La prostituzione a Venezia nel Medioevo

Bartolomeo Gradenigo, doge nel 1340

La prostituzione a Venezia nel Medioevo di Giorgio Ravegnani

Uno dei primi documenti che attestano un intervento statale sulla prostituzione risale al 1228: si tratta di un’ingiunzione dell’autorità di governo con cui si intimava a due fratelli di sfrattare dalla loro casa un tale Angelo Bernardo che, con la sua amante e altre donne, vi aveva organizzato una piccola attività di meretricio. Una legge del Maggior Consiglio del 1266 inoltre faceva obbligo ai proprietari di case di sfrattare le prostitute e di non affittarle a queste affidando il compito di far rispettare la norma ai Signori di Notte, un organismo formato da sei membri destinato a occuparsi della sicurezza cittadina. Nel 1314 la legislazione adottò altri provvedimenti e ai Signori di Notte fu data facoltà di sfrattare meretrici e lenoni anche se esercitavano in case di loro proprietà; nel 1320 venne poi creato l’ufficio dei capi di sestiere: sei patrizi maturi eletti annualmente dal Maggior Consiglio per vigilare sui singoli sestieri e questi, per ordine del Consiglio dei Dieci, dovettero occuparsi anche di prostituzione. Furono quindi incaricati (nel 1340) di provvedere che in nessuna osteria o taverna si ospitassero meretrici o altre «femine de peccato» o si somministrassero loro cibi e bevande. E ancora, qualche tempo più tardi, ebbero il compito di procedere contro le donne di malaffare e i lenoni anche se dimoranti a Venezia da più di tre anni. Gli osti, gli albergatori e i tavernieri a loro volta furono pressati dall’autorità a non accogliere le meretrici.
L’atteggiamento repressivo verso la prostituzione iniziò tuttavia a cambiare tra la metà del Trecento e la seconda metà del secolo successivo. Nel 1358 i capi sestiere vennero incaricati dal governo di cercare un blocco di case a Rialto «per l’abitazione delle peccatrici». Nel 1360 l’ordine fu ribadito e nel contempo si vietò l’espulsione delle donne di vita che dovevano esercitare solo nei luoghi loro deputati e non andare in giro per la città se non il sabato e con il capo coperto da un fazzoletto giallo. Le case vennero trovate (erano alcuni immobili dei nobili Venier e Morosini nella parrocchia di S. Matteo) e si cominciò a dare una struttura al nuovo quartiere del vizio. Alla fine del 1360 furono designati sei custodi armati alle dipendenze dei capi sestieri per reprimere risse e schiamazzi; si stabilirono delle «patrone» o «matrone» pubbliche per regolare i traffici amatori che dovevano rispondere ai capi sestieri, a cui erano tenute a versare il denaro per il pagamento degli affitti e altro e si limitavano i movimenti delle prostitute ad alcune calli della parrocchia di S. Matteo.
Il governo veneziano riconosceva in questo modo non solo che il meretricio era inestinguibile ma persino necessario e, di conseguenza, si assumeva l’onere di controllarlo. Dopo alcuni anni dalla sua istituzione il pubblico bordello di Rialto vene indicato con il nome di Castelletto (forse perché costituiva una sorta di cittadella del sesso) e nel 1421 si cercò di trasferirvi anche le prostitute che avevano preso alloggio in altra parte della città. Una serie di disposizioni emesse dalla Quarantia nel 1423 ne fissò poi dettagliatamente il funzionamento: si stabilì che le donne per adescare dovessero muoversi solo di giorno in alcune strade della parrocchia di S. Matteo, che a una certa ora di notte venisse chiuso, che le prostitute con un alloggio altrove, ma non presso il proprio ruffiano, potessero non pernottarvi e altro ancora. Fu anche ripetuto in più occasioni il divieto di rapporti carnali fra ebrei e cristiani anche in relazione alle meretrici del Castelletto: nel 1429, in particolare, si vietava esplicitamente a ebrei ed ebree di avere rapporti carnali con cristiani prescrivendo anche le pene per i trasgressori. Nel 1443 poi il Senato tornò sull’argomento lamentando che molti ebrei non portavano il prescritto segno di stoffa gialla sul petto, si mescolavano con donne cristiane e per di più tenevano scuole dove insegnavano ai giovani cristiani musica canto e ballo; si richiamavano di conseguenza gli organi competenti a fare rispettare i divieti e si fissavano le pene per gli ebrei che avessero avuto rapporti carnali con donne cristiane, che prevedevano una grossa multa e due anni di carcere.

Ponte delle Tette (Venezia)

Il controllo come si può intuire non era facile e il Castelletto, anche per vetustà edilizia, si rivelò sempre meno adatto alle funzioni che doveva svolgere per cui, dopo la metà del Quattrocento, fu posto in liquidazione e venne costituito nella zona delle Beccarie quello che fu definito il «postribolum Rivoalti», ossia un secondo Castelletto che nel 1460 il nobile Priamo Malipiero definì con il governo concedendo le sue case per la bisogna. Ma in fin dei conti era un’impresa vana: le prostitute tendevano a sciamare in tutta la città nonostante gli interventi dell’autorità per arrestarne l’esodo. Erano molte d’altronde: secondo un calcolo forse azzardato fatto da Marin Sanudo all’inizio del Cinquecento bel 11mila 564, pari quindi all’incirca a un decimo della popolazione cittadina. Il fenomeno della dispersione fu poi acuito dall’incendio del mercato di Rialto nel 1514, che compromise sempre di più i vecchi edifici spingendole a sistemarsi altrove. Alcune si rifugiarono nella zona dove aveva il palazzo la famiglia Rampani e, abitando nella zona di ca’Rampani, vennero soprannominate «carampane», parola che esiste ancora nella lingua italiana con significato dispregiativo per signore non avvenenti. Nella stessa zona, a S. Cassiano, esistono ancora la Fondamenta e il Ponte delle Tette, dove si dice che le donne di vita mostrassero dalle finestre le loro grazie per invitare i passanti; in ciò, a quanto pare, seguivano una disposizione del governo volta a combattere il diffuso fenomeno della sodomia.

Giorgio Ravegnani

Insegna Storia dell’Italia bizantina all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Tra i suoi libri più recenti ricordiamo: Andare per l’Italia bizantina (Bologna 2016); Il traditore di Venezia. Vita di Marino Falier doge (Roma-Bari 2017); Bisanzio e l’Occidente medievale (Bologna 2019); L’età di Giustiniano (Roma 2019).
Per la Salerno Editrice ha pubblicato Teodora (2017), Ezio (2018), Venezia prima di Venezia (2020).

Contatto e-mail dell’autore: giorav@unive.it.

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