Avventure e protagonisti sulle grandi rotte della cristianità
Il viaggio nel Medioevo: “Eppur si muove…”
Uno dei molti luoghi comuni che affliggono il Medioevo è che le persone non viaggiassero, o limitassero i loro spostamenti a causa delle strade dissestate e delle piste imprecise, dei fiumi spesso in piena e con ponti pericolanti, delle estese foreste da cui potevano uscire pericoli di ogni sorta, delle avverse condizioni climatiche e dei rischi di incidenti anche mortali.
Vi è dunque l’idea di comunità immobili e rinchiuse dentro villaggi, monasteri, abbazie e castelli, da cui si esce di rado e soltanto se strettamente necessario.
Invece ci si sposta, e si muovono tutte le classi sociali, dai re ai contadini, dai mercanti ai cavalieri, dai chierici ai soldati, dai briganti agli artigiani. Si percorrono i tracciati delle grandi arterie consolari romane, come la via Francigena, una delle strade più note, che da Canterbury attraversa la Francia, giunge in Italia, e arriva fino a Roma e, in un’ideale prosecuzione, fino ai porti di Bari e Brindisi che permettono l’imbarco per la Terra Santa; ma anche la via Egnatia che collega il basso Adriatico e l’Egeo. Si viaggia lentamente e faticosamente, a cavallo o a piedi, tra quantità eccessive di pedaggi, agevolati da frontiere spesso labili oppure ostacolati da elementi naturali come fiumi e foreste, organizzati in gruppi numerosi per meglio difendersi dagli assalti di animali selvatici e bande d’uomini. Ci si sposta per le ragioni più svariate, come raggiungere le fiere per acquistare o vendere mercanzia, andare in cerca di lavoro, visitare i confini dei propri domini, accompagnare nobili e importanti personaggi, partecipare a spedizioni belliche.
E, soprattutto, ci si sposta in segno di penitenza. Uno degli scopi primari del viaggio medievale è quello squisitamente religioso, che ha come destinazione i grandi santuari della cristianità fioriti in tutta Europa, dove ci si raccoglie in preghiera, si venerano le sacre reliquie e si impetra al Signore il perdono e l’assoluzione dai peccati, o l’ottenimento di un miracolo. Si tratta dunque del viaggio santo per eccellenza, tanto più santo in considerazione della meta finale, se questa è Roma o Gerusalemme; infine, se si ha la grazia di rimanere vivi, da questi luoghi si torna migliorati, o almeno cambiati e senz’altro carichi di notizie, di leggende e di colorite narrazioni destinate a essere ascoltate dalle orecchie avide dei propri conterranei.
Il tempo storico e il luogo geografico
Nel nuovo romanzo Libro II – Le Strade dei Pellegrini, appartenente alla saga crociata de La Colomba e i Leoni, l’avventura, la fuga, lo spostamento sono dunque i motori principali delle vicende. Ci troviamo nel 1104, qualche anno dopo la cosiddetta Prima Crociata dove i cristiani hanno assalito e conquistato la Città Santa di Gerusalemme, dopo una marcia a tappe forzate dall’Europa verso Costantinopoli e poi attraverso l’Anatolia. Anzi, ci troviamo in un segmento temporale che, secondo alcuni storici, è il principio del Pieno Medioevo destinato a produrre i frutti migliori nel campo delle invenzioni, della filosofia, della spiritualità, della letteratura.
I regni attorno al Mediterraneo subiscono ancora i contraccolpi per effetto del turbolento e sanguinoso passaggio degli eserciti cristiani, che hanno messo a ferro e fuoco il Vicino Oriente. I due mondi, quello musulmano e quello cristiano, si affacciano sullo stesso bacino d’acqua, quello che per i cristiani è il Mare Nostrum e per i musulmani è il Mar Bianco di Mezzo, e si fronteggiano, aspettando l’occasione per nuovi scontri: il Mediterraneo, tornato di tragica attualità proprio in questi decenni per via delle migrazioni e delle sue drammatiche conseguenze.
