L’ordine antoniano ed i suoi simboli

Croce degli antoniani

a cura di Elisabetta Frattino

Fra i tanti ordini cavallereschi e religiosi, nati a ridosso dell’anno Mille e permeati di fortissimo spirito devozionale, vi è quello legato alla figura di sant’Antonio, originario dell’Egitto, che sconfisse i demoni con la preghiera, la penitenza ed il digiuno.

L’inizio dell’opera assistenziale da parte degli antoniani, è legato, probabilmente, al primo miracolo del santo abate risalente alla fine dell’XI secolo, quando papa Urbano II, andato in Francia per promuovere una crociata, ordinò che le sacre reliquie di Antonio venissero esposte. Il corpo del venerabile dalla Terra Santa, era giunto, infatti in Europa, ed ospitato nella Diocesi di Vienne. Folle di derelitti, provenienti da ogni provincia del paese, giungevano per invocare l’aiuto del santo. Molti fedeli colpiti dal morbo del “fuoco sacro”o “male degli ardenti”, che nel 1089 imperversava in quelle zone, trovarono la guarigione. La ripresa del figlio di Gaston, nobiluomo di Vienne, spinse alcuni gentiluomini, a fondare un ospedale per la cura della malattia, che da allora fu detta anche “fuoco di sant’Antonio”.

Nel Medioevo i primi ospedali, nacquero con lo scopo di fornire assistenza ai vecchi, agli invalidi e ai pellegrini itineranti, considerati, pertanto, più come ospizi (hospitium) per persone di non abbienti, che come luoghi di cura.

Il simbolo degli antoniani fu il Tau, o Croce di sant’Antonio. Fin dai primi tempi sulla tunica e sul mantello dei monaci, ambedue neri, campeggiava un Tau di colore azzurro, che veniva cucito sul lato sinistro, dalla parte del cuore.

Il Tau potrebbe essere una derivazione della croce ansata, con un anello ovale al posto del braccio superiore. In araldica il Tau è definito anche simbolo della potenza, per la sua somiglianza con le forche ed i patiboli.

In parecchie immagini oltre al Tau compare anche un campanello, che furono considerati i segni distintivi dell’ordine. Il campanello ne divenne il simbolo, in quanto, i frati di sant’Antonio quando giravano per chiedere le elemosine, erano soliti annunciarsi col suono del campanello. Sembra che il santo ne portasse uno attaccato al baculo, da ciò l’antica abitudine di appendere dei campanellini alle cinte dei bambini o di porli nelle loro fasce. L’ordine si estinse nel Regno di Napoli quando i regnanti aragonesi allontanarono i monaci, perché troppo fedeli ai sovrani francesi loro predecessori.

La chiesa di sant’Antonio Abate a Napoli, esisteva già nel 1313, epoca in cui è segnalata in un diploma di re Roberto d’Angiò, ma fu ricostruita e dotata di un ospedale nel 1370, nell’ambito di un vasto programma di edilizia religiosa ed assistenziale voluto dalla regina Giovanna. L’ospedale nel quale si curava la contagiosissima malattia, che si propagò anche nel Regno, e che venne tenuta sotto controllo da alcuni benemeriti monaci trappisti seguaci di sant’Antonio, fu adiacente alla chiesa. I monaci nell’apoteca del convento, ricavavano dal lardo dei maiali un unguento utilizzato nella cura del morbo. Tra i napoletani si diffuse, così, l’abitudine di allevare maialini da donare al monastero, fino a quando la città non venne letteralmente invasa da questi animali, tanto che nel 1663, durante una solenne processione in onore di san Gennaro, un maiale non si infilò tra le gambe del vicerè, che comandò l’immediata deportazione degli immondi animali.

Elisabetta Frattino
Laureata in Conservazione dei Beni Culturali presso l’università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Appassionata dell’epoca medievale, ho incentrato l’argomento della mia tesi proprio su questo controverso periodo, scrivendo un elaborato in Storia delle arti applicate e dell’oreficeria medievale, dal titolo “I costumi della Napoli angioino-durazzesca attraverso i suoi più nobili monumenti funebri” . Collaboro con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano, ad un progetto di catalogazione, e seguo i corsi della Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sez. San Luigi.
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