Motrone di Versilia: il Porto e il Forte

Motrone di Versilia: il Porto e il Forte di Andrea Angelini

Introduzione

Nei secoli passati la zona di Motrone, grazie al suo forte e al porto, è stata il centro e il fulcro di numerose contese, militari e commerciali. L’importanza di Motrone è ben riassunta nelle strofe del cantore Davino Castellani, composte nel 1369 per festeggiare la riconquista della zona versiliese da parte dei lucchesi: «Ben ti puoi rallegrar dolcie Motrone, / però che di Toschana tu se’ chiave»[1].
Nonostante la sua importanza passata, oggi Motrone non è che una piccola frazione al confine tra i comuni di Pietrasanta e Camaiore. Esistono due possibili etimologie per il toponimo Motrone. Aldo Neppi Modona nel 1953 scriveva: «[…] Prese nome forse dalla casa Motroni, o Mutroni, di Lucca, che lo eresse […]»[2]. Questa ipotesi però è infondata, infatti è da credere vero il contrario: ossia che il forte, difeso da un castellano lucchese, abbia dato il soprannome ad un valoroso soldato divenendo poi il nome del suo casato[3]. L’ipotesi più accreditata, invece, fa risalire il nome del toponimo al canale che sbocca presso l’attuale località di Marina di Pietrasanta. A sua volta questo nome deriverebbe dall’antico nome del torrente Lucese, che dopo la confluenza con il torrente Lombricese prende il nome di fiume di Camaiore[4]. Il Lopes Pegna ci riferisce che l’etimologia dell’antico idronimo deriva dalla particolare natura geologica del suo alveo, ricco di sedimenti argillosi che facevano risultare le acque molto fangose. Dal latino mauta (= malta, mota) ebbe probabilmente origine la forma mauterium (= luogo motoso), evolutosi in mùtero e poi in mùtro[5].
Il Motrone un tempo aveva una portata idrica di un certo livello: raccoglieva durante il suo scorrere a valle le acque del fiume di Camaiore (formato dalla confluenza del Lucese e del Lombricese) e le acque del più importante fiume Versilia (le quali ancora oggi scendono dal versante di Seravezza). Oggi il fosso di Motrone non è che un canale di drenaggio, infatti nel corso dei secoli per limitare gli effetti dannosi delle piene, sono stati deviati prima il corso del fiume di Camaiore, in direzione dell’attuale Fossa dell’Abate (1533) e, poi, il corso del Versilia, grazie ad un decreto di Cosimo I nel 1559 in direzione del Lago di Porta Beltrame[6]. Oggi quindi il fosso di Motrone si presenta molto ridimensionato rispetto ai secoli precedenti, anche le zone circostanti hanno cambiato aspetto, per effetto delle numerose opere di bonifica. Ma forse il fenomeno che più ha contribuito a modificare la zona di Motrone è il progressivo avanzamento della costa per effetto delle correnti marine e dei venti, in particolare il Libeccio, che hanno trasportato i detriti fluviali dei numerosi canali che attraversano la Versilia ma soprattutto dei due maggiori fiumi che delimitano la piana versiliese, il Magra a Nord e il Serchio a Sud.
Per quanto riguarda la viabilità, l’arteria principale che caratterizza l’area di Motrone è la Strada Statale Aurelia, che nel tratto compreso tra Pietrasanta e la sua frazione di Motrone dovrebbe ricalcare la strada tracciata da Castruccio Castracani nel XIV secolo, chiamata anche “Via della Mercatura” o “Via Nuova”. Questa strada presso Motrone si innestava nell’antica Strada Romana che conduceva a Pisa, in alcune fonti è chiamata anche “Via Pisana” o anche “Via del Lecceto”[7]. Nella zona meridionale di Motrone troviamo un’altra strada che costeggiando il fosso di Confine (tra il Capitanato di Pietrasanta, territorio fiorentino e il territorio di Camaiore, governato dalla Repubblica di Lucca) raggiungeva il colle di Rotaio e Monteggiori, questa probabilmente segue il percorso dell’antica “Via del Sale”[8].
