di Maria Stelladoro.
I due santi Elia, protagonisti del monachesimo italo greco nei secoli del suo più alto splendore (secc. IX-X), spesso sono stati confusi al punto da unificare i due personaggi in uno solo.
A questo proposito richiamiamo l’attenzione su alcune note agiografiche relative ai due santi omonimi, l’uno di Enna e l’altro di Reggio.
1. ELIA DI ENNA (a. D. 823-903) BHG e Novun Auctarium 580
Il bios di Elia di Enna, rinvenuto in greco, appare legato a modelli narrativi precedenti e, pur accogliendo, soprattutto nella prima parte, elementi storici, esso è un romanzo agiografico fabuloso, costruito dall’infanzia presaga del santo alla maturità taumaturgica, secondo i moduli di un’antica tradizione, che risale, al romanzo di Apollonio di Tiana e, poi, anche alle Vitae greche e latine di santi cristiani, che raffigurano l’uomo di Dio, come depositario di una saggezza superiore e ne fanno un instancabile dispensatore di eventi taumaturgici.
La compianta Erica Follieri richiamava l’attenzione sul fatto che il Guidorizzi, nella prima parte del bios di Elia di Enna, riscontrava una trama fiabesca riconducibile alle analisi sulla Morfologia della fiaba di Vladimir Propp. Nella seconda parte del bios, invece, la studiosa ha puntualizzato sui consistenti riferimenti storici:
- la minaccia degli Arabi
- la vittoria dei bizantini nelle acque di Milazzo, nell’agosto 880
- la loro sconfitta nell’estate dell’881
- l’assalto dei Saraceni contro Reggio, nel settembre 888
- la conquista della città da parte dell’Ismaelita Mulambès
- la conquista di Taormina il 1° agosto 902
- infine il sacco di Tessalonica il 31 luglio 904
A questi riferimenti storici sono riconducibili le profezie del santo.
Per distinguerlo dall’antico profeta biblico Elia, fu detto pure Il Giovane e fu uno dei due santi monaci italo-greci che, tra il secolo IX e il X, illustrarono la Calabria con il glorioso nome di Elia. Ma noi preferiamo chiamarlo Elia Siculo e/o Elia di Enna per distinguerlo da Elia il Giovane, un altro santo di cui si è occupato Grumel.
Il bios di Elia di Enna sarebbe stato redatto tra il 930 e il 940, qualche decennio dopo la morte del santo, avvenuta nel 903, su tradizioni orali e ricordi di testimoni ancora viventi. Pur accogliendo elementi storici, tuttavia la narrazione è all’inizio un romanzo agiografico ricco di elementi fantasiosi.
Nacque ad Enna intorno all’823 da una ricca famiglia assai devota. Il suo nome di battesimo era Giovanni, ma, in seguito all’investitura monastica, fu cambiato in Elia. A differenza di Leone Luca di Corleone, altro santo monaco a lui precedente, non abbracciò la vita monastica in giovane età nel cenobio di Agira. Infatti, in età avanzata e dopo molti anni di prigionia in Africa, fu rivestito dell’abito monastico dal Patriarca di Gerusalemme, Elia, dal quale mutuò il nome.
Come si diceva, la sua esistenza risentì delle vicende storiche della Sicilia di quel periodo: fu un susseguirsi di viaggi e di avventure nel corso dei quali il santo rivelò subito la sua straordinaria dote di preveggenza, che ricevette in dono da Dio a soli otto anni: un’apparizione notturna gli rivelò, infatti, che avrebbe raggiunto l’Africa in qualità di prigioniero, che vi sarebbe stato servo, e che avrebbe convertito alla fede molti in quella terra. Allora, i genitori, impauriti gli impedirono di lasciare la città. Ma un giorno i genitori erano usciti da casa e alcuni coetanei andarono a trovarlo, convincendolo ad uscire dalla città assieme a loro. Accadde allora che furono tutti catturati dai pirati Saraceni e trascinati sulla loro nave. Elia, preso dallo scoraggiamento e dallo sconforto, ebbe un sogno: un cavaliere vestito di bianco, gli disse di essere Anania, il discepolo di Cristo, e gli predisse che lui e i suoi compagni presto avrebbero raggiunto la libertà. Infatti, una nave assai veloce, provenendo da Siracusa, riuscì a sottrarre i prigionieri dalle mani dei Saraceni. A questa, seguì un’altra rivelazione che esortò il fanciullo a raggiungere l’Africa, Anche questa profezia si concretizzò presto per una nuova incursione dei Saraceni, che lo catturarono, lo fecero prigioniero e lo portarono come schiavo in Africa, dove venne venduto a un tale Cristiano, che esercitava il mestiere di conciapelli. Costui si affezionò ad Elia e lo mise a capo della sua casa. Ma l’invidia del demonio non tardò a farsi sentire: infatti il diavolo cercò di ridurre il santo in suo potere, suscitando nel giovane la nostalgia dei suoi familiari. Essendo stata inutile tale tentazione, ne escogitò un’altra, sollevando contro il santo le lussuriose provocazioni della moglie del padrone, così come era accaduto con la moglie di Putifar al casto Giuseppe che la respinse. Ma al santo fu ingiustamente mossa l’accusa di violenza e per questo fu torturato e imprigionato. Alla fine, però trionfò la sua innocenza. Fu così che la donna fu cacciata ed Elia fu onorato. Quando Elia desiderò intraprendere un pellegrinaggio in Terra Santa, una nuova apparizione soprannaturale lo incoraggiò a farlo e gli annunziò che da questo momento in poi avrebbe avuto facoltà taumaturgiche. Anche questa profezia si realizzò tanto che i miracoli, operati da Elia, indussero alcuni Saraceni a chiedere di essere battezzati. Ancora una volta Elia fu accusato, processato e imprigionato ma fu pure sempre incoraggiato da una voce divina.
