclesiae. Rex vero vocavit Eusebium, praefectum urbis, Ticinum (ma il termine non è chiaro) et inaudito Boethio protulit in eum sententiam. Quem mox in agro Calventiano, ubi in custodia habebatur, misit rex et fecit occidi. Qui accepta chorda in fronte diutissime tortus, ita ut oculi eius creparent, sic sub tormenta ad ultimum cum fuste occiditur’.
In poche parole, Boezio sarebbe rimasto un certo periodo in ‘custodia’, cioè ‘in carcere’ presso un battistero di cui non ci viene detto il nome. L’edificio potrebbe essere vicino a una cattedrale, perché tale era l’uso: inoltre ‘ecclesia’ senza specificazioni significa sovente ‘ cattedrale’ nel Medioevo.
Passato un certo lasso di tempo, Teodorico chiama il ‘praefectus urbis’ Eusebio e promulga la sentenza definitiva nei confronti di Boezio.
Subito dopo la condanna (‘mox’), Boezio, viene messo a morte, in modo crudele ‘cum fustis’,‘con bastoni’ In ogni caso, lasciando da parte un simile problema e limitandoci solo alla localizzazione dell’evento, possiamo dire che l’Anonimo afferma che l’esecuzione è avvenuta “in agro calventiano” dove Boezio era tenuto prigioniero.
Questa ricostruzione dei fatti, Per quanto schematica e parzialmente confusa, ha una sua logica ed ha influenzato molti autori medievali, come ad esempio Ottone di Frisinga o Guglielmo di Conches.
Secondo Monsignor Luigi Biraghi, Rettore del Seminario Teologico di Milano e dottore dell’Ambrosiana, quel luogo era proprio la località di Calvenzano, anche se altri studiosi lo situavano altrove. I recenti restauri della Basilica, rimettono in gioco la possibilità di riprendere l’ipotesi, sostenuta anche dal Card. Schuster nel 1947, quando ha voluto apporre sul fianco della Basilica una lapide, sulla parete della chiesa, che ricordava la prigionia e la morte di Severino Boezio ‘in agro Calventiano’.
‘Il Medioevo mi ha affascinato perché aveva il potere quasi magico di rendermi spaesato, di strapparmi dai problemi e dalle mediocrità del presente e al tempo stesso di rendermelo più vivido e chiaro, diceva lo storico e medievalista Jacques Le Goff. Ecco, storia e leggenda si fondono e intrecciano legami di realtà e fantasia, labili ma affascinanti, come la millenaria chiesa di Santa Maria Assunta in Calvenzano, da scoprire piano piano, da vivere per sempre.

Bibliografia

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– ACAM, X,Melegnano, vol. 8, fasc. 2, f. 7v – 8r.  ACAM, X, Melegnano, vol. 8, fasc. 6, f. 35v – 36r.
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– Cipolla C. ‘Ricerche intorno all'”Anonimus Valesianus’, in ”Bullettino dell’Istituto Storico Italiano’,1892
– Goffredo da Bussero’ Liber Notitiae Sanctorum Mediolani’, a cura di M. Magistetti e U. Monneret de Villard, Milano, 1917.
– Della Casa R. ‘Calvenzano: la sua Pieve, le chiese dipendenti’,Industrie Grafiche Italiane Bologna 1922
– Gatti Perer M.L.’ La Basilica di Calvenzano’, Milano 1967
– Mirabella Roberti M. ‘Vizzolo Predabissi. S. Maria Assunta di Calvenzano’, in ‘Studi e ricerche nel territorio della Provincia di Milano’, a cura di M. L. Gatti Perer, Milano 1967
– ‘Cluny in Lombardia: atti del convegno storico celebrativo del IX centenario della fondazione del priorato cluniacense di Pontida (22-25 aprile 1977)’, in ‘ Convegno Storico Celebrativo Del IX Centenario Della Fondazione Del Priorato Cluniacense Di Pontida’, Bergamo e Pontida, 1977
-Perogalli C.’ L’arte nel territorio di Melegnano’, Nuove Edizioni, Milano 1977
– Pryor H.J. ‘The Origins of the Commenda Contract’, Speculum, 1977, Vol. 52, No.1, pp. 5-37
– Amelli C. ‘La chiesa di San Giovanni, le sue forme e i suoi uomini’, ‘Nuova collana storica melegnanese ‘ vol. III, Tip. Fabbiani Editore,1979
– Violante C. ‘Per una ricosiderazione della presenza cluniacense in Lonbardia’ in ‘Cluny in Lombardia’, (1979 – 1981)
– ‘Dizionario dei nomi geografici italiani’, Collana I Dizionari, TEA Editore, 1992
Repishti F.’ Il priorato cluniacense di Santa Maria in Calvenzano, Vizzolo Predabissi’, Area studio, 1999
Piccolo O. ‘L’archivolto scolpito della chiesa cluniacense di S. Maria di Calvenzano’ in ‘Archivio Storico Lodigiano’, anno CXIX/2000
– Mazza E. ‘L’organizzazione dell’aula liturgica – I suoi problemi oggi e alcuni suggerimenti della sua storia’ Ancora Editore 2007

