
di Ornella Mariani.
Premessa
Persuaso della debolezza militare degli Slavi pagani stanziali tra le coste inferiori del Baltico e l’Est dell’Elba e dei Prussiani, Lituani, Lettoni ed Estoni dislocati lungo il corso inferiore della Vistola, con la Bolla Divina Dispensatione Eugenio III bandì la Crociata del Nord: accordati ai partecipanti i privilegi spirituali già concessi per l’impresa in Terrasanta, ne affidò la guida al Vescovo Anselmo d’Havelburg e l’esecuzione a Danesi, Polacchi e Tedeschi.
A partire dall’estate del 1147 costoro ampliarono i confini; con sanguinose guerre, Enrico il Leone e Waldemar I il Grande occuparono le terre comprese tra l’Elba e l’Oder aggiogando Pribislav del Meclemburgo ed imponendogli la conversione alla fede latina; il cistercense Fulco si inoltrò in Estonia ed infine, nel 1171, promettendo l’assoluzione a chi avesse concorso all’affermazione della fede romana, Alessandro III avallò le incursioni crociate anche nei territori di Polotsk e Smolensk.
Una nuova campagna fu promossa da Clemente III: vi aderirono la Grande Feudalità tedesca ed il monaco Meinhard, nel 1186 designato Primate di Livonia e Russia; ma, quando il suo successore Bertoldo fu assassinato, in una delle rivolte livoni contro l’evangelizzazione forzata, al soglio episcopale si insediò Alberto di Buxhovden: l’autore di una delle più atroci pagine di storia dell’area baltica. Nel 1201, egli stroncò la resistenza livone; nominò Vescovo di Tartu il fratello Teodorico; lo incaricò di cristianizzare gli Estoni ed istituì l’Ordine dei Portaspada cui fu assegnata la Regola templare. Tra il 1210 ed il 1220, ispirata da Innocenzo III, la Confraternita sferrò l’affondo decisivo contro i Livoni e gli Estoni, incamerandone un terzo delle terre mentre Onorio III, a fronte delle difficoltà a placarne la ribellione, impegnò Waldemar II di Danimarca. La sua potente flotta occupò l’isola di Ösel ma la formidabile riscossa estone, dopo l’assassinio del Legato Apostolico Dietrich, il 29 gennaio del 1223, portò al recupero dei territori perduti; alla cacciata dei Portaspada e all’alleanza coi Russi.
La reazione crociata esplose nel 1224: mentre i Danesi contrastavano i Russi a Tallinn, i Portaspada e gli asserviti Lettoni occuparono Tartu e nei due anni successivi si spartirono le zone conquistate: gli uni occuparono la parte centrale con Pärnu; gli altri presero Tallinn e l’area settentrionale del territorio; i Vescovi di tartu ed Arensburg ottennero le terre residue.
Ad Est della Lettonia era ubicato il Principato russo di Polotsk, ambìto dai Cavalieri ma energicamente difeso dalle tribù locali che ricorsero all’appoggio dei Russi di Novgorod e Pskov: contro Onorio III, che nel 1227 chiese ai Principi Polacchi ed Ungheresi di assoggettare i Sovrani della regione, e contro le brutali imposizioni religiose già effettuate in Estonia, le due città si coalizzarono e guidate da Jaroslav II nel 1234 liquidarono a Bauska i Portaspada, sconfitti ancora a Shauljai dai Lituani nel 1236. Da questa vittoria scaturì la fusione dei Portaspada con i Teutonici e la formazione di una forte coscienza nazionale che nel 1240 produsse la nascita del Regno lituano, con a capo il granDuca Mindaugas.
Già padrone del Kulmerland, assunto il titolo di Landmeister di Prussia e Livonia e stipulata una duplice alleanza: con i Danesi per estendere il dominio nella parte alta del Baltico, e con gli Svedesi per combattere i Finnici e i Russi di Novgorod, Hermann Balk si acquartierò a Vogelsang; vi avviò le costruzioni delle piazzeforti di Nessau sulla riva sinistra della Vistola e di Torun su quella destra; vi insediò molti coloni tedeschi e boemi; impose il servizio militare permanente; invase estese aree polacche; offrì agli autoctoni tre opzioni: battesimo, fuga, morte puntando a settentrione con l’appoggio di Gregorio IX che, irritato dagli insuccessi dell’evangelizzazione, organizzò una campagna armata contro i Finnici e Russi.
