Malachia e Pietro il Romano

Statua di San Malachia nel portale sud della Cattedrale di St. Patrick in Armagh.

Malachia e Pietro il Romano – La fine della Chiesa Cattolica? di Átila Soares da Costa Filho

In persecutione extrema S.R.E. sedebit Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus, quibus transactis civitas septicollis diruetur, et Iudex tremêndus iudicabit populum suum. Finis.
“Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà (sul trono) Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dai sette colli sarà distrutta e il giudice tremendo giudicherà il suo popolo. Fine”.
Forse nella storia, questi versi attribuiti a San Malachia (1094?-1199), vescovo irlandese, noto per le sue doti di veggente della successione papale, non sono mai stati tanto letti come dopo la rinuncia di Papa Benedetto XVI, l’11 febbraio 2013.
San Malachia nacque nel 1094 in Irlanda. Ancora adolescente divenne abate di Armagh. Le visioni iniziarono nel 1139, durante il suo primo viaggio a Roma. Fu canonizzato nel 1199 da Papa Clemente III. È accreditato come autore della “Profezia dei Papi”. Solo nel 1595 furono rivelate le presunte profezie, cioè, circa quattrocentocinquanta anni dopo che furono pronunciate.
Il punto è che i sostenitori di Malachia (come quelli del Calendario Maya) si saranno sbagliati: la propaganda riporta che il “veggente” avrebbe avuto la sua rivelazione sul papato e sulla fine della Chiesa Cattolica – che, secondo la profezia, sarebbe dovuta avvenire nel 2013 – durante una visita a Papa Innocenzo II, a Roma, nell’anno 1139.
Dal conteggio, sarebbero 112 sommi pontefici, a partire da Celestino II (1143-1144). L’ultimo sarebbe, per forza, il successore di Benedetto XVI (il presunto “De Gloria Olivae”), indicato come “Petrus Romanus”, o “Petrus II”.
Questa profezia, tuttavia, fu pubblicata solo (!!!) cinquecento anni dopo la nascita di Malachia, nel 1594. In realtà, tale pubblicazione avvenne attraverso un’opera del monaco benedettino Arnaldo Wion, intitolata Lignum Vitae, ornamentum et decor Ecclesia.
Wion, però, non ha mai giustificato le circostanze di come sia entrato in possesso dei manoscritti “originali”… e, di conseguenza, la loro autenticità. L’autenticazione sarebbe arrivata solo, in modo altrettanto irregolare, per mano di un domenicano spagnolo di nome Don Alfonso Chacón (o Alphonsus Ciacconius), specialista in testi antichi, compresa la paleografia medievale.
Un ulteriore indizio che ci porta all’evidente conclusione di frode è il fatto che il “Santo” descrive con più chiarezza e obiettività solo i papi che sono passati da Celestino II a Pio II (14581464), cioè, quelli prima della comparsa di Wion nella storia – lui stesso, un presunto profeta.
Dopodiché, le indicazioni delle identità papali (rapidi richiami al nome di battesimo o di papato, luogo di origine o peculiarità del ministero) diventano estremamente vaghe, rendendo facilmente ammissibile qualsiasi tipo di associazione che vi si volesse inserire. Ne è una prova quando analizziamo le interpretazioni degli “esperti di profezie” prima dell’ascesa di Joseph Ratzinger al Trono di Pietro in base alle righe lasciate da Malachia/Wion: il risultato non potrebbe essere più paradossale rispetto alla realtà che seguì.
E, inoltre, vi è il fatto che San Bernardo, autore della biografia di Malachia (la Vita Malachias), già negli ultimi anni della sua vita, a Chiaravalle (Ville-sous-la-Ferté, Francia), non abbia scritto nemmeno una parola su questa profezia che aveva tutto per essere la sua più grande realizzazione.
Nota: il titolo “Petrus Romanus”, conferito all’ultimo Papa, sembra, sospettosamente e convenientemente, adatto a qualsiasi candidato alla carica nella Santa Sede – con o senza l’aiuto di poteri paranormali. Perché, oltre al fatto che il Papa è, necessariamente, la “pietra” (Mt 16,18) alla quale Cristo si riferisce come sostegno della sua Chiesa, questa “pietra” (Petrus) deve anche governare il suo gregge da Roma (Romanus).
Come di solito accade con le profezie… più vago, impossibile.

Átila Soares da Costa Filho è un designer della Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro, laurea specialistica in Filosofia, Storia e Antropologia. È anche l’autore di “La Giovane Monna Lisa”. Per visitare il suo sito clicca qui !

CATEGORIE
CONDIVIDI SU
Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
WhatsApp
Email
Stampa
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.