L’assistenza alla persona sottoposta ad intervento chirurgico nel «Post Mundi Fabricam» di Ruggiero di Frugardo

Figura 1

L’assistenza alla persona sottoposta ad intervento chirurgico nel «Post Mundi Fabricam» di Ruggiero di Frugardo di Pietro Cinque, Maria Luisa Pancheri, Anna La Torre

Il maggior vanto per Salerno è senza dubbio la sua Scuola medica, un’istituzione che, pur tra alti e bassi, ha operato per oltre un millennio, dall’alto Medioevo al 1812 ed ha contribuito a diffondere il nome ed il prestigio della città nel mondo[1].
Nella sua lunga storia si possono distinguere approssimativamente tre periodi[2]: il primo, definibile come istituzionale, il secondo, relativamente breve ma noto, della sua splendida fioritura, all’incirca tra l’XI ed il XIII secolo, ed il terzo, più lungo e accidentato, della stagnazione e del declino. Durante quest’ultimo la Scuola salernitana, già di livello e rinomanza internazionale, finisce con il ridursi lentamente ad una modesta istituzione locale[3].
In quello che possiamo definire come periodo di transizione, si colloca la figura di Ruggiero di Frugardo, chirurgo vissuto nella seconda metà del XII secolo, uno tra i più insigni maestri; e forse, secondo controverse teorie, fondatore della grande Scuola chirurgica salernitana, dalla quale ha avuto inizio il rinascimento della chirurgia[4].
La chirurgia di Ruggiero, conosciuta come «Pratica Chirurgiae» (Pratica chirurgica) e «Post Mundi Fabricam» (Dopo la creazione del mondo), è riassunta in una sorta di manuale di traumatologia, arricchito talvolta da quadri nosologici di chirurgia non ortopedica ed affezioni più propriamente di competenza medica.
Il contributo offerto da Ruggiero alla rinascita della medicina operatoria è da considerarsi notevole, soprattutto se contestualizzato al periodo storico di appartenenza. Un’ epoca, quella, contrassegnata dal retaggio che vedeva il sapere medico concentrato nelle mani del filosofo, con l’impronta della cultura greco-romana che aveva segnato la strada dell’utilizzo degli schiavi, del servus (servo, schiavo), come fenomeno di manovalanza per alcune pratiche assistenziali. La rivoluzione caritatevole del Cristianesimo vede, invece, l’assistenza dell’infermus (infermo) ad opera di chi si consacrava a Dio[5]. Con il nuovo messaggio messianico, l’assistenza ai bisognosi sarà prevalentemente nelle mani delle comunità cristiane[6]. Nasceranno così gli xenodochia, luoghi destinati all’accoglienza dei forestieri e dei viaggiatori, i nosocomia, dedicati all’assistenza degli infermi, i brephotrophia, asili per i bambini abbandonati, i gerentokomia, ricoveri per gli anziani, le cherotrophia, case per le vedove e gli ptochotrophia che saranno gli alloggi per i poveri.
L’amministrazione economica dei monasteri era affidata ai diaconi, la medicina veniva praticata dai monaci (cultori delle scienze cliniche e filosofiche) e l’assistenza veniva prestata dalle vedove, dalle vergini e dal monachos infirmarius, il monaco infermiere[7].
La chirurgia in quest’epoca non era vista come disciplina specialistica, ma attività di basso livello, priva di proprietà intellettuali e filosofiche, per cui era fatto divieto ai medici clerici ed ai medici monaci, che all’epoca rappresentavano la maggioranza degli esercenti all’arte sanitaria, di versare sangue.
In questo lontano contesto, nasce Ruggiero, chirurgo e operatore valente, allievo degli insegnamenti di Alessandro di Tralles e di Paolo d’Egina, ma sicuramente anche conoscitore ed estimatore delle opere di chirurghi arabi e specialmente quella di ‛Alī ibn al-‛Abbās. Le sue osservazioni sulla patologia e la cura chirurgica delle malattie e delle lesioni del capo, del collo, del tronco e delle estremità, rivelano vasta esperienza, grande originalità di giudizio e notevole sicurezza nella tecnica. L’apporto di conoscenze dato da Ruggiero a tale scienza rivoluzionerà la chirurgia europea fino al Rinascimento[8].