Fine ultimo di questo elaborato è evidenziare le varie fasi di vita del forte e del porto di Motrone partendo dalla prima menzione nelle fonti scritte (1084), arrivando fino al Lodo di papa Leone X del 1513. La storia di Motrone e soprattutto del suo forte, dopo questa data continua per altri trecento anni, ma l’importanza di questo sito diminuisce progressivamente fino a che nel 1813 le truppe anglo-sicule, presentatesi davanti alle mura del forte il 13 dicembre, non lo fecero saltare in aria, minandolo alle fondamenta[9].
Il porto di Motrone 
Il porto di Motrone è menzionato per la prima volta in un diploma di Enrico IV privo di data, ma probabilmente risalente al 1084, con cui l’imperatore garantiva protezioni a chi entrava con imbarcazioni nei fiumi Serchio e Motrone a scopi commerciali e impediva di molestare i cittadini lucchesi e gli altri naviganti di quel tratto di costa[10]. L’annalista Tolomeo da Lucca, vissuto a cavallo tra Due e Trecento, scrivendo la cronaca di Lucca dei secoli XIII e XIV fa risalire la prima menzione di Motrone ad un altro diploma di Enrico IV del 1081: “Ericus imperator concessit Lucensibus privilegium de fluvio Sercli quam ad liberum introitum, et de mare Motronis, item de ripatico non tollendo a Pisanis”[11]. Entrambe le menzioni fanno riferimento comunque ad una situazione giù preesistente, che può farci avanzare l’ipotesi, ancora da dimostrare, che il porto di Motrone fosse attivo già negli anni precedenti. L’iniziativa lucchese venne fortemente osteggiata dai pisani che vedevano minacciati i propri interessi marittimi, forse è proprio a causa di questa azione di contrasto che il porto di Motrone scompare dalle fonti fino alla metà del XII secolo, quando ricompare al centro di alcuni accordi commerciali tra Lucca e Genova, riguardanti il commercio del sale[12]. In questi anni abbiamo anche la prima menzione della presenza di un forte nella zona[13]. Nel XII secolo lo scalo navale di Motrone era l’unico approdo commerciale nel tratto di costa compreso tra le foci navigabili del Serchio e del Magra e data la sua importanza economico-politica fu causa di continue lotte tra i comuni di Pisa, Lucca, Genova e poi Firenze. Il porto si collocava alla foce dell’omonimo fiume, si può quindi pensare che si trattasse soltanto di un porto-canale che permetteva l’attracco soltanto ad imbarcazioni di piccole dimensioni. In realtà, possiamo affermare con certezza che Motrone era dotato di un bacino portuale di una certa ampiezza, a cui potevano accedere gran parte delle imbarcazioni dell’epoca. Il Motrone, come abbiamo visto sopra era alimentato da numerosi affluenti che lo rifornivano di acqua in tutte le stagioni, quindi la sua portata relativamente costante consentiva l’attracco a navi di un certo tonnellaggio[14]. Le imbarcazioni di grandi dimensioni non riuscivano ad attraccare in porto, esse rimanevano all’ancora in mare aperto, nei pressi della foce del Motrone, mente le navi di piccolo e medio tonnellaggio riuscivano ad entrare nel bacino del porto.
I lucchesi, in un primo momento, consideravano Motrone come un approdo sussidiario a quello del Serchio, che però aveva lo svantaggio di essere troppo vicino alla rivale Pisa. Fu per questo motivo che i cittadini di Lucca decisero di puntare le proprie energie su Motrone, collegando questo scalo commerciale direttamente al Serchio tramite l’utilizzo di un ingegnoso sistema di canali: le chiatte, o “piacte”, partendo da Motrone raggiungevano il lago di Massaciuccoli, poi tramite la Fossa Magna arrivavano all’approdo sul Serchio e da qui raggiungevano Lucca, oppure Pisa e la Maremma[15]. Non sappiamo molto sulle strutture presenti nel porto, l’unica informazione che ci viene fornita dalle fonti fa riferimento soltanto a due “domus bonae et utiles” concesse ai mercanti genovesi[16], oltre naturalmente al forte che era edificato direttamente sulla spiaggia.
