Navi a Nord

Navi a Nord di Gaetano Dini

Il Nord del mondo ha sempre esercitato una sorta di richiamo magnetico sulle genti europee.
Nel IV sec. a.C. il greco Pitea dalla nativa Marsiglia partì per un viaggio nel nord Atlantico alla ricerca della mitica Thule, località considerata come limite estremo del mondo a nord, toccando in quel viaggio varie coste ed isole oggi di difficile identificazione.
Nel VI sec. d.C. San Brendano il Navigatore, monaco irlandese, compì storicamente numerosi viaggi apostolici a nord, giungendo in varie isole esterne alla Scozia, nelle isole Orcadi e Shetland.
Miticamente i suoi viaggi vennero descritti nel testo in latino “Navigatio sancti Brendani” che ebbe grande diffusione nel Medioevo, dove viene narrato il viaggio di San Brendano con 60 suoi monaci nel nord Atlantico alla ricerca dell’Eden situato nella mitica Isola dei Beati, Tir na nOg in lingua gaelica.
Storicamente le prime persone che vissero nelle inospitali isole del nord, le Faer Oer, l’Islanda, furono monaci irlandesi che vi costituirono piccole comunità anacoretiche.
I monaci abbandonarono quelle isole all’arrivo dei primi Vichinghi, genti pagane e bellicose. E’ storicamente accertato che gruppi di Vichinghi norvegesi sotto la guida di loro capi nobili, abbandonavano la madre patria in quanto la Norvegia stava andando incontro dal IX sec. d.C. in poi ad un lento processo di unificazione regia e molti nobili locali, insofferenti al fenomeno e non disposti ad assoggettarsi a tale autorità, migravano alla ricerca di nuove terre.
Secondo la saga dei Faroesi, il primo uomo che dopo i monaci rimise piede nelle isole Faer Oer fu Grimur Kamban il quale aveva sangue vichingo e celtico.
Lo si capisce dal nome norreno Grimur e dal cognome celtico Kamban che potrebbe significare in gaelico “lo Storto”.
Grimur era probabilmente di religione cristiana e poteva provenire da uno degli ormai stabili insediamenti vichinghi di Irlanda, Isola di Mann, isole Ebridi esterne.
Verso l’825 d.C. si registrava nelle isole Faer Oer la presenza di una numerosa colonia vichinga facente capo a Naddoddr che era nativo della Norvegia del sud, della regione di Agder.
Secondo il “Landnamabok”, un manoscritto islandese medievale, Naddoddr fu lo scopritore dell’Islanda. Infatti di ritorno con il suo equipaggio dalla Norvegia alla volta delle isole Faer Oer, perse la rotta approdando sulla costa orientale dell’Islanda. Fu trattenuto nell’isola da una forte nevicata e così chiamò l’isola Snowland (Terra della neve). In seguito l’isola prese il nome di Island (Terra del ghiaccio). Il testo islandese vede in Naddoddr anche il primo norreno a giungere sulle coste del Nord America, 150 anni prima di “Leifur Heppni”, Leif il Fortunato.
Le saghe islandesi raccontano che la colonizzazione della Groenlandia avvenne ad opera di norreni islandesi intorno al 985 d.C.. Secondo la tradizione il norreno islandese Erik il Rosso, un capo clan, fu accusato di omicidio e venne esiliato dall’Islanda per un periodo di tre anni. In quel periodo raggiunse la costa della Groenlandia (Terra verde) così da lui chiamata e reclamò per se alcuni territori costieri di essa.