Nell’ambito della storia medioevale e nella storia della medicina, la Scuola salernitana fu punto di eccellenza nella produzione scientifica, e, pertanto, è stata molto studiata negli anni, in particolar modo dagli storiografi italiani. Meno indagata, invece, risulta la figura assistenziale ed in particolare nell’assistenza chirurgica; in tale settore. Ruggiero di Frugardo, come figura di spicco della Scuola salernitana, contribuì a divulgare e a rivoluzionare la chirurgia tra le discipline mediche, in maniera innovativa e maggiormente pratica rispetto agli insegnamenti dell’epoca, ma chi erano coloro che lo aiutavano? Che caratteristiche avevano questi antesignani degli infermieri di sala operatoria contemporanei?
L’analisi e la critica, principali strumenti di lavoro dello storico, vengono nel caso della biografia utilizzate per isolare e rappresentare singole vite. In questo frangente, infatti, più che imprese già note, s’indaga il singolo e il contributo di un individuo attraverso l’interpretazione di una specifica disciplina quale, nel nostro caso, la storia l’assistenza e della medicina. Tale metodologia permette spesso di dare ragione o spiegazione di eventi di difficile interpretazione e trova chiavi d’interpretazione, di evoluzioni o di regressioni a cui l’analisi storica di una specifica professione si trova abituata[9].
Del nostro Magister poco sappiamo e anche il suo scritto originale «Pratica Chirurgiae» giunge a noi solamente per mano del Rolando Capelluti, o Rolando da Parma, discepolo del Ruggiero. Da ricordare in aggiunta che il «Post Mundi Fabricam» non avrà valore divulgativo all’interno della Schola prima del XIV secolo.
Ad una prima analisi l’opera appare nella struttura come un manuale di traumatologia, in cui i quadri morbosi vengono trattati da Ruggiero secondo l’antica partizione «a capite ad calcem» (dalla testa al tallone) della medicina clinica antica, suddivisa a sua volta in quattro capitoli, ognuno dei quali riporta le procedure terapeutiche per ogni caso specifico.
Il primo libro è costituito da 44 capitoli riguardanti le lesioni del capo e del viso; il secondo libro da 16 capitoli che riesaminano malattie del collo e della gola; il terzo libro è costituito da 52 capitoli che trattano affezioni degli arti superiori, del torace e dell’addome ed infine il quarto libro composto da 17 capitoli, tratta le lesioni degli arti inferiori ed alcuni argomenti vari.
Appare curioso scoprire come il trattato rogerino, nonostante la già accertata laicità dell’autore, faccia comunque riferimento al ruolo di «Sommo Medico» riferito a Dio durante il suo proemio sulle origini della medicina che apre il libro I. All’Onnipotente si affida la cura dell’anima dell’uomo, mentre la cura del corpo viene demandata ai medici, ma la riuscita è anch’essa per scelta divina. Di interesse semantico risulta la definizione lineare che viene riportata del termine chirurgia, che non si rifà al senso etimologico di attività lavorativa manuale, ma la definisce come una branca della medicina che si occupa di riparare tessuti lacerati: «Allorché interviene con caratteristiche proprie in quelle lesioni estrinseche del corpo, dove è interrotta la continuità dei tessuti, assume il nome di Chirurgia»[10].
Altra indicazione innovativa presente nella premessa è il concetto di divulgazione scientifica, ovvero la comunicazione rivolta al grande pubblico delle nozioni e ricerche accademiche in forma accessibile e di facile comprensione per l’accrescimento culturale professionale (un concetto che ritroveremo solamente nell’Illuminismo e, in campo medico, nel XIX secolo, con la creazione dei primi congressi internazionali). Nello specifico si legge: «In seguito all’interessamento di nostri colleghi e di altri illustri uomini sul nostro modo di operare e dopo matura riflessione, abbiamo deciso di riportare per iscritto le diverse cure che siamo soliti apprestare, affinché ognuna di esse possa essere utilmente ricordata e noi meritarne lode e gloria imperitura[11]». Il manuale, ad occhio contemporaneo, riporta interventi che ad oggi sono ritenuti di competenza infermieristica, mentre all’epoca dei fatti erano gestiti in parte o totalmente dai medici. Ad esempio, la gestione del drenaggio delle secrezioni purulente verso l’esterno attraverso una pezzuola o uno stelo, le medicazioni di ferite purulente, attraverso l’assorbimento della fuoriuscita del pus con una spugna ad azione assorbente e detergente ben lavata, o attraverso garze medicate, pezzuole intrise di albume d’uovo ad azione rigenerante e cicatrizzante.