I pisani non potevano permettere che la loro supremazia marittima sulle coste della Toscana venisse insidiata da chicchessia, tanto meno dai lucchesi e infatti dopo alterne vicende belliche che analizzeremo più avanti, nel 1181 venne stipulato un trattato di pace tra Pisa e Lucca e le notizie che abbiamo sullo scalo mercantile di Motrone si fanno più rare. Sembra infatti che almeno fino al 1317 il porto canale versiliese venisse lasciato deliberatamente in disarmo, in favore di Porto Pisano. Fu Castruccio Castracani, signore di Lucca, che nel 1324 dette inizio ad un organico piano di lavori per la risistemazione di Motrone: i suoi biografici riferiscono che dette ordine di scavare un ampio e profondo bacino portuale, in modo da poter far attraccare anche le imbarcazioni di tonnellaggio più elevato; inoltre dispose di far confluire in un unico alveo tutte le acque così da mantenere costante la portata del Motrone[17]. Castruccio si rese responsabile anche di investimenti rilevanti in termini di viabilità. L’importanza assunta dal porto di Motrone è testimoniata dal fatto che lo si ritrova segnato nei più importanti portolani dell’epoca, tra cui la Carta nautica dell’Anonimo Pisano[18]. Motrone sempre al centro degli interessi di vari attori politici, alla morte del signore di Lucca subì numerosi passaggi di mano. Nel 1328 i pisani ne ottennero il possesso con un privilegio di Ludovico il Bavaro, ma nella realtà dei fatti Lucca e i suoi domini furono venduti al genovese Gherardo Spinola, il quale nel 1331 lo cedette al re Giovanni di Boemia. Nel 1333 Lucca passò alla consorteria dei Rossi di Parma e poi nel 1335 a Mastino della Scala, che infine lo cedette ai fiorentini nel 1341. Dopo essere passato ancora per le mani del vescovo di Luni e dei Visconti di Milano, nel 1345 i pisani riuscirono ad impossessarsene. I numerosi passaggi di proprietà della zona di Motrone segnarono una nuova battuta di arresto per il suo porto, che tornò invece in piena attività nel momento in cui i lucchesi ne riottennero il possesso nel 1369[19]. I lucchesi ripresero immediatamente ad investire sul porto di Motrone, nel 1370 furono nominati anche 6 “Consules Maris”, 2 per ogni terziere[20]  Furono soprattutto le attività mercantili dei fiorentini, che volevano evitare Porto Pisano, a segnare il vero successo di Motrone e grazie alla documentazione fornita dall’Azienda Datini possiamo osservare il traffico commerciale che interessava lo scalo versiliese.
Da Motrone passavano molte merci: in primo luogo l’indispensabile sale (l’arrivo di questo prodotto è documentato dal XII al XVIII secolo) e grano, la lana (di S. Matteo, d’Inghilterra e di Sardegna), pannilana di varia provenienza, seta, lino, coloranti tessili, cuoio e pelli, zucchero, prodotti alimentari, spezie, marmo, manufatti d’argento e ferro[21]. Motrone era ovviamente in collegamento con tutta la costa della Toscana e con le isole dell’Arcipelago, ma anche con la Sicilia, presso Motrone facevano poi scalo navi provenienti dalle città della costa ligure come Genova e Savona, della Provenza e della Catalogna, altre imbarcazioni provenivano dalle Baleari, dalla Corsica e dalla Sardegna e addirittura dalle Fiandre, dall’Inghilterra e dal Levante[22].
Motrone perse progressivamente importanza dopo la conquista fiorentina di Pisa del 1406, da questa data per i ricchi mercanti fiorentini era molto più agevole ed economico servirsi di Porto Pisano. Nel XVI secolo lo scalo versiliese aveva cessato di funzionare anche a causa dell’avanzamento della costa, inoltre per colpa della natura torrentizia del fosso di Motrone a metà del secolo, Cosimo de’ Medici fece deviare il corso di diversi canali per bonificare la pianura davanti a Pietrasanta[23]. Con il passare degli anni la gloria del porto di Motrone iniziò a tramontare, la sua scomparsa fu così rapida che nel 1858 Vincenzo Santini, storico e scultore pietrasantino, scriveva «… del suo bacino, o porto, niune vestigia rimangono»[24]. Fu, infatti, solo per un puro caso del destino che nel gennaio del 1957, in seguito a dei lavori di sterro, venne scoperta una struttura a scarpata di alcuni metri che, per la sua collocazione, faceva ritenere possibile si trattasse dei resti della banchina dell’antico porto di Motrone, una banchina che è bene precisare fu costruita a una certa distanza dalla costa, come si nota dall’assenza di erosione marina[25].