Erik il Rosso

Ritornato in Islanda organizzò una spedizione di 25 navi alla volta della Groenlandia per effettuarvi una colonizzazione stabile.
La colonizzazione riuscì, tanto che nel 1112 d.C. il Papa pasquale II nominò come primo vescovo di Groenlandia e Vinland (vedi sotto) il monaco islandese Erik Gnupsson.
La sede della Diocesi era nella cittadina groenlandese di Gardar (oggi in lingua inuit, Igaliku) ed era soggetta alla Diocesi norvegese della città di Nidaros (oggi Trondheim).
La Diocesi comprendeva una Cattedrale, 13 Parrocchie con chiese più piccole ed un convento di suore.
Nulla vieta che negli anni vari vescovi di Gardar possano avere visitato durante il loro episcopato la terra di Vinland per portare benedizione e conforto religioso ai pochi abitanti norreni che vi risiedevano. Questi potevano essere gli addetti all’esercizio dei vari empori commerciali lì sorti e le poche famiglie insediate in modo permanente nei villaggi lì costruiti. I vescovi si succedettero nei secoli ma dal 1378 la Diocesi di Gardar non ebbe più un vescovo residente.
Nel 1448 il Papa Nicola V ordinò ai vescovi islandesi di inviare dei preti ed un vescovo in Groenlandia a sostegno dei pochi abitanti cristiani rimasti.
La Groenlandia fu poi abbandonata dalle ultime popolazioni norrene residenti, nello stesso XV sec. d.C..
In base ai racconti contenuti nella “Groendlinga saga” i colonizzatori della Groenlandia già dopo pochi anni dall’avvenuta colonizzazione, iniziarono a cercare nuove terre ad ovest. Il groenlandese Bjarni Herjolfsson organizzò una spedizione alla ricerca della fattoria del padre stabilitosi in nuove terre ad ovest.
Dopo tre giorni di navigazione nel Mare del Labrador Bjarni raggiunse delle nuove terre ad ovest, approdandovi. Ritornato in Groenlandia raccontò l’avventura ad uno dei figli di Erik il Rosso, Leif Erikson o Leif il Fortunato.
Dopo qualche anno Leif Erikson organizzò una spedizione e salpò alla volta di quelle nuove terre. Toccò da nord a sud tre territori da lui chiamati “Helluland, la Terra delle pietre piatte con grandi spiagge bianche”, “Markland, la Terra delle foreste” e “Vinland, la Terra del vino oppure dei prati, dei pascoli” a seconda della lettura che si da all’I di VInland, se letta rispettivamente come I breve o I lunga.
Infatti il territorio di Vinland identificato con l’odierna isola canadese di Terranova, poteva derivare il proprio nome sia dalla vite selvatica che vi cresceva, sia dal suo territorio fertile adatto al pascolo degli animali.
Nel 1961 la scoperta di insediamenti vichinghi stabili a l’Anse aux Meadows, nel nord dell’isola di Terranova, ha fornito la prova della colonizzazione vichinga.
Gli storici sono portati oggi ad identificare con Helluland, le coste dell’Isola di Baffin, con Markland, le coste del Labrador e con Vinland appunto l’isola di Terranova, terre che oggi appartengono al Canada.
Di Vinland parla anche Adamo di Brema nella sua opera “Gesta Hammaburgensis Ecclesiae Pontificum” databile intorno al 1075 d.C..
Bisogna considerare che dal X al XIII sec. d.C. le terre e le isole nel nord Atlantico godevano di un clima mite descritto come “periodo caldo medievale” al quale seguì il periodo chiamato “la piccola era glaciale” caratterizzato da quel raffreddamento della temperatura che dura tutt’oggi. Per questo motivo i Norreni abitanti di Vinland e di eventuali territori limitrofi, in anni successivi imprecisati abbandonarono definitivamente quei luoghi.