Fu quando le scorrerie occidentali e la sanguinaria competenza militare mongola si abbatterono su Polotsk e Smolensk che anche la Svezia mirò al Principato di Novgorod, enfatizzando l’azione dei protagonisti d’una epoca densa di eventi: Mindaugas, Danilo di Galic’, Aleksandr Nevskji le cui morti un singolare scherzo del destino fissò nello stesso cupo 1263.
Fin dall’XI secolo, mentre i Patriarcati di Antiochia, Gerusalemme ed Alessandria erano stati isolati e soverchiati dall’Islam, la rimozione del paganesimo aveva reso concorrenti Roma e Costantinopoli, entrambe sedicenti titolari dell’unica vera fede. In quegli anni di sangue, consapevole che la diffusione della religione mascherasse motivi di rilievo economico, ovvero il controllo dei traffici snodati lungo le vie del Baltico, la Rus’ insorse; ma il potente apparato cristiano costituito da Teutonici, Livoni e Danesi, concluse l’avventura militare su quella terra già straziata dalle scorrerie dei Mongoli col saccheggio di Pskov.
L’egemone edificio istituzionale della Rus’ di Kiev, la cui giurisdizione si estendeva da Novgorod a tutta la linea dei Carpazi, fu frantumato dalla rivolta dei contadini alla oppressiva feudalità dei Monaci/guerrieri insediatisi sulla costa in danno degli interessi delle popolazioni autoctone lituane, prussiane e finniche e il Principato di Polotzk, situato ad Est della Lettonia ed influente su molte delle terre baltiche ambìte dai colonialisti, adottò una condotta di aperta ostilità proponendosi referente dell’area lituana. Nel 1240, dopo il compatto attacco inferto dagli Svedesi alla Rus’ ortodossa su istigazione di Gregorio IX, che pretendeva la conversione dei Finnici e delle genti di Novgorod, la vittoria del granDuca Mindaugas si pose a fondamento della Nazione lituana: con un piano d’espansione favorito dalla debolezza della Rus’, essa annesse al suo territorio i Principati di Polotsk e di Turov-Pinsk e, dandosi una estensione dal Baltico al mar Nero, accorpò la fascia Sud/occidentale comprensiva di Minsk, Vitebsk, Volynia, Podolje, fino alla stessa Kiev. Tuttavia, la minaccia dell’Occidente restava sempre viva: il Papa aspirava alle sue ricche Diocesi, appetite non solo dalla concorrente Cristianità bizantina, ma anche dai Mongoli e dagli Islamici avanzati in Anatolia.
Cogliendo in essi tutta l’ambizione coloniale e tutto il rischio della definitiva perdita di autonomia e pace, i Lituani si scontrarono con la coalizione cristiana nel 1242 consentendo anche ai Prussiani di sollevarsi contro i Cavalieri; di demolire le fortezze da essi erette e, a margine di un terrificante bagno di sangue, di tornare ai loro usi pagani. I quattro anni successivi furono teatro di guerre cruente con alterne vicende ma alla fine, soverchiati e convertiti i vinti, Innocenzo IV divise la Prussia in quattro Diocesi ponendo a capo di ciascuna un Vescovo ed un presidio teutonico.
Restava la Livonia, terra di conquista ambìta per quel suo sbocco sul Baltico che determinò la memorabile Battaglia dei Ghiacci, della quale fu protagonista Aleksandr Nevskji.
Riepilogo degli eventi principali
1200:
*la Feudalità tedesca e i Danesi, conquistano le terre slave dei Polabi e Pomerani puntando alla Livonia;
1201:
*fondazione di Riga;
1202:
*istituzione dell’Ordine dei Portaspada;
1204:
*occupazione dell’Estonia e costruzione di Tallinn;
1223:
*i Mongoli aggrediscono la Rus’;
1227:
*Onorio III chiede la sottomissione di tutti i Sovrani della Rus’;
1230:
*i Cavalieri Teutonici prendono Prussia e Pomerania polacca e con gli Svedesi invadono la Rus’ di Galizia-Volynia;
1234:
*Jaroslav II sconfigge i crociati a Novgorod;
*i Cavalieri puntano alla Lituania;
1237:
*Teutonici e Portaspada infieriscono sulla Rus’ mentre i Mongoli invadono i territori polacchi, boemi, ungheresi e croati.