Il forte di Motrone
Del forte di Motrone, che ha difeso e protetto lo scalo portuale versiliese a lui connesso e che ha segnato la storia della Versilia per più di sette secoli, oggi non rimangono che poche rovine, la cui memoria viene tramandata da qualche appassionato e da pochissimi studiosi. Inoltre, fu solo grazie al rinvenimento casuale dei presunti resti della banchina del porto di Motrone che si procedette alla ricerca delle fondamenta del forte (fig. 11).
Da diverso tempo si ipotizzava che alle spalle di un fabbricato, situato al lato dell’odierna via Aurelia, un tempo adibito ad osteria, poi a sala da ballo e oggi in rovina, si potessero localizzare i resti dello scomparso forte. Gli indizi rivelatori erano il notevole spessore di uno dei muri del fabbricato e il fatto che sul terreno, in cui si potevano ritrovare dei minuscoli frammenti di materiale edile, la vegetazione erbacea non mostrava ovunque lo stesso vigore, rivelando delle grandi linee diritte e squadrate[26]. Nel corso delle indagini preliminari si venne poi a sapere che in un campo continuo a quello della vecchia osteria, a seguito di lavori di scasso per piantare una vigna, erano state ritrovate delle fondamenta murarie che correva nel centro del terreno e per tutta la sua lunghezza[27]. Lo scavo seguente ha permesso di riportare alla luce il perimetro del forte di Motrone, che rende veritiera la descrizione del Santini: “aveva un recinto quadrato di circa 60 braccia (35 metri) per lato, costruita all’esterno con pietra tufacea squadrata e murata con calcina forte, lo spessare del muro era di 2 braccia (1,20 m) e alta circa 12 braccia. Al centro di questo recinto sorgeva il maschio, sempre a pianta quadrata e distaccato dalle mura di circa 20 braccia e aveva un’altezza da terra di circa 36 braccia. Inoltre all’interno del fortilizio si collocavano una piccola chiesetta, dedicata a S. Martino, due cisterne, il forno e alcuni magazzini”[28]. La descrizione che abbiamo appena fatto riguarda il forte nella sua ultima forma, prima della distruzione nel 1813, ma quale conformazione presentava nel momento della sua fondazione? Anche Bernardo Maragone, nella sua cronaca, descrive l’aspetto del forte di Motrone al momento della guerra tra Pisa, Lucca e Genova del 1170: “El qual castello era in su la riva del mare cinto di fossi intorno et quadrato, et per ciascheduno canto haveva una torre fortissima et in nel mezzo del castello alta 60 cubiti o più, la quale hornava tutto il castello et in quello erano octanta combattitori, in fra le quali erano vinte balestre”[29]. Non è chiaro se questa sia la primissima forma del castello di Motrone, il Bini infatti ritiene che in origine la foce del Motrone fosse sorvegliata da una semplice torre in legno, di cui abbiamo una rappresentazione negli “Annales Januenses” e che la descrizione del Maragone si riferisca invece al castello fatto ricostruire dai pisani all’indomani della vittoria del 1170[30].
Di una cosa siamo certi: una qualche fortificazione a Motrone esisteva già prima di questa grande guerra, infatti in un trattato commerciale tra lucchesi e genovesi (1166), i primi cedevano ai secondi due edifici nel castello di Motrone per la durata di 29 anni; inoltre i genovesi si impegnavano a pagare l’elevato somma di 1000 lire di denari lucchesi per completare la costruzione di due castelli, quello di Filettole (nell’attuale comune di Vecchiano – Pisa) e quello appunto di Motrone[31]. L’ipotesi che ci sentiamo di avanzare è che in principio Motrone fosse difeso effettivamente da una torre lignea, che i Lucchesi, con l’aiuto dei genovesi vista l’importanza commerciale che stava assumendo lo scalo portuale, abbiano deciso di ristrutturarlo in pietra, una decisione condivisa dai pisani, che dopo averlo distrutto lo ricostruirono in tutta fretta ricalcando il modello originale. Le notizie del castello nel XIII secolo sono scarsissime: nel 1254 i fiorentini, dopo aver sconfitto i pisani in Val d’Era, stabilirono che Motrone tornasse sotto il controllo di Lucca, ma solo dopo la seconda vittoria fiorentina di due anni dopo i pisani si decisero a consegnare Motrone alla città del Giglio che, a sua volta, lo girò ai lucchesi. Il possesso della zona versiliese tornò nuovamente ai pisani all’indomani della battaglia di Montaperti (1260) che lo tennero fino al 1268, anno in cui Carlo d’Angiò eletto podestà di Lucca pose Motrone sotto assedio e senza colpo ferire, anzi usando un astuto inganno, riuscì a riportare la rocca ai lucchesi[32].
