La donna e l’amore nella letteratura italiana medievale di Hanen Tallouli
La figura della donna è stata sempre messa al centro dell’attenzione perché è considerata fonte di saggezza e di ispirazione dei poeti che la ritraggono bellissima e irraggiungibile. L’amore ha rappresentato uno dei temi fondamentali della poesia di tutti i tempi e non c’è stato poeta che non l’abbia trattato. L’amore ha una grande importanza nella letteratura europea, ed in particolare in quella italiana. I primi scrittori e poeti che hanno trattato il tema d’amore in poesia e prosa volgare sono i padri della letteratura italiana: Dante, Petrarca e Boccaccio.
Visione della donna e dell’amore nella poesia volgare
La lirica di soggetto amoroso e la lode della donna occupano un posto centrale nella storia della letteratura; il Dolce Stilnovo ha dato una grande importanza alla donna e all’amore. Esso nasce in Toscana nella seconda metà del ‘200 che coincide col periodo dell’età comunale durante la quale, nell’Italia centro-settentrionale si affermano i liberi Comuni retti da un ordinamento repubblicano.
Inizialmente, il Dolce Stilnovo si sviluppa a Bologna fra il 1260 e il 1276 con Guido Guinizzelli, ma sarà Firenze, intorno al 1280 e al 1310, a imporsi come nuova capitale della poesia italiana, con Guido Cavalcanti e Dante Alighieri che hanno rappresentato le personalità più rilevanti della Scuola stilnovistica. La novità del Dolce Stilnovo, rispetto ai rimatori precedenti, è che la sua poetica presenta alcune differenze e varietà nei contenuti, ad esempio l’omaggio feudale rivolto alla dama viene sostituito da una visione più spiritualizzata della donna la quale appare scarna e incorporea come la luce: lei viene rappresentata come un angelo, un essere divino disceso sulla terra per manifestare la salvezza e il miracolo di Dio. Gli elementi caratteristici della donna-angelo sono la bellezza, lo sguardo e il saluto: attraverso questi elementi lei riesce ad ammaliare ed estasiare l’uomo, destando una tale adorazione che la sua opera è fonte di bene e di moralità. L’uomo di fronte alla donna appare immerso nella sua contemplazione, ed è rapito dal suo sguardo e dalla sua bellezza. In questo contesto l’uomo si mostra talvolta umile e cosciente della propria inferiorità, e talvolta frustrato a causa della potenza devastante dell’amore.
Oltre alla donna-angelo, uno dei temi saldi della concezione stilnovistica è “l’identità d’amore e cuore gentile”. Come si era già riscontrato nella poesia dell’amor cortese, colui che ama “finamente” manifesta una superiore nobiltà d’animo, perciò la gentilezza è legata alle qualità personali, infatti si tratta di una gentilezza dell’animo che non dipende dalla nascita o dal titolo ereditario.
La “donna-angelo” dello stilnuovo
La donna e l’amore sono tra gli argomenti più trattati dalla poesia del ‘200-‘300. Numerosi sono i poeti che descrivono la figura femminile e il significato dell’amore dal loro punto di vista.
Nella poesia stilnovistica l’amore viene visto come un sentimento in grado di elevare gli animi degli uomini verso la felicità spirituale; la donna riveste un ruolo di primaria importanza in quanto creatura intermediaria tra uomo e Dio. Lei è rappresentata come una figura angelica, una creatura perfetta, strumento di elevazione spirituale, lei assume tratti angelici non metaforicamente come in precedenza, ma come mediatrice reale. Appartengono a questo filone letterario poeti come Guinizzelli e Cavalcanti, che hanno lasciato molti sonetti e canzoni dedicati all’amore.