In un periodo storico troppo spesso erroneamente associato all’idea di “secoli bui” diventa di straordinario interesse scoprire come il Ruggiero e gli insigni maestri della Schola di Salerno, ponessero estrema attenzione al fenomeno delle patologie neurologiche e psichiatriche, cercando una risoluzione dei sintomi tramite le loro convinzioni clinico-assistenziali[12]. Troviamo quindi che di fronte a gravi manifestazioni neuropsichiatriche, il Nostro ci presenta delle soluzioni chirurgiche come trattamento dei sintomi. Nel caso delle manie, il Ruggiero opta come trattamento la trapanazione, nel convincimento di consentire in tal modo la fuoriuscita degli umori cattivi, mentre per l’epilessia preferisce il cauterio. Con la mania si riferisce a psicosi caratterizzate da stati di eccitazione psichica, mentre con la melancolia si riferisce ad uno stato depressivo[13].
Per quanto riguarda la traumatologia, nella sezione riferita al caso di lussazione di spalla, notevole risulta la straordinaria efficacia della tecnica del tempo e perché per la prima volta dall’inizio dell’analisi del testo vediamo menzionare nero su bianco la presenza ed il ruolo di due assistenti, i quali avranno il compito di partecipare attivamente alla manovra di riduzione.
Tanto, o poco, è stato detto sulla figura dell’assistente nel Medioevo e sul ruolo avuto dal Cristianesimo nella metamorfosi del concetto assistenziale[14] . Si è discusso anche su ciò che oggi reputiamo di competenza infermieristica, mentre all’epoca dei fatti studiati apparteneva alle conoscenze ed alle competenze del medicus, rimane pertanto interessante approfondire chi fosse questo “assistente” a cui si rivolge Ruggiero e perché compare così poche volte all’interno della sua opera. Se da un lato non abbiamo una bibliografia di riferimento che possa darci informazioni certe sul chi fossero gli ”aiutanti”, da un altro abbiamo un importante riferimento al processo di formazione del monacus infirmarius datoci dal De Renzi all’interno del suo «Storia documentata della Scuola medica salernitana»[15]; questi ipotizza che il processo di formazione accademica, che portava all’acquisizione del titolo di medicus per mano di un Magister, passava attraverso la frequentazione di tre anni di formazione che comprendevano lo studio della logica, delle arti liberali, della matematica e della scienza; superati gli esami previsti al termine del periodo di formazione, si poteva procedere con lo studio delle scienze mediche[16].
Sempre il De Renzi ipotizza che questo periodo di formazione potesse in qualche modo essere considerato una sorta di “limbo” all’interno del quale chi vi operava, non poteva essere considerato al pari del medico, ma al contempo venisse socialmente considerato al di sopra del monaco o del servus a cui eravamo abituati da tradizione ellenistico-romana e con l’avvento del monachesimo. Considerando tale teoria corretta e non disponendo di elementi sufficienti nel testo dell’autore, unica prospettiva è un’analisi iconografica ed iconologica delle miniature originali presenti nell’opera del Ruggiero che temporalmente più si avvicina alla vita dell’autore stesso. Il manoscritto, riproposto dal discepolo Rolando da Parma, è stato reperito presso la Biblioteca Cavanatese di Roma, di quasi sicura provenienza Italia meridionale e datato XIII secolo (Rolando da Parma, XIII secolo)[17].
La scelta dell’analisi sulle immagini nasce dalla consapevolezza che esse siano probabilmente il mezzo più antico di trasmissione materiale di cultura tra gli uomini[18] e, sottolineando nuovamente la specificità del periodo storico in esame, si procede tramite le conoscenze di professionisti accreditati del campo medioevale, quale ad esempio gli storici dell’arte Erwin Panofsky e Roelof Van Straten[19].
L’indagine ha rilevato elementi significativi. Dalla miniatura raffigurante la pratica chirurgica della cavità addominale (FIGURA 1), si ha, in ordine di apparizione, da sinistra verso destra la figura del medicus che si appresta ad operare o esplorare l’addome aperto dell’infermo, posto su di un letto, e chiude la rappresentazione l’assistente sulla destra, che appare con la mano destra intento in un intervento di trazione mentre con la sinistra, porgendo e ricevendo qualcosa.
