Una statua, una strega e uno strano destino di Laura Malinverni
Ha scritto Umberto Eco: “Tra tutte le donne della storia dell’arte, quella con cui andrei a cena è Uta di Naumburg”.
Stava parlando di una bella donna? Senz’altro, stando alla statua che di lei ci è pervenuta. Ma non è questo il punto. Di Uta di Ballenstedt, moglie dal 1031 al 1046 del margravio di Meissen Eccardo II, non conosciamo gesta particolari, anzi, conosciamo ben poco, ma la sua notorietà, o meglio la notorietà della sua immagine, si deve alla statua in arenaria che la ritrae e che è posta nel coro della cattedrale gotica di Naumburg, vicino a Lipsia. La statua la raffigura come una donna molto bella, dai tratti moderni, vagamente misteriosi, e dalla gelida regalità.
Uta, nata nel castello di Ballenstedt, nell’attuale Sassonia-Anhalt, attorno al 1000, a 26 anni, quindi a un’età che l’epoca non considerava più giovanissima, sposò per motivi politici il quarantunenne margravio di Meissen Eccardo II e si trasferì nel castello di Albrechtsburg, dove visse per vent’anni. Non si sa che carattere ebbe né che vita condusse, e paradossalmente non si sa neppure quale fosse il suo reale aspetto fisico: si sa solo che morì nello stesso anno del marito, a causa di un’epidemia, dopo che alcune pratiche oscure l’avevano portata ad affrontare un processo per stregoneria, dal quale era uscita assolta, grazie al suo elevato rango sociale, ma certamente con più di un imbarazzo da parte del suo illustre consorte.
Il cosiddetto “Maestro di Naumburg”, operante nel cantiere del duomo gotico di quella città tra il 1250 e il 1260, realizzò nel coro dodici statue dei margravi, tra cui quelle di Uta e del marito. Le sculture sono tra le più originali del Medioevo perché non sono raffigurazioni di santi, ma ritratti laici, di signori del luogo. La loro peculiarità sta anche nel fatto che, contrariamente alla maggior parte di questo tipo di statue, esse hanno conservato molta della loro coloritura originaria. L’atteggiamento dei soggetti ritratti fa quasi pensare che essi abbiano posato per lo scultore, ma in realtà si tratta di personaggi vissuti due secoli prima rispetto alla realizzazione delle opere, dei quali quindi l’artista non conosceva la fisionomia. Di fianco a Uta, altera ed elegante, il marito, grassoccio, con il doppio mento e gli occhi vuoti, sembra svolgere solo il ruolo di comprimario e non cattura certo gli sguardi.
La scultura di Uta fu apprezzata da molti personaggi: nell’Ottocento, dai romantici pangermanisti e nel secolo scorso dalla propaganda nazista: alcuni gerarchi videro in lei addirittura un simbolo della bellezza ariana e della fierezza della donna germanica…
Il figlio di un immigrato tedesco finito in California, Wolfgang “Woolie” Reitheman, che nel 1935 lavorava negli studi della Disney, incaricato di trovare un volto per la regina cattiva della favola di Biancaneve e i sette nani, trasformata nel 1937 in un celebre film di animazione, suggerì al suo capo l’immagine di Uta, che aveva conosciuto attraverso i libri d’arte del padre. Walt Disney, andando in Europa con il fratello e osservando la scultura di persona, concluse che era la scelta giusta.
Secondo alcune interpretazioni, il racconto della trasformazione della margravia-strega Uta nella matrigna-regina di Biancaneve divenne una vera e propria spy story tra Germania e Stati Uniti: Goebbels si infastidì sia per il furto dell’icona tedesca sia per le assonanze wagneriane del nome attribuitole negli USA, Grimilde, e i nazisti finirono per non far circolare il film in Germania, dove la favola disneyana di Biancaneve debuttò solo nel 1950…

Visita il sito dell’autrice
Visita la pagina Facebook dell’autrice
Contatta l’autrice.
È autrice del saggio “La cucina medievale: umori, spezie e miscugli” (Italia Medievale, 2016) che si può acquistare online cliccando qui !