Secondo la tradizione cortese, l’amore di Guinizelli ha il suo luogo nel “cor gentile”. La gentilezza di cui parla il poeta è la nobiltà d’animo, l’elevatezza del pensiero, la disposizione del carattere verso la virtù, la sensibilità e la delicatezza, la capacità di provare sentimenti profondi. «Al cor gentil rempaira empre amore» è la lirica di Guinizelli, considerata il manifesto dello stilnovo:
“Foco d’amore in gentil cor s’aprende /come vertute in petra preziosa,/che da la stella valor no i discende/anti che ’l sol la faccia gentil cosa;/poi che n’ha tratto fòre/per sua forza lo sol ciò che li è vile,/stella li dà valore:/così lo cor ch’è fatto da natura/asletto, pur, gentile,/donna a guisa di stella lo ’nnamora.”
La donna accende l’amore nel cuore dell’uomo. La donna ha l’aspetto di un angelo e ha le capacità di migliorare il cuore dell’uomo e di disporlo alla virtù:
“Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,/siando l’alma mia a lui davanti./«Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti/e desti in vano amor Me per semblanti:/ch’a Me conven le laude/e a la reina del regname degno,/per cui cessa onne fraude» /Dir Li porò: «Tenne d’angel sembianza che fosse del Tuo regno;/non me fu fallo, s’in lei posi amanza”.
Cavalcanti da parte sua, pensa che l’amore sia un sentimento nobile e importante, ma anche drammatico e distruttivo. L’uomo innamorato infatti soffre e non è felice se la donna amata è lontana o non ricambia il suo affetto.
Guido cavalcanti fu una personalità di spicco nella Firenze di fine Duecento; egli fu un personaggio inquieto, aristocratico, dotato di una vivida intelligenza, diviso fra l’attività filosofico-letteraria e l’impegno nella politica del comune fiorentino; anche la sua figura di poeta appare atipica grazie a una lettura assai originale delle novità poetico-filosofiche provenienti da Bologna.
L’amore è sentito e vissuto come passione che il poeta subisce e che risiede nell’anima sensitiva dell’uomo portando angoscia, paura e morte.
Infatti, nelle poesie di Cavalcanti c’è l’idea di amore come passione, tormento, sentimento travolgente che la ragione non può conoscere né controllare. L’impotenza della ragione provoca nel poeta paura e angoscia.
Con Cavalcanti la donna sembra un angelo ma non può elevare l’uomo a Dio. La donna è figura ambigua, inconoscibile e pericolosa; di fronte alla donna il poeta è sconvolto dalla sua bellezza oppure è tormentato dall’amore che gli fa immaginare la morte:
“Perch’i’ no spero di tornar giammai/ballatetta, in Toscana/va’tu,leggera e piana,/dritt’a la donna mia,/che per sua cortesia/ti farà molto onore./Tu porterai novelle di sospiri/piene di dogli’ e di molta paura ;/ma guarda che persona non ti miri/che sia nemica di gentil natura:/ché certo per la mia disaventura/tu saresti contesa/tanto da lei ripresa/che mi sarebbe angoscia ;/dopo la morte, poscia, pianto e novel dolore.”
Questa poesia è come un messaggero, che trasporta un messaggio d’amore alla donna amata da Cavalcanti, e che lui non potrà mai rivederla di persona visto il suo infattibile ritorno a Firenze perchè gli si avvicina la morte, lontano dalla sua patria.
L’amore nelle «Rime» di Dante
Appartiene allo stilnuovo anche Dante Alighieri che, nella Vita Nuova dedica un inno all’amore. La donna amata è Beatrice, il poeta la vede per la prima volta a nove anni e se ne innamora, con lei non ebbe una vera storia d’amore, ma vive piuttosto un amore platonico. Anche con Dante abbiamo una visione dell’amore come sommo sentimento che può donare la massima felicità all’uomo.
All’età di nove anni, Dante incontra per la prima volta Beatrice che diventerà il centro della sua esistenza, il poeta infatti ha la certezza che quest’incontro sarà fondamentale per tutta la sua vita. Nella Vita Nuova, Dante scrive:
“Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione, quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice li quali non sapeano che si chiamare./ Ella era in questa vita già stata tanto, che ne lo suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d’oriente de le dodici parti l’una d’un grado, sì che quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono. …”
Malgrado la sua giovane età, Beatrice non appare descritta da bambina, ma vengono messe alla luce le sue qualità femminili di dignità, onestà e dolcezza evidenziate dal colore rosso del suo abito:
“Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia”.