Nicolò Zeno
Nicolò Zeno

I fratelli Zeno (Zen in veneziano)
Nicolò ed Antonio Zeno vissero entrambi da circa il 1340 al 1400/03 il primo ed al 1405 il secondo. Erano navigatori veneziani impegnati in esplorazioni e commerci nel nord Atlantico e nei mari artici.
Nicolò Zeno dopo essere stato nelle Fiandre si spinse con la sua nave più a nord ed una tempesta lo fece attraccare nelle isole Faer Oer. Qui fu soccorso ed ospitato da Henry Sinclair I, conte delle isole Orcadi, Barone di Roslin (zona vicino ad Edimburgo) e Signore delle isole Shetland. Lo stesso era di sangue norvegese e scozzese.
Sinclair stava tentando di assoggettare le isole Faer Oer a favore della Corona norvegese di cui era vassallo. Chiese quindi aiuto a Nicolò Zeno ed ai suoi esperti marinai veneziani per circumnavigare le coste dell’arcipelago delle Faer Oer al fine di conquistarne le isole. Nicolò Zeno scrisse al fratello di raggiungerlo ed Antonio arrivò nel 1384.
Le isole Faer Oer, conquistate, divennero feudo del re di Norvegia.
Nel 1387 Nicolò arrivò in Islanda e descrisse la popolazione lì residente, le sue abitazioni, la sua economia. Alla fine del 1387 Nicolò rientrò a Venezia.
Alle Faer Oer rimase Antonio che subentrò al fratello in tutte le cariche.
Nel 1397 alle Faer Oer Antonio ricevette un marinaio/pescatore norreno che vi rientrava dopo 26 anni di assenza.
Questi fece un racconto sorprendente sulle sue vicissitudini portando a riscontro oggetti vari e fu quindi ritenuto da tutti credibile.
Antonio Zeno tracciò poi una mappa basata sui racconti dell’uomo.
Il marinaio/pescatore sosteneva che una tempesta aveva spinto la sua nave ad ovest e che con i suoi compagni approdò su una terra od isola che lui chiamava “Estotiland”. Questa terra od isola doveva essere a sud di Vinland la cui esistenza all’epoca era ancora da tutti conosciuta.
L’uomo sosteneva che gente amichevole del luogo aveva raccolto e portato lui ed i suoi compagni in una città popolosa dove abitavano persone ingegnose che conoscevano tutti i mestieri delle genti europee. Coltivavano il grano e facevano la Cervosa (la Birra). Tagliavano gli alberi dai loro grandi boschi e costruivano “a muraglia” cioè ergevano palizzate di tronchi come mura a difesa. Costruivano anche navi.
Nel palazzo del re erano custoditi libri in latino, lingua che quelle persone non comprendevano più. Il marinaio/pescatore raccontava ancora che gli abitanti del luogo avevano commerci stabili con la Groenlandia.
La lingua di queste persone non era però il Norreno.
Gli storici interpretano il nome “Estotiland” o come “Terra posta ad est” o più probabilmente come “Terra degli Scoti, degli Scozzesi”. Infatti i Vichighi avevano da secoli conquistato stabilmente l’isola di Mann, le isole Ebridi esterne, le isole Orcadi unendosi col tempo alle popolazioni celtiche ivi residenti.
Questo tipo di unioni era avvenuto anche dopo l’insediamento vichingo in Irlanda.
A seguito di queste fusioni etniche anche la lingua norrena classica deve aver subìto forti modifiche, risultandone un idioma misto tra lingua gaelica e norrena.
Mie considerazioni
Forse la popolazione residente in “Estotiland” era frutto delle migrazioni di queste popolazioni norreno/celtiche che migrarono però seguendo obbligatoriamente le rotte classiche del nord, isole Shetland, isole Faer Oer, Islanda, Groenlandia, Vinland ed infine a sud di questa esse fondarono “Estotiland”.
Il racconto del marinaio/pescatore continua.
Il re di “Estotiland” aveva poi mandato il marinaio ed i suoi compagni in un Paese posto più a sud ed altrettanto ricco del suo, dal re chiamato “Drogir” ed abitato da genti della stessa etnia degli abitanti di “Estotiland”.
A “Drogir” i marinai non arrivarono mai in quanto durante la navigazione la nave aveva fatto naufragio e loro erano stati catturati dagli indigeni, gente ostile che aveva ucciso parecchi di loro. Il marinaio si era salvato con altri compagni in quanto erano riusciti ad insegnare a quelle popolazioni l’uso delle reti da pesca.
Così per tanti anni lui ed i compagni superstiti erano passati di villaggio in villaggio ad insegnare agli indigeni questa tecnica di pesca.
Alla fine lui era riuscito a fuggire ed a raggiungere le isole Faer Oer.
Lo storico Giorgio Padoan vede in “Estotiland” la descrizione di un tipico insediamento di genti vichinghe. I libri scritti in latino dovevano essere una Bibbia ed alcuni manuali liturgici. Morto l’ultimo prete di quella comunità, gli abitanti avevano in seguito perso la comprensione di quella lingua.
Gli indigeni di cui parla il racconto erano i nativi americani, i Pellerossa.
Mie considerazioni
Se l’insediamento vichingo di “Estotiland” si trovava subito a sud di Vinland (Terranova), era posto nell’odierna isola di Capo Bretone e la terra di “Drogir” posta ancora più a sud, poteva trovarsi nella penisola di Nuova Scozia, entrambe oggi in Canada.
Se invece l’insediamento vichingo a sud di Vinland sorgeva direttamente in Nuova Scozia, “Drogir” poteva trovarsi nel sud della stessa penisola o addirittura nell’attuale New England, in territorio statunitense.
Gli storici sostengono che il termine “Drogir” può essere la storpiatura fonetica del nome che i pellerossa Mi’kmaq avevano dato ad un loro specifico territorio.
Nella fonetica dei Mi’kmaq ricorre il nome di luoghi con il suffisso “geoag”, quali Gespegeoag, Piptogeoag, Esgigeoag.
Drogir poteva quindi essere la storpiatura linguistica del termine mi’kmaq Drogeoag. Nella mappa di Zeno la terra od isola di “Drogir” venne segnata in dialetto veneziano come “Drogo”, ulteriore modifica che quel nome ha subìto.

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