1240:
*la Rus’ è in ginocchio: Gregorio IX impegna gli Svedesi contro i Finnici ed il Principato di Novgorod per imporgli il Cristianesimo latino e defraudarli dei traffici baltici;
*i Mongoli devastano Kiev;
*Novgorod si affida ad Aleksandr, figlio di Jaroslav II: il 15 luglio egli respinge i nemici;
*il Papa bandisce una nuova crociata: Teutonici, Livoni e Danesi saccheggiano Pskov;
*alle porte di Novgorod, Aleksandr espelle gli Occidentali e libera la città;
1242:
*5 aprile: le armate di Novgorod e Vladimir-Suzdal massacrano i crociati a Peipus;
*si consolida la Lituania di Mindaugas;
*Polacchi e Prussiani insorgono contro i Cavalieri Teutonici;
1245:
*le truppe della Rus’ di Galizia e Volynia battono gli Ungheresi e i Polacchi a Jaroslavl;
1248:
*Mindaugas esilia vari membri della sua stessa famiglia;
1250:
*Danilo di Galic’, alleato al Primate di Riga, si reca a Sarai a chiedere sostegno al Gran Khane;
1251:
*Mindaugas accetta il battesimo;
1254:
*la figlia di Mindaugas sposa il figlio di Danilo di Galic’;
1255:
*il Papa offre la tiara a Danilo di Galic’ in cambio dell’aggressione a Mindaugas;
1256:
*Danilo e Mindaugas marciano insieme contro i Mongoli;
1258:
*la famiglia congiura contro Mindaugas
1261:
*i Teutonici sono sconfitti;
*i Tartari entrano nella regione carpatica;
*Danilo perde Galic’ e la Volynia;
1263:
*Mindaugas è assassinato;
*muoiono Nevskji e Danilo di Galic’.
Mindaugas e Danilo di Galic’
La carneficina di Liegnitz nel 1241 ebbe per effetto la sospensione della marcia dell’Orda d’Oro verso l’Occidente europeo: razziata l’Ungheria, i Mongoli ripiegarono ad Est. Della loro assenza profittarono i Prussiani che, aizzati dal Duca Swantopolk di Pomerelia, abbatterono gran parte delle fortezze costruite dai Teutonici. L’evento provocò la reazione di Innocenzo IV che bandì una nuova crociata conclusa il 7 febbraio 1249 col trattato di Christburg: il Nobile ribelle accettava di arrendersi e gli insorti ottenevano la libertà personale, il diritto di acquisto, di vendita e di lascito; la possibilità di ricorrere in giudizio, di contrarre matrimonio, di entrare nel Clero. Per contro, accettavano l’abiura delle usanze pagane, il pagamento delle decime, la prestazione del servizio militare e l’onere di costruzione di una ventina di chiese.
Il servaggio fu comunque vessatorio: ogni tentativo di rivolta fu represso nel sangue fino a tuttò il XIII secolo ed alla conquista della Curlandia, quando lo spostamento di grandi masse dalla Westfalia e dalla Renania nelle terre baltico/ugrofinniche, assicurò agli Occidentali il controllo delle attività economiche dall’Europa centrale alla Russia di Novgorod, all’Asia, a Bisanzio, al Medio oriente.
Sempre più ostile al cattolicesimo, la Lituania continuava a sobillare i Livoni per contrastare il colonialismo indiscriminato degli Ordini monastico/cavallereschi. Alla fine, per sottrarre la sua gente alle atrocità di una nuova crociata, nel 1251 il Principe Mindaugas accettò il battesimo e nel 1253 fu solennemente incoronato dal Vescovo di Kulm: la regione era ormai uno Stato cattolico. Tuttavia il Gran Maestro Popon d’Ostierna, non convinto della sincerità del Sovrano, decise di evangelizzare la zona lituana a confine con la Prussia: i Domenicani la catechizzarono col conforto di sessantamila armati, fra cui Ottokar II di Boemia; Ottone III del Brandeburgo; il Conte Rodolfo d’Asburgo e varia Nobiltà di Sassonia, Turingia, Renania e Moravia. Lutti e distruzioni accompagnarono la difusione della fede romana finché, nel del 1259, l’Ordine dovette misurarsi con i rigurgiti di ribellione dei Lituani che a Durben, il 13 luglio del 1260, li sconfissero; trucidarono i coloni cattolici; ripristinarono le usanze pagane. Occulto regista della rivolta, che contagiò la Prussia e la Masovia polacca, fu proprio Mindaugas: nel gennaio del 1261, i Cavalieri furono definitivamente battuti e cacciati.