Arrivato a Gerusalemme, Elia ottenne la tonsura da parte del patriarca Elia dal quale prese pure il nome. Da questo momento ebbe inizio la carriera monastica di Elia: dopo una serie di pellegrinaggi pervenne ai luoghi santi della Palestina, dell’Egitto, della Siria e in Sicilia, dove raggiunse l’anziana madre a Palermo; visitò Taromina assieme al discepolo Daniele, che divenne suo compagno di peregrinazione. Raggiunta Taormina per una seconda volta – pur essendo vecchio e pur essendo incombente la minaccia saracena- assieme a Daniele, andò a venerare le spoglie del vescovo Pancrazio. All’età di sessant’anni, ritornato da Corfù, sostò in Calabria, assieme a Daniele. Tra l’880 e l’884, a sud di Reggio, nella diocesi di Mileto, fondò il monastero di Saline, divenuto ben presto un cenobio, che da lui prese il nome ma che in seguito assunse, anche quello di s. Filareto. La minaccia delle incursioni dei Saraceni lo costrinse ad abbandonare anche quel luogo e a rifugiarsi a Patrasso, in Grecia e a S. Cristina sull’Aspromonte.
Intorno al 901 aveva previsto, grazie al dono della preveggenza, l’espugnazione di Reggio: anche questa profezia si avverò nel giugno del 901 ad opera di Abû al- jAbbâs. Tuttavia mentre gli abitanti della città di Reggio erano diffidenti delle previsioni del santo; invece quelli di S. Cristina, località agreste in cui il santo si era rifugiato, assieme al disepolo Daniele, nell’attesa del funesto evento, gli prestarono attenzione. L’altra preveggenza di Elia di Enna fu quella avvenuta durante il secondo viaggio a Taormina. Qui Elia predisse l’espugnazione della città ad opera di Ibrâihîm (di fatto avvenuta il primo di agosto del 902. Elia previde che i Saraceni, dopo la conquista di Taormina, avrebbero espugnato Reggio e assediato Cosenza nell’ottobre del 902. Fu per questo che partì da Taormina e si diresse ad Amalfi assieme a Daniele. È un fatto rilevante che, proprio nel racconto agiografico di Elia, per la prima volta, nell’agiografia dei monaci italo-greci sia coinvolta anche la parte settentrionale dell’Italia Meridionale nelle incursioni dei Saraceni.
La fama della sua taumaturgia, delle sue eccellenti facoltà profetiche ben presto si irradiò in Oriente per cui fu chiamato dall’imperatore Leone VI il Filosofo a Costantinopoli e, durante il viaggio, giunto a Tessalonica, vi morì il 17 agosto 903, dopo essersi ammalato e dopo avere profetizzato il saccheggio della città macedone da parte degli Arabi. Fu il fedele discepolo e compagno di viaggio Daniele, che, per espresso desiderio di Elia, ne trasferì, un anno e cioè nell’estate del 904, il corpo nel monastero delle Saline, dove sepolto nella Chiesa del monastero, che da lui prese il nome ma al quale, circa un paio di secoli dopo, si aggiunse pure quello di Filareto. Fino alla fine del sec. XVIII circa, cioè fino a quando non restò in piedi il monastero, Elia e le sue reliquie ebbero pubblico culto. Anche nella diocesi di Mileto, a Galatro, esisteva un monastero greco a lui intitolato, dove si venerava una sua reliquia.
Elia di Enna, fu un asceta famoso tanto che fu onorato dal papa Stefano V a Roma, inoltre, il monastero da lui fondato in Calabria, fu dotato di munifiche rendite da parte dell’imperatore Leone VI.