Jamil la Colomba
Il romanzo ha una rosa di personaggi principali che rimangono fissi e che ruotano attorno a un protagonista-cardine. Si tratta di un giovanissimo schiavo, rapito bambino dalle coste della Sicilia, e convertito all’Islam. Il suo nome è Francesco de’ Nardo, chiamato dai musulmani Jamil (che vuol dire bello), e al-Hamamat (che vuol dire la colomba). È apparentemente fragile nel corpo, dato che si tratta di un esile ragazzo di quindici anni; non grande combattente con la spada ma impareggiabile arciere. Come tale, viene sottovalutato da chi lo incontra in favore di personaggi più appariscenti e nerboruti. Lui è la Colomba che dà il titolo complessivo alla saga, mentre i Leoni sono coloro che incontra e con cui si confronta, di volta in volta in modo più intenso ed esclusivo. E questo personaggio ha una caratteristica che lo rende unico: la facoltà di aprire un collegamento con il mondo superiore e celeste, altrimenti invisibile agli occhi. Un collegamento che egli non sollecita, ma che gli viene incontro in maniera spontanea, e perciò tanto più incredibile.
La storia di una fuga
Le strade dei pellegrini è il ricordo della fuga di Jamil dal Maghrib – il Marocco, “la terra dove il sole tramonta” – quattro anni addietro. Nel Marocco egli vive a Taroudannt, città dalle mura rosseggianti al limitare del deserto, presso l’Amīr o emiro di nome Ghassan ibn Rashid, colui che lo rapì bambino dalle coste della Sicilia e con cui ha ormai un rapporto conflittuale destinato a conflagrare in maniera drammatica.
La sua sparizione adolescenziale inizia come una ripicca nei confronti del suo signore Ghassan, e diventa man mano una fuga a rotta di collo attraverso tutta la parte nordafricana dell’impero, in un territorio dalla geografia estremamente variegata. La sua magnifica avventura si svolge così tra deserti e gole petrose, oasi e palmeti, tempeste di sabbia e piene inattese, vestigia di città romane, leoni, e drappelli di guardie sguinzagliategli dietro da Ghassan, ed è costellata dagli incontri con un enigmatico giovane che sembra sbucare dal nulla per assisterlo.
Nel seguente estratto Jamil si trova davanti all’oceano nei primi momenti della sua fuga, ed è notte. Ha riflettuto sul mistero che c’è al di là delle acque inesplorate. Il titolo del capitolo è L’uomo delle stelle e del mare:
Due mondi che si incontrano
Tutto il percorso di fuga, in virtù del fatto che Jamil è una persona speciale, è costellato da incontri stra-ordinari, cioè fuori dall’ordinario, vissuti in maniera pressoché normale. Può trattarsi del misterioso giovane che appare e scompare, e che gli fornisce una mappa per muoversi con maggior sicurezza, oppure indicazioni salvifiche; segni e sogni nelle foreste o in luoghi impervi e pericolosi che spetta a lui interpretare e cogliere; anche il bene di avere compagni del tutto inconsueti con cui discorrere per vincere il peso della solitudine e il rischio sempre incombente. In questi momenti cielo e terra si toccano, e l’uno si riversa nell’altro come vasi comunicanti; e si aprono portali dove il meraviglioso transita e fluisce.
La compagnia dei cavalieri
In questo modo il ragazzo fuggiasco arriva fino allo stretto di Gibilterra e approda ad al-Andalus o Andalusia, che nel 1104 è ancora parte dell’impero musulmano almoravide. Da lì, fugge lungo la costa e attraversa il confine dei regni cristiani, sempre inseguito da coloro che intendono riacciuffarlo. S’inoltra così in quel mondo, il mondo cristiano che, pur frantumato in contee, ducati e marchesati, abita dall’altra parte del Mediterraneo, e che a stento ricorda.