Stupito davanti a questa bellezza, Dante avverte che una forza incontrollabile sta per impadronirsi di lui : il suo futuro sarà dominato dall’amore per Beatrice. Fin dall’infanzia Dante si sente spinto dall’amore a cercare Beatrice per contemplare la sua bellezza che non sembra appartenere al genere umano, ma di origine divina. Infatti attraverso l’amata Beatrice, Dante spiega e completa la figura della donna-angelo proposta dallo Stilnovo: Beatrice è cosὶ bella da sembrare scesa dal cielo; la sua andatura è divina poiché, cammina leggera tra la gente che rimane senza fiato davanti a tanta bellezza. Amandola, l’innamorato, diventa più nobile e si avvicina a Dio:
«D’allora innanzi dico che Amore segnoreggiò la mia anima, la quale fu sì tosto a lui disponsata, e cominciò a prendere sopra me tanta sicurtade e tanta signoria per la vertù che li dava la mia imaginazione, che me convenia fare tutti li suoi piaceri compiutamente. Elli mi comandva molte volte che io cercasse per vedere questa angiola giovanissima; onde io ne la mia puerizia molte volte l’andai cercando, e vedeala di sì nobili e laudabili portamenti, che certo di lei si potea dire quella parola del poeta Omero: “Ella non parea figliuola d’uomo mortale, ma di deo”.
Nella Vita Nuova, Beatrice è una figura angelicata. Nella Divina Commedia, in quanto guidatrice del mondo degli uomini al mondo dei Beati, Beatrice appare sotto l’immagine oscillante fra la donna e l’angelo, anzi alle due figure si superpone una sola persona alla volta: donna e angelo; sentimento e ragione, simbolo e realtà s’immischiano alla volta.
Un angelo giovanissimo sparito troppo presto fa emergere l’ingegno, l’amore e la poesia di Dante. In effetti, Beatrice non e`un’idea, un simbolo dell’arte ma una creatura vivente che è formata alla fede del poeta. Nella Divina Comedia Beatrice guida Dante:
“A le quai poi se tu vorrai salire,/anima fia a ciò più di me degna:/con lei ti lascerò nel mio partire”
Al percorso della Sapienza, ella gli mostra il modo “d’accedere al monte” dove “è l’uomo felice”. Prima di tutto, rivediamo il viaggio nonché le caratteristiche di ogni tappa del viaggio del poeta. L’Inferno è una “selva oscura” in cui si nascondono tanti paure e rischi:
“Nel mezzo del cammin di nostra vita /mi ritrovai per una selva oscura,/ ché la diritta via era smarrita./ Ahi quanto a dir qual era è cosa dura/ esta selva Selvaggia e aspra e forte/che nel pensier rinova la paura !”
Il personaggio che accompagna Dante è Virgilio, poeta greco, che gli serve da maestro. Dante gli rivolge una grande ammirazione:
“poeta, io ti richeggio/per quello Dio che non conoscesti,/accio’ ch’io fugga questo male e peggio,/Che tu mi meni là dov’or dicesti,/si ch’io veggia la porta di san pietro/e color cui tu fai cotanto mesti »/Allor si mosse, e io li tenni dietro.”
Il Paradiso è l’oltremondo che non permette l’esistenza di turbamenti e quindi, per Dante, Beatrice è l’unica persona che può entrare in questa terra divina e gli permette di accedere al paradiso e alla contemplazione di Dio. La Grazia di Dio è incarnata da Beatrice che porta Dante alla salvezza:
“Ma perchè piene son tutte le carte/ordite a questa cantica seconda,/non mi lascia più ir lo fren l’arte./lo ritornai da la santissima onda/rifatto si come piante novelle/rinovellate di novella fronda,/puro e disposto a salire a le stelle”.