Il primo particolare interessante è la differenza delle proporzioni della testa dei tre soggetti; il medicus ha infatti il capo più grande dell’assistente, che a sua volta presenta il capo di misura leggermente più grande rispetto all’infermo. Questo particolare ha un significato importante nella storia del Medioevo, pone infatti ad un livello di “superiorità” la figura del medico, su un piano di secondaria importanza quella dell’assistente e ad un livello marginale, di comparsa, di soggetto passivo, quella del paziente[20]. Una sorta di scala gerarchica che verrà riproposta nel campo artistico fino all’avvento del Rinascimento[21].
Il secondo particolare rilevante, lo si trova nella sovrapposizione dell’immagine del medico, alla colonna dell’arco a volta, come se l’intento di colui che raffigura il momento, l’autore, fosse quello di esaltare il ruolo fondamentale della figura del medicus, colonna di sostegno dell’arco e di conseguenza dell’intervento.
Situazione analoga la si trova nelle miniature raffiguranti la sutura di una ferita della cute, quella raffigurante l’incisione chirurgica dell’avambraccio destro del paziente e quella raffigurante un intervento d’incisione cutanea. Stessa impostazione iconografica, medico a sinistra con il capo più grande dell’assistente a destra della raffigurazione, che a sua volta presenta il capo più grande del paziente al centro. Anche in questi casi medico e paziente sono posizionati sotto la stessa volta, con la figura del medico sovrapposta a quella della colonna dell’arco a volta e l’assistente appare quasi essere una figura a sé stante.
Frangente straordinariamente differente invece la troviamo nella miniatura che raffigura l’intervento di riduzione della lussazione della spalla destra (FIGURA 2).

Figura 2

In questo caso, notiamo come il medico sia al centro della raffigurazione assieme al paziente, nel rispetto della prospettiva bidimensionale, per porre maggiore enfasi sul ruolo della sua figura, il suo corpo è raffigurato con proporzioni maggiori rispetto agli altri attori della scena; ancora una volta il suo capo è di dimensioni superiori a quello degli assistenti, due in questo caso, che a loro volta hanno il capo più grande di quello del paziente. La particolarità di questo caso sta nel fatto che entrambi gli assistenti sono posti in sovrapposizione alle colonne di sostegno degli archi a volta; in un certo senso, la chiave di lettura di questo contesto potrebbe essere che il medico è si ancora una volta l’artefice del momento, l’attore principale della scena, ma se nei casi precedenti si voleva trasmettere il messaggio che l’assistente non è necessariamente fondamentale per il raggiungimento dell’obbiettivo, per talune manovre, in particolare questa tipologia di intervento, diventa invece parte attiva del processo, necessario allo scopo.
Elemento finale, ma non per questo meno importante, è che la figura ipoteticamente assistenziale è sempre descritta e raffigurata come di sesso maschile e robusto. Nel testo viene riporta che è pratico dell’anatomia di base, esperto nei medicamenti, tanto che in taluni casi gli stessi erano demandati direttamente a questi; ma che costui potesse essere, di fatto, un discepolo della Schola, un monacus infirmarius, o un servus di retaggio ellenico-romano, purtroppo non c’è dato saperlo con certezza.
Pur nella convinzione che concettualmente ed in parte fattualmente esista un modo quantitativo e generalizzato di procedere nella ricerca e, in larga misura, anche nella narrazione storica, l’indagine biografica come metodo di studio ha spesso evidenziato come l’analisi di ogni singolo individuo sia da sempre una grande fonte di scoperte e contraddizioni.
La Scuola medica salernitana, che di fatto ha dato lustro alla città omonima, è cresciuta e conosciuta grazie al prestigio dei singoli medici che vi operavano e proprio qui che, alla già affermata cultura medica sviluppatasi tra il IX e l’XI secolo, si aggiungerà la svolta nel campo delle conoscenze chirurgiche apportate dal Ruggiero di Frugardo.
Costui ha avuto l’abilità, o la fortuna, di saper integrare quelle nozioni che da sempre trovavano nel passaparola il solo strumento di divulgazione generazionale, con una produzione scientifica della Schola a scopo accademico. L’autore, nella sua consapevolezza, dà risalto nella società del tempo di pratiche chirurgiche che fino ad allora non erano considerate, ma si pone anche come protagonista, tanto che è lo stesso Ruggiero nel prologo della sua opera ad augurarsi di ottenere il giusto merito ed i giusti onori dal suo lavoro.