Nel XIV secolo Motrone subì numerosi passaggi di mano, sotto il controllo lucchese dal 1268 passò nel 1314 ai pisani di Uguccione della Faggiola, per poi ritornare alla città di San Martino guidata da Castruccio Castracani nel 1317, che come abbiamo visto si occupò di risistemare il porto e la viabilità e probabilmente fece costruire anche una seconda cinta di mura a difesa della rocca di Motrone[33]. Morto Castruccio le vicende del castello di Motrone seguono quelle di tutta la zona, vicende che abbiamo analizzato più sopra in relazione alla situazione del porto. Il periodo 1345-1369, in cui i pisani tennero Motrone è degno di nota: Pisa infatti investi non poche energie nella risistemazione del forte, arrivando ad erigere una palizzata che da Motrone sbarra il passo fino al Colle di Rotario[34]. Il forte di Motrone rimase al centro delle attenzioni anche dei lucchesi che nel 1369 rientrarono in possesso della zona, venne fatta costruire una casa all’interno delle mura, probabilmente per ospitare i soldati e vennero risistemate le mura, inoltre grazie alle rappresentazioni contenute nella cronaca del Sercambi siamo in grado di farci un’idea di come doveva essere il forte[35].
Con il progressivo affermarsi di Firenze e il cessare degli scontri tra le città toscane, il forte di Motrone perse progressivamente la sua importanza militare, mantendo però un certo rilievo come torre di vigilanza per la strada che conduceva a Pisa e ancor più per il controllo della costa; ma anche quest’ultima funzione, a causa dell’avanzamento della linea di costa perse rapidamente importanza.
Lucca mantenne il controllo di Motrone fino al 1513, l’11 agosto il Lodo di papa Leone X, un Medici, assegnava i territori di Pietrasanta e Motrone a Firenze, andando così a creare il Capitanato di Pietrasanta. Da questo momento e fino alla sua distruzione nel 1813 il forte di Motrone appartenne al Granducato di Firenze.
Il suo aspetto negli anni si modificò rispetto alla rocca descritta da Maragone e a quella rappresentata nel Sercambi, le sue strutture difensive e gli armamenti si sono adattati alle successive scoperte belliche: se nel XII secolo era dotato di balestre, nel XVII era armato con cannoni e bombarde; le sue mura e torri da alte e merlate, in epoca medievale, in epoca moderna sono state abbassate notevolmente e aumentate di spessore. La rocca di Motrone, nonostante la progressiva perdita d’importanza, rimase comunque una fortezza di notevole imponenza mantenendo la fama castello inespugnabile. Così come la prima rocca, antecedente al 1170, venne completamente distrutta dai pisani, anche l’imponente forte rimasto in attività per lunghi secoli venne demolito alle fondamenta dalle truppe anglo-sicule che stavano scacciando i francesi di Napoleone dall’Italia.
Bibliografia 

  • Bini G., Il forte di Motrone, Firenze 1960.
  • Bini G., Lopes Pegna M., Motrone di Versilia, Firenze 1958.
  • Del Punta I., Motrone, Lucca e la Versilia in età pieno e tardo-medievale (secoli XI-XIV), articolo pubblicato sulla pagina di academia.edu, p. 147-160.
  • Garzini P., Motrone: nascita, sviluppo e decadenza di un porto medievale, Tesi di laurea, relatore prof. P. Pierotti, A.A. 1982-83.
  • Giannotti S., Storia ed archeologia del porto e del forte di Motrone di Versilia, Tesi di laurea, relatore prof. M. Milanese, A.A. 2001-02.
  • Pelù P., Motrone di Versilia, porto medievale (sec. XI-XV), Lucca 1974.
  • Pelù P., Porti di ripiego fiorentini in Toscana nella seconda metà del se. XIV, Lucca 1974.

Note

[1] G. Bini, M. Lopes Pegna, Motrone di Versilia, Firenze 1958, p. 9.
[2] G. Bini, Il forte di Motrone, Firenze 1960, p. 20.
[3] Ibidem, p. 22.