Mindaugas, granDuca di Lituania dal 1236 e Sovrano dal 1253, riunificò i Ducati; conquistò la Rutenia; insediò la Corte a Novogrodek e, abiurata la fede cristiana, nel 1262 tornò allo scranno granducale. Assimilato nelle Cronache di Galic’ agli Slavi Krivici di Polozk, egli forse fu un discendente dei Rogvolodidi. E’ certo che, nato a Kernovo verso il 1203, dominò l’area limitrofa a Novogrudok, ove celebrò con grande fasto la sua incoronazione a Re cattolico consegnandosi alla storia non solo quale fondatore dello Stato, ma quale tenace difensore della cultura originale baltica dalla corruzione russa, polacca e germanica; è certo che tenne una condotta ambigua e sanguinaria: prima di accettare la fede di Roma, nel 1246 aveva abbracciato il culto del Cristo d’Oriente restando per tutta la vita sostanzialmente pagano; è certo che, affrontati i Tartari a Lida, nel 1242, fu consacrato eroe popolare; è certo che, con l’ulteriore sconfitta assestatagli nel 1249 sul Netec’, scoraggiò i Barbari della steppa da ogni ulteriore ritorno in Lituania; è certo che accorpò al suo dominio una enorme quantità di terre anche della Rus’ di Sudzal, così istituendo il granDucato di Lituania e della Zhemaitia a spese dell’antagonista Nevskji; è certo che il suo espansionismo, coniugato ad insostenibili rivalità familiari, lo portò alla rovina.
In quel cupo segmento di Medio Evo, i Mongoli squassarono la Pianura Russa: dopo la battaglia di Kal’ka del 1223, essi imposero restrizioni economiche e militari ai governi autonomi delle varie città, eccezion fatta per Novgorod e la parte nordorientale, accingendosi ad aggredire il cuore della Lituania. Tuttavia, incapaci di traversare le paludi del Pripjat per penetrare nella regione, nel 1240 essi rasero al suolo Kiev e gli impianti sociali limitrofi gareggiando con l’ espansionismo del confinante S.R.I., degli Svedesi e dei Danesi entrati nella Rus’ settentrionale per appropriarsi dei vantaggi economici delle vie baltiche. Incrociando il nazionalismo lituano, Aleksandr Nevskji ne condizionò le velleità nella battaglia della Neva; ma quando i Danesi si spostarono nell’estone Tallin ed i Cistercensi agirono a Riga, non distante da Polozk, la incerta guerra per il controllo di quell’area intervenne sulla condotta di Mindaugas: pur avendo fin dal 1219 sottoscritto un accordo con Danilo di Galic’, capitale della Volynia rivendicata dai Polacchi, nella convinzione che espugnando Novgorod avrebbe assunto l’egemonia su tutto il Nord in danno dei Cavalieri, malgrado dallo scontro con Nevskji traesse il titolo di Principe anche di Vitebsk e di Minsk, recedette dai suoi propositi e decise di attaccare Galic’, espropriandone Danilo e procurandosi il controllo della zona carpatica. Così, nel 1245, forte dell’appoggio del cugino Vikintas, si armò contro i Cavalieri ed entrò in Curlandia; nel 1246 fu coinvolto nelle questioni interne ai Principi polacchi intorno a Grodno; nel 1248 esiliò i nipoti Tautvilas e Edivydas ormai d’ostacoli ai suoi programmi espansivi.
Ma anche Danilo ambiva ad unificare le terre russe da Nord a Sud: accolti i transfughi lituani, li usò sia per liquidare Nevskji, proclamato Gran Principe anziano, sia per opporsi energicamente allo stesso Mindaugas. Nel 1250, stretta un’alleanza col Primate di Riga e deciso ad entrare nei territori lituani, si recò a Sarai: prestando omaggio al Khane, ne avrebbe ottenuto l’aiuto utile a mantenere il trono di Galic’; a disfarsi di Nevskji e, col sostegno di Vikintas, di Tautvilas e Edivydas, ad uccidere Mindaugas. Costui, invece, consapevole che un’eventuale sconfitta lo avrebbe esposto alle rappresaglie dei Cavalieri ed al crollo del suo sogno, raggiunse il Gran Maestro Andrea di Stierland che, in aperto contrasto con la Chiesa di Riga, gli promise il sostegno necessario e la corona benedetta da Innocenzo IV, previa adesione al Cattolicesimo Romano.
