Niccolò V

Niccolò V di Anselmo Pagani

Quando il 6 marzo del 1447 il Cardinal Capranica, al termine del Conclave tenutosi nella Chiesa di Santa Maria sopra Minerva, vide il risultato della votazione che conferiva la tiara papale ad un povero prete nominato cardinale nemmeno tre mesi prima, non credette ai suoi occhi, tanto da chiedere il riconteggio delle schede.
Ma di errori non ce n’erano e il nuovo Papa, che assunse il nome di Niccolò V, era proprio quell’omino dalla figura scarna e fragile, pallido di carnagione e all’apparenza molto più vecchio dei suoi cinquant’anni d’età.
Si chiamava Tommaso Parentuccelli ed era nato a Sarzana nel 1397. Figlio di un medico, era rimasto orfano di padre in giovane età e la madre l’aveva mandato a studiare a Bologna, sotto l’ala protettrice del Cardinal Albergati, presso il quale il nostro avrebbe vissuto per circa vent’anni, abbracciando la carriera ecclesiastica e seguendolo anche a Firenze per un’importante missione diplomatica.
Giovane dall’intelletto vivace, curioso e capace di faticare sui libri, il novello prete nel capoluogo toscano avrebbe trovato l’ambiente giusto per coltivare quanto più gli stava a cuore: lo studio delle lettere classiche in compagnia del ristretto circolo di letterati, umanisti e letterati che componeva la cerchia di amici di Cosimo de’ Medici, futuro “Pater Patriae” della splendida Firenze medicea.
In tempi in cui di libri ce n’erano pochi, il Parentuccelli si distingueva per capacità mnemoniche, riuscendo a mandare a mente intere opere filosofiche e componimenti poetici. Di lui scrisse l’amico Enea Silvio Piccolomini, futuro Pio II: “Ciò che ignora, sta al di fuori dell’umana scienza”.
Come bibliotecario di Cosimo de’ Medici, il futuro Pontefice mise insieme un discreto gruzzolo personale, occupandosi fra l’altro della risistemazione della biblioteca del Convento di S. Marco. Alla morte del suo protettore Card. Albergati, ne prese il posto come Vescovo di Bologna e in qualità di legato papale girò in lungo ed in largo per l’Europa, allargando il proprio giro di conoscenze personali.
Con Niccolò V, in modo del tutto inaspettato, fu l’Umanesimo a salire sul soglio di Pietro, tanto che letterati, poeti ed artisti salutarono in lui l’avvento di una nuova era. Stupefatto per la sua stessa elezione, il neo-Pontefice scrisse ad un amico: “Confonderà la superbia l’essere diventato Papa un semplice campanaro, un buono a nulla”.
Quello speciale campanaro si circondò subito di una corte, più che di alti prelati, di umanisti di prim’ordine. A Lorenzo Valla, sino ad allora mai tenero coi preti, affidò la traduzione in latino di Tucidide, a Guarino di Verona quella di Strabone ed a Niccolò Perotti quella di Polibio. Francesco Filelfo invece, il più fortunato di tutti, come ricompensa per la versione latina dei poemi omerici ottenne una splendida casa nel centro di Roma.
Durante i suoi spostamenti Niccolò V si faceva accompagnare da un gruppo di letterati, coi quali amava recitare i Carmi di Catullo e le Metamorfosi di Ovidio quando alla sera si chiudeva nella propria stanza a rileggere le traduzioni che gli erano state portate, rilegandole poi in un bel libro di velluto rosso.
Ben presto la notizia che Roma aveva un Papa senza pari per intelligenza e cultura si sparse per ogni dove, guadagnandogli simpatie universali, tanto più che di quella città si prese cura non solo ordinando la riparazione di mura, chiese pericolanti e palazzi, ma anche facendo costruire nuove strade, fognature , ponti ed acquedotti.
A Leon Battista Alberti affidò la sistemazione delle Basiliche papali, mentre al Beato Angelico fece decorare le Stanze Vaticane, in cui l’artista per riconoscenza lo ritrasse nelle vesti di Papa Sisto II. Per finanziare tutto ciò il Papa impiegò i fondi raccolti durante il Giubileo del 1450, che per Roma rappresentò un successone in termini d’affluenza dei pellegrini.
Grazie a lui, per la Chiesa s’aprì l’età dei trionfi, fatti di splendide forme ed immagini che riprendevano lo spirito classico. I primi germogli della splendida Roma rinascimentale sbocciarono dunque con questo piccolo-grande Papa Umanista che con liberalità innalzò monumenti e creò istituzioni destinate a durare per secoli.
Quando spirò il 24 marzo del 1455, fu sepolto nelle Grotte Vaticane in un disadorno sepolcro sul quale però compare ancora la sua figura scolpita, caratterizzata da un volto scarno con le labbra smosse in un accenno di sorriso, quello forse dello studioso che, dopo aver trascorso notti insonni su un manoscritto, aveva finalmente trovato quel che cercava.
Accompagna questo scritto la “Consacrazione di San Lorenzo come diacono”, con Papa Niccolò V nelle vesti di Sisto II, affresco del Beato Angelico, 1447-1448, Cappella Niccolina, Palazzo Apostolico Vaticano, Roma.

CATEGORIE
CONDIVIDI SU
Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
WhatsApp
Email
Stampa
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.