Misteri e arte a Milano a proposito dell’assassinio del duca Galeazzo Maria Sforza e della “Congiura dei Lampugnani” di Francesco Hayez di Laura Malinverni.
La congiura dei Lampugnani è un dipinto a olio su tela di Francesco Hayez, conservato alla Pinacoteca di Brera di Milano. Come attestato in una lettera scritta dal pittore il 5 gennaio 1830, venne commissionato nel 1823 da Teresa Borri, vedova del conte Stefano Decio Stampa e futura sposa di Alessandro Manzoni, e completato solo nel 1826, in sostituzione di un “Ritratto di gruppo della famiglia Borri Stampa” che non aveva incontrato l’approvazione del committente. Incluso nel “Piccolo inventario dei dipinti” della villa Manzoni Stampa di Lesa sotto la generica indicazione “quadro rappresentante un episodio della storia di Milano”, l’opera entrò nelle collezioni di Stefano Stampa, figliastro di Manzoni, per poi arrivare a Brera nel 1907.
Fu lo stesso Hayez a scegliere il soggetto del dipinto, ossia l’assassinio del quinto duca di Milano Galeazzo Maria Sforza avvenuto il 26 dicembre 1476, giorno di Santo Stefano, ad opera di tre nobili congiurati, Giovanni Andrea Lampugnani, Girolamo Olgiati, Carlo Visconti, ispirati dall’anziano umanista e filosofo Cola Montano, ferocemente avverso a ogni forma di tirannia. La congiura trovò attuazione nella chiesa di Santo Stefano a Milano, sotto il pronao che allora dava accesso al tempio. La vicenda, pur non essendo molto conosciuta, era nota all’Hayez grazie alla pubblicazione de “La congiura di Cola Montano”, tragedia scritta da Alessandro Verri nel 1779, e alla consultazione delle “Istorie” di Niccolò Machiavelli.
La composizione del dipinto, molto scenografica, pone in primo piano Cola Montano, inginocchiato davanti alla statua di Sant’Ambrogio, in preghiera perché protegga i congiurati (la statua, peraltro, non è mai esistita nella chiesa, e la sua presenza è una libertà “narrativa” di Hayez). I congiurati, disposti diagonalmente lungo il basamento della scultura, hanno i pugnali in mano, pronti ad assalire il duca-tiranno, che avanza dal fondo della navata.
È importante notare che nella “Congiura dei Lampugnani” Hayez sintetizzò idee e fermenti artistici e ideologici del suo tempo. Non solo non raffigurò la chiesa com’era ai tempi del duca, ma secondo un restauro “in stile” tipico degli edifici all’epoca (il maggiore interprete di questa tendenza fu Eugène Viollet-le-Duc), ma dal punto di vista ideologico rappresentò molto bene il ribollire di idee dei primi decenni dell’Ottocento, con lo slancio encomiastico per quella “gioventù carbonara” che precorse l’epopea risorgimentale.

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È autrice del saggio “La cucina medievale: umori, spezie e miscugli” (Italia Medievale, 2016) che si può acquistare online cliccando qui !