Le cripte, un mondo a parte

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di Luca Palumbo

Le cripte sono un mondo a parte, un luogo unico ed affascinante che, il più delle volte, è rimasto originale, senza grandi rimaneggiamenti. Ricordano le vecchie catacombe, e nelle cripte era spesso conservata la reliquia del santo cui era dedicata la chiesa. Amo entrare nelle cripte al buio. Capita di sovente, ed è un’esperienza molto profonda. La temperatura è sempre di molti gradi più bassa di quella della chiesa, soprattutto in estate. Si respira quell’aria umida che riporta alle grotte naturali, alle quali, in parte, si ispirano. Si trovano cripte in chiese che ce l’hanno praticamente scritto in faccia, di averne una, ma le trovi anche nelle chiese più impensabili.
Come mi è successo a Spoleto, nella chiesa di Sant’Ansano. Ingannato dalla facciata neoclassica e dall’interno settecentesco, mi sono reso conto che ci fosse una cripta solo dopo suggerimento. E tra l’altro una bellissima cripta. Ma ripenso a quella di Anagni (FR), o a quella di Abbadia San Salvatore (SI). Diversissime fra loro. Affrescata e ricchissima la prima, essenziale e con molti elementi di recupero la seconda, sono certamente tra le più incredibili che abbia visto.
Come non ricordare quella allagata della Basilica di San Francesco a Ravenna, con i suoi pavimenti musivi? Ho visto decine e decine di cripte, ed ogni volta, anche nel caso di chiese o Abbazie minori sono sempre ricche di storia e di mistero. Ricordo quando sono stato a Gravedona (CO), nel complesso monumentale di Santa Maria del Tiglio. In quella occasione ho scoperto la cripta per puro caso, seminascosta nel buio, e l’ho esplorata in una situazione di totale mancanza di luce. A tastoni ho sentito le colonne, camminando a passetti ho percepito avvallamenti e rilievi nel pavimento, e poi, sempre senza vedere, ho trovato un pertugio ed ho esplorato un altro ambiente. Poi mio figlio ha trovato l’interruttore della luce e tutto ha preso forma e colore. Le intuizioni sono diventate forme concrete e tangibili e la cripta (meravigliosa e unica), è apparsa in tutta la sua bellezza.
Adoro cercare gli elementi di riutilizzo, i simboli che, spesso sono presenti, e gli affreschi che, molte volte sono più vecchi della chiesa stessa. In alcuni casi la cripta è l’unica parte rimasta della chiesa originaria, come in San Giovani in Conca a Milano, o a Pavia, nella cripta della chiesa di Sant’Eusebio. Questa, addirittura, di epoca longobarda, e, quindi, particolarmente affascinante. E siccome l’appetito vien mangiando, in questo percorso sotterraneo ripenso molto volentieri al complesso sotterraneo, con cripta annessa della chiesa di San Ruffino ad Assisi. Un vero mondo sotterraneo, con resti romani e antico chiostro, custoditi sotto la chiesa madre.
O ancora, a Spoleto, la magnifica cripta sotto la chiesa del monastero di San Ponziano, che sembra quasi una porta verso un mondo antico e lontano chilometri dall’artefatta chiesa che gli sta sopra. Qui seriamente si respira un altro tempo, a partire dal capitello dorico rovesciato, usato come base per una colonna, per arrivare ai numerosi affreschi, o alle tombe medievali al suo interno. Mi verrebbe da dire che per scorrere il vero percorso storico di una chiesa bisogna anche un po’ scendere in fondo, nel sottosuolo. A respirare l’età e le vicissitudini dell’edificio, oltre alla fresca aria intrisa di umidità, con un poco di osservazione si riesce a scoprire la vera anima della chiesa.

Luca Palumbo
Sono un quarantaduenne alla perenne ricerca di castelli. Artigiano nel settore delle costruzioni meccaniche, ho la mania dei castelli e li vado a cercare dappertutto. Da qualche tempo ho iniziato ad interessarmi anche ai monasteri e alle chiese di epoca medievale, ma la passione più grande è per le merlature. Altre passioni sono per la meccanica ed i vecchi transatlantici. Transatlantici e castelli hanno in comune il fatto di esser realizzati dall’unione molte di molte persone che, come diceva un mio amico, si spezzavano la schiena per metterli in piedi, quando l’abilità dell’uomo era l’unica cosa che contava.
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