Era il 1251: il granDuca accettò di essere battezzato. Nello stesso anno Danilo e gli alleati lo assediarono a Voruta ma, mentre i Portaspada li respingevano, Mindaugas sferrò un’offensiva a Tverai contro Vikintas ed espulse Tautvilas da Polozk.
Malgrado la decapitazione della sua coalizione, Danilo non rinunciò all’ambizione di diventare Gran Principe della Rus’ e di annettere al suo territorio la Lituania e le terre aggiogate dai Tartari: con la mediazione dell’Ungheria si mise in contatto col Papa; gli garantì di convertirsi; si dette a spedizioni periodiche contro il rivale, insanguinandone la regione per sei anni e costringendolo a più riprese al ricoro ai Cavalieri cui, incoronato, cedette la Zhemaitia, ottenendo per la Lituania il riconoscimento di Stato cristiano.
Nel 1254, incapaci di avere l’uno ragione dell’altro, i due avversari decisero di riconciliarsi con le nozze dei rispettivi figli. Fu allora che l’entrata in scena di Voiscelk saldò interessi politici e parentali, con conseguenze irreparabili.
Erede di Mindaugas, egli fu incaricato di curare i termini del matrimonio della sorella con Sc’varn, rampollo di Danilo il cui secondogenito Romano di Galic’, ostaggio alla Corte di Novogrudok, ottenne come appannaggio personale parte della provincia lituana. Voiscelk si sentì defraudato della legitima eredità dalla cessione del governo di Novogrudock a Romano: per protesta, si ritirò nel monastero ortodosso di Polonin danneggiando la credibilità filopapale del padre ed inviando a Danilo un segnale di disponibilità alla ribellione enfatizzato dalla provocatoria assunzione del nome Romano. Il suo voto al celibato perpetuo allarmò Mindaugas che, vedovo, non avendo altra prole, cercò moglie e, mentre Tautvilas rioccupava il trono di Polozk, cominciò ad ostacolare l’evangelizzazione della sua gente in sprezzo degli impegni pur contratti con la Chiesa di Roma e limitandosi a prudenti rapporti di facciata con i temuti Teutonici: a conti fatti, l’istituzione di una nuova struttura ecclesiastica non solo lo esponeva a notevoli costi, ma minacciava di trasformarlo in Re/servitore del Vescovo. Per contro, i Messi papali proposero la tiara di Re cattolico a Danilo, invitandolo ad un’azione contro il traditore.
Il Signore di Galic’ temporeggiò. Poi, preoccupato dai Tartari di Batu Khan inoltratisi lungo le vie dei Carpazi e sulle Terre Russe al di là del Dnepr, si limitò a dare asilo a due Francescani: al pari di Aleksandr Nevskji, cui nel 1252 a Novgorod i Cavalieri pure avevano offerta la corona in cambio dell’alleanza, Danilo né condivideva la politica del Papa e dell’Imperatore tedesco, né accettava la pace coi Tartari pur negoziata col Khane a Karakorum da ambascerie ecclesiali. Tali fermenti allertarono Batu che, in previsione di un pericoloso fronte cristiano, aperte trattative segrete con Nevskji sul riordino del territorio di Suzdal, prese a riconsiderare la situazione di Galic’ già ritenuta di sua proprietà e, irritato dall’ambiguità di Danilo e dai suoi rapporti con la Chiesa romana, incaricò Kuremsa di rappresaglie. Costui era appena entrato in Volynia, quando la notizia della morte del Khane lo indusse al rientro a marce forzate a Sarai. Ancorché salva, Galic’ non poteva esimersi dalla corresponsione dei tributi ai Mongoli: contro costoro, nell’intento di cacciarli, Danilo e Mindaugas stipularono un accordo difensivo e nel 1256 marciarono su Kiev.