[4] Bini, Lopes Pegna, Motrone di Versilia, p. 39; Bini, Il forte di Motrone, p. 22.
[5] Ibidem.
[6] P. Garzini, Motrone: nascita, sviluppo e decadenza di un porto medievale, Tesi di laurea A.A. 1982-83 relatore prof. P. Pierotti, pp. 30-31.
[7] S. Giannotti, Storia ed archeologia del porto e del forte di Motrone di Versilia, Tesi di laurea A.A. 2001-02, relatore prof. M. Milanese, pp. 126-131.
[8] Ibidem, pp. 107, 126-131.
[9] Bini, Il forte di Motrone, p. 50-53.
[10] M.G.H., Henrici IV Diplomata n. 357, pp. 471-472: «Statuimus etiam, ut, si qui homines introierint in fluvio Serculo vel in Motrone cum navi sive cum navibus causa negotiandi cum Lucensibus , nullus hominum eos vel Lucenses in mari vel in supra scriptis fluminibus eundo vel redeundo vel stando molestare aut aliquam iniuriam eis inferre vel depredationem facere ut aliquo modo hoc eis interdicere presumat».
[11] Bini, Il forte di Motrone, p. 20.
[12] I. Del Punta, Motrone, Lucca e la Versilia in età pieno e tardo-medievale (secoli Xi-XIV), articolo pubblicato sulla pagina di academia.edu, p. 149-150.
[13] Infra, p. 9.
[14] P. Pelù, Motrone di Versilia, porto medievale (sec. XI-XV), Lucca 1974, pp. 40-43.
[15] Bini, Lopes Pegna, Motrone di Versilia, pp. 32-33.
[16] Del Punta, Motrone, p. 150.
[17] Ibidem, p. 157.
[18] Bini, Lopes Pegna, Motrone di Versilia, p. 34.
[19] Per una sintesi dell’intera vicenda si veda: Del Punta, Motrone, pp. 147-160; Bini, Il forte di Motrone, pp. 35-38.
[20] Giannotti, Storia ed archeologia del porto e del forte di Motrone di Versilia, p. 139.
[21] Del Punta, Motrone, p. 159.
[22] Giannotti, Storia ed archeologia del porto e del forte di Motrone di Versilia, pp. 148-149.
[23] Supra, nota n. 6.
[24] Bini, Il forte di Motrone, p. 13.
[25] Bini, Lopes Pegna, Motrone di Versilia, p. 11; Giannotti, Storia ed archeologia del porto e del forte di Motrone di Versilia, p. 113.
[26] Bini, Il forte di Motrone, p. 14.
[27] Ibidem.
[28] Bini, Lopes Pegna, Motrone di Versilia, pp. 3-31.
[29] Giannotti, Storia ed archeologia del porto e del forte di Motrone di Versilia, p. 154.
[30] Bini, Il forte di Motrone, p. 30.
[31] Del Punta, Motrone, pp. 150-151.
[32] Ibidem, pp. 155-156. Per le vicende dell’assedio di Carlo d’Angiò si veda anche: Giannotti, Storia ed archeologia del porto e del forte di Motrone di Versilia, pp. 60-61.
[33] Giannotti, Storia ed archeologia del porto e del forte di Motrone di Versilia, p. 157.
[34] Ibidem, p. 158.
[35] Ibidem, pp. 160-162.

Andrea Angelini

Laurea triennale in storia (108/110), curriculum medievale conseguito preso il Dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa.
Iscritto al corso di laurea magistrale in Storia e civiltà sempre presso il medesimo Dipartimento.
Il mio interesse per la storia in generale e medievale in particolare nasce molti anni fa, sin da quando ero bambino. Terminate le scuole medie ho messo da parte questo mio interesse, pur rimanendo comunque sempre vivo, per seguire un’altra passione, che è quella dell’agricoltura e mi sono iscritto ad un istituto tecnico agrario. Terminate le scuole superiori ho deciso di abbandonare completamente gli studi per dedicarmi al lavoro. Per cinque anni ho lavorato per un’associazione di volontariato come autista soccorritore necroforo, lavoro che svolgo ancora oggi, ma con la sola mansione di necroforo. Nel 2016 ho deciso di rimettermi in gioco e ho intrapreso lo studio della storia medievale, seguendo con particolare interesse le vicende legate al mondo economico dell’Italia e dell’Europa medievale
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