Note

[1] Un approfondimento si puo’ trovare in don Enrico Mazza ‘L’organizzazione dell’aula liturgica – I suoi problemi oggi e alcuni suggerimenti della sua storia’ Ancora Editore 2007
[2]   Di più in ‘Dizionario dei nomi geografici italiani’, Collana I Dizionari, TEA Editore, 1992
[3] ‘Recueil des chartes de l’Abbaye de Cluny, formé par A. Bernard, completé. . . par Alexandre Bruel’, Paris, 1876-1903
[4] ‘Cluny in Lombardia: atti del convegno storico celebrativo del IX centenario della fondazione del priorato cluniacense di Pontida (22-25 aprile 1977)’, in ‘ Convegno Storico Celebrativo Del IX Centenario Della Fondazione Del Priorato Cluniacense Di Pontida’ , Bergamo e Pontida, 1977
[5] ‘Statuts, chapitres généraux et visites de l’ordre de Cluny, par Gaston Charvin’, Paris, 1965-1970
[6] ACAM, X,Melegnano, vol. 8, fasc. 2, f. 7v – 8r.  ACAM, X, Melegnano, vol. 8, fasc. 6, f. 35v – 36r.
[7] Goffredo da Bussero’ Liber Notitiae Sanctorum Mediolani’, a cura di M. Magistetti e U. Monneret de Villard, Milano, 1917.
[8] G.Giulini ‘Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della campagna di Milano ne’ secoli bassi’, II e IV vol. Milano 1760
[9] Gian Luigi Della Casa ‘ Appunti su Santa Maria Assunta in Calvenzano’ Melegnano 1964
[10] Mauro Mirabella Roberti ‘Vizzolo Predabissi. S. Maria Assunta di Calvenzano’, in ‘Studi e ricerche nel territorio della Provincia di Milano’, a cura di M. L. Gatti Perer, Milano 1967; Maria Luisa Gatti Perer ‘ La Basilica di Calvenzano’, Milano 1967
[11] Carlo Perogalli ‘ L’arte nel territorio di Melegnano’, Nuove Edizioni, Milano 1977
[12]  Francesco Repishti,’ Il priorato cluniacense di Santa Maria in Calvenzano, Vizzolo Predabissi’, Area studio, 1999
[13] Olga Piccolo ‘L’archivolto scolpito della chiesa cluniacense di S. Maria di Calvenzano’ in ‘Archivio Storico Lodigiano’, anno CXIX/2000.
[14] ”Recueil des chartes de l’Abbaye de Cluny…’ vol. V, p. 144-145
[15] ‘Recueil des chartes de l’Abbaye de Cluny…’vol. IV, 3415, pp. 524-526
[16] Di piu’ in John H. Pryor,’The Origins of the Commenda Contract’, Speculum, 1977 ,Vol. 52, No. 1, pp. 5-37
[17] Cinzio Violante ‘Per una ricosiderazione della presenza cluniacense in Lonbardia’ in ‘Cluny in Lombardia’,( 1979 – 1981) p. 659
[18] ‘Recueil des chartes de l’Abbaye de Cluny…’vol. V, 4083, pp. 436-439
[19] A CAM, sez. X, Melegnano, vol. 8, q. 6.
[20] Don Cesare Amelli, ‘La chiesa di San Giovanni, le sue forme e i suoi uomini’, Nuova collana storica melegnanese – vol. III, Tip. Fabbiani Editore,1979, p. 28; p.33
[21] La Pietra di Saltrio è un calcare dall’aspetto a grana compatta e affiora in tutta la fascia prealpina della provincia di Varese. La pietra è stata indicata in passato con numerose e diverse definizioni dai geologi, ma era comunemente suddivisa in pietra piombina, la più resistente e adatta all’edilizia, pietra grigia e rossetta, per ornati, e pietra gentile, per rivestimenti. Questo materiale era preferito dagli scultori perché duttile allo scalpello e resistente nel corso degli anni, e ben si prestava a fini esecuzioni decorative, per esempio la Pietra di Saltrio si ritrova già usata nel rivestimento delle mura romane di Milano.
[22] Approfondimenti su Olga Piccolo ‘L’archivolto scolpito…’
[23] Di più in Carlo Cipolla, ‘Ricerche intorno all'”Anonimus Valesianus’, in ‘Bullettino dell’Istituto Storico Italiano’,1892

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