L’opera rogerina ha messo in luce tecniche che dovevano chiaramente presentarsi rivoluzionarie per l’epoca, stupisce soprattutto come alcune di queste conservino in più di un’occasione incredibile riscontro nelle pratiche di attuazione moderna. Manovre che, adottando sempre un linguaggio tecnico-disciplinare, descritte in maniera sintetica, lasciano anche emergere i principi etici che le accompagnano: attenzione focale alla salute dell’assistito e l’utilizzo di unguenti ed embrocazioni a scopo lenitivo ed antidolorifico.
Anche se non si è riuscito a dare un volto omogeneo ed un’identità alla figura dell’assistente “laico”, ovvero svincolato dal maggiormente studiato contesto monastico medioevale, ci rimangono delle ipotesi storiche e delle molteplici criticità circa la ricostruzione storica del personaggio Ruggiero, di chi operava al suo fianco e delle strutture in cui questi si muoveva.
Se da una parte abbiamo potuto apprezzare il Ruggiero innovatore, il Ruggiero pioniere, l’aspetto che si vuole più di tutti mettere in risalto è il Ruggiero in veste di orgoglioso divulgatore. Proprio questo suo essere riformatore e le sue mancate considerazioni sulla figura assistenziale aprono nuove prospettive di ricerche future.
Sono ampi gli studi che posso essere effettuati nella storia dell’assistenza infermieristica in un periodo così vasto e da poco rivalutato come il Medioevo. In particolare sarebbe interessante continuare ad indagare nelle vite dei personaggi e nelle testimonianze dell’epoca, nella speranza di poter far luce sui vissuti privati dell’uomo dell’anno mille, aprendo anche nuove prospettiva all’approccio metodologico nella ricerca storica infermieristica, donandogli possibili sentieri di ricerca non ancora percorsi e una funzione divulgativa e non solo propriamente conoscitiva.
FIGURA 1
Immagine che illustra la pratica chirurgica della cavità addominale. Il medico è posto a sinistra mentre si appresta ad eseguire l’ispezione digitale della cavità addominale, al centro l’infermo sdraiato su di un letto ed a destra l’assistente che pare indicare al medico i visceri esposti della cavità
Fonte: Manoscritto Chirurgia, Rolando da Parma, Roma Biblioteca Casanatense 1382 XIII, miniatura Ms.1382 c.23R.  AUTORIZZAZIONE ALLA PUBBLICAZIONE ALLEGATA
FIGURA 2
Immagine che illustra la pratica chirurgica di riduzione della lussazione della spalla del braccio destro. In questo caso vediamo due assistenti posti ai lati della rappresentazione mentre tengono immobilizzato l’infermo (vestito di giallo), il medico è intanto impegnato nella manipolazione del braccio dell’infermo per eseguire la manovra di riduzione.
Fonte: Manoscritto Chirurgia, Rolando da Parma, Roma Biblioteca Casanatense 1382 XIII, miniatura Ms.1382 c.22R.  AUTORIZZAZIONE ALLA PUBBLICAZIONE ALLEGATA
Gli autori
Pietro Cinque (Infermiere, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano; RN, IRCCS National Cancer Institute, Milan)
Maria Luisa Pancheri (Direttore didattico, corso di laurea infermieristica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano; Nursing Science University Coordinator, IRCCS National Cancer Institute, Milan)
Anna La Torre (Libera Professionista, Dottore in Scienze infermieristiche e Ostetriche, Dottore Magistrale in Storia; RN, Self-Employed, MscN, MA in History)
Note
[1] Acocella, N. Salerno Medioevale e altri saggi. Napoli: Filiatre-Sebezio editore, 1971, pag.82.
[2] Kristeller, P.O. La Scuola di Salerno: il suo sviluppo e il suo contributo alla storia della scienza. Salerno: Rassegna storica salernitana, 1953, pag.76.
[3] Botti, G. La questione della matricola e la chiusura della Scuola medica di Salerno e dell’Almo Collegio Ippocratico. Salerno: GLF, 1987, pag.54.
[4] Lauriello, G. Post Mundi Fabricam: Manuale di chirurgia. Salerno: Editrice Gaia, 2011, pag.23.
[5] Manzoni, E. Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica. Milano: Elsevier, 1996, pag.34.