Quando fu raggiunto dal figlio Romano, Danilo aveva già espugnato il presidio di Vozvjaghl: il sospetto della segreta spartizione del bottino fra i due, ammutinò le truppe che razziarono i territori lituani del Nord. Mindaugas se ne risentì ed ingiunse al giovane di rientrare come ostaggio a Novogrudok accendendo un clima di intollerabili vendette. Ne profittò Tautvilas di Polozk che contattò in convento Voiscelk invitandolo a rovesciare il genitore: nel 1258 egli si spogliò del saio; si armò; uccise Romano di Galic’ negandone le spoglie alla famiglia; si insediò Principe assoluto a Novogrudok e riorganizzò l’Ortodossia in terra lituana, scompigliano tutti gli equilibri faticosamente promossi da Mindaugas; infine, dopo la rotta crociata ed il massacro dei Cattolici a Durben, ripristinò i culti pagani.
La rivolta contagiò anche la Prussia: forse per timore della conseguita potenza del figlio, Mindaugas abiurò la fede romana e si unì agli insorti appoggiando una rivolta del Kurland ed invadendo la Masovia polacca, ove nel gennaio del 1261 sconfisse duramente i Teutonici.
Nello stesso anno, capeggiato da Burundai, i Mongoli ricomparvero nella regione carpatica: incapace di resistergli, Danilo capitolò e perse Galic’ mentre, aspirando a prendere Novgorod e a sconfiggere Aleksandr Nevskji, il granDuca lituano si teneva prudentemente neutrale. Tuttavia, lo preoccupava l’ostilità di Tautvilas e di tutta la sua cerchia familiare aizzata dal nipote Trenjata che, affrancatosi dai Cavalieri, nell’intento di assassinarlo e di conservare la sua autonomia in Samogizia, si era alleato a Daumantas Principe di Pskov.
La ragione del complotto alloggiava in una recente offesa non lavata: quando Voiscelk aveva preso i voti, Mindaugas si era risposato con Marta, figlia di Ghirdianis Principe di Lepen’. Venuta a Voruta a cercar marito, la sorella di costei, Gheborda, aveva infiammato di passione il cognato che, per non turbare gli equilibri coniugali, l’aveva data sposa a Daumantas. Poco più tardi, nel rispetto delle presunte volontà della moglie morente, Mindaugas aveva preteso che il matrimonio fosse rescisso perché Gheborda educasse degnamente i suoi figli.
Daumantas aveva subìto l’imperdonabile affronto per solo timore di una reazione ma, ripudiata la donna, aveva preso a coltivare quel rancore degenerato in un odio mortale. La circostanza era aggravata dalla diceria che il granDuca, assoldati sicari per liquidare tutta la parentela compreso il consuocero Danilo di Galic’, a fronte del fallimento del piano, temesse per la sua vita e si fosse rivolto al Gran Maestro Andrea di Stierland, dal quale aveva ricevuto consiglio a nascondersi verso Kernovo e, per precauzione, a designare un erede.
Nel tourbillon di intrighi, di fatto il 12 settembre del 1263 il granDuca fu assassinato nel sonno con i figli Rughlias e Renekeis, nella zona di Brjansk, su ordine di Treniota. Il triplice omicidio fu commesso dalla insospettabile guardia del corpo Ostap e la occulta regia fu imputata ai Cavalieri Teutonici, tesi a prevenire la formazione di Stati non direttamente controllabili.
Diversamente che Danilo di Galic’ e Aleksandr Nevskji, pur coraggioso combattente ed eroe nazionale, Mindaugas morì senza gloria in uno squallido regolamento di conti familiari.
Alekander Newskji
L’uomo ricordato dalla Nevskii Prospekt: quella Prospettiva Nevskji lunga dal Palazzo dell’Ammiragliato alla Stazione; canonizzato dalla Chiesa ortodossa alla fine di un percorso concluso nel convento di Gorodec; onorato nel 1772 dallo Zar Pietro I con l’istituzione dell’Ordine omonimo; immortalato nel 1939 dalla regìa di Sergei Mikhailovic Eisenstein e dalle note di Sergei Prokofiev; rinnegato dalla Rivoluzione d’Ottobre; preso a prestito da Franco Battiato per il titolo dell’album Patriots, era Aleksandr Nevskji.
Principe di Novgorod e di Vladimir, nato il 30 maggio del 1220; morto il 14 novembre del 1263; figlio del granDuca Jaroslav Vsevolodovicˇ e della Principessa Feodosia di Halic’; fratello ed erede del premortogli Feodor Jaroslavicˇ; marito di Bassa di Potolsk, il cui quarto figlio Danilo fu santificato dopo aver fondato, nel 1260, quella dinastia che rese la Moscovia una importante Nazione dell’Europa rinascimentale, con la sua luminosa figura egli scrisse una delle più epiche pagine del Medio Evo russo.
