
Le sorelle della Corona Ferrea di Valeriana Maspero
Nel periodo in cui la nostra corona ferrea (di sicuro fino all’XII secolo) aveva sopra la cresta di ferro la quale gli diede il nome che porta da secoli, essa diede origine a una serie di sorelle che le assomigliavano nella struttura, gemelle che comparvero un po’ in tutta Europa e delle quale essa fu il modello.
La prima fu la corona d’oro di Ottone di Sassonia, oggi comunemente chiamata corona del sacro romano impero o corona imperiale di Vienna. Essa nacque poco prima dell’anno Mille, quando, in occasione della cerimonia romana del 962, o secondo altri per quella con il figlio del 967, Ottone il grande la fece confezionare e da allora è rimasta nella camera del tesoro della reggia di Vienna. Indubbiamente creata sul modello di quella del ferro, venne confezionata da orafi lombardi secondo gli studiosi italiani o da monaci orefici del monastero di Reichenau sul lago di Costanza secondo quelli tedeschi. Questa corona si dimostra gemella della ferrea perché anch’essa costituita da placche incernierate tra di loro, tempestate di pietre preziose, decorata ai bordi con un perlinage. Ed è anch’essa sovrastata da una cresta. Le sue piastre d’oro sono otto, arcuate; quella centrale è più grande delle altre, come forse era in origine anche nella corona del ferro. A favore dell’ipotesi della confezione lombarda della corona ottoniana depone il fatto che su una delle lastrine d’oro decorate con smalti che porta, con Cristo in trono appare la scritta biblica Per me reges regnant (attraverso di me regnano i re) che ricorda le parole di sant’Ambrogio il quale parlando del diadema al funerale di Teodosio nel 385 aveva detto: Sul capo il re avrà la corona della croce perché la fede riluca, perché il potere regni e sia di giusta moderazione, non di ingiusta imposizione. La corona di Ottone porta sui pannelli con le lastre d’oro e gli smalti le raffigurazioni dei re biblici e profeti – Davide, Isaia, Ezechia – incorniciate da file di perle e pietre azzurre incastonate, mentre sulle due placche centrali, anteriore e posteriore, più grandi, ci sono grandi gemme incorniciate tra pietre più piccole alternate a perle, tutte incastonate trattenute da griffe d’oro a forma di zampa d’uccello. Ai tempi di Ottone la cresta che la sovrastava dalla piastra centrale a quella posteriore era semplicemente d’oro e non portava alcuna croce davanti. Fu il loro successore Enrico II detto il santo che fece aggiungere le perle, la scritta e la croce. Venne usata per molte incoronazioni del sacro romano impero in Aquisgrana, nelle cattedrali di Magdeburgo, di Essen, di Spira e di Norimberga, e naturalmente a Roma.

La seconda gemella a comparire fu quella del piccolo Ottone, nipote di Ottone il primo, che a tre anni venne incoronato re ad Aquisgrana. Gli fu fatta confezionare dalla nonna, Adelaide di Borgogna, che abitò a Pavia e vide la corona ferrea sul capo del marito Ottone I e del figlio Ottone II.
Questa piccola corona – che successivamente sarebbe stata donata alla Madonna d’oro della Collegiata di Essen, nel cui tesoro attualmente è conservata – ha un corpo d’oro cosparso di pietre incastonate a cabochon ed è incorniciata sui margini in basso e in alto da una fila di piccole perle: sui quattro lati porta delle protuberanze liliate trilobate che contengono cinque gemme in forma di croce. Come la corona ferrea, è composta di piastre e, curiosamente, all’interno mostra come quella di Monza una cerchiatura di metallo.
L’ispiratore e guida spirituale di Ottone III fu il papa Silvestro II, al secolo Gerberto d’Aurillac, grande sapiente che per le sue conoscenze di fisica, medicina, astronomia e lingua araba ebbe fama di mago. Anche Gerberto diede origine a una corona gemella. Nel corso del suo intenso se pur breve pontificato, Silvestro II si era dato molto da fare per la cristianizzazione dell’est europeo e nel Natale del 1000 aveva inviato in dono una corona reale a Stefano di Ungheria.

Questa corona, ancora conservata presso il parlamento ungherese, si presenta come un diadema d’oro a piastre incernierate, sormontato da due archi bassi e piatti, gemmati e perlinati come il nastro sottostante. Essa è un’altra dimostrazione del modello della ferrea in auge a quei tempi. Il papa mago aveva anche eliminato dal calendario l’ultimo giorno dell’anno 999 per evitare le superstiziose paure riguardanti la fine del mondo. Silvestro cancellò quell’anno il 31 dicembre, ordinando di saltare dal penultimo giorno di quel mese al primo gennaio del 1001.

In questa storia non mancano le curiosità, come ad esempio la coroncina che Enrico IV di Franconia fece coniare per il figlioletto a metà dell’XI secolo, anche questa, benché non preziosa, confezionata con la lamina soprastante, come la corona ferrea italiana.
In definitiva, il modello della corona sormontata da archetti è una costante nelle corone reali europee, come ben si vede nel dipinto che illustra le corone degli Asburgo, nel quale non a caso la ferrea è in pole position.

Laureata in storia e filosofia, ex docente, pubblicista, autrice di testi scolastici, ha scritto testi di storia e narrativa. Fa parte di associazioni culturali e tiene incontri e conferenze per promuovere la conoscenza della storia della corona ferrea e del periodo medievale in Lombardia. Tra le pubblicazioni: Percorsi visivi, corso di educazione artistica, Ghisetti&Corvi, Milano, 2001, Homo, corso di storia, Immedia, Milano, 2004, La corona ferrea, storia del più celebre simbolo del potere in Europa, Vittone, Monza, 2004/2008, Il gioco della corona ferrea, Immedia, Milano, 2005, Bonincontro e il Chronicon modoetiense, EiP, 2010, Geostoria della civiltà lombarda, Mursia, Milano, 2013, Il ghibellino di Modoezia, Libraccioeditore, Milano 2014, Memorie di una millenaria, Libraccioeditore, Milano, 2016.
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