[6] Celeri Belotti, G., Destrebecq, A.L. Storia dell’assistenza e dell’assistenza infermieristica in Occidente. Dalla Preistoria all’Età Moderna. Padova: Piccin-Nuova Libreria, 2014, pag.102
[7] Cosmacini, G. La religiosità della medicina. Dall’antichità ad oggi. Roma: Laterza, 2007, pag.75
[8] Tabanelli, M. La chirurgia nell’alto Medioevo. Firenze: Olschki, 1965, pag.57
[9] Stone, L. Viaggio nella storia. Roma: Laterza editore, 1989, pag.43.
[10] Rolandus Parmensis, Chirurgia, Segnatura: Ms.1382, Provenienza: Italia. Italia Meridionale, Data: XIII secolo, Roma Biblioteca Casanatense. Il Fondo Manoscritti della Biblioteca Casanatense.
«Accademie e Biblioteche d’Italia», 56, 1988, pag. 22
[11] Rolandus Parmensis, Chirurgia IV libris distincta, quibus singulis praecurrit capitum tabula, Datazione1201-1300, testo manoscritto, Sede di conservazione: Biblioteca Medicea Laurenziana – Firenze, Plutei_73.33_0012. FONDO: Plutei, FORMATO: membr; 180 x 210 mm; 136 cc. SEGNATURA: Plut.73.33
[12] Rolando da Parma, Chirurgia Rogerii, Descrizione fisica: 1r-36r, Fa parte di: I 18 sup.; 1 (Nota: Edit16; Lexikon des Mittelalters 7, 957-58). Manoscritto, lett. Grigia, veneranda biblioteca Ambrosiana, Milano.
[13] Rolandus Parmensis, Ars chirurgica. Guidonis Cauliaci medici celeberrimi lucubrationes chirurgicæ, ab infinitis prope mendis emendatæ: ac instrumentorum chirurgicorum formis, quæ in alijs impressionibus desiderabantur, exornatæ. Bruni preterea, Theodorici, Rolandi, Lanfranci, et Bertapaliæ, chirurgiæ, maxima cum diligentia recognitæ. His accesserunt Rogerii ac Gulielmi Saliceti chirurgiæ: quarum altera quibusdam decorata adnotationibus, nunc primum in lucem exit: altera ex vetustorum exemplarium lectione, innumeris fere in locis est aucta, ac in integrum restituta. Pubblicazione: Venetiis: apud Iuntas, 1546 (Venetiis: apud heredes Luceantonij Iuntæ florentini, 1546 mense aprili). Riferimenti: EDIT16 CNCE 11003, Marca (Z633) sul front. e (Z632) in fine, Cors. rom, Segnatura: I⁶ [croce]⁴ a-m⁸ n⁶ o-z⁸ A-K⁸ L¹⁰ M-O⁸ P⁶ Q-Y⁸ 2Z⁸ 3A-3B⁶, C. 3B6 bianca. Biblioteca di Scienze del Farmaco ANT. N.6: Università degli Studi Orto Botanico, Padova.
[14] Theofanidis, D. Sapountrzi-Krepia, D. Nursing and Caring: An Historical Overview from Ancient Greek Tradition to Modern Times. IJCS: International journal of caring sciences, Online version ISSN: 1792-037X. Available at: http://www.internationaljournalofcaringsciences.org, Volume 8 Issue 3, 2015, pag. 791-800
[15] De Renzi, S. Storia documentata della Scuola medica salernitana. Napoli: Filiatre-Sebezio. 1857, pag. 45-67.
[16] Oldoni, M. Interpretazione del Chronicon Salernitanum. Roma: Centro italiano di studi sull’alto Medioevo, 1970, pag.67.
[17] Rolandus Parmensis, Chirurgia, Segnatura: Ms.1382, Provenienza: Italia. Italia Meridionale, Data: XIII secolo, Roma Biblioteca Casanatense. Il Fondo Manoscritti della Biblioteca Casanatense. «Accademie e Biblioteche d’Italia».
[18] Mirzoeff, N. Introduzione alla cultura visuale. Milano: Booklet, 2005, pag.67.
[19] Van Straten, R. Introduzione all’iconografia. Milano: Jaca Book, 2009, pag.102-134.
[20] Pastoureau, M. Medioevo simbolico. Roma: Laterza, 2009, pag. 134
[21] Piva, P. L’arte medievale nel contesto 300-1300. Funzioni, iconografia, tecniche. Milano: Jacka Book, 2006, pag. 157.

CATEGORIE
CONDIVIDI SU
Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
WhatsApp
Email
Stampa
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.