L’amore di Petrarca: madonna Laura
Francesco Petrarca nacque in Arezzo (il 20 luglio 1304) fanciullo, dovette seguire il padre Ser Petracco, notaio fiorentino bandito da Firenze per le sue idee politiche, ad Avignone, allora sede pontificia. Presso la vicina università di Montpellier iniziὸ, su richiesta del padre, lo studio delle materie giuridiche che proseguì presso l’università di Bologna. Ma gli interessi di Petrarca erano tutti per la letteratura tanto che alla morte del padre, abbandonando gli studi intrapresi, si dedicὸ alla vita letteraria. Con Petrarca si apre una nuova età che non si riconoscerà più nei valori del mondo medievale e, in disaccordo con il suo tempo, propone nuovi modelli culturali. Nasce cosὶ la letteratura umanistica.
La dedizione di Petrarca alla cultura concepita come formazione morale di ogni persona, ha avuto una grande influenza nelle generazioni seguenti degli umanisti. Infatti, Petrarca ci propone un viaggio attraverso l’esplorazione dei sentimenti e della propria interiorità, ponendo al centro della sua ricerca l’uomo e il suo animo.
Essendo nato nel momento in cui tutte le certezze medievali volgevano al tramonto, mentre nasceva un’ansiosa ricerca di nuove verità, tra ricchezza di fermenti culturali e angosce, l’amore che Petrarca prova per Laura lo porta a nuove concezioni e punti di vista ribelli alle poesie d’amore in particolare, e della letteratura in generale. Questa nuova concezione nel trattare l’argomento dell’amore, ci appare chiara nel suo capolavoro il Canzoniere, infatti l’amore petrachesco è completamente diverso da quello dolce stilnovistico grazie alla passione e all’impeto che il poeta rivolge alla sua donna amata. Se l’amore dantesco, dedicato a Beatrice, appare spirituale, platonico, quello di Petrarca è pieno di sentimenti, tormenti, desideri sensuali verso la bellezza corporea:
“Erano i capei d’oro a l’aura sparsi/ che ‘n mille dolci nodi gli avvolgea,/ e ‘l vago lume oltre misura ardea/ di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;/ e ‘l viso di pietosi color farsi,/ non so se vero o falso, mi parea :/ i’ che l’esca amorosa al petto avea,/ qual meraviglia se di subito arsi ?”
Non si tratta di un amore d’animo, un amore concesso da Dio tramite una donna celestiale pura ma un amore per una donna reale che ispirava l’attrazione corporea insieme all’apparenza di un angelo. Tale amore rimane profondo nell’anima di Petrarca addirittura più impetuoso dopo la morte di Laura.
Laura può essere considerata come la prima figura femminile rappresentata dall’Umanesimo tramite le caratteristiche moderne rispetto a quelle del dolce Stilnovo in cui la bellezza è situata in riferimento con Dio. Nelle donne dello stilnovo, le caratteristiche morali predominano su quelle fisiche. L’Umanesimo invece pone l’uomo al centro dell’universo, mette in rilievo il ruolo di ogni individuo. Da questo punto di vista, Laura ci appare, anticipando l’esplosione di sensuale vitalità dell’Umanesimo. È anche la prima volta che l’amore profondo di un poeta non è dedicato a Dio ma a una donna, una donna dipinta da capelli biondi, dal collo di latte, dalle guance infocate, da’ sereni occhi, dal dolce viso, non è una donna formata solo per essere contemplata con il velo e il simbolo, ma è una donna bella, costruita dall’amore passionale del poeta.
Laura, non è perfetta; la sua bellezza diminuisce con il passare del tempo, non è eterna come quella dello Stilnovo. La donna-angelo si trasforma in donna terrena che invecchia e muore. Con quest’amore Petrarca vive in conflitto tra la forza passionale del suo amore e la consapevolezza dell’errore che va compiendo, infatti per Petrarca l’amore distrae l’uomo, non lo aiuta a migliorarsi, ma lo allontana da Dio e dalla perfezione che si trova solo nelle cose eterne e non in quelle terrene.