Nel IX secolo e, più specificamente verso l’850, attorno al Granducato di Kiev era sorta una fiorente civiltà importata da Principi normanni o Variaghi provenienti da Novgorod; guidati da Rourik I; convertiti al Cristianesimo. Presto, la loro saggezza politica aveva imposto sullo scacchiere politico russo Vladimir, Tver, Jaroslav e Suzdal: realtà che, nel corso del XII secolo, si saldarono alla storia degli Ordini monastico/cavallereschi; degli Svedesi e delle feroci tribù di Cynghis Khane, fondatore tra il Don ed il Volga del Kanhato dell’Orda d’Oro di cui furono tributari tutti i Principati del territorio, a margine della distruzione della stessa Kiev.
Fra il 1226 ed il 1234, quell’aggrovigliato contesto politico fu segnato da due nodali eventi: gli implacabili affondi di Ogodei, deciso a varcare i Balcani e ad aggredire l’Europa, straziarono Russia, Ungheria, Polonia e Bulgaria; i Portaspada si fusero con i Teutonici già insediati a Kulm, su richiesta di Konrad di Mazovia in lotta con i Borussi. Da quel ribollir di tensioni etniche, emerse Aleksandr granDuca di Vladimir, saggio ed abile politico; ardito combattente e audace protagonista dell’epica Battaglia dei ghiacci del 1242; suggestivo archètipo del santo/guerriero.
La sua avventura cominciò nel 1240 quando, in difesa della prospera Novgorod, invocata la protezione di Dio, riportò una schiacciante vittoria sugli Svedesi lungo la Neva, mutuandone l’appellativo Nevskji, ovvero della Neva. Ma quella vittoria, pur consolidando la sua influenza politica, incrinò i rapporti con i Boiardi e lo costrinse al volontario esilio sul lago Plesrceevo donde, disatteso l’invito a servire il Gran Khane; sconfitti i Lituani ed accettato il giogo mongolo, tornò per fronteggiare l’impeto dei Cavalieri inoltratisi a Poskov con l’intento di assumere il controllo dei traffici baltici.
La disperazione regnava: a Novgord le campane avevano raccolto il Popolo atterrito; a Pleskov si contava sul solo intervento di santa Olga; Boiardi e Mercanti si offrivano di pagare tributi pur di evitare copiosi spargimenti di sangue; gli artigiani erano decisi a resistere in difesa della vita e della libertà; i villaggi limitrofi erano già straziati dal ferro e dal fuoco teutonico; la Duma era sconvolta dall’incalzare degli avidi Cavalieri che, prese Izborsk e Pskov e catturato il Principe Vjaceslav cui imposero il battesimo, avevano reso Koporjè sede delle operazioni militari.
Nevskji ebbe ragione delle schiere occidentali ed evidenziando carisma ed eccezionale lungimiranza politica, rafforzò la Russia del Nord/Ovest; definì il primo trattato di pace tra Norvegia e Russia nel 1251; guidò un esercito in Finlandia; sconfisse gli Svedesi costringendoli a recedere dal blocco del Baltico nel 1256; si oppose energicamente ai tentativi della Curia Romana di contrapporre i Russi all’Orda d’Oro, non ritenendo proficua una guerra con i Mongoli dai quali fu, invece protetto; contenne l’espansionismo del lituano Mindaugas; arginò le pretese di Danilo di Galic’, a sua volta animato da incontenibili spinte egemoni; consolidò il proprio potere a spese dei Boiardi, ad un tempo reprimendo atteggiamenti antifeudali.
Quando occupò la complessa scena di una Rus’ prostrata, l’unico Principato superstite alle incursioni nemiche era quello di Novgorod, sulle cui terre passava l’arteria commerciale di collegamento fra il Nord europeo e l’Oriente.
I Teutonici ed i Feudatari svedesi decisero di conquistarla, ma solo i Mongoli la dominarono a lungo fomentando le rivalità fra Principi feudali.
Nella primavera del 1241 Aleksandr organizzò la resistenza all’avanzata nerocrociata e reclutò i valorosi Buslaj e Gavilo.
