La sposa italiana

La sposa italiana di Claudia Provvedini

Duca a dodici anni, ma orfano già a sette; erede del più strategico regno europeo eppure costretto a rischiar la vita per i Franchi, Tassilo III di Baviera fu ritenuto un perdente, la Storia lo dimenticò. Eppure “A Tassilo III il Forte” è dedicata la splendente coppa ovale in rame, argento e oro, tesoro dell’abbazia di Kremsmünster, in Austria. La moglie Liutperga vi fece incidere in latino nel 760: “Tassilus III Dux Fortis Liutpirc virga regalis”, con i nomi dei futuri coniugi, il Duca di Baviera e la principessa longobarda. Le nozze si celebrarono con una cerimonia regale, ma lui aveva piú caro quel primo gesto d’amore di lei. “Solo la bellissima figlia di Desiderio re dei Longobardi mi ha chiamato ‘forte’, mi ha dato coraggio e fiducia”, ricordava il Duca nei momenti difficili. Che conosceva fin da bambino. Orfano, era stato adottato e fatto Duca dal tutore Pipino il Breve, divenuto re dei Franchi, a patto che ne riconoscesse i diritti sulle proprie terre.
Mai peró Tassilo si era ritenuto suddito. Da ragazzo, per allearsi il clero cattolico, aveva fatto costruire abbazie e monasteri e se quella pietra bianca e porosa era divenuta una passione, il motto di San Benedetto “Ora et labora” lo seduceva. A Mattsee nel 765 eresse un’Abbazia benedettina con seminario; nel 768 una a Gars sul fiume Inn; un’altra nel 777 a Kremsmünster, tra le più antiche d’Europa. La fece edificare dove il figlio di primo letto Gunther era stato sbranato da un orso durante una caccia. Al monastero donó il calice prezioso di Liutperga.
Come altri nobili europei dell’Alto Medioevo, Tassilo III – che considerava la conversione degli Ariani al Cristianesimo la garanzia di un diritto divino e imperituro sui propri beni – aveva profuso ricchezze in imponenti opere religiose anche per ingraziarsi ad ogni elezione il Papa e non essere da lui coinvolto in guerre. Adriano I, asceso al seggio pontificio, gli aveva invece imposto di battersi per i Franchi di Pipino tutore di Tassilo dopo la morte di suo padre, Odilo di Baviera. “Autore del Lex Baiuvariorum,  prime leggi per i Bavaresi concilianti diritto romano, germanico e goto contro la legge dei Franchi, mio padre – raccontava il Duca ai suoi ospiti – era poco amato dai sudditi per le origini alemanne e per una vicenda privata: aveva sedotto Hiltrud, figlia di Carlo Martello fratello del re dei Franchi presso cui si era rifugiato, che diede alla luce me prima del matrimonio. Morto Odilo nel 748, Pipino si nominò mio tutore, mi fece erede della Baviera e nel 753 Duca dell’Alta Austria, di Salisburgo e del Nord e Sud Tirolo. Mi insediò uccidendo Grifo – un cugino che aveva tentato di rapirmi piccolissimo – a condizione che riconoscessi sovrani i Franchi”. E se per loro aveva sottomesso e convertito al Cristianesimo gli Slavi di Carinzia, nel 757 a Compiegne il duchino giurò fedeltà anche ai figli del re, Carlomanno (morto in circostanze misteriose nel 771) e il maggiore, Karl, Carolus in latino. Figlio illegittimo (come Tassilo) perchè nato quando Pipino il Breve e Bertrada di Laon non erano ancora sposati, quel giovane alto e affascinante divenne Carlo il Grande, Carlo Magno, incoronato da Papa Leone III, il Natale dell’800 in San Pietro, sul trono del Sacro Romano Impero.
I Franchi schiacciavano così i popoli germanici eppure il Duca bavarese resistendo a quella supremazia parteggiò per gli Aquitani, gli ex Visigoti alleati dei Longobardi e protetti da Odilo. I rancori tra Franchi e Bavaresi erano dunque di vecchia data: il destino o forse un inganno fece sì che Tassilo III non combattesse mai con i Franchi, pur riconoscendone i sovrani. Nella battaglia contro gli Aquitani, infatti, non lo videro in campo i luogotenenti carolingi. Fecero circolare la voce che si fosse dato ammalato e il suo esercito avesse disertato. “Calunnie dei miei detrattori”, protestava il Duca. La leggenda dice che fosse stato avvelenato, ridotto in stato di morte apparente: si risvegliò a battaglia finita e vinta da Carlo.
Chi mise la pozione nel calice prezioso, dono della moglie, solo dal quale egli beveva? “Un domestico vendutosi miseramente ai Franchi? O la mia amata Liutperga per evitarmi di entrare in campo, anche a costo della perdita dell’onore? – si chiedeva il Duca -. Rimasi vivo, ma Papa Adriano I e i Franchi strinsero alleanza e un’infausta nomea di vigliacco traditore e vassallo ribelle ricadde su di me, ritenuto incapace di reggere un trono”.
La duchessa avrebbe tuttavia agito per interesse: secondo alcuni storici, Liutperga voleva legare il marito ai progetti di conquista sull’Italia dei parenti Longobardi contro i Franchi, pur facendolo accusare di alto tradimento nei confronti dei sovrani cui, si diceva, avesse giurato fedeltà sotto pena di morte. Secondo altri, invece, lui stesso avrebbe aspirato al trono d’Italia, alla morte del suocero Desiderio. Tassilo apparve pertanto – sia ai contemporanei, sia nelle Cronache dal 1100 al 1500 – non come un Duca indipendente e orgoglioso, ma come un uomo debole e plagiato da una donna. L’integerrimo Duca bavarese, neppure sfiorato dal sospetto di un complotto familiare, era invece fiducioso e innamorato della moglie “italiana”.