Nel corso del suo viaggio, Francesco fa un incontro determinante. In una fortezza semidistrutta sui Pirenei, che ha nome Montségur, s’imbatte in una compagnia di cavalieri ed ex-crociati che si sono accampati là. Stanno viaggiando per arrivare fino in Italia, imbarcarsi e ritornare in Terra Santa. Tra di loro c’è il conte fiammingo Geoffroy de Saint-Omer, che è il vero padre del ragazzo, e, non da ultimo, uno dei due cofondatori del futuro ordine dei cavalieri templari insieme al suo sodale Hugues de Payns. Un castello e un incontro che ha sognato durante la sua fuga:
E fu allora che li vide, nella fiamma del fuoco: due uomini mescolati con le ombre dei muri sbreccati e i raggi vorticanti, in una stanza dove gli agglomerati di buio erano oscuri come le profondità di pozzi e il sole era oro liquefatto. Uno era alto e muscoloso, con capelli inanellati e biondo-rossicci, l’abito da cavaliere e una spada, enorme, appesa alla cintura, una mano posata sopra. Gli venne ancora in mente Ercole, il semidio che, alla fine, conquistava l’immortalità. Ma non era lui a interessarlo particolarmente, bensì l’altro. L’altro, che non riusciva a veder bene, se non che era più basso, e aveva i capelli come un fiume biondo. Erano sciolti sulla schiena, per vanità, o forse no… no, erano chiusi da un legaccio di cuoio. Il ragazzo-uccello aguzzò la vista, sforzandosi di bucare quell’oscurità indistinta, dove a ogni passaggio di nuvola, ad ogni respiro di sole, la luce si trasformava in tenebre, e le tenebre in luce, per vedere in faccia il cavaliere dai capelli biondissimi.
Molti viaggi in uno
Da questo momento in poi, nel viaggio reale si innervano altri viaggi:
- una sorta di educazione sentimentale del protagonista, per la prima volta allo sbaraglio e senza la protezione assicurata da Ghassan, che non è soltanto il suo padrone ma anche una sorta di guardiano;
- un ripercorrere eventi alla riscoperta delle proprie origini attraverso i ricordi e la lingua. Infatti Francesco le ha dimenticate come ha dimenticato gran parte della sua infanzia, a causa del trauma subito;
- una narrazione Pur senza muoversi, si può viaggiare tramite il ricordo o una storia fantastica ed è un viaggio che cambia dall’interno;
- il cammino di tipo spirituale di Francesco, aiutato dalla figura del padre Geoffroy de Saint-Omer, che però non può rivelare la propria identità di padre del ragazzo e che lo ricondurrà, forse, alla fede delle origini.
Soprattutto per Francesco, che deve ritornare a quello che era un tempo, ogni tappa contribuisce a fornirgli quella tessera necessaria a ricostruire il mosaico distrutto nella sua infanzia; e, di più, ogni confine che attraversa, a cominciare da quello di Gibilterra, e poi quello tra regno musulmano e regno franco, e via procedendo, gli consente di mutare pelle come i serpenti. Alla fine, non sarà più lo stesso, e ugualmente trasformerà chi lo accompagna.
L’ultimo confine
Nel romanzo, in bilico tra sogno e realtà, passato e presente, mondo terreno e regno celeste, visioni e concretezza, si snodano i molteplici itinerari sia spirituali sia geografici di tutti i protagonisti. Essi compiono il viaggio per eccellenza: quello della vita. Viaggio che sfocia per tutti gli esseri umani in un nuovo, enigmatico percorso… e che nel romanzo si traduce nel colpo di scena finale.
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Il blog dell’autrice è “Il Manoscritto del Cavaliere”.
Libro II – Le strade dei pellegrini. La Colomba e i Leoni, ISBN 978-88-99220-71-6
Libro I – La terra del tramonto. La Colomba e i Leoni. ISBN 978-88-96701-84-3
L’elenco completo delle librerie appartenenti al circuito di Libro.Co Italia s.r.l., che distribuisce i romanzi, è presente sul portale ibuk. I romanzi della saga sono anche disponibili su tutti i principali siti di vendita come:
– Amazon
– Internet Bookshop
– Mondadori Store
– Libreria Universitaria