Laura è il simbolo dell’allontanamento da Dio e rappresenta allo stesso tempo l’attaccamento ai beni terreni impedendo Petrarca di intraprendere il difficile percorso verso il raggiungimento divino.
Con Petrarca, la figura femminile è dotata di una personalità, viene descritta con le tappe normali di giovinezza, invecchiamento, morte; Lei mostra anche stati d’animo e atteggiamenti che determinano le reazioni del Petrarca. Prende importanza l’io del poeta, elemento nuovo caratterizzato da contraddizioni e da un continuo stato di turbamento. I conflitti interiori sono dettati dal desiderio di amare Dio e di condurre una vita retta, giusta, e tormentata però dalla passione per la donna. E di nuovo quest’ultima torna ad essere oggetto del desiderio, e allo stesso tempo fonte del peccato:
“Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono/ di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core/ in sul mio primo giovenile errore,/ quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono/del vario stile in ch’io piango e ragiono/ fra le vane speranze e ‘l van dolore,/ ove sia chi per prova intenda amore,/spero trovar pietà, non che perdono”
Si può notare che le qualità morali delle donne Stilnovistiche predominano su quelle fisiche. Nel Canzoniere è invece il corpo di Laura ad avvicinare il poeta, mentre la sua virtù lo allontana.
Amore e sensualità di Boccaccio
Se l’amore secondo Petrarca è un turbamento, in quanto crede che possa allontanarlo da Dio, con Boccaccio, l’amore non è più visto come sentimento di peccato o di elevazione degli animi; esso è considerato come un sentimento passionale e carnale.
Infatti nel Decameron, Boccaccio rappresenta l’amore in ogni sua sfaccettatura e contrappone le sue concezioni ai pregiudizi religiosi, che in passato gli avevano impedito di vivere l’amore con passione. Inoltre, l’amore non è più visto solo come qualcosa di teorico, ma diventa un sentimento umano e terreno.
Nel Decameron, il corpo e l’impulso amoroso sono celebrati senza sensi di colpa. Questo è proprio negli anni in cui imperversa la peste che rende più precario il godimento dei piaceri della vita e in cui il terrore della morte favorisce il rilancio di una cultura penitenziale che si accanisce contro il corpo.
Come si è già detto in precedenza, Dante pone come elemento principale la figura divina, Boccaccio da parte sua “scavalca” questi canoni per immergersi completamente nella realtà quotidiana. Dante è il poeta dell’amore idealizzato, puro invece Boccaccio è il poeta del piacere, dell’amore sensuale, amante dei beni materiali. Qui infatti si entra all’interno di un’altra differenza ben distinta fra i due poeti; la concezione della donna. Dante riteneva che la donna fosse l’unico ponte tra l’uomo e Dio. Come possiamo notare in quasi tutte le sue opere, la donna è presentata con un’aggettivazione quasi divina, che ben si addice ad un angelo. Del tutto opposto è la visione di Boccaccio. Per lui la donna non è quella angelicata di Dante, ma è semplicemente un essere umano; inoltre l’amore non è più visto come qualcosa di teorico, ma diventa un sentimento umano e terreno che accende le passioni più sensuali. Nel Decameron, la donna acquista dignità di personaggio: non è più oggetto dipendente dall’uomo, ma diviene soggetto autonomo che può provare desiderio e non ha timore di esprimere i propri sentimenti. la donna non si limita ad essere ombra e riflesso della passione dell’uomo, ma diventa la vera attrice, che affronta e soffre la vicenda amorosa dentro di sé, come schietta creazione del proprio cuore.
Il proemio del Decameron si apre solennemente con una sentenza: «Umana cosa è avere compassione degli afflitti» in cui l’autore dichiara di voler prestare, con la sua opera, conforto e diletto alle persone sofferenti, alle donne che per la loro sensibilità e la loro condizione sociale, hanno maggiormente bisogno del conforto dell’immaginazione; e insieme alla cura offre anche un rimedio preventivo, un insegnamento per evitare di cadere vittime della sofferenza amorosa o per superarla al meglio.