Il segreto rimase nelle fibre del metallo della coppa: forse oggi un’analisi scientifica del prezioso calice realizzato da artigiani anglo-sassoni o italiani, rivelerebbe la verità. Del calice di Tassilo di proprietá del Monastero di Kremsmünster si conserva una bella copia in quello di Mattsee. Ma il piccolo paese bavarese, a venti chilometri da Salisburgo (la cui cattedrale venne consacrata proprio da Tassilo III), ha reso omaggio in altro modo al Duca medievale: nel centro della piazza si erge una scultura in bronzo a lui dedicata. Alta quattro metri, del peso di una tonnellata eppure dotata di leggerezza e eleganza, venne realizzata nel 2010 dall’artista Lotte Ramf. Evocando il tardo romanico-gotico, riproduce una figura “compressa” di Tassilo III, nello stile dei bassorilievi di Cividale del Friuli, prima marca longobarda. La statua regale – capo incoronato più grande del corpo, braccia incrociate sul petto in segno di devozione – si erge con timore reverenziale e appoggia i calzari sul filo di un disco piatto che simboleggia il mondo e porta incisi in verde e oro come in filigrana momenti della vita del Duca. Il mondo, contro cui si lancia un magro leone issato sulle zampe posteriori, è una spirale simile a quelle celtiche ritrovate in Gran Bretagna e Francia. La spirale sembra espellere colui che non seppe farla girare con violenza, Tassilo III, un forte non un violento. Stretto tra scelte inconciliabili.
Il Duca era infatti a conoscenza dei piani di estensione del dominio nel nord e sud Italia del suocero Desiderio, ma intuiva anche l’obiettivo del cugino e futuro cognato Carlo Magno: distruggere i Longobardi. E lo definí “potere incarnato, privo di sentimenti umani perfino nei confronti dei figli”. Presagiva che da lui sarebbe stato ridotto a vassallo e infatti nel 794 la ricca Baviera venne inglobata nel regno franco.
Carlo era un abile stratega anche in fatto di matrimoni. Alla morte del padre Pipino, nel 770, aveva sposato, nonostante il divieto del Papa, la giovanissima figlia del re longobardo, Desiderata (forse un patronimico, il nome avrebbe invece dovuto avere la medesima desinenza germanica -perc, rifugio, della sorella Gerperga sposa di Carlomanno; mille anni dopo il Manzoni l’avrebbe ribattezzata Ermengarda nella tragedia “Adelchi”). E i matrimoni, Carlo, sapeva altrettanto scioglierli. Stilato un apparente accordo con Tassilo III e Desiderio, ripudiava dopo un anno Desiderata per scacciare il suo popolo dall’Italia.
Anche al Duca bavarese era stato imposto dal re dei Franchi di ripudiare l’amata moglie Liutperga, sorella maggiore di Desiderata. Si era rifiutato. “Amo con tutte le mie forze la principessa che mi ha dato quattro figli. Offro la mia vita a condizione che ella sia ricondotta sotto la protezione del padre Desiderio”, gridava agli emissari di Carlo. Era stato catturato nella residenza ducale di Regensburg, imprigionato e costretto a farsi monaco prendendo la tonsura nel monastero di Jumieges. La moglie fu fatta prigioniera e i figli chiusi in convento.
Nella bianca Abbazia benedettina di Mattsee si sono ritrovati nel XVI secolo documenti su carta pergamena scritti in una lingua non riconducibile a quelle parlate nell’Alto Medioevo. Si presume siano in codice. In quelle righe protette dal mistero, Tassilo III potrebbe aver lasciato testimonianza del suo sacrificio di uomo e sovrano, sopportando le torture e l’umiliazione di essere privato per sempre del titolo di Baviera e sui territori tra Austria e Germania.
Da Carlo Magno subí anche un processo a Ingelheim nel 787 e, durante il Sinodo di Francoforte del 794, fu condannato a morte per inadempimento dei propri doveri nobiliari e tradimento per non aver rotto l’alleanza con i Longobardi (la cui regina Teodolinda aveva sposato in seconde nozze Agilulfo capostipite della dinastia bavarese). La sentenza, forse per intercessione dello stesso “imperator Romanorum”, fu commutata in prigione a vita nel chiostro di Lorsdch. Tassilo visse la condizione monacale con convinzione, mostrando una “pietas” insolita in un pagano convertito. Morì l’11 dicembre del 796 o dell’800, stesso anno in cui Carlo Magno ricevette la corona imperiale dal Pontefice. Con Tassilo III si estinse la dinastia alemanna degli Agilulfingi risalente al VI secolo. Se la figura del Duca fu riabilitata nel Rinascimento come rappresentante di una stirpe di nobili cavalieri, esponenti religiosi bavaresi ne proposero di recente la beatificazione perché da cristiano accettò la sua sorte, anzi “superò il proprio destino” tragico mostrando debolezza esteriore ma intima forza morale secondo l’insegnamento di San Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi: “Quando sono debole, sono forte”.
Viva ė ancora l’usanza di matrimoni tra bavaresi e ragazze lombarde, quasi a riscattare la sorte infelice del Duca e della sposa “italiana”, ma di Tassilo III di Baviera la Storia non conserva importanti  memorie, lasciandolo avvolto nei cosiddetti secoli bui dell’Alto Medioevo. Oggi però, a mille anni dalla sua morte, la statua nella piazza di Mattsee ne celebra la figura: un Forte nell’epoca dei violenti.

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