Pare che il biografo di Elia il Giovane ebbe notevoli qualità di storico in quanto si servì di informazioni attendibili, per il periodo posteriore all’880, e fu, quindi, in grado di potere narrare il periodo conclusivo della vita di Elia di Enna, facendo continuamente riferimento ad eventi storici desunti da altre fonti.
2. ELIA di REGGIO o LO SPELEOTA (860/4-921/922 o 956?) BHG 581 e BHL e Novum Supplementum BHL 3798b-c
Fu pure detto lo Speleota dalla spelonca posta nei pressi di Melicuccà in Calabria, dove il santo monaco raccolse la sua comunità. Dopo il «consueto prologo» (?)l’agiografo narra che Elia nacque a Reggio Calabria intorno all’864 da una famiglia abbiente (in questo bios si ha anche il riferimento ai suoi genitori: Pietro e Leonzia).
Accettiamo la schematizzazione che della sua Vita ha fatto la compianta Follieri:
- nascita a Reggio
- viaggio in Sicilia con un compagno
- pellegrinaggio a Roma
- ritorno a Reggio
- progressione nella virtù sotto la guida di un uomo santo di nome Arsenio in una località non lontana dalla città
- poi presso il paese di Armo
- fuga dei due asceti dalla Calabria, dopo la previsione di un’imminente incursione dei Saraceni,
- soggiorno a Patrasso
- ritorno ad Armo
In particolare:
Elia, abbandonata la dissolutezza giovanile grazie ad un anziano monaco, si convertì al cristianesimo, abbracciandone il rigido ascetismo. Fuggito in Sicilia con il suo compagno Arsenio per seguire il modello di vita austero che si era imposto maturò un’esperienza siciliana sul monte Etna: in cima al colle di san Nicone (forse l’antico monte Tauro, sopra Taormina?) avrebbe dimorato in solitudine e ascesi. Se ne allontanò in seguito, quando il suo compagno di vita ascetica fu ucciso dai musulmani.
Dopo avere effettuato un pellegrinaggio a Roma presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, si diresse in Grecia assieme ad Arsenio. Furono accolti dal vescovo di Patrasso con i dovuti onori. Ritornati poi in Calabria, dimorarono in un primo momento a Reggio, nella chiesa di S. Eustrazio; in seguito, Elia passò nel monastero delle Saline, quello, cioè, fondato dal suo omonimo al quale lo legava una profonda devozione. Passò in Tauriana, presso Palmi con qualche discepolo e, nei pressi di Melicuccà, trovò una spelonca, approntata dal monaco Cosma ad abitazione e che egli, invece, trasformò in monastero basiliano. Morì l’11 settembre, così come aveva predetto.
Prendendo in esame i dati relativi alla cronologia di Elia lo Speleota, quali risultano dal suo bios (BHG 581), Enrica Follieri, affermava che Elia di Reggio sarebbe stato il maestro di Fantino, anche in considerazione del fatto che dal bios di Elia lo Speleota l’emerita studiosa individuava le seguenti date assolute:
- D. 888: a Milazzo i Saraceni riportarono una vittoria navale sulla flotta bizantina a cui fece seguito il sacco di Reggio e degli altri centri abitati della Calabria Meridionale. Tale situazione, che presagiva l’arrivo per mare dei Saraceni, determinò la fuga di Elia ed Arsenio a Patrasso.
- Ante a. D. 903: incontro di Arsenio ed Elia lo Speleota con Elia di Enna, che vide nello Speleota il suo erede spirituale.
- Post a. D. 903: Elia lo Speleota incontrò Daniele, discepolo di Elia di Enna, nel monastero delle Saline.
- A. D. 921-922: anno della morte violenta -già profetizzata da Elia- del patrizio Giovanni Muzalon, stratego di Calabria.
A questi dati Enrica Follieri affiancava i riferimenti all’età del protagonista in determinate circostanze e precisamente:
- abbracciò la vita monastica a 18 anni
- soggiornò per 8 anni a Patrasso assieme ad Arsenio
- morì l’11 settembre (nel cap. 78 de bios)
- avrebbe condotto 77 anni di vita monastica e sarebbe quindi morto all’età di 96 anni, come si desume dall’accenno ai primi anni di vita del santo e da altre indicazioni, secondo le quali Elia avrebbe ricevuto la tonsura a 19 anni
Combinando queste indicazioni con la cronologia sopra segnalata, Enrica Follieri collocava la morte del santo monaco nel sec. Xex. Secondo quanto proposto pure dal bollandista Jean Stiltingh, si dovrebbe fissare la sua nascita intorno all’860-870 e la sua morte intorno all’anno 960. Per il Minasi, Elia sarebbe nato nell’864 e sarebbe morto nel 960.