Boccaccio motiva la sua scelta evidenziando la noia della vita femminile. Le donne infatti potevano dedicarsi soltanto alle faccende domestiche, mentre gli uomini, oltre a godere di varie possibilità lavorative, si svagavano negli affari pubblici o nelle taverne.
Nel Decameron Boccaccio si rivolge ancora una volta al pubblico femminile, ovvero a coloro che, più degli uomini, hanno bisogno di letture piacevoli e di svago che interrompano la noia ed allontano i dolori dal cuore:
“E chi negherà questo, quantunque egli si sia, non molto più alle vaghe donne che agli uomini convenirsi donare? Esse dentro a’ dilicati petti, temendo e vergognando, tengono l’amorose fiamme nascoste da’ voleri, da’ piaceri, da’ comandamenti de’ padri, delle madri, de’ fratelli e de’ mariti, il più del tempo nel piccolo circuito delle loro camere racchiuse dimorano e quasi oziose sedendosi, volendo e non volendo in una medesima ora, seco rivolgendo diversi pensieri, li quali non è possibile che sempre siano allegri.»
Le donne acquistano dignità di personaggio, si appropriano dell’uso di una parola che a loro è stata negata per secoli. La donna non si limita ad essere ombra e riflesso della passione dell’uomo, ma diviene la vera attrice, che affronta e soffre la vicenda amorosa dentro di sé, come schietta creazione del proprio cuore.
Fiammetta non è la donna angelicata degli stilnovisti e di Dante, né una creatura superiore come Laura per il Petrarca, ma una donna completamente terrena e sensuale, che si lascia corteggiare e sedurre, che tradisce con relativa disinvoltura.
All’amore è ispirata la maggior parte delle novelle. L’associazione tra le donne e l’amore è esplicita fin dall’inizio, come lo è la volontà dell’autore di mettersi dalla loro parte. Le donne che amano costituiscono il pubblico privilegiato a cui si rivolge direttamente l’autore nell’introduzione.
Possiamo dire che l’opera del Boccaccio rappresenta uno specchio della società trecentesca, e questa nuova visione dell’amore e della donna è un esempio del tramonto del Medioevo e del passaggio al mondo moderno.
Bibliografia:
Dante Alighieri, La Divina Commedia, l’Inferno, cantoI, vv.121-123. A cura di Umberto Bosco e Giovanni Reggio, Firenze, Le Monnier, ottobre 1979.
Dante Alighieri, Vita nuova, a cura di Fredi chiappelli, Milano, Mursia, 1965, parte I, cap. 2.
Dante Alighieri, la Divina Commedia, Il purgatorio, cantoXXXIII, A cura di Umberto Bosco e Giovanni Reggio, Firenze, Le Monnier, 1979.
Francesco Petrarca, Il Canzioniere, a cura di Dino Provenzal, Milano, Rizzoli, 1954.
Giovanni Boccaccio, il Decameron, a cura di Vittore Branca, Firenze, presso l’Accademia della crusca, 1976.
Pino Alessandri, Paola Bertolini, Elena Mutti, Leggere i classici, Bologna, Zanichelli, 1997.
Riccardo Marchese, Andrea Grillini, Testi e percorsi della letteratura italiana, Firenze, La Nuova Italia, 1997.
Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, La scrittura e l’interpretazione, volumeI, Firenze, Palumbo,1996.
Stefano Re, Luca Simoni, l’invenzione letteraria, Milano, Carlo Signorelli editore, 1997.
Sitografia:
Http://www.letteraturaitaliana.org/dolcestilnovo.html
Http://www.interbooks.eu/poesia/trecento/francescopetrarca.html
Http://doc.studenti.it/tema/letteratura-italiana/concezione-donna-decameron.html
Http://www.griseldaonline.it/didattica/riso-pianto-decameron-tortelli.html.

Hanen Tallouli, Dottoranda in lingua, letteratura e civiltà italiana presso la facoltà di Lettere, delle Arti e dell’umanità di Manouba-Tunisi
Contatto e-mail dell’autrice: talloulihanen@gmail.com.