Il 5 aprile del 1242 si portò sugli argini del lago di Peipus: dopo una ricognizione della riva occidentale, acquartierò le truppe sulla sponda orientale appostandosi sull’altura Sasso dei Corvi per sorvegliare il passaggio del nemico nella gola. All’alba di quel sabato, la grève massa di ferro teutonico avanzò minacciosa preparandosi al grugno di porco mutuato dai Tartari: un un cuneo di Cavalieri pesantemente equipaggiati si sarebbe posizionato in formazione a punta per sfondare il centro dell’allineamento nemico, scompigliandolo; scollegandolo; inibendogli la compattezza dell’urto frontale; spianando la via alla fanteria pronta ad agire su tre lati. Ma, pur dotati di consolidata esperienza bellica, furono travolti da una serie di tragici errori: non considerarono la scivolosità del ghiaccio; non percepirono l’impaccio causato dal peso delle armature, inducenti alla lentezza dei movimenti; sottostimarono l’eterogenea compagine russa che, seppur numericamente inferiore, disponeva di maggior padronanza del territorio tale da consentire ad Aleksandr di ribaltò a proprio vantaggio la debolezza delle proprie truppe.
Estratto da “http://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_del_lago_ghiacciato”
Impegnato Buslaj nella difesa delle salmerie e nel controllo delle avanguardie avversarie con un plotone promiscuo di soldati e contadini e postosi egli stesso a capo della Cavalleria, ordinò a Gavili una manovra di conversione che sfilacciasse i fianchi della retroguardia nemica: quando i Cavalieri tentarono lo scontato sfondamento, i Russi puntarono rapidamente alle loro retrovie.
Spiazzati dall’imprevedibile tattica, i contingenti di Hermann di Buxoeveden ripiegarono verso il centro del lago preparandosi alla violenta controffensiva: Nevskji ebbe di fronte l’imperforabile corazza del Gran Maestro. L’abbattè senza indugio, consentendo alla sorte di arridere alla sua gente: con la complicità del tepore primaverile e del peso degli equipaggiamenti, il ghiaccio prese a scricchiolare. Parte dei Cavalieri fu inghiottita dalle crepe apertesi nella crosta gelata; parte cercò scampo in improbabili vie di fuga.
Il massacro precedette l’onta: Aleksandr si pose all’inseguimento dei superstiti lungo la riva orientale del lago, prima di rientrare a Pleskov e annunciare la vittoria.
Sulla battaglia insistono due versioni: quella russa o Cronaca di Novgorod e quella crociata o Cronaca di Livone Rimata. L’una assume che le due armate si scontrarono il sabato all’alba; che si risolse in una terrificante carneficina; che il ghiaccio non era visibile, tanto era coperto di sangue. L’altra sostiene che i Crociati attaccarono i Russi, i cui abili arcieri seminarono morte e scompiglio.
Si combatté, in definitiva, intensamente sulla linea di costa piuttosto che sul fragile piano lacustre, finché consapevoli di essere circondati: …i Russi avevano così tante truppe che vi erano sicuramente sessanta uomini per ogni cavaliere tedesco… e sopraffatti dalla sorpresa, i Cavalieri si dettero alla fuga scomposta: nell’urto decisivo la fanteria di Nevskji ebbe ragione dell’avanguardia teutonica, assumendo un enorme risvolto politico e culturale poiché il fallimento della Crociata contro Novgorod determinò la perdita di tutte le terre conquistate; la collera di Innocenzo IV e lo spostamento dell’attezione episcopale verso i pagani lituani e baltici.
Bibliografia:
H. Bogdan: I Cavalieri Teutonici
W. Urban: I Cavalieri Teutonici -Storia militare delle Crociate del Nord
L.G. Grant: Le grandi battaglie della storia (vol. 5)
Ornella Mariani, sannita. Negli anni scorsi: Opinionista e controfondista di prima pagina e curatore di Terza Pagina per testate nazionali; autore di saggi, studi e ricerche sulla Questione Meridionale. Ha pubblicato saggi economici vari e:
Pironti, Per rabbia e per amore
Pironti, E così sia
Bastogi, Viaggio nell’ entroterra della disperazione
Controcorrente Editore, Federico II di Hohenstaufen
Adda Editore, Morte di un eretico (dramma in due atti)
Siciliano Editore, La storia negata
Mefite Editore, Matilde (dramma in due atti)
Mefite Editore, Donne nella storia
Collaborazione a siti vari di storia medievale. Ha in corso l’incarico di coordinatore per una Storia di Benevento in due volumi, (720 pagine) commissionata dall’Ente Comune di Benevento e diretta dal Prof. Enrico Cuozzo.