Da questi dati si evince altresì quanto segue:
- il bios di Elia lo Speleota fu sicuramente posteriore a quello di Elia di Enna
- la morte di Elia di Enna precedette di molto quella dello Speleota
- Per queste ragioni Enrica Follieri sosteneva che sarebbe stato proprio Elia di Reggio o lo Speleota quell’igumeno che avrebbe accolto, nella sua comunità calabrese, il monaco Fantino
Caruso arriva invece alla seguente conclusione:
- la vita dello Speleota si protrae fino al 952 ca., e forse oltre
- la data di nascita va fissata «piuttosto verso l’860 che non verso l’870»
Per queste ragioni afferma che «non v’è modo di far combaciare la cronologia di Fantino il Giovane con quella di Elia Speleota» e suggerisce di «pensare ad un terzo cenobiarca Elia come maestro di Fantino».
Nota Pricoco che Elia di Reggio fu in un primo momento educato alla disciplina monastica prima da due solitari, poi, a Roma, dal monaco Ignazio e, infine, ritornato a Reggio, dal monaco Arsenio, che, avendolo tonsurato, lo rivestì dell’abito monastico e lo tenne con sé, in qualità di discepolo dilettissimo. Pricoco, invece, parla genericamente di un compagno, senza identificarlo con Arsenio mentre Caruso precisa che si tratta di un giovane suo parente: «insieme ad un giovane suo parente, anche lui affascinato dall’ascesi» si reca in Sicilia «per andarvi a praticare l’ascesi; l’esperienza, tuttavia, si conclude –come si sa- tragicamente, poiché il compagno di Elia, stanco dei rigori ascetici, allontanandosi, viene catturato dai Saraceni».
Per Pricoco un ideale discepolato lo lega ad Elia di Enna, che egli andò a trovare in una caverna presso Reggio dal quale fu designato a succedergli nella guida dei monaci.
Quando visitò il monastero delle Saline, partecipò anche ad una delle cerimonie liturgiche di Elia di Enna. Sia quest’ultimo che Elia lo Speleota sono protagonisti, quindi, di esperienze di monachesimo itinerante e di ascetismo solitario e comunque la loro vocazione monastica si proietta fuori dal mondo italo-greco per trovare referenti lontani: Palestina, Patrasso, Roma.
Scelse alla fine quella eremitica e nel monastero speleotico di Melicuccà (nella medesima diocesi di Mileto di Elia di Enna con il quale viene spesso confuso oltre che per la comunanza del nome monastico anche per la comunanza della regione, in cui dimorarono), esplicò un’attività taumaturgica polivalente, tra cui anche una guarigione a distanza. E, mentre fu generoso con gli umili, non esitò ad essere inesorabile con i prepotenti: predisse un castigo terribile al patrizio Giovanni Muzalon perché, d’accordo con i Saraceni, meditava un colpo di stato contro l’imperatore. Il patrizio minacciò il santo di morte invece fu proprio lui ad essere ucciso dai suoi stessi uomini.
Elia sarebbe stato tumulato in un sepolcro che egli stesso avrebbe fatto scavare nella grotta in cui aveva esercitato la sua ascesi. In seguito pare che fu portato a Melicuccà. Ma fu solo nel 1747, in seguito all’ inventio delle sue reliquie che, dopo un periodo di silenzio, furono ripristinati devozione e culto.
Note agiografiche su due ecisti del monachesimo italo-greco di nome Elia
in BB. GG. III/3, 2006, [2007], pp. 229-242 cui si rimanda per le note e per la bibliografia.
Maria Stelladoro è docente ordinario di lettere classiche e specialista in paleografia e codicologia greca presso la Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatistica e Archivistica. Ha pure conseguito un perfezionamento in Studi Patristici e Tardo Antichi presso l’Istituto Patristico Augustiniano della Pontificia Università Lateranense e due perfezionamenti in Paleografia e Codicologia Greca e titolo equipollente al dottorato di ricerca.
Ha pubblicato saggi di agiografica siciliana greco-latina e di paleografia greco-latina su riviste specializzate (Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, Analecta Bollandiana di Bruxelles, Codices Manuscripti di Vienna, Hagiographica del SISMEL, Studi sull’Oriente Cristiano) e ha partecipato a Convegni Internazionali i cui Atti sono stati pubblicati in Studia Ephemeridis Augustinianum di Roma) e a progetti di ricerche pubblicate in Raccolta di Studi Internazionali su Pecia Resourcess en Médiévistiques a Saint-Denis.
Socio ordinario dell’Associazione Italiana per lo Studio dei Santi, dei Culti e dell’Agiografia promossa dal Dipartimento di Studi Storici, Geografici e Antropologici della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Roma Tre.
Ha pubblicato la monografia Agata. La martire. Dalla tradizione greca manoscritta, Milano, Jaka Book, 2005. Euplo/Euplio martire. Dalla tradizione greca manoscritta, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2006, Lucia la martire